Angkor: differenze tra le versioni

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Le costruzioni principali sono circa un'ottantina ma in totale nell'area vi sono centinaia di templi [[Induismo|induisti]] e [[Buddhismo|buddisti]], per quanto di molti esistano solo tracce o rovine costituite da modeste pile di mattoni.<ref group=N>Il progetto [https://web.archive.org/web/20141218084859/http://site-archeologique-khmer.org/ CISARK], a cura di EFEO e Ministero della Cultura e Belle Arti cambogiano, si è occupato della catalogazione dei monumenti khmer, anche in territorio non cambogiano</ref> Quelli più visitati sono stati ripuliti dalla vegetazione e in larga misura ricostruiti secondo il metodo dell'[[anastilosi]] nel periodo della [[Indocina francese|dominazione coloniale francese]], in particolare dal primo dopoguerra in avanti. Il tempio più conosciuto è il famoso [[Angkor Wat]], considerato il più vasto edificio religioso del mondo,<ref>{{cita web|url=http://www.guinnessworldrecords.com/records-3000/largest-religious-structure/|titolo=Largest religious structure|editore=Guinness World Records|anno=2012|accesso=3 gennaio 2013}}</ref> la cui effigie stilizzata compare nella [[Bandiera della Cambogia|bandiera cambogiana]].
 
I monumenti visibili hanno tutti carattere religioso perché gli edifici comuni, compresa la residenza reale, erano costruiti in materiali deperibili quali il legno e ne sono sopravvissuti solo pochi resti.<ref name=aa36>{{Cita|M.Freeman, C.Jacques, 1999|p.36}}.</ref>
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Il termine con cui viene designato il sito, in special modo il nucleo di costruzioni prossimo al [[Phnom Bakheng]], è di origine relativamente moderna. Entrò infatti in uso dopo il suo abbandono da parte della corte reale e di gran parte degli abitanti in seguito all'invasione [[Regno di Ayutthaya|thai]] nel 1431. Deriva dalla pronuncia [[lingua khmer|khmer]] del [[Lingua sanscrita|sanscrito]] ''nagara'' (नगर in [[devanagari]]), "città".<ref group=N>termine usato soprattutto in [[pali]], la lingua dei testi del [[Buddhismo Theravāda]], spesso "città fortificata", vedi {{cita libro|autore=T.W.Rhys Davids|coautori=William Stede|titolo=Pali-English Dictionary|anno=2007|editore=Asian Educational Services, India|lingua=en|url=http://books.google.it/books?id=dHWHmHnMLtAC|isbn=978-81-206-1273-0}}</ref>
 
Il nome con cui i suoi costruttori denominavano la città nelle iscrizioni su pietra era ''[[Yasodharapura|Yaśodharapura]]''.<ref group=N>Il termine compare per la prima volta nelle iscrizioni note ai tempi di [[Rajendravarman]], alla metà del X secolo, mentre in quelle del IX secolo si fa riferimento al Phnom Bakheng come ''Yasodharaparvata'' (''parvata'' significa "montagna" in sanscrito), vedi {{cita conferenza|autore=Claude Jacques|anno=2005|mese=dicembre|titolo=History of the Phnom Bakheng monument|conferenza=Phnom Bakheng workshop on public interpretation|altri=ed.Jane Clark Chermayeff & Associates|editore=World Monuments Fund|url=http://www.wmf.org/sites/default/files/wmf_publication/Phnom_Bakheng_Workshop_on_Public_Interpretation.pdf|pagine=23-40|formato=PDF|accesso=8 dicembre 2014|isbn=978-99950-51-03-7|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110516175252/http://www.wmf.org/sites/default/files/wmf_publication/Phnom_Bakheng_Workshop_on_Public_Interpretation.pdf|dataarchivio=16 maggio 2011}}</ref> Il nome venne mantenuto nel corso dei secoli,<ref>{{Cita|Higham, 2003|p.138}}.</ref> malgrado riedificazioni o spostamenti del suo nucleo principale, costituito da un "tempio di stato". Venne chiamata così anche la sua ultima sua incarnazione, la capitale edificata da [[Jayavarman VII]] e cinta da possenti mura di 3&nbsp;km di lato, oggi [[Angkor Thom]].<ref name=Pottier_2005>{{cita conferenza|autore=Christophe Pottier|anno=2005|mese=dicembre|titolo=Searching for Goloupura|conferenza=Phnom Bakheng workshop on public interpretation|altri=ed.Jane Clark Chermayeff & Associates|editore=World Monuments Fund|pagine=41-72|url=http://www.wmf.org/sites/default/files/wmf_publication/Phnom_Bakheng_Workshop_on_Public_Interpretation.pdf|formato=PDF|accesso=8 dicembre 2014|isbn=978-99950-51-03-7|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110516175252/http://www.wmf.org/sites/default/files/wmf_publication/Phnom_Bakheng_Workshop_on_Public_Interpretation.pdf|dataarchivio=16 maggio 2011}}</ref>
 
Allo stesso modo il nome moderno dei singoli templi quasi sempre non è correlato al termine con cui erano indicati ai tempi della loro costruzione e dedica alla divinità.<ref>{{cita web|titolo=Popular Archaeology: “The Lost Temples of Angkor”|data=1º giugno 2013|autore=Julie Masis|url=https://juliemasis.wordpress.com/2013/06/01/popular-archaeology-the-lost-temples-of-angkor/|accesso=7 gennaio 2015}}</ref>
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Una presenza umana antichissima in territorio cambogiano, risalente all'[[Acheuleano]], è testimoniata da ciottoli lavorati in [[quarzo]] e [[quarzite]] rinvenuti in terrazzamenti lungo il [[Mekong]], nelle province di [[Provincia di Kratié|Kratié]] e [[Provincia di Stung Treng|Stung Treng]], e nella [[provincia di Kampot]].<ref name=stark2004>{{cita libro|autore=Miriam Stark|curatore=Ian Glover, Peter S. Bellwood|titolo=Southeast Asia: from prehistory to history|lingua=en|anno=2005|editore=Routledge|capitolo=Pre-Angkorian and Angkorian Cambodia|url_capitolo=http://www.anthropology.hawaii.edu/People/Faculty/Stark/pdfs/2004_PreAngkorian.pdf|isbn=978-0-415-39117-7}}</ref><ref>{{cita web|url=http://www.smartcambodia.com/index.php?option=com_content&view=article&id=841%3Athe-second-prehistoric-archaeological-excavation-in-laang-spean-2009&catid=80&lang=en|titolo=The Second Prehistoric Archaeological Excavation in Laang Spean (2009)|accesso=3 maggio 2015|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110101174655/http://www.smartcambodia.com/index.php?option=com_content&view=article&id=841%3Athe-second-prehistoric-archaeological-excavation-in-laang-spean-2009&catid=80&lang=en|dataarchivio=1º gennaio 2011}}</ref>
 
Nella fase successiva all'ultima glaciazione, con l'ingresso nell'[[Olocene]] circa 12000 anni fa, il livello del mare si alzò di circa 120 metri. Nella zona del sudest asiatico, l'area che via via era stata sommersa (conosciuta come ''Sundaland'') aveva ospitato gruppi di [[caccia e raccolta|cacciatori-raccoglitori]] del [[Paleolitico]], che si erano spostati a colonizzare aree come l'[[Australia]], adattandosi ad ambienti assai differenti.<ref name=HighamOri_2>{{cita|Higham, 2013|cap.2 - Southeast Asia in 2000 BC}}.</ref><!-- INUTILE DILUNGARSI QUI I siti abitati stabilmente considerati più antichi sono la [[Cava (miniera)|cava]] di Laang Spean, nella [[provincia di Battambang]]<ref name=stark2004 /><ref>{{cita web|url=http://www.smartcambodia.com/index.php?option=com_content&view=article&id=840%3Athe-oldest-ceramic-in-cambodias-laang-spean-1966-68&catid=80&lang=en|titolo=The Oldest Ceramic in Cambodia's Laang Spean (1966-68)|accesso=3 maggio 2015|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110101163727/http://www.smartcambodia.com/index.php?option=com_content&view=article&id=840%3Athe-oldest-ceramic-in-cambodias-laang-spean-1966-68&catid=80&lang=en|dataarchivio=1 gennaio 2011}}</ref> e Samrong Sen, scavato da studiosi francesi già sul finire dell'Ottocento. Oggetto di ricerca archeologica è diventato di recente il sito di Phum Snay, nella provincia settentrionale di [[Provincia di Banteay Meanchey|Banteay Meanchey]].<ref>{{cita pubblicazione|autore=Dougald J. W. O'Reilly|coautori=Angela von den Driesch, Vuthy Voeun|anno=2006|titolo=Archaeology and Archaeozoology of Phum Snay: A Late Prehistoric Cemetery in Northwestern Cambodia|volume=45|numero=2|issn=0066-8435}}</ref> Piccoli manufatti preistorici vengono spesso rinvenuti in scavi minerari nella [[provincia di Ratanakiri]].-->
 
Riguardo alla transizione al [[Neolitico]], sono stati rinvenuti insediamenti stanziali di cacciatori-raccoglitori risalenti alla seconda metà del [[III millennio a.C.]], all'epoca costieri (il livello del mare era circa due metri più elevato dell'attuale), che ancora non presentano segni di agricoltura e allevamento nei resti sepolcrali. Un altro sito contemporaneo della Thailandia centrale, Khok Phanom Di, situato ai tempi nell'ambiente ricchissimo di risorse alimentari costituito dalla foresta a [[mangrovia]] di un [[estuario]], mostra invece in una delle sue fasi storiche la presenza di soggetti di provenienza esterna che si alimentavano anche con riso.<ref name=HighamOri_2/><ref>{{cita libro|titolo=Excavation of Khok Phanom Di, 7: Summary and Conclusions (Reports of the Research Committee of the Society of Antiquar)|autore=R. Thosarat|coautori=Charles Higham|editore=Society of Antiquaries of London|data=19 aprile 2005|isbn=978-0-85431-282-5}}</ref>
 
La fondamentale [[Risicoltura|coltivazione del riso]] sembra infatti essere stata importata da popolazioni austroasiatiche [[Lingue mon-khmer|mon-khmer]], che attuarono una lenta penetrazione da nord nel terzo millennio a.C. e si mescolarono alla popolazione esistente a costituire il nucleo del popolo khmer.<ref>{{Cita|Higham, 2003|p.14}}.</ref> Diversi studiosi attribuivano alla regione del sudest asiatico un primato nella coltivazione del riso e nella forgiatura del [[bronzo]],<ref>{{cita|Chandler, 2008|p.13}}.</ref> sebbene le ipotesi più recenti situino la domesticazione del riso nella bassa valle del [[fiume Azzurro]].<ref name=HighamOri_2/>
 
Secondo i dati attualmente disponibili, si ritiene che il Neolitico in Cambogia ebbe una durata breve.<ref>{{Cita|Higham, 2003|p.16}}.</ref> A partire da questo periodo compaiono dei caratteristici terrapieni circolari ("circular [[earthworks]]"), scoperti a partire dalla fine degli [[anni 1950|anni cinquanta]] nella [[provincia di Kampong Cham]] a cavallo del confine vietnamita, la cui funzione è ancora discussa.<ref>{{cita pubblicazione|cognome=Albrecht|nome=Gerd|coautori=et al.|anno=2000|titolo=Circular Earthwork Krek 52/62 Recent Research on the Prehistory of Cambodia|rivista=Asian Perspectives|volume=39|numero=1-2|issn=0066-8435|url=http://muse.jhu.edu/demo/asian_perspectives/v039/39.1albrecht.pdf|lingua=inglese|accesso=15 novembre 2009}}</ref><ref name=highamtreccani>{{cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/l-archeologia-del-sud-est-asiatico-cambogia_%28Il-Mondo-dell%27Archeologia%29/|titolo=L'archeologia del Sud-Est asiatico. Cambogia|autore=Charles F.W. Higham|anno=2005|editore=Treccani|accesso=3 maggio 2015}}</ref>
 
Ci sono prove di un'occupazione preistorica di siti successivamente angkoriani, come ad esempio a Non Dua.<ref name=HighamCiv_1923>{{Cita|Higham, 2003|pp.19-23}}.</ref> Anche [[Phimai]] riporta tracce di insediamenti preistorici.<ref>{{cita web|url=http://popular-archaeology.com/issue/september-2012/article/archaeologists-explore-prehistoric-foundations-of-angkor-in-southeast-asia|titolo=Archaeologists Explore Prehistoric Foundations of Angkor in Southeast Asia|data=8 ottobre 2012|editore=Popular Archaeology|accesso=3 maggio 2015|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20170804121535/http://popular-archaeology.com/issue/september-2012/article/archaeologists-explore-prehistoric-foundations-of-angkor-in-southeast-asia|dataarchivio=4 agosto 2017|urlmorto=sì}}</ref> Ad Angkor la presenza dei templi non ha agevolato la ricerca archeologica preistorica. Il sito di Lovea si trova comunque pochi chilometri a nord-ovest.<ref name=HighamCiv_1923/>
 
La transizione all'[[età del bronzo]] è ancora poco conosciuta e non ci sono prove di autorità od organizzazioni che all'epoca si estendessero al di là del singolo villaggio, struttura di base tipica della società pre-angkoriana che tale rimase anche in epoche successive.<ref>{{Cita|Higham, 2003|p.18}}.</ref>
 
L'entrata dell'area nell'[[età del ferro]] e l'origine dei processi sociopolitici che portarono alla civiltà angkoriana si stimano avvenuti a partire dal V secolo a.C.<ref name=HighamCiv_1923/> A differenza del bronzo (importato dall'[[Isan]], oggi regione thailandese), il ferro veniva estratto e lavorato anche in loco, ma la maggior parte dei siti finora rinvenuti e studiati di quest'epoca sono situati anch'essi in Thailandia, sull'[[Khorat (altopiano)|altopiano di Khorat]], nelle valli dei fiumi [[Mun (fiume)|Mun]] e [[Chi (fiume)|Chi]]. Dalle sepolture si evidenzia un aumento della disponibilità alimentare, della ricchezza, del commercio tra le comunità e dell'organizzazione sociale.<ref name=HighamCiv_1923/>
 
Innesco fondamentale sembra essere stato il grande sviluppo del commercio marittimo lungo le rotte che univano India e Cina, caratteristico dell'epoca [[Dinastia Han|Han]], e l'aumento della popolazione che si ebbe nell'età del ferro. Sulle coste o in zone facilmente raggiungibili da esse, nell'epoca conosciuta come [[Regno di Funan|Funan]] sorsero diversi centri urbani e di produzione artigianale, con magazzini e cinte difensive, come [[Óc Eo]] e [[Angkor Borei]].<ref name=HighamOri_5>{{cita|Higham, 2013|cap.5 - The Iron Age}}.</ref>
 
Tracce evidenti di irrigazione sistematica e creazione di canali di drenaggio, utilizzati probabilmente anche per il trasporto di beni, compaiono nel [[delta del Mekong]]. Le regioni dell'interno, compresa quella di Angkor, erano invece meno esposte alle influenze esterne ed assorbirono in ritardo anche innovazioni quali l'utilizzo dei [[Risaia|campi allagati]] nella [[Risicoltura|coltivazione del riso]], che ancora nei primi secoli dell'era cristiana era in genere effettuata "a secco", con un basso rendimento. Aree interne come [[Sambor Prei Kuk]] mostrano l'esistenza di opere idrauliche, di estensione però minima in confronto a quella che ebbero successivamente ad Angkor. A tale epoca risale un processo che risulta fondamentale per la successiva epoca khmer e Angkor, genericamente indicato come "[[Angkor#L.27indianizzazione|indianizzazione]]".<ref name=chandler4_1827>{{cita|Chandler, 2008|pp.18-27}}.</ref>
 
Il passaggio dalla preistoria alla storia nella zona avviene tra il II secolo a.C. e il V secolo d.C., periodo definito "protostorico" perché malgrado manchino fonti scritte locali vi sono riferimenti in fonti esterne, come appunto le cronache cinesi su Funan.<ref name=ANHSA_cap2>{{cita libro|titolo=A New History of Southeast Asia|autore=M.C. Ricklefs|coautori=Bruce Lockhart, Albert Lau, Portia Reyes, Maitrii Aung-Thwin|editore=Palgrave Macmillan|anno=2010|capitolo=2. Early State Formation|pp=18-36|isbn=978-1-137-01554-9|url=https://books.google.it/books?id=bescBQAAQBAJ&pg=PA20}}</ref> Tra il VI e l'VIII secolo d.C. si situa il periodo pre-angkoriano,<ref name=stark2004/> mentre ai primi decenni del 600 d.C. sono databili le più antiche iscrizioni su pietra in khmer finora ritrovate.<ref group="N">Tra le più antiche vengono considerate la K.557 e la K.600, ritrovate ad Angkor Borei e datate al 611, vedi M.T.Stark in {{cita libro|titolo=Excavating Asian History|curatori=Norman Yoffee, Bradley L. Crowell|capitolo=9. Textualized Places PreAngkorian Khmers and Historicized|editore=University of Arizona Press|anno=2006|isbn=978-0-8165-2418-1|pp=310-312|url=https://books.google.it/books?id=cOG-fAFvbXcC&pg=PA312}}. La K.600 menziona il titolo ''vraḥ kamratāṅ añ'', che suggerisce la comparsa dell'(auto)attribuzione di caratteri divini ai regnanti caratteristica della stirpe di [[Iśanapura]], in cui si impose anche la successione paterna, vedi M.Vickery in {{cita libro|titolo=Southeast Asia in the 9th to 14th Centuries|curatori=David G. Marr,Anthony Crothers Milner|editore=Institute of Southeast Asian Studies|anno=1986|isbn=978-9971-988-39-5|capitolo=Some Remarks on Early State Formation in Cambodia}}</ref> Esse appartengono al cosiddetto [[Regno di Chenla]], entità politica autenticamente khmer. È ritenuto più probabile che anziché di un regno unitario si trattasse di un insieme di entità in contrapposizione politica ma accomunate da usi e cultura.<ref>{{cita|O'Reilly, 2006|p.116}}.</ref> Vista anche la distribuzione geografica delle iscrizioni attribuite a regnanti come Bhavavarman e Mahendravarman, si ipotizza originò nel nord della Cambogia, tra [[Vat Phou]] (oggi Laos meridionale) e la zona a sud dei [[monti Dângrêk]].<ref name=oreilly2006_108113>{{cita|O'Reilly, 2006|pp.108-113}}.</ref><ref>{{cita web|url=http://michaelvickery.org/vickery1994what.pdf|titolo=What and Where was Chenla?|autore=Michael Vickery|formato=PDF|anno=1994|accesso=26 luglio 2015}}</ref> Nelle cronache cinesi è descritto come un regno vassallo di Funan che ne prese il posto. Sembra si sia piuttosto trattato di una serie di centri sovrapposti di potere politico<ref group="N">Per definirli storici come O.W.Wolters, I.W.Mabbett e C.Higham utilizzano il termine sanscrito ''maṇḍala''. Tali entità sfuggono al concetto di stato proprio della tradizione occidentale e cinese, con confini fisici precisi, ai quali la storiografia precedente ha tentato di ridurli. Anzi in tale modello l'entità è definita dal suo centro piuttosto che dai suoi confini, vedi {{cita libro|titolo=Early Southeast Asia: Selected Essays|autore=O. W. Wolters|curatori=Craig J. Reynolds|editore=SEAP Publications|anno=2008|isbn=978-0-87727-743-9|capitolo=The Professional Lives of O.W.Wolters|url=https://books.google.it/books?id=CMKksaGQDG0C&pg=PA26}}; {{cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/dal-neolitico-all-eta-dei-metalli-dalle-prime-comunita-agricole-alle-societa-complesse-sud-est-asiatico_(Il_Mondo_dell'Archeologia)/|titolo=Dal Neolitico all'età dei metalli. Dalle prime comunità agricole alle società complesse: Sud-Est asiatico|sito=Il Mondo dell'Archeologia|editore=Treccani|anno=2002|autore=Fiorella Rispoli|accesso=24 luglio 2015}}; {{cita libro|titolo=The Archaeology of Mainland Southeast Asia|autore=Charles Higham|editore=Cambridge University Press|anno=1989|isbn=978-0-521-27525-5|capitolo=5.The Development of Maṇḍalas|url=https://books.google.it/books?id=-ifNH4uK0LAC&pg=PA239}}</ref>, tra cui [[Iśanapura]] e [[Banteay Prei Nokor]].<ref name=highamtreccani/> Più che di una frattura violenta tra l'epoca di Funan e quella Chenla viene modernamente ipotizzata una continuità, correlata a uno spostamento verso l'interno di popolazione, attività economiche e poteri,<ref name=oreilly2006_108113/> secondo un processo speculare a quanto avverrà sette secoli dopo.<ref>{{cita|Chandler, 2008|p.34}}.</ref> A sua volta è ravvisabile una forte continuità politica, religiosa e culturale tra il periodo Chenla e Angkor, benché nel primo risulti mancante il controllo centralizzato sui sistemi irrigativi che appare un aspetto fondamentale di Angkor.<ref>{{cita|O'Reilly, 2006|p.119}}.</ref>
 
=== Dal IX all'XI secolo ===
{{Vedi anche|Impero Khmer}}
Data classica di fondazione dell'Impero Khmer è considerato l'802,<ref group=N>tale data in realtà non compare nella stele di Sdok Kok Thom ma viene inferita da altre iscrizioni del X e XI secolo, vedi {{cita web|autore=Michael Vickery|titolo=A legend concerning Jayavarman II|anno=2004|url=http://michaelvickery.org/vickery2004legend.pdf|accesso=23 maggio 2015}}</ref> allorché [[Jayavarman II]], impegnato in un'opera di riunificazione dei regni [[Regno di Chenla|Chenla]] tramite conquiste militari, matrimoni e vassallaggi, si proclamò ''[[chakravartin]]'' (sovrano universale, letteralmente "re le cui ruote del carro sono inarrestabili") a [[Mahendraparvata]]. La cerimonia sacra, officiata da un [[Brahmano|bramino]], era volta a sancire ritualmente l'indipendenza della ''Kamvujadeśa'' da ''chvea'' (il regno [[giava]]nese dei [[Sailendra]] secondo Coedes, [[Champa]] secondo interpretazioni più tarde o, meno plausibilmente, [[Srivijaya]]).<ref name="O'Reilly_cap5">{{Cita|O'Reilly, 2006|cap.5 - Pre-Angkorian and Angkorian polities}}.</ref><ref>{{cita web|url=http://www7.plala.or.jp/seareview/newpage6Sri2011Chaiya.html|titolo=The History of Srivijaya|autore=Takashi Suzuki|accesso=23 maggio 2015|lingua=en}}</ref><ref group=N>Vickery si spinge a mettere in dubbio l'intera narrazione, mettendo a confronto le iscrizioni che ne parlano secoli dopo e suggerendo si tratti di un evento mitizzato per scopi politici contemporanei ad esse, vedi {{cita web|autore=Michael Vickery|titolo=A legend concerning Jayavarman II|anno=2004|url=http://michaelvickery.org/vickery2004legend.pdf|accesso=23 maggio 2015}} e {{cita pubblicazione|rivista=Siksacakr|numero=3|url=http://www.khmerstudies.org/download-files/publications/siksacakr/no3/resolving-19th.pdf?lbisphpreq=1|titolo=Resolving the Chronology and History of 9th R Century Cambodia|editore=Center for Khmer Studies|autore=Michael Vickery|anno=2001|mese=luglio}}</ref> Ipotesi generalmente accettata è che tale località sia Phnom Kulen. Già nel 1936 [[Philippe Stern]] vi identificò nel ''Rong Chen'' il primo "[[Architettura della Cambogia#Il tempio-montagna|tempio montagna]]" khmer.<ref name=higham5359>{{cita|Higham, 2003|pp.53-59}}.</ref><ref>{{cita pubblicazione|autore=Philippe Stern|anno=1938|titolo=Travaux exécutés au Phnom Kulên (15 avril-20 mai 1936)|rivista=BEFEO|volume=38|issn=0336-1519|pp=151–174|lingua=fr|doi=10.3406/befeo.1938.4718}}</ref><ref>{{cita pubblicazione|autore=Philippe Stern|anno=1938|titolo=Le style du Kulên (décor architectural et statuaire)|rivista=BEFEO|volume=38|issn=0336-1519|pp=111–150|lingua=fr|doi=10.3406/befeo.1938.4717}}</ref> Studi recenti, sia a terra che tramite rilievi [[Lidar]], hanno determinato un'estensione inaspettata. Ritenuto fino a pochi anni fa un sito minore, il cui interesse era dovuto primariamente al mito di fondazione, appare aver avuto notevoli dimensioni ed essere stato dotato di opere di gestione delle acque molto simili a quelle di Ankgor, che vennero manutenute almeno fino alla fine dell'XI secolo.<ref>{{cita pubblicazione|titolo=The Environmental Impact of Cambodia's Ancient City of Mahendraparvata (Phnom Kulen)|autore=D.Penny|coautori=J.B. Chevance, D.Tang, S.De Greef|rivista=PLoS ONE|data=8 gennaio 2014|doi=10.1371/journal.pone.0084252}}</ref><ref name=lidar2013>{{cita pubblicazione|titolo=Uncovering archaeological landscapes at Angkor using lidar|autore=Damian Evans ''et al.''|rivista=[[Proceedings of the National Academy of Sciences]]|volume=110|numero=31|pp=12595-12600|anno=2013|doi=10.1073/pnas.1306539110|url=http://www.pnas.org/content/110/31/12595}}</ref>
[[File:Phnom Bakheng-2.JPG|thumb|alt=Terrazza superiore del Phnom Bakheng|Terrazza superiore del [[Phnom Bakheng]].]]
[[File:Ta Keo, Angkor, Camboya, 2013-08-16, DD 01.JPG|thumb|alt=Ta Keo|[[Ta Keo]], angolo sud-ovest.]]
 
La fonte primaria principale sui primi due secoli dell'era angkoriana e sulla dinastia fondata da Jayavarman è la stele di fondazione di [[Sdok Kok Thom]] (classificata come ''K.235''). Essa riporta 340 righe di iscrizioni in sanscrito e khmer antico e risale al 1052 circa.<ref>{{cita|Burgess, 2011|cap.II - The Priest}}.</ref><!-- aggiungere vickery e jacques per i dubbi sui primi due re, considerati semimitici-->
 
La conoscenza storica della civiltà angkoriana deriva infatti dall'esame, dall'interpretazione e dal confronto di fonti quali iscrizioni su pietra (in particolare su stele di fondazione di templi), scavi archeologici, resoconti di viaggio e cronache di diplomatici, mercanti e viaggiatori (perlopiù cinesi) e da raffigurazioni in bassorilievo, che illustrano eventi bellici ma anche di vita quotidiana. Nuove metodologie di rilievi dall'alto hanno inoltre permesso negli ultimi decenni di investigare resti di opere idrauliche, infrastrutture ed edifici che dal baso risultavano molto difficilmente individuabili.
 
Proveniente dal sudest dell'attuale Cambogia, secondo le iscrizioni rinvenute in diversi luoghi Jayavarman II sembra si sia mosso tra diversi città o capitali Chenla della sua epoca, come [[Indrapura (Khmer)|Indrapura]] e [[Vyadhapura]].<ref name="O'Reilly_cap5"/> A cavallo del IX secolo si spostò nella pianura attorno al grande lago, che garantiva un surplus alimentare in forma di riso e pesce, nonché fertilità del suolo e disponibilità costante di acqua dolce. Per qualche tempo la sua capitale fu [[Amarendrapura]]. La locazione precisa non è conosciuta, ma tra le varie ipotesi (è stata proposta anche la [[provincia di Battambang]])<ref name="O'Reilly_cap5"/> c'è che potesse trovarsi proprio nella zona di Angkor, in prossimità del lato ovest di uno dei due maggiori bacini idrici artificiali del sito (i cosiddetti ''[[baray]]''), quello [[baray occidentale|occidentale]]. Qui un gruppo di templi in rovina sembrano essere appartenuti a tale epoca, quantomeno nelle loro fondazioni originali, o anche al secolo precedente, come [[Ak Yum]]. La sua prima fondazione sembra infatti risalire ai primi anni del VII secolo ed era un sito importante e riportato nelle iscrizioni già ai tempi di Jayavarman I. Finì successivamente semisepolto nella costruzione della diga sud del baray occidentale e fu scavato da [[George Trouvé]] nel 1935).<ref>{{cita|Higham, 2003|p.57}}.</ref> Jayavarman finì poi con lo stabilirsi ad [[Hariharalaya]], l'odierna [[Roluos]], a meno di 15&nbsp;km da Angkor, dove morì nell'834-5 piuttosto che nell'850.<ref name=pbjacques>{{cita conferenza|autore=Claude Jacques|anno=2005|mese=dicembre|titolo=History of the Phnom Bakheng monument|conferenza=Phnom Bakheng workshop on public interpretation|altri=ed.Jane Clark Chermayeff & Associates|editore=World Monuments Fund|url=http://www.wmf.org/sites/default/files/wmf_publication/Phnom_Bakheng_Workshop_on_Public_Interpretation.pdf|pagine=23-40|formato=PDF|accesso=8 dicembre 2014|isbn=978-99950-51-03-7|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110516175252/http://www.wmf.org/sites/default/files/wmf_publication/Phnom_Bakheng_Workshop_on_Public_Interpretation.pdf|dataarchivio=16 maggio 2011}}</ref><ref group=N>La datazione originale all'850 è stata ridiscussa in seguito, primariamente da Jacques (vedi {{cita libro|autore=Michael Vickery|titolo=Society, economics, and politics in pre-angkor cambodia : The 7th-8th centuries|anno=1998|editore=Centre for East Asian Cultural Studies for Unesco, Toyo Bunko|p=395|isbn=978-4-89656-110-4}}) e oggi generalmente la si anticipa di quindici anni, vedi {{cita libro|titolo=Encyclopedia of Ancient Asian Civilizations|autore=Charles Higham|editore=Infobase Publishing|anno=2009|isbn=978-1-4381-0996-1|p=167|url=https://books.google.it/books?id=H1c1UIEVH9gC&pg=PA167}}</ref> Ivi rimase la capitale con i re successivi,<ref name=higham5359/> per quanto la cronologia tradizionale sia discussa<ref name=pbjacques/> e dei primi due re (Jayavarman II e suo figlio Jayavarman III) non si abbiano iscrizioni contemporanee a testimonianza, ma solo riferimenti posteriori.<ref name=Treccani_2005>{{cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/l-archeologia-del-sud-est-asiatico-cambogia_%28Il_Mondo_dell%27Archeologia%29/|titolo = L'archeologia del Sud-Est asiatico. Cambogia - Il Mondo dell'Archeologia|autore=Charles F.W. Higham|coautori=Claude Jacques, Jean Boisselier, Miriam T. Stark, Gerd Albrecht, Pierre-Yves ManguinCharles F.W. Higham|editore=Treccani|anno=2005|accesso=7 gennaio 2015}}</ref><ref>{{cita pubblicazione|rivista=Siksacakr|numero=2|url=http://www.khmerstudies.org/download-files/publications/siksacakr/no2/consideration.pdf?lbisphpreq=1|titolo=Considerations on the Chronology and History of 9th Century Cambodia|editore=Center for Khmer Studies|autore=Karl-Heinz Golzio|anno=2001|accesso=23 maggio 2015|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20150524140459/http://www.khmerstudies.org/download-files/publications/siksacakr/no2/consideration.pdf?lbisphpreq=1|dataarchivio=24 maggio 2015|urlmorto=sì}}</ref>
 
Poco dopo la sua ascesa al trono nell'[[889]], a seguito di una lotta violenta per la successione, [[Yasovarman I]] spostò la capitale da Hariharalaya ad Angkor, attorno alla collina di [[Phnom Bakheng]], che fece terrazzare e adornò di santuari, creandovi il suo tempio di stato come nucleo della nuova capitale, chiamata da [[Bernard Philippe Groslier|Groslier]] "Yaśodharapura I". Edificò inoltre il primo grande bacino idrico di Angkor, il [[baray orientale]].<ref name=pbjacques/> Le ragioni di tale spostamento non sono chiare e sono state avanzate diverse ipotesi. Secondo le tesi odierne, il fiume Siem Reap che approvvigiona il grande baray è di natura completamente artificiale piuttosto che la rettificazione di un corso d'acqua esistente, come si riteneva in precedenza. Appare infatti creato con una diversione dal fiume Puok 10&nbsp;km a nord, contemporaneamente all'erezione dei templi.<ref group="N">Sono state avanzate diverse ipotesi per la scelta di Yasovarman, a partire dal non voler utilizzare la medesima sede reale e di culto di un predecessore da lui ucciso e voler piuttosto stabilire un proprio tempio di stato, più grande e maestoso di quelli dei predecessori, come affermazione di potere (vedi {{Cita|M.Freeman, C.Jacques, 1999|p.10}}). Altre tesi prendono in esame ragioni più pragmatiche, quali la maggior altezza del terreno del nuovo sito (quindi un minor rischio di inondazioni dal [[Tonlé Sap]], vedi {{cita conferenza|autore=Matti Kummu|anno=2003|mese=giugno|titolo=The Natural Environment and Historical Water Management of Angkor|conferenza=World Archaeological Congress 2003|città=Washington DC|p=15}}) o l'altezza della falda freatica, massima proprio nella locazione del baray orientale, vedi Acker ({{cita conferenza|autore=Robert Acker|titolo=Hidrology and the Siting of Yasodharapura|conferenza=Phnom Bakheng Workshop on Public Interpretation, Siem Reap (Cambogia), dicembre 2005|organizzazione=Center for Khmer Studies|anno=2006|url=http://www.khmerstudies.org/publications/Phnom_Bakheng.pdf|formato=PDF|ISBN=978-99950-51-03-7|pagine=73-86|accesso=14 agosto 2009|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20090107014220/http://www.khmerstudies.org/publications/Phnom_Bakheng.pdf|dataarchivio=7 gennaio 2009}}, {{cita libro|titolo=Old Myths and New Approaches|curatore=Alexandra Haendel|editore=Monash University Publishing|anno=2012|capitolo=3 - Mysteries of Angkor revealed|altri=autore del cap.Bob Acker|pp=28-41|url_capitolo=https://books.google.it/books?id=EwvWBQAAQBAJ&pg=PA28|ISBN=978-1-921867-28-6}})</ref>
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La mancanza di una regola chiara di successione diretta da padre a figlio, caratteristica dei regni khmer precedenti<ref group="N">l'importanza della linea materna nella trasmissione di titoli e diritti risale infatti all'epoca pre-angkoriana, vedi {{cita libro|autore=Michael Vickery|titolo=Society, economics, and politics in pre-angkor cambodia : The 7th-8th centuries|anno=1998|editore=Centre for East Asian Cultural Studies for Unesco, Toyo Bunko|pagine=260-270|isbn=978-4-89656-110-4}}</ref>, e la complessa rete di relazioni e parentele tra le famiglie nobili erano spesso all'origine di dispute violente tra gli eredi diretti e pretendenti che potevano vantare diritti alla successione. Ciò spiega inoltre l'utilizzo tipico da parte dei nuovi regnanti di genealogie rivisitate a supporto dei propri diritti a regnare, specialmente nel IX e X secolo. Esse sono spesso incoerenti e citano linee regali pre-angkoriane. Ciò ha reso in qualche misura complicata e incerta la ricostruzione cronologica delle successioni.<ref>{{cita pubblicazione|rivista=Siksacakr|numero=4|url=http://www.khmerstudies.org/download-files/publications/siksacakr/no4/chronology.pdf?lbisphpreq=1|titolo=The Chronology of 9th Century Cambodia reconsidered once more|editore=Center for Khmer Studies|autore=Karl-Heinz Golzio|anno=2001}}</ref>
 
Uno dei casi più evidenti fu quello di [[Jayavarman IV]]. Correlato per parte materna a Yasovarman, alla sua morte si oppose alla successione diretta filiale. Spostatosi circa 70&nbsp;km a nord-est, vi creò la propria capitale ''Lingapura'', l'odierna [[Koh Ker]], ed estese più tardi il suo dominio all'intero regno.<ref name=higham7073>{{Cita|Higham, 2003|pp.70-73}}.</ref> Alla sua morte, dopo qualche anno di conflitto si ebbe il ritorno di Yasodharapura al rango di capitale incontrastata ad opera di [[Rajendravarman]], nipote sia Jayavarman IV che di Yasovarman. Il nuovo sovrano edificò [[Mebon orientale]] e [[Pre Rup]], che si ritiene potrebbe aver costituito il fulcro di una nuova città reale situata a sud del baray orientale.<ref name=Pottier_2012>{{cita libro|titolo=Old Myths and New Approaches|curatore=Alexandra Haendel|editore=Monash University Publishing|anno=2012|capitolo=2|altri=autore del cap.Christophe Pottier|pp=12-27|url_capitolo=https://books.google.it/books?id=EwvWBQAAQBAJ&pg=PA12|ISBN=978-1-921867-28-6}}</ref>. Il suo figlio e successore [[Jayavarman V]] fece invece edificare ''Hemasringagiri'' ("montagna dalla cima dorata"), l'odierno [[Ta Keo]], considerato il primo tempio khmer completamente in arenaria.<ref name=aa2629>{{Cita|M.Freeman, C.Jacques, 1999|pp.26-29}}.</ref><ref name=higham7984>{{Cita|Higham, 2003|pp.79-84}}.</ref>
 
=== Dall'XI secolo alla costruzione di Angkor Wat ===
Da un periodo di guerra civile durato un decennio, attorno all'anno 1010 emerse la figura di [[Suryavarman I]]. Secondo la distribuzione geografica delle iscrizioni che lo menzionano sembra provenire da nord o nordest, dove ha esercitato il suo potere prima di regnare ad Angkor.<ref name=higham91101>{{Cita|Higham, 2003|pp.91-101}}.</ref> La nuova dinastia vanta nelle iscrizioni un lignaggio antico e correlazioni a stirpi regali Chenla. Viene chiamata "dei re del sole" per la presenza della divinita solare ''Surya'' o ''[[Āditya|Uditya/Āditya]]'' nel nome dei regnanti.<ref name=higham91101/> Suryavarman celebrò l'acquisizione del potere con una vasta serie di opere nella capitale e si distinse per l'ampia attività di costruttore nel resto dell'impero. Estese infatti i noti complessi architettonici di [[Tempio Preah Vihear|Preah Vihear]] e [[Wat Phu]], nell'odierno [[Laos]]. Gli sono inoltre attribuite le opere iniziali del grande complesso di [[Preah Khan Kompong Svay|Preah Khan]], 100&nbsp;km a est di Angkor.<ref name=HighamCiv9497>{{cita|Higham, 2003|pp.94-97}}.</ref>
[[File:Baphuon temple.JPG|thumb|left|Il Baphuon ricostruito]]
 
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{{vedi anche|Angkor Wat}}
[[File:Angkor Wat M3.png|thumb|alt=Pianta di Angkor Wat|Pianta della struttura centrale di Angkor Wat.]]
Durante il regno di Suryavarman II viene raggiunta la massima espressione dell'arte classica khmer nella costruzione di Angkor Wat, il tempio più conosciuto di Angkor.<ref name=rooney2005_161186>{{cita|Rooney, 2005|pp.161-186}}.</ref> Eretto fra il [[1113]] e il [[1150]], probabilmente fu terminato dopo la morte del sovrano e forse utilizzato anche come suo mausoleo.<ref name=rooney2005_161186/><ref name=Brown2010_cap10>{{cita libro|titolo=Images in Asian Religions: Text and Contexts|curatore=Phyllis Granoff, Koichi Shinohara|editore=UBC Press|anno=2010|isbn=978-0-7748-5980-6|altri=aut.cap.R.L.Brown|capitolo=10. Ritual and Image at Angkor Wat|pp=346-366}}</ref> A differenza degli altri templi della capitale, dedicati solitamente a [[Śiva]] e orientati ad est, è del resto consacrato a [[Vishnu]] ed orientato verso ovest. Oltre a essere associato al dio, l'ovest è una direzione legata alla morte e ai riti funebri.<ref>{{cita libro|titolo=World and Its Peoples: Cambodia, Laos, and Vietnam|autore=Marshall Cavendish Corporation|editore=Marshall Cavendish|anno=2007|ISBN=978-0-7614-7639-9|p=770|url=https://books.google.it/books?id=kte14XIoOCkC&pg=PA770}}</ref> La recinzione più esterna è un muro rettangolare, alto 4,5&nbsp;m, lungo 1024 in senso est-ovest e largo 802 nel senso nord-sud. All'esterno una trentina di metri di terreno aperto la dividono dal fossato che la circonda completamente, ampio 190&nbsp;metri.<ref name=aa4667>{{Cita|M.Freeman, C.Jacques, 1999|pp.46-67}}.</ref> Angkor Wat ritrae perfettamente la [[cosmologia (filosofia)|cosmologia]] [[Induismo|Indù]]: le torri centrali rappresentano il [[Monte Meru (mitologia)|Monte Meru]] (la casa degli dei), i muri esterni le montagne che racchiudono il mondo e il fossato l'[[oceano]] oltre le [[montagna|montagne]]. Inoltre nelle misure e nei rapporti architettonici sembra presentare numerosi riferimenti astronomici e ai cicli del Sole e della Luna.<ref>{{cita libro|titolo=Disegnare il tempo e l'armonia - Vol.1|curatori=Emma Mandelli, Gaia Lavoratti|anno=2010|editore=Alinea Editrice|capitolo=Il riferimento temporale nell'architettura khmer|altri=aut.cap.Alessio Paroncini|url_capitolo=https://books.google.it/books?id=H9r6i62DU-4C&pg=PA875}}</ref><ref>{{cita pubblicazione|titolo=Astronomy and cosmology at Angkor Wat|rivista=Science|data=23 luglio 1976|volume=193|numero=4250|pp=281-287|autore=R.Stencel|coautori=F.Gifford, E.Moron|doi=10.1126/science.193.4250.281}}</ref>
 
La struttura è composta dal vecchio tema architettonico-religioso del tempio-montagna (di cui in zona gli esempi più antichi sono Ak Yum e Bakong) e da quello più recente delle gallerie concentriche. Semplificando, si tratta infatti di una struttura centrale a piramide, con tre livelli concentrici, ognuno dei quali è delimitato da una galleria quadrangolare, con quattro gopura sui lati e quattro torri agli angoli. Il livello più alto presenta la tipica disposizione di cinque torri a [[quinconce]], con la torre centrale ad innalzarsi per 42&nbsp;metri. Il tempio sorge al centro della zona racchiusa dal fossato, su una terrazza di circa 332&nbsp;per&nbsp;258&nbsp;m. I rimanenti 9/10 dell'area sembrano essere stati occupati da costruzioni civili, disposte a griglia, e dal palazzo reale (secondo la tradizione a nord del tempio).<ref name=aa4667/> Tale ipotesi, avanzata da Groslier negli anni sessanta, pare infatti confermata dai recenti rilievi Lidar.<ref>{{cita web|url=https://www.bbc.com/news/magazine-29245289|titolo=Beyond Angkor: How lasers revealed a lost city|data=23 settembre 2014|autore=Ben Lawrie|editore=BBC|accesso=2 giugno 2015}}</ref>
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Alla morte di Suryavarman II seguì un periodo tormentato, caratterizzato da regni di breve durata, conflitti tra fazioni e dispute con i vicini Chăm. La storiografia tradizionale cita una loro invasione a mezzo di barche attraverso il Tonle Sap e il saccheggio di Angkor nel 1177. A ciò sarebbe seguito il ritorno da una sorta di esilio volontario di Jayavarman VII, una lotta di liberazione e la sua acclamazione come re. In realtà appare più realistica l'ipotesi che fazioni khmer e cham fossero alleate tra loro nelle dispute interne successive alla morte di Suryavarman II. La stessa datazione dell'invasione, dovuta a fonti cinesi, appare dubbia.<ref>{{cita web|url=http://michaelvickery.org/vickery2005champa.pdf|titolo=Champa revised|autore=Michael Vickery|formato=PDF|anno=2005|accesso=14 settembre 2015}}</ref>
 
In ogni caso tradizionalmente si ritiene che [[Preah Khan]] (nome moderno che significa "spada sacra") fu costruito da Jayavarman VII sul luogo della sua vittoria finale e dedicato al padre, [[Dharanindravarman II]]. La stele di fondazione del tempio (K.908), rinvenuta da Glaize nel 1939, nei suoi 179 versi in sanscrito fornisce un'eulogia reale, alcuni particolari su questo e altri templi e come data di consacrazione il 1191.<ref>{{cita pubblicazione|titolo=The stele inscription of Preah Khan, Angkor|autore=Thomas S.Maxwell|anno=2007|rivista=Udaya|numero=8}}</ref> Si ritiene che il grande tempio, dotato di un baray oggi prosciugato, fu sede reale (anche per la presenza di ingressi ornati da naga, caratteristici di altre sedi reali ma non di templi di dimensioni comparabili, come Ta Prohm) e capitale provvisoria prima del completamento di Angkor Thom. Il sito potrebbe forse essere stato occupato in precedenza dal palazzo reale di Yasovarman II e Tribhuvanadityavarman.<ref>{{Cita|M.Freeman, C.Jacques, 1999|pp.170-177}}.</ref>
 
==== Angkor Thom ====
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Ta Som2012.jpg|Ta Som
</gallery>
Angkor Thom è l'ultima capitale edificata ad Angkor, costruita a cavallo della fine del XII secolo.<ref name=Pottier_2005/><ref name=yasuda2012_III>{{cita libro|titolo=Water Civilization: From Yangtze to Khmer Civilizations|curatore=Yoshinori Yasuda|editore=Springer|anno=2012|ISBN=978-4-431-54110-3|capitolo=Part III - Angkor's demise}}</ref> Le sue mura quadrate in laterite alte 8&nbsp;metri, di circa 3&nbsp;km di lato, racchiudono un'area di 145,8&nbsp;ettari e sono circondate da un fossato ampio 100&nbsp;metri.<ref name=rooney2005_190194>{{cita|Rooney, 2005|pp.190-194}}.</ref> Ospitava il sovrano, l'élite religiosa e militare e i funzionari del governo, mentre la popolazione comune viveva al di fuori. Mercanti e visitatori stranieri, come Zhou Daguan, la definivano una città opulenta.<ref name=rooney2005_190194/>
 
L'imponenza e rilevanza della struttura chiusa di Angkor Thom persuase molti studiosi a cercare tracce di strutture simili ad essa precedenti. Goloubew ad esempio investigò largamente sulla capitale di Yasovarman negli anni trenta.<ref name=Pottier_2005/> Finora però tutte le tracce che sono state via via proposte come possibili indizi dell'esistenza di vere e proprie cinte murarie precedenti hanno trovato interpretazioni conclusive diverse. Si ritiene generalmente che Angkor sia rimasta fino al regno di Jayavarman VII una struttura fondamentalmente aperta, senza delimitazioni formali, e che nel caso di Angkor Thom abbia giocato un ruolo importante il trauma causato dall'invasione Cham del 1177.<ref name=Pottier_2005/><ref name=Pottier_2012/><ref group=N>Vi sono ipotesi su una prima cerchia muraria ad opera di Suryavarman I, che avrebbe racchiuso il palazzo reale e il suo tempio di stato, il Phimeanakas, in un'area ora compresa in Angkor Thom, vedi Jacques in {{cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/l-archeologia-del-sud-est-asiatico-cambogia_%28Il_Mondo_dell%27Archeologia%29/|titolo=L'archeologia del Sud-Est asiatico. Cambogia - Il Mondo dell'Archeologia|editore=Treccani|anno=2005}}</ref>
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La struttura ha evidenti significati simbolici e la capitale si pone come un [[Macrocosmo e microcosmo|microcosmo]] che rappresenta l'intero universo.<ref name=rooney2005_190194/> Per le strade di ingresso sono state date diverse interpretazioni. Fiancheggiate da statue di dei e demoni (diversificati dall'atteggiamento: sereno da un lato, guerresco dall'altro) che hanno sotto di sé il corpo squamoso di un grosso naga la cui sommità a nove teste si apre alla fine del ponte, sono state correlate al mito induista dell'oceano di latte o al simbolo dell'arcobaleno, che unisce il cielo alla terra. Boisselier ha suggerito un'interpretazione basata sulla vittoria di Indra sui demoni, con le sculture in pietra a simboleggiare [[yakṣa]]s a guardia di futuri attacchi a sorpresa.<ref name=rooney2005_190194/>
 
L'enorme attività del suo costruttore Jayavarman VII si svolse secondo Stern in uno schema a tre fasi, caratteristico di diversi regnanti khmer a partire da [[Indravarman I]].<ref>{{Cita|Chandler, 2008|p.42}}.</ref><ref>{{cita pubblicazione|autore=Philippe Stern|anno=1951|titolo=Diversité et rythme des fondations royales khmères|rivista=BEFEO|volume=51|issn=0336-1519|pp=649-687|lingua=fr|doi=10.3406/befeo.1951.5191}}</ref> Nella prima edificò opere pubbliche, come le ''[[Architettura della Cambogia#Casa del Fuoco|dharmasala]]'', ponti e strade ed il proprio baray, lo ''Jayatataka'', associato al grande tempio di [[Preah Khan]], costruito secondo la tradizione sul luogo della vittoria sui Cham. Nella seconda fase costruì una serie di templi, dedicati ai propri progenitori divinizzati. Il primo fu il noto [[Ta Prohm]], dedicato alla madre in forma divinizzata di [[Prajnaparamita]], dea della saggezza e madre in senso metaforico dei [[Buddha]]. Jayavarman professava infatti il [[buddhismo Mahāyāna]] e lo impose come religione di Stato, promuovendo l'identificazione del sovrano nella figura di [[Avalokitesvara|Lokeśvara]]. Seguì il Preah Khan, dedicato al padre. La terza fase culminò nella costruzione del "tempio-montagna" noto come Bayon (nome attribuitogli dai francesi nel XIX secolo, il suo nome originario era ''Madhyadri''),<ref>{{Cita|Higham, 2003|p.130}}.</ref> centro ideale della nuova capitale, con le sue enigmatiche torri quadrate che riportano sui lati raffigurazioni enormi del volto di Lokeśvara.<ref>{{Cita|Chandler, 2008|pp.66-80}}.</ref><ref group="N">in realtà non tutte riportano le facce su tutti e quattro i lati, alcune solo su tre o anche due, vedi {{cita|M.Freeman, C.Jacques, 1999|p.78}}</ref> Caratteristiche dello stile denominato proprio Bayon, oltre che in diversi altri templi di Angkor Thom, sono presenti anche a [[Banteay Chhmar]] e nel [[Preah Khan Kompong Svay]]. Ricerche recenti hanno determinato che il loro numero, stabilito in 49 torri da Dumarçay (di cui 37 ancora erette), potrebbe arrivare a 59 contando quelle posizionate sulla galleria più esterna, secondo una disposizione inizialmente non considerata possibile.<ref>{{cita libro|titolo=Interpreting Southeast Asia's Past|curatori=P.Sharrock, I.C.Glover, E.A.Bacus|editore=NUS Press|anno=2008|altri=aut.cap.O.Cunin|capitolo=2. How Many Face Towers in the Bayon?|isbn=978-9971-69-405-0|url=https://books.google.it/books?id=HiSUl9aN88MC&pg=PA9}}</ref> Leggermente scostato dal centro geometrico di Angkor Thom, caratteristica comune nell'architettura khmer,<ref name=Pottier_2005/> il Bayon dimostra in alcuni dettagli che l'attività edilizia di quegli anni fu talmente frenetica da impedire di raggiungere il grado di raffinatezza e precisione di costruzioni precedenti, sia dal punto di vista ingegneristico che artistico.<ref>{{cita libro|autore=Jame DiBiasio|titolo=The Story of Angkor|editore=Silkworm Books|anno=2013|isbn=978-1-63102-259-3|pagine=56|url=https://books.google.it/books?id=fg4LBAAAQBAJ&pg=PT56}}</ref>
 
Dopo la frenesia caratteristica del regno di Jayavarman VII l'edificazione di templi in pietra diminuì notevolmente, limitandosi perlopiù a modifiche e interventi sugli edifici esistenti. L'ultimo tempio in pietra costruito ad Angkor risulta infatti essere il [[Mangalartha]]<ref>{{Cita|M.Freeman, C.Jacques, 1999|p.120}}.</ref>, inaugurato nel 1295 da [[Jayavarman VIII]]. Succeduto a [[Indravarman II]], figlio di Jayavarman VII, riportò lo shivaismo al rango di religione di Stato, tanto che durante il suo regno si ebbero atti di [[iconoclastia]] su statue ed edifici di ispirazione buddhista.<ref group="N">per le modalità con cui avvennero, pare che si siano verificati in un periodo piuttosto breve e che fossero diretti verso raffigurazioni tantriche o sincretiche, ai tempi di recente introduzione, piuttosto che verso quelle buddiste tradizionali, tollerate da secoli, vedi {{cita|Harris,2008|p.50|harris2008}}, e con motivazioni politiche più che squisitamente religiose, vedi {{cita libro|titolo=Bayon: New Perspectives|curatore=Joyce Clark|anno=2008|edizione=2 ed.|editore=River Books|lingua=en|isbn=978-974-9863-47-3}}; Sharrock e Vickery ipotizzano anche possa essere stata opera di un sovrano successivo, sicuramente induista, Jayavarmādiparameśvara, vedi {{cita pubblicazione|titolo=Bayon: New Perspectives Reconsidered|autore=Michael Vickery|anno=2006|rivista=Udaya|numero=7|pp=101-176|url=http://michaelvickery.org/vickery2006bayon.pdf}}</ref> Nel [[XIV secolo]] il [[buddhismo theravada]] diventò però la religione ufficiale, ancor oggi dominante in Cambogia.
 
Alla fine del [[XIII secolo]] la capitale venne visitata dal diplomatico cinese [[Zhou Daguan]], che vi soggiornò tra il 1296 e il 1297.<ref>{{Cita|M.Freeman, C.Jacques, 1999|p.37}}.</ref> Mosso da interessi commerciali a conoscere usi e costumi del popolo e della corte reale, ne lasciò un colorito resoconto, oltre a una descrizione della città al culmine del suo splendore, in cui spicca la grande "torre di bronzo", identificata con il Baphuon.
 
=== Il declino ===
[[File:Le Neak Pean (EFEO Angkor, musée Cernuschi) (5048751186).jpg|left|thumb|alt=Il Neak Pean prima del restauro (1936)|Il [[Neak Pean]] nel 1936, prima del restauro.]]
 
L'iscrizione in sanscrito K.300, che viene considerata quella incisa in epoca più tarda tra quelle ritrovate, menziona l'ultimo re sicuramente shivaita, Jayavarmādiparameśvara, salito al trono nel 1327.<ref>{{Cita|Coedès, 1966|p.197}}.</ref><ref>{{Cita|Coedès, 1968|p.228}}.</ref><ref>{{cita pubblicazione|titolo=Bayon: New Perspectives Reconsidered|autore=Michael Vickery|anno=2006|rivista=Udaya|numero=7|pp=101-176|url=http://michaelvickery.org/vickery2006bayon.pdf}}</ref> A ratificare un mutamento evidente nella diminuzione dell'attività e della qualità artistica, la fine del XIV secolo viene del resto talvolta definita già "post-angkoriana".<ref>{{cita web|url=http://www.cambodiamuseum.info/en_khmer_art_history/style_period.html|titolo=Khmer art history periods & styles|editore=National Museum of Cambodia|accesso=3 giugno 2015}}</ref>
 
Nel corso del [[XV secolo]] Angkor conobbe un rapido e definitivo declino del suo peso politico e demografico, malgrado vi siano evidenze che ancora alla metà del XVI secolo venisse sottoposta a restauri e usata come sede reale.<ref group=N>Couto, nell'ottica del mito della "città perduta" che affliggeva i visitatori occidentali, riferisce che un re, identificato come Ang Chan (I), "riscoprì" Angkor Thom durante una battuta di caccia nel 1550/51 e la utilizzò come residenza reale, vedi {{Cita|Groslier, 2006|pp.10 e succ.}} e {{Cita|Coedès, 1966|p.196}}</ref>
 
L'ipotesi storiografica tradizionale attribuiva l'abbandono quasi esclusivamente all'espansionismo di [[Regno di Ayutthaya|Ayutthaya]], con il quale i Khmer furono in conflitto semi-permanente dalla metà del XIV secolo, e al saccheggio avvenuto dopo un lungo assedio nel 1431, con un susseguente sprofondamento in un periodo buio, definito "medioevale".<ref group="N">le non troppo affidabili cronache reali, ''Rapa Ksatr'', che quattro secoli dopo raccolgono informazioni su avvenimenti della corte reale khmer a partire dal 1350 circa, raccontano di due saccheggi thai precedenti, avvenuti nel 1353/54 e nel 1394, vedi {{Cita|Coedès, 1966|p.196}}</ref><ref name=CACS_11/> Oltre a ciò tra le cause della decadenza veniva pure menzionata la diffusione del buddismo theravada,<ref>{{cita|Coedès, 1966|p.201}}.</ref> sebbene tale religione fosse la stessa della potente Ayutthaya. Tuttavia ancora alla metà del XVI secolo i khmer apparivano in alcune occasioni abbastanza forti militarmente da contrastare con successo i thai,<ref>{{Cita|Tarling, 1999|p.79}}.</ref> con i quali peraltro si erano stabiliti da tempo forti legami economici e soprattutto culturali, tanto che nel XIV e buona parte del XV secolo lo khmer fu probabilmente lingua ufficiale comune ad entrambi i regni.<ref name=chandler_9296>{{cita|Chandler, 2008|pp.92-96}}.</ref>
 
Studi successivi hanno portato a considerazioni aggiuntive circa le ragioni dello spostamento del centro politico ed economico del regno nella zona dell'attuale capitale [[Phnom Penh]]. Ad esempio l'aumento del commercio marittimo cinese dell'[[Dinastia Ming|epoca Ming]] e la necessità di migliori collegamenti con le zone costiere a seguito del rilievo assunto dai commerci rispetto alla produzione agricola.<ref name=spl>{{cita libro|titolo=Strange Parallels: Volume 2|autore=Victor Lieberman|editore=Cambridge University Press|anno=2009|ISBN=978-0-521-82352-4|pagine=15-18}}</ref><ref>{{cita libro|titolo=Routledge Handbook of Southeast Asian History|curatore=Norman G.Owen|editore=Routledge|anno=2014|pagine=146|url=http://books.google.it/books?id=cippAwAAQBAJ&pg=PA146|ISBN=978-1-135-01878-8}}</ref> In tali commerci giocarono probabilmente un ruolo malesi e cinesi, che entrarono per via matrimoniale nelle famiglie dell'élite khmer, legando ancora di più i commerci alla corte reale.<ref name=chandler_9296/>
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== Storia recente ==
=== La "riscoperta" ===
Le prime notizie su un'incredibile città di pietra celata nella giungla giunsero in Occidente verso la fine del XVI secolo, ad opera di portoghesi in fuga da [[Sumatra]] in seguito all'occupazione olandese.<ref name=rooney2005_4448>{{Cita|Rooney, 2005|pp.44-48}}.</ref> Il primo resoconto dettagliato in ordine di tempo<ref group=N>fu però pubblicato solo in epoca moderna, vedi {{Cita|Groslier, 2006|}}</ref> fu opera di [[Diogo do Couto]], che si ritiene abbia raccolto la testimonianza del [[Ordine dei frati minori cappuccini|frate cappuccino]] Antonio de Magdalena, che visitò Angkor attorno al 1585.<ref name=rispoli2002>{{cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/l-archeologia-dell-estremo-oriente-sud-est-asiatico_(Il_Mondo_dell'Archeologia)/|titolo=L'archeologia dell'Estremo Oriente: Sud-Est asiatico|autore=Fiorella Rispoli|anno=2002|editore=Treccani|accesso=1º giugno 2015}}</ref><ref name=zakk>{{Cita web|titolo=Angkor and Henri Mouhot: Myths about the discovery of Angkor|url=http://www.zakkeith.com/articles,blogs,forums/Henri-Mouhot-Angkor.htm|autore=Zak Keith|accesso=16 febbraio 2013}}</ref>
 
[[File:Facade of Angkor Wat.jpg|thumb|alt=La facciata di Angkor Wat, disegno di Mouhot del 1860 circa|La facciata di Angkor Wat, disegno di Mouhot del 1860 circa]]
Nel 1601 Marcelo de Ribadeneira ipotizzò addirittura che le grandi costruzioni semiricoperte dalla giungla fossero opera di [[Alessandro Magno]] o dei romani.<ref name=rooney2005_4448/> 46 anni più tardi le rovine di Angkor Thom, paragonate all'[[Atlantide]] di [[Platone]], vennero fantasiosamente attribuite all'imperatore romano [[Traiano]].<ref>{{cita|Higham, 2013|cap.I}}.</ref><ref>{{Cita|Higham, 2003|p.140}}.</ref>
 
La grande città e i suoi templi restarono in buona parte nascosti dalla vegetazione fino alla seconda metà del [[XIX secolo]], quando i resoconti di esplorazioni in maggioranza francesi, ma anche inglesi e statunitensi, portarono al grande pubblico il mito della "città perduta nella giungla" che affascinò generazioni di europei. Preminente in tal senso fu l'influenza dei racconti di viaggio di [[Henri Mouhot]], che aveva ottenuto il supporto della [[Royal Geographic Society]]. Furono probabilmente i pregevoli disegni che illustravano ''Voyage dans les royaumes de Siam, de Cambodge, de Laos'', pubblicato postumo causa la morte per malaria a Luang Prabang alla fine del 1861,<ref name=rooney2005_4448/> a garantirgli il successo che non avevano avuto resoconti precedenti. Era stato infatti già pubblicato ad esempio ''Voyage dans l'Indo-Chine, 1848-1856'' di padre Bouillevaux, un missionario francese che aveva visitato Angkor dieci anni prima (cosa accreditatagli da Mouhot stesso).<ref name=tw_2>{{cita libro|titolo=Post-conflict Heritage, Postcolonial Tourism|autore=Tim Winter|editore=Routledge|anno=2007|capitolo=Lost civilization to free-market commerce|urlcapitolo=http://books.google.it/books?id=Cop9AgAAQBAJ&pg=PA26|ISBN=978-1-134-08495-1}}</ref> Il francese del resto non si presentò mai come lo "scopritore di Angkor", appellativo che gli venne in seguito attribuito dalla stampa popolare.<ref name=zakk/> In realtà il sito era rimasto comunque in parte abitato e manutenuto. Angkor Wat era un monastero buddista oggetto di pellegrinaggio, visitato più volte nel XVII secolo da portoghesi e spagnoli.
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Restano tracce persino di visitatori giapponesi nel XVII secolo: su un pilastro del secondo livello di Angkor Wat c'è un'iscrizione calligrafica che riporta la data del 1632 e la prima planimetria nota di Angkor Wat è opera di Kenryio Shimano, che visitò Angkor tra il 1632 e il 1636.<ref name=rooney2005_4448/>
 
Caratteristica di Mouhot e di altri esploratori e visitatori fu l'attribuzione dei monumenti a una civiltà molto antica che non avrebbe avuto nulla a che fare coi moderni khmer, visti come miseri indigeni barbari, in un'ottica tipicamente [[Colonialismo|colonialista]].<ref name=tw_2/> Del resto i locali stessi sembravano ignorare la storia delle costruzioni e attribuirle ad entità mitologiche. Sul finire del XIX secolo rilievi archeologici veri e propri, compiuti dal primo direttore dell'EFEO [[Louis Finot]],<ref name=rispoli2002/> e lo studio delle iscrizioni, ove spicca l'attività di [[Étienne Aymonier]], chiarirono che i monumenti risalivano in realtà a pochi secoli prima ed erano sicuramente khmer.<ref>{{cita|Burgess, 2011|cap.V,VI,VII}}.</ref>
 
Inoltre, sebbene le ultime iscrizioni in sanscrito risalgano alla prima metà del XIV secolo, sono stati documentati lavori di edificazione abbastanza estesi (ad esempio sulla [[Terrazza del Re lebbroso]], sul Phnom Bakheng e attorno al Bayon) e di cura dei canali continuati fino al XVII secolo. Anche i bassorilievi di Angkor Wat dei corridoi a nordest furono terminati appena verso la fine del XVI secolo.<ref name=CACS_11/>
 
=== Ricerca e restauro ===
Durante la [[Cambogia#Dominazione francese|dominazione francese]] vennero intrapresi innanzitutto lo studio e quindi anche il restauro dei monumenti. Nel 1907 la regione di Siem Reap venne infatti restituita dal regno del [[Siam]] alla Cambogia e la soprintendenza alla conservazione archeologica di Angkor venne assegnata all'[[École française d'Extrême-Orient|EFEO]]. Il primo soprintendente di Angkor fu Jean Commaille, ucciso da rapinatori nel 1916,<ref name=Glaize_p51>{{cita|Glaize, 2009|p.51}}.</ref> che aveva intrapreso la ripulitura di Angkor Wat e di parti di Angkor Thom, Bayon compreso.<ref>{{cita web|url=http://www.efeo.fr/biographies/notices/commaille.htm|titolo=Jean Commaille|editore=EFEO|accesso=2 gennaio 2015|lingua=fr}}</ref>
 
Gli anni venti videro un grande sviluppo dell'attività turistica e di restauro. Dopo due anni e mezzo di lavori il [[Museo nazionale di Cambogia]] venne inaugurato il 13 aprile 1920. Creato a [[Phnom Penh]] da [[George Groslier]], ai tempi era dedicato ad [[Albert Sarraut]].<ref>{{cita web|url=http://www.cambodiamuseum.info/museum_history.html|titolo=MUSEUM HISTORY|editore=National Museum of Cambodia|anno=2013|accesso=14 settembre 2015}}</ref> Il 30 ottobre 1925 venne istituito per decreto del governatore generale dell'Indocina, Maurice Monguillot, il parco archeologico di Angkor,<ref name=ah2013_capIII>{{cita libro|titolo='Archaeologizing' Heritage?: Transcultural Entanglements between Local Social Practices and Global Virtual Realities Transcultural Research|altri=a cura di Michael Falser, Monica Juneja|editore=Springer Science & Business Media|anno=2013|isbn=978-3-642-35870-8|url=https://books.google.it/books?id=EVY_AAAAQBAJ|capitolo=3 - Tourism: Instrument of Colonisation and Preservation}}</ref><!-- non necessaria <ref name=rebuilders>{{Cita|Clémentin-Ojha, 2007|pp.93-102}}.</ref>--><ref name=AHM_cap11>{{cita libro|titolo=Asian Heritage Management|curatori=Kapila D. Silva, Neel Kamal Chapagain|capitolo=11. Angkor on the world stage|altri=aut.cap. William Chapman|editore=Routledge|anno=2013|ISBN=978-1-135-07561-3|url=https://books.google.it/books?id=UWKTmJ8iR84C}}</ref> sebbene il numero di visitatori stranieri fosse ancora assai limitato.<ref group=N>per esempio nel 1925 il registro delle visite annota 832 visitatori stranieri, vedi {{cita libro|titolo=Expressions of Cambodia: The Politics of Tradition, Identity and Change|curatori=Leakthina Chau-Pech Ollier, Tim Winter|editore=Routledge|anno=2006|ISBN=978-1-134-17196-5|p=28|url=https://books.google.it/books?id=vs98AgAAQBAJ&pg=PA28}}</ref> Sotto l'attiva guida di [[Henri Marchal]] vennero intrapresi lavori di scavo e restauro su scala più vasta, in buona parte con il metodo dell'[[anastilosi]], continuati con [[Georges Trouvè]] e [[Maurice Glaize]].<ref name=boisselier_1993>{{cita web|url=http://www.theangkorguide.com/text.htm|autore=Jean Boisselier|anno=1993|capitolo=Preface to the 4th French edition|sito=A guide to the Angkor monuments|accesso=7 dicembre 2014}}</ref> Marchal operò per vent'anni, ritornando poi anche in tarda età a ricoprire nuovamente il ruolo di soprintendente. Non esitò ad attuare interventi radicali anche discutibili, utilizzando ad esempio il [[cemento]]. Nondimeno si evitarono crolli e deterioramenti ulteriori delle strutture.<ref name=aa4042>{{Cita|M.Freeman, C.Jacques, 1999|pp.40-42}}.</ref> In diversi casi si badò tuttavia a mantenere quel certo alone di abbandono che contribuisce al fascino di Angkor. Ad esempio nel [[Ta Prohm]] le radici dei grandi alberi<ref group=N>Si tratta di esemplari del genere [[Ficus]], di [[Tetrameles nudiflora]] e [[Ceiba pentandra]], specie endemiche, vedi {{cita libro|titolo=Structural Analysis of Historic Construction: Preserving Safety and Significance|curatori=Dina D'Ayala, Enrico Fodde|anno=2008|editore=CRC Press|ISBN=978-1-4398-2822-9|p=1492|url=https://books.google.it/books?id=TVnRBQAAQBAJ&pg=PA1492}} e {{cita libro|autore=Michael Freeman|titolo=Cambodia|editore=Reaktion Books|anno=2004|ISBN=978-1-86189-446-5|p=87|url=https://books.google.it/books?id=-pZvBS75-E8C&pg=PA87}}</ref> che abbracciano le opere in pietra vennero in buona parte risparmiate. Ciò però rende tuttora il mantenimento della struttura in qualche misura problematico.<ref>{{cita news|url=https://www.cambodiadaily.com/archives/restorers-face-aesthetic-practical-dilemmas-in-rescuing-ta-prohm-32993/|titolo=Restorers Face Aesthetic, Practical Dilemmas in Rescuing Ta Prohm|pubblicazione=The Cambodia Daily|autore=Michelle Vachon|data=29 giugno 2002|accesso=7 dicembre 2014|lingua=en}}</ref>
[[File:Bayon JSA info.png|left|thumb|upright|alt=Diagrammi per il restauro della libreria ovest del Bayon|Diagrammi per il restauro della libreria ovest del [[Bayon (Angkor)|Bayon]]]]
 
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[[File:Night.Siem.Reap.City.jpg|thumb|alt=Vita notturna nella turistica Siem Reap|Vita notturna nella turistica [[Siem Reap]]]]
 
Grazie alla sua fama, Angkor è stata oggetto di numerosi progetti internazionali di conservazione e restauro a partire dall'epoca coloniale, sebbene con varie parentesi causa la travagliata storia cambogiana del novecento. Del resto i materiali di cui sono costruiti i templi tendono a deteriorarsi nel clima tropicale, sia per le loro caratteristiche (l'[[arenaria]] tende ad esempio a sfogliarsi) che per cause chimiche e biologiche (ad esempio i sali e i [[Thiobacillus|batteri]] contenuti nel [[guano]] dei pipistrelli che li abitano)<ref>{{Cita web|url = https://www.academia.edu/18093615/_I_templi_di_Angkor._Principi_e_metodi_di_restauro_a_confronto._Estetica_del_rudere_e_problemi_di_conservazione_LArchitetto_italiano_IV_22-23_ottobre_2007-_gennaio_2008_pp._118-126|titolo = "I templi di Angkor. Principi e metodi di restauro a confronto. Estetica del rudere e problemi di conservazione", L'Architetto italiano, IV, 22-23, ottobre 2007- gennaio 2008, pp. 118-126.|accesso = 10 novembre 2015|sito = www.academia.edu}}</ref>.<ref name=wmf1_2326>{{Cita|WMF, 1992|pp.23-26}}.</ref>
 
Con la fine della guerra civile negli [[anni 1990|anni novanta]] e il ripristino dei flussi turistici, uno dei pericoli principali per la salute dei monumenti di Angkor secondo gli esperti è costituito proprio dal massiccio afflusso turistico nella zona, che può causare danni diretti (danneggiamenti involontari e vandalismi) e indiretti. Ad esempio l'utilizzo eccessivo delle risorse idriche da parte delle strutture turistiche e dell'aumentata popolazione di Siem Reap potrebbe minare la stabilità del terreno.<ref>{{cita news|url=http://www.world-archaeology.com/features/angkor-wat-temple-of-boom.htm|titolo=Angkor Wat: Temple of Boom|data = 7 novembre 2011|pubblicazione=Current World Archaeology|accesso=28 dicembre 2014}}</ref>
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Famoso il caso che coinvolse nel dicembre 1923 un [[André Malraux]] ventitreenne. Egli asportò dei bassorilievi da [[Banteay Srei]], sostenendo il suo diritto di farlo in quanto il tempio non era ancora stato classificato come bene archeologico e contestando il diritto esclusivo dell'EFEO a disporre dei manufatti khmer.<ref name=French2005/> Condannato a tre anni di prigione, grazie ad una campagna guidata dalla moglie con il sostegno di intellettuali francesi come [[André Breton|Breton]], [[André Gide|Gide]] e [[François Mauriac|Mauriac]], venne liberato e ritornò a Parigi nel novembre 1924.<ref>{{cita libro|titolo=Vietnam and the Colonial Condition of French Literature|autore=Leslie Barnes|editore=University of Nebraska Press|anno=2014|isbn=978-0-8032-6677-3|pagine=21-22|url=https://books.google.it/books?id=HyurBAAAQBAJ&pg=PA22}}</ref>
 
I templi più remoti e vicini al confine thailandese sono stati quelli in genere più saccheggiati nell'era moderna. Ciò non toglie che anche Angkor abbia subito danni rilevanti dal commercio illegale di opere artistiche o da semplici vandalismi. Ad esempio nel 1969 Groslier fece trasportare la nota statua del "[[Terrazza del Re lebbroso|re lebbroso]]" (che si ritiene essere una raffigurazione di [[Yama]])<ref>{{cita pubblicazione|rivista=Udaya|editore=APSARA|anno=2000|numero=1|p=142|autore=Dawn F.Rooney|titolo=Khmer Ceramics: Their Role in Angkorian Society}}</ref> al Museo Nazionale di Cambogia, sostituendola con una copia in cemento proprio per preservarla da vandalismi.<ref>{{cita|WMF, 1992|p.66}}.</ref><ref group=N>anche le copie in cemento della statua furono comunque vandalizzate, vedi {{cita|M.Freeman, C.Jacques, 1999|pp.42-43}}.</ref>
 
[[File:LeperKing.JPG|left|thumb|alt=Copia del "re lebbroso" ad Angkor Thom|Copia in cemento della statua del "re lebbroso" che ha sostituito l'originale sulla [[Terrazza del Re Lebbroso]].]]
 
Durante la guerra civile e l'occupazione vietnamita alcuni monumenti vennero danneggiati o mutilati per ottenerne parti da rivendere.<ref name=rooney2005_6465>{{Cita|Rooney, 2005|pp.64-65}}.</ref> I danni riportati durante il conflitto furono comunque tutto sommato minimi, in buona parte grazie al valore simbolico riconosciuto di Angkor.<ref name=aa4243>{{cita|M.Freeman, C.Jacques, 1999|pp.42-43}}.</ref> Nella confusione politica dei primi anni novanta però il traffico di opere d'arte riprese vigore: statue, frontoni e architravi scolpiti presero la via della Thailandia.<ref name=aa4243/> A seguito della conferenza di Tokyo dell'ottobre 1993, dalla quale sorse l'ICC-Angkor,<ref name=ICC_UNESCO/> il governo cambogiano promulgò una legge apposita contro il traffico di opere d'arte e con l'aiuto della Francia e dell'UNESCO creò un'unita di polizia specializzata, con il risultato di ridurre ai minimi termini furti e vandalismi a danno dei beni artistici.<ref name=rooney2005_6465/> Sono seguite inoltre iniziative per il recupero dei beni sottratti, come la pubblicazione di ''Looting in Angkor'' nel 1993 e nel 1997 da parte dell'ICOM ("International Council of Museum"), che riporta un inventario di opere rubate selezionate, catalogate dall'[[Interpol]].<ref>{{cita web|titolo=100 missing objects|url=http://icom.museum/programmes/fighting-illicit-traffic/100-missing-objects/|editore=Icom|accesso=28 dicembre 2014}}</ref> Il buon successo di tali iniziative permise al [[Museo Nazionale di Cambogia]] di tenere nel 1999 una mostra di oggetti recuperati.<ref name=rooney2005_6465/>
 
=== Turismo di massa ===
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== Cultura e religione ==
L'aspetto religioso di Angkor appare centrale. Strettamente legata all'organizzazione politica e ai fenomeni di [[centralizzazione]] politico-amministrativa che resero in buona misura possibile Angkor,<ref name=tarling_capV>{{Cita|Tarling, 1999|cap.5 Religion and popular beliefs of Southeast Asia before c.1500}}.</ref><ref name=mg_1_12>{{cita|J.A.Marston, E.Guthrie, 2004|pp.1-12}}.</ref><ref>{{cita libro|titolo=Southeast Asia in the 9th to 14th Centuries|curatori=David G. Marr, Anthony Crothers Milner|editore=Institute of Southeast Asian Studies|anno=1986|isbn=978-9971-988-39-5|capitolo=Hydraulic works and Southeast Asian Polities|pp=23-48|autore=Janice StarGardt|url=https://books.google.it/books?id=Lon7gmj040MC&pg=PA23}}</ref><ref name=Hall_VI>{{cita libro|titolo=A History of Early Southeast Asia|autore=Kenneth R. Hall|editore=Rowman & Littlefield|anno=2010|capitolo=6. Temple-Based Political Economies of Angkor Cambodia and Pagan Burma|isbn=978-0-7425-6762-7}}</ref> la religione fu la fonte di ispirazione delle manifestazioni artistiche ed architettoniche khmer.<ref name=govkh_cult>{{cita web|url=http://www.cambodia.gov.kh/unisql1/egov/english/country.art&culture.html|titolo=Country - Art and Culture|editore=Sito web del governo cambogiano|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20100706162244/http://www.cambodia.gov.kh/unisql1/egov/english/country.art%26culture.html|dataarchivio=6 luglio 2010|accesso=23 maggio 2015|lingua=en|urlmorto=sì}}</ref>
 
Caratteristica appare la coabitazione di templi induisti e buddisti. Nell'impero khmer vi fu infatti compresenza e tolleranza di culti diversi, benché quello shivaita appaia religione di stato per buona parte della sua storia.<ref name=SandersonI>{{cita pubblicazione|autore=Alexis Sanderson|anno=2003|titolo=The Śaiva Religion among the Khmers (Part I)|rivista=BEFEO|volume=90|issn=0336-1519|pp=349-462|lingua=en|doi=10.3406/befeo.2003.3617}}</ref> Già Yasovarman I, il fondatore di Angkor, costruì a sud del suo bacino artificiale templi dedicati al Buddha, oltre che a Viṣṇu e Śiva.<ref>{{cita|Chandler, 2008|p.46}}.</ref>
 
La compresenza di elementi riferibili all'[[animismo]] originario (ad esempio il culto di pietre sacre in cui si ritiene infuso uno spirito) e al culto degli antenati (''Nak Ta'') è tra i numerosi aspetti rilevabili di eclettismo e [[sincretismo]] religioso, peraltro tipici dell'intero sudest asiatico.<ref>{{cita pubblicazione|titolo=The Syncretism of Religions in Southeast Asia, Especially in the Khmer Empire|autore=Lawrence Palmer Briggs|rivista=Journal of the American Oriental Society|volume=71|numero=4|anno=2001|pp=230-249|editore=American Oriental Society|doi=10.2307/596106}}</ref><ref>{{cita|Roveda, 2005|}}.</ref> Del resto essi caratterizzano la religiosità cambogiana anche in tempi moderni, come in altri paesi in cui è maggioritario il culto Theravada.<ref name=mg_1_12/>
 
Pare i khmer non fossero granché interessati a questioni dottrinali, come testimonia la mancata fioritura di sette induiste e buddiste, caratteristica invece della penisola indiana. È probabile altresì venissero venerati, con rituali più semplici e altari costruiti in materiali deperibili, tutta una serie di divinità minori e spiriti il cui culto aveva tradizione ben più antica dei nuovi culti indiani. Maggiormente affini allo spirito religioso khmer, erano ritenuti più vicini alla quotidianità in quanto apportatori diretti di fortuna o sventura.<ref>{{Cita|M.Freeman, C.Jacques, 1999|p.14-15}}.</ref>
 
Alla base delle testimonianze oggi più evidenti della civiltà khmer vi è un processo socioculturale chiamato tradizionalmente dagli studiosi "indianizzazione", tutt'altro che chiaro e univocamente definito e ritenuto pressoché unico nella storia delle civiltà umane.<ref name="spagnoli">{{Treccani|asia-sud-orientale-arte-della_(Enciclopedia-dell'-Arte-Antica)|Arte dell'Asia sudorientale|accesso=3 maggio 2015}}</ref>
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=== L'indianizzazione ===
[[File:Battle of Devas and Asuras Angkor Wat 0915.jpg|thumb|upright=1.4|Battaglia tra [[Deva]] e [[Asura]] nei bassorilievi di Angkor Wat]]
Col termine "indianizzazione" (o "sanscritizzazione" o anche "arianizzazione") a partire dagli anni venti si è voluto delineare l'evidente adozione da parte di numerosi regni e culture sorti nel sud-est asiatico di religioni, mitologie e forme di espressione artistica estremamente affini a quelle indiane, come pure del sanscrito, delle [[Manusmṛti|leggi di Manu]], di istituzioni e di un concetto di regalità tipicamente [[india]]no.<ref name=ANHSA_cap2/><ref name=spagnoli/><ref name=chandler4_1518>{{cita|Chandler, 2008|pp.15-18}}.</ref>
 
Le modalità con cui un processo di tale vastità e complessità possa essere avvenuto sono state ampiamente dibattute: nel tempo si sono succedute o affiancate diverse ipotesi e il termine stesso ha subito diverse reinterpretazioni e critiche. Appare comunque certo che l'instaurazione di tali costumi fu pacifica, non imposta.<ref name=chandler4_1518/><ref name=Legge1992>{{cita libro|titolo=The Cambridge History of Southeast Asia: Volume 1|curatore=Nicholas Tarling|altri=aut.cap.J.D.Legge|capitolo=1. The Writing of Southeast Asian History|doi=10.1017/CHOL9780521355056.003|editore=Cambridge University Press|anno=1992|isbn=978-0-521-35505-6}}</ref><ref name="O'Reilly_cap8"/>
 
Si suppone tale processo sia cominciato verso l'inizio dell'[[era volgare]], quindi in epoca pre-angkoriana, e sia durato 4-5 secoli. Vi sono indizi, come il ritrovamento di manufatti in [[vetro]] e perline, che rapporti quantomeno indiretti con la penisola indiana siano iniziati ben prima. Inoltre nei centri di artigianato costieri pare provata la presenza di artigiani indiani.<ref name=chandler4_1518/><ref name="O'Reilly_cap8">{{Cita|O'Reilly, 2006|cap.8 - Sociopolitical change in early Southeast Asia}}.</ref> Tuttavia è solo dal V secolo d.C. che l'utilizzo del sanscrito, di titoli onorifici e di sistemi di datazione indiani, nonché l'assorbimento di culti locali in una sovrastruttura [[induista]] e [[buddista]], appaiono largamente diffusi.<ref name="O'Reilly_cap8"/> In Cambogia le si devono tuttora costumi caratteristici, come l'utilizzo di posate e dita per mangiare, che ad esempio la differenziano dal vicino Vietnam.<ref name=chandler4_1518/>
 
L'indianizzazione fu ritenuta un vero e proprio processo di civilizzazione, in cui i popoli locali erano grossomodo recipienti passivi, oltre che dai teorici della "Grande India", come Majumdar, dalla generazione di studiosi che si occuparono della decifrazione delle culture del sudest asiatico in epoca coloniale, tra i quali spicca [[George Coedès|Coedès]], autore di ''Les états hindouisés d'Indochine et d'Indonésie''. Vennero formulate ipotesi di evangelizzazione su larga scala da parte di bramini odi colonizzazione vera e propria da parte di gruppi di indiani, della casta dei mercanti o dei guerrieri.<ref name=ANHSA_cap2/><ref>{{cita libro|autore=R.C.Majumdar|titolo=Kambuja-Desa or An Ancient Hindu Colony in Cambodia|editore=University of Madras|città=Madras|anno=1944}}</ref> Tali ipotesi vennero riportate nelle sintesi di lavori precedenti come la monumentale ''A history of Southeast Asia'' di D.G.E.Hall.<ref name=Legge1992/><ref>{{cita web|titolo=Theories of indianization|autore=Helmut Lukas|url=http://www.oeaw.ac.at/sozant/files/working_papers/suedostasien/soa001.pdf|accesso=19 dicembre 2014}}</ref>
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Il concetto di indianizzazione venne sottoposto a una revisione critica nei decenni successivi da autori come Mabbett, che indicò anche l'opportunità di evitare la percezione della cultura indiana come un monolite omogeneo che gli appariva caratteristica dei sanscritisti.<ref>{{cita pubblicazione|titolo=The 'Indianization' of Southeast Asia|autore=I. W. Mabbett|rivista=Journal of Southeast Asian Studies|volume=8|numero=2|anno=1977|mese=settembre|pp=143-161|editore=Cambridge University Press|url=https://www.jstor.org/stable/20070221}}</ref> In realtà già autori contemporanei a Coedes come Paul Mus (''Cultes indiens et indigenes au Champa'', BEFEO, 33 (1933)) e Van Leur (''Indonesian Trade and Society'', The Hague, 1955) avevano criticato l'implicito eurocentrismo e le modalità interpretative colonialiste secondo le quali le preesistenti culture indigene sarebbero stati meri recipienti passivi del processo.<ref name=Legge1992/> Van Leur scrisse che gli elementi caratteristicamente indiani non erano altro che uno strato sottile sovrapposto alla preesistente cultura locale,<ref name=ANHSA_cap2/> mentre Mus ipotizzò una "cultura dei monsoni", in cui giocavano un ruolo preminente divinità ancestrali protettrici dell'agricoltura, su cui si sarebbero innestati gli elementi indiani.<ref name=Chandler4_p17 />
 
Ipotesi successive, da [[Oliver W. Wolters|Wolters]] in avanti,<ref>{{cita libro|titolo = The Language of the Gods in the World of Men|autore=Sheldon Pollock|editore=University of California|anno=2006|capitolo=14|url_capitolo=https://books.google.it/books?id=0UCh7r2TjQIC&pg=PA525|ISBN=978-0-520-93202-9}}</ref> furono in ogni caso maggiormente centrate sulla rielaborazione endogena,<ref group=N>Lo stesso Coedès affermò che l'enfasi posta da uno studioso su un aspetto piuttosto che l'altro dipendeva in buona misura dal suo background culturale, vedi {{Cita|Chandler, 2008|p.15}}</ref> interpretando l'indianizzazione come un cambiamento che ebbe le sue basi in culti e costumi preesistenti e la sua ragion d'essere in motivazioni locali, quali la creazione o il consolidamento di ''élite'' politiche, e mantenne carattere fondamentalmente autonomo.<ref name="O'Reilly_cap5"/> Non vi sono ad esempio evidenze dell'adozione effettiva del sistema indiano delle [[Casta|caste]] (''varnas'')<ref>{{cita libro|autore=Robert L.Brown|titolo=The Dvāravatī Wheels of the Law and the Indianization of South East Asia|editore=BRILL|anno=2006|ISBN=978-90-04-10435-8|pagine=193-195}}</ref><ref name=Chandler4_p17>{{Cita|Chandler, 2008|p.17}}.</ref> (sebbene alcuni autori indiani abbiano ipotizzato una qualche sua forma di applicazione, anche per un uso politico che non troverebbe precedenti in India),<ref name="O'Reilly_cap8"/> né vennero adottate le prescrizioni alimentari del Manusmṛti, in quanto pesce e maiale venivano consumati, anche durante feste religiose.<ref name=SandersonI/>
 
Il dibattito trovò cornice politico-filosofica più ampia in considerazioni centrate sulla fondamentale autonomia o eteronomia della storia del sudest asiatico, in riferimento al tormentato secondo dopoguerra.<ref name=Legge1992/>
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=== Lo shivaismo e il culto devaraja ===
[[File:Linga Bayon1058.jpg|thumb|left|Linga nella galleria interna est del Bayon]]
Pur nell'eclettismo caratteristico khmer, testimoniato ad esempio dal culto di [[Harihara]] a [[Hariharalaya]], ad Angkor fino al XII secolo assunse una rilevanza certa il culto [[Shivaismo|shivaita]]. Furono infatti dedicati a tale divinità induista i templi principali di una lunga serie di regnanti, considerati veri e propri "templi di stato", che vi installavano un linga reale,<ref>{{cita|Higham, 2003|pp.10-11}}.</ref> come in Champa.<ref name=tarling_288295>{{Cita|Tarling, 1999|p.288-295}}.</ref> Nelle iscrizioni i linga vengono citati con un nome formato da quello del regnante (o di suoi antenati) più il suffisso -īśvara, titolo di Śiva, secondo una consuetudine comune a diversi regni indianizzati dell'Indocina, ad ulteriore affermazione sacrale della legittimità del regnante, non essendoci all'epoca nozione di appartenenza ed obbedienza a uno stato impersonale.<ref name=tarling_323325>{{cita|Tarling, 1999|pp.323-325}}.</ref>
 
La diffusione di tale culto, anche in senso devozionale oltre che strettamente politico (vista la relazione particolare del regnante con la divinità e il suo presentarsi come veicolo e canalizzatore delle energie spirituali delle terre che controlla),<ref name=tarling_288295/> è stata correlata da Wolters alla presenza in terra khmer di asceti [[Pāśupata]], testimoniata da iscrizioni del VII secolo in cui sono presenti invocazioni classiche di tale corrente, che ritiene Śiva l'essere supremo, di cui gli altri dei sono solo ulteriori manifestazioni.<ref name=tarling_288295/><ref>{{cita libro|titolo=Early Southeast Asia: Selected Essays|autore=O. W. Wolters|curatori=Craig J. Reynolds|editore=SEAP Publications|anno=2008|isbn=978-0-87727-743-9|capitolo=8. Khmer "Hinduism" in the Seventh Century}}</ref><ref group="N">Altre speculazioni tra eventi esterni e particolarità religiose o momenti di discontinuità nella storia angkoriana furono ad esempio quelle di Filliozat circa l'emigrazione di monaci buddisti mahayana dal Bengala, a seguito dell'invasione musulmana dell'XI secolo, che avrebbe influenzato il regno di Jayavarman VII, vedi {{cita libro|titolo=Strange Parallels: Volume 2|autore=Victor Lieberman|editore=Cambridge University Press|anno=2009|ISBN=978-0-521-82352-4|p=221}}.</ref>
 
Nell'iscrizione della stele di Sdok Kok Thom viene menzionato largamente il culto ''[[devaraja]]'',<ref group=N>termine sanscrito spesso interpretato letteralmente come "re-dio" o "re degli dei", malgrado già Filliozat avesse proposto una rettifica (vedi {{cita|Tarling, 1999|pp.324-325}}), mentre l'originale khmer antico di cui esso è la trascrizione sembra più preciso, ''kamrateng jagat ta raja/rajya'', significando "signore del mondo del re/regno", visto che ''kramateng jagat'' compare in altre iscrizioni come titolo attribuito a una divinità protettrice khmer, vedi M.Vickery in ''Southeast Asia: A Historical Encyclopedia, from Angkor Wat to East Timor''.</ref> di cui la stirpe sacerdotale di Sadaśiva, patrono del tempio, era officiante. Esso avrebbe legato Śiva alla persona del re, perciò divinizzandolo in vita. La rilevanza della stele come fonte primaria portò diversi sanscritisti ad esagerarne con ogni probabilità l'importanza,<ref>{{cita|Vickery, 2004|pp.694-695|saahe}}.</ref> che in effetti non ha trovato conferma in scoperte e ritrovamenti successivi. Nei decenni successivi vari autori, a partire da Filliozat, Kulke<ref>{{cita libro|autore=Hermann Kulke|titolo=The Devaraja Cult|editore=Cornell University|anno=1978|isbn=978-0-87727-108-6}}</ref> e Mabbett<ref>{{cita pubblicazione|autore=I. W. Mabbett|anno=1969|titolo=Devarāja|rivista=Journal of Southeast Asian History|volume=10|numero=2|pp=202-223|doi=10.1017/S0217781100004373}}</ref> ne hanno ridimensionato la possibile rilevanza effettiva,<ref>{{cita|Crosby, 2004|pp.418-419|saahe}}.</ref> ponendo l'accento sul fatto che si trattasse di un oggetto che veniva spostato e ipotizzando una separazione di tale culto da quello del linga reale vero e proprio.<ref name=tarling_323325/> Kulke, notando la presenza in templi induisti moderni di immagini di Śiva che, al contrario dei linga principali, vengono spostate (ad esempio in occasione di festività), ipotizzò che il ''devaraja'' fosse una raffigurazione sacra in bronzo, una sorta di [[Palladio (mitologia)|palladio]] che il re custodiva con sé, nel palazzo reale. Probabilmente i riti ad esso associati erano mantenuti segreti e l'aura di mistero che lo avvolge ha contribuito a mantenere aperto il dibattito.<ref>{{cita|Burgess, 2011|cap.X - The God King}}.</ref><ref group="N">Jacques ha del resto affermato che la quantità di inchiostro speso in tali dibattiti è inversamente proporzionale agli scarsissimi riferimenti esistenti nelle fonti primarie, vedi {{Cita|M.Freeman, C.Jacques, 1999|p.15}}</ref> Nel 2001 Hiram W.Woodward jr.ha ipotizzato ad esempio un legame tra il ''devaraja'' e il fuoco sacro, che veniva trasportato in un'arca, come visibile in un bassorilievo di Angkor Wat.<ref>{{cita pubblicazione|titolo=Jacques' Angkor and the Devaraja Question|autore=Hiram W.Woodward jr.|rivista=Journal of Southeast Asian Studies|volume=32|numero=2|mese=giugno|anno=2001|pp=249-261|doi=10.1017/S0022463401000121}}</ref>
 
== Architettura e scultura ==
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Il metodo costruttivo originario dell'intero Sud-est asiatico è il sistema pilastro-trave, legato all'utilizzo di materiali vegetali, primariamente legno e bambù per le strutture di sostegno e paglia o foglie per le coperture. I pilastri venivano conficcati a coppie nel terreno o in basamenti in pietra o mattone e i pavimenti spesso rialzati, per isolamento termico e protezione dalle inondazioni. Il tetto, elemento che godeva della massima visibilità, veniva realizzato a più livelli nelle strutture più grandi, in cui i pilastri anziché trovarsi agli angoli, come nella classica forma a capanna, erano interni. Vi era una forte componente animistica nell'associare i pilastri allo spirito dell'albero e nel caratterizzare come maschio-femmina la prima coppia di pilastri, spesso associandoli ad un antenato del rispettivo sesso. Tali forme antiche esplicano quindi una cosmologia originaria diversa da quella induista e buddista, che vi si sovrapposero nei primi secoli dell'era cristiana, assieme alla consuetudine tipicamente indiana di costruire edifici religiosi interamente in mattoni e pietra.<ref name=SCC2002/>
 
I khmer continuarono a costruire le abitazioni e gli edifici a uso civile (compreso lo stesso palazzo reale) in materiali deperibili, principalmente legno, e ben pochi resti ne sono sopravvissuti.<ref name=aa36/> Va inoltre tenuto presente che i templi khmer non erano deputati ad accogliere assemblee di culto. Edificati da re o aristocratici per accumulare meriti spirituali,<ref name=Glaize_p23>{{cita|Glaize, 2009|p.23}}.</ref> erano destinati a dimora degli dei cui erano dedicati, nella forma di una raffigurazione (un [[lingam|linga]] o una statua) permeata dalla divinità, installata in una stanza centrale di dimensioni ridotte. Ad esempio il santuario centrale dell'Angkor Wat misura solo 4,6&nbsp;per&nbsp;4,7&nbsp;m. In molti casi un singolo tempio poteva ospitare una moltitudine di santuari secondari e raffigurazioni divine, spesso aggiunte in seguito, in special modo dal regno di Jayavarman VII in avanti.<ref name=aa2225>{{Cita|M.Freeman, C.Jacques, 1999|pp.22-25}}.</ref> Ad esempio Preah Khan originariamente ne ospitava 400 e ne furono poi aggiunte altre.<ref name=aa2225/> Alcuni templi induisti furono successivamente adattati a templi buddisti mentre altri, come [[Ta Prohm]], lo furono fin dall'origine.
 
La struttura di base dei templi angkoriani del periodo classico è basata sulla [[cosmografia]] induista. La torre o tempio centrale (''prasat'') è in ogni caso dominante ed è spesso elevata su una terrazza o in cima a una piramide, nel caso del tempio di stato. Rappresenta il [[Monte Meru (mitologia)|monte Meru]], centro del mondo dove risiedono gli dei. Spesso è fiancheggiata da altri quattro torri minori, nella disposizione a [[quinconce]]. Le recinzioni quadrangolari, presenti nella forma più semplice fin dai templi preangkoriani di Sambor Prei Kuk, rappresentano le montagne che lo circondano e il fossato spesso presente simboleggia l'oceano.<ref name=aa2225/>
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Vi è una continuità architettonica, oltre che storica, con i precedenti [[Regno di Chenla|regni khmer Chenla]]. I templi più antichi di Angkor sono infatti costruiti di mattoni, come quelli di [[Sambor Prei Kuk]]. Al posto della comune malta veniva utilizzato un composto vegetale che garantiva una maggior compattezza estetica. In alcuni casi, come nel [[Prasat Kravan]], le superfici in mattoni venivano lavorate.<ref name=aa2629/> Più comunemente esse venivano ricoperte di stucco lavorato,<ref name=SCC2002/> di cui restano solo tracce, e dipinte a colori vivaci. Pigmenti sembra fossero del resto applicati in genere a tutte le superfici. Ancor oggi i bassorilievi di Angkor Wat riportano tracce dei vivaci colori (rosso, bianco, oro) di cui erano ricoperti,<ref name=10th_cap28>{{cita libro|titolo=Selected Papers from the 10th International Conference of the European Association of Southeast Asian Archaeologists|curatore=Elisabeth A. Bacus, Ian Carvel Glover, Peter D. Sharrock, Vincent C. Pigott|editore=NUS Press|anno=2009|isbn=978-9971-69-405-0|capitolo=Paint, Plaster, and Stucco - Decorative Features of Khmer Temples in Cambodia|url_capitolo=http://books.google.it/books?id=HiSUl9aN88MC&pg=PR21}}</ref> sebbene non sia chiaro se siano stati presenti sin dall'origine o aggiunti successivamente.<ref name=aa2629/> Sono state trovate tracce di pittura anche a [[Preah Khan]] e [[Neak Pean]].<ref name=aa2629/><ref name=wmf1_2326/>
 
Lo [[stucco]] utilizzato era composto di una [[calce]] ottenuta da sabbia e conchiglie, [[argilla]] (anche proveniente da [[Isoptera|termitai]]) e leganti vegetali quali il [[tamarindo]] e lo zucchero di [[Arecaceae|palma]]. Per garantire una miglior adesione, nelle pareti di mattoni e nella pietra venivano praticati dei fori (visibili ad esempio nel [[Mebon occidentale]]) o un'abrasione superficiale. Vista la deperibilità, è certo che già all'epoca gli stucchi venissero restaurati con una certa frequenza e ne sono sopravvissuti pochi tratti, a testimoniare l'alto livello artistico ed esecutivo raggiunto, più che ad Ankgor stessa nel gruppo di [[Roluos]].<ref name=rooney2005_123128>{{cita|Rooney, 2005|pp.123-128}}.</ref><ref>{{cita|Dumarçay, 2001|p.65}}.</ref>
 
L'[[arenaria]], materiale pesante e dall'estrazione onerosa, che doveva essere trasportato dalle lontane cave del Phnom Kulen probabilmente per via fluviale, venne inizialmente riservato alle sculture e a particolari di pregio degli edifici, di solito altamente lavorati, come gli ingressi, le false porte, gli stipiti e le architravi.<ref name=rooney2005_123128/> In particolare per queste ultime veniva di solito usata un quarzo-arenaria molto fine.<ref>{{cita pubblicazione|titolo=EVIDENCE OF SANDSTONE USAGE FOR SCULPTURE DURING THE KHMER EMPIRE IN CAMBODIA THROUGH PETROGRAPHIC ANALYSIS|autore=Janet G. Douglas|coautori=F.Carò, C.Fischer|rivista=Udaya|editore=APSARA|anno=2008|numero=9|url=http://yosothor.org/udaya/index.php/ujks/article/view/24/23}}</ref>