Talete: differenze tra le versioni

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Da [[Aristotele]]<ref>{{cita|Aristotele, ''Metafisica''}}, A 3 983b 20-21</ref> in poi, Talete viene indicato come il primo [[filosofo]] della storia del pensiero [[civiltà occidentale|occidentale]]<ref>{{cita|Treccani}}; {{cita|Russell|p. 25}}</ref> che iniziò la ricerca dell’ἀρχή, del «principio», identificato empiricamente nell'acqua, da cui tutte le cose si sarebbero generate. In questa tradizione quindi egli è considerato come uno dei [[sette savi]] dell'[[antica Grecia]] e come primo «filosofo», intendendo con questo termine colui che per primo si occupò delle scienze naturali, matematiche, astronomiche<ref>{{cita|White|pp. 3; 14}}.</ref>. Il suo metodo di analisi della realtà lo rende una delle figure più importanti della conoscenza scientifica: deviando dai discorsi esplicativi forniti dalla mitologia, anche se ancora lontano dal [[metodo sperimentale]], Talete, pur ancora legato a un ragionamento astratto sulla realtà, favorì l'ancora generica concezione [[Naturalismo (filosofia)|naturalistica]] dei filosofi della [[scuola di Mileto]] caratterizzata da osservazione dei fenomeni e dimostrazione puramente logica<ref>{{cita|Jaeger|pp. 32-33}}.</ref><ref name="Nieth">{{cita|Nietzsche|p. 3}}.</ref>.
 
Di Talete, fondatore della scuola, non rimane nessun libro, se mai ne scrisse, ma sono a noi giunte varie testimonianze sul suo pensiero e su alcuni episodi della sua vita, non tutti accettati come storici o verosimili. Le fonti letterarie antiche lo ritraggono come una figura di saggezza proverbiale e di grande versatilità, perciò associato a molti campi di attività: oltre che alle scienze naturali, all'ingegneria, alla politica, all'economia applicata<ref>{{cita|Biondi}}.</ref>.
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Fin dall'antichità fu considerato uno dei [[Sette savi|Sette sapienti]]: la prima attestazione è nel dialogo ''[[Protagora (dialogo)|Protagora]]'' di [[Platone]], dove figura insieme a [[Pittaco]] di [[Mitilene]], [[Biante]] di [[Priene]], [[Solone]], [[Cleobulo]] di [[Lindo]], [[Misone]] di Chene e [[Chilone]] di [[Sparta]]<ref>{{cita|Platone, ''Protagora''|343 A}}.</ref>. Sebbene le liste dei Sette sapienti siano variabili tra gli autori<ref>Il nome e lo stesso numero di questi antichissimi saggi sono variamente riportati da diverse tradizioni, tanto che fra di essi vengono annoverati anche [[Orfeo]], [[Leofanto Gorgiade]], [[Epimenide]], [[Periandro]], [[Anacarsi]], [[Pitagora]], [[Aristodemo di Cuma|Aristodemo]], [[Acusilao]], [[Ferecide di Siro]], [[Laso]], [[Ermioneo]] e perfino [[Anassagora]]; v. {{cita|Diogene Laerzio|I, 40-42}}; {{cita|Clemente Alessandrino|I, 14, 59, 1}}.</ref>, il nome di Talete è sempre presente<ref>{{cita|Biondi|p. 194}}; {{cita|Dicks|p. 298}}.</ref>. In seguito si diffusero numerosi racconti che videro protagonista Talete in quanto primo tra i Sapienti: nella versione di [[Callimaco]], l'arcade Baticle lascia in punto di morte una coppa d'oro al figlio Anfalce<ref>Tirione secondo {{cita|Diogene Laerzio|I, 29}}.</ref>, affinché costui la consegni al migliore dei Sapienti; Anfalce la dona a Talete, ma costui la invia a Biante, il quale a sua volta la dona a Periandro finché la coppa, dopo essere passata da tutti i Sette sapienti, torna a Talete, che decide di dedicarla ad [[Apollo]]<ref>Callimaco, ''Giambi'', I, 43-77.</ref>. In altre versioni alcuni pescatori rinvengono un [[tripode]] o un altro oggetto prezioso e, dopo aver chiesto all'oracolo a chi dovesse essere consegnato, lo donano al "più sapiente", che in alcuni casi è Biante, in altri Talete, in altri Pittaco; il tripode passa tra i sapienti finché l'ultimo lo dona ad Apollo<ref>Varie tradizioni sono raccolte in {{cita|Snell|pp. 144-149}}. Un prospetto riassuntivo è in {{cita|Busine|pp. 49-50}}.</ref>.
 
Sempre legata alla tradizione dei Sette sapienti è una notizia di [[Demetrio Falereo]], riferita da Diogene Laerzio e generalmente ritenuta priva di storicità dagli studiosi moderni<ref>{{cita|Biondi|p. 195 n. 93}}.</ref>, secondo la quale Talete sarebbe stato il primo a essere chiamato "sapiente" e ciò sarebbe avvenuto al tempo dell'[[arconte|arcontato]] di [[Damasia]] ([[582 a.C.|582]]-[[581 a.C.]])<ref>{{cita|FGrHist|228 F 1}} = {{cita|Diogene Laerzio|I, 22}}.</ref>. Alcuni studiosi moderni, comunque, difendono la notizia, ritenendo che Talete si sarebbe davvero recato ad Atene per ricevere, come una sorta di onorificenza, il titolo di ''sophos''<ref>{{cita|Rossetti|pp. 36-38}}.</ref>.
 
==== Previsione dell'eclissi ====
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Non si sa con certezza se Talete abbia lasciato delle opere scritte, di cui comunque non rimangono frammenti sicuri<ref>Nella raccolta di {{cita|Diels-Kranz}} sono elencati solo quattro ''angebliche Fragmente'' ("frammenti presunti"), 11 B 1-4, "completamente spuri" per {{cita|Dicks|p. 298}}.</ref>; nel caso ne abbia lasciate<ref>Questa è l'opinione di alcuni moderni: ad esempio {{cita|Laurenti|pp. 61-62}} e {{cita|O'Grady|p. 14}}, secondo i quali sarebbe stato difficile per Talete riuscire a ottenere le scoperte che gli vennero ascritte senza fissare nulla per iscritto. Per {{cita|White|p. 4}}, Anassimandro o un altro contemporaneo potrebbe aver trasmesso in forma scritta almeno parte del pensiero di Talete.</ref>, di esse probabilmente si persero presto le tracce, perché sembra che Aristotele non ne vide alcuna e che nella [[biblioteca di Alessandria]] non ve ne fosse copia<ref>{{cita|Kirk-Raven-Schofield|p. 87}}. Secondo {{cita|Dicks|p. 298}}, anche Erodoto e Platone non avevano a disposizione nessun'opera di Talete.</ref>. Già gli autori antichi dubitavano della paternità dei lavori a lui attribuiti<ref>Si vedano le opinioni riportate da Diogene Laerzio e [[Simplicio (filosofo)|Simplicio]] in 11 B 1 {{cita|Diels-Kranz}}.</ref>, che sono:
* un<nowiki>'</nowiki>''Astronomia nautica'' (Ναυτικὴ ἀστρολογία), forse un poema secondo quanto riporta [[Plutarco]]<ref>''De Pythiae oraculis'', 18 = {{cita|Moralia|402 e}} (11 B 1 {{cita|Diels-Kranz}}).</ref>, che dubita della paternità dell'opera; Diogene Laerzio sostiene che sarebbe del filosofo Foco di Samo<ref name=DL1-23>{{cita|Diogene Laerzio|I, 23}}.</ref><ref>{{cita|Kirk-Raven-Schofield|p. 87}}, notano che se l'opera fosse davvero stata di Talete, molto difficilmente l'autore sarebbe poi stato confuso con Foco, che in confronto fu molto meno noto.</ref>;
* due altre opere intitolate ''Sul solstizio'' (Περὶ τροπῆς) e ''Sull'equinozio'' (Περὶ ἰσημερὶας)<ref name=DL1-23 /><ref name=Suida>{{cita|Suida|Θ 17}}.</ref>, forse in realtà un unico libro<ref>{{cita|Kirk-Raven-Schofield|p. 88}}.</ref>;
* un'opera in almeno due libri intitolata ''Dei princìpi'' (Περὶ ἀρχῶν), menzionata da [[Galeno]]<ref>Galeno, ''In Hippocratis de humoribus librum commentarii'', I, 1 (16.37).</ref>.
 
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Alcuni studiosi moderni hanno supposto che Talete abbia previsto l'eclissi usando informazioni attinte da popoli che avevano già all'epoca una tradizione di osservazioni astronomiche, in particolare dai Caldei i cui sacerdoti registravano le eclissi già dall'[[VIII secolo a.C.]]<ref>{{cita|Kirk-Raven-Schofield|p. 82}}, che non escludono l'uso di osservazioni effettuate dagli Egizi.</ref>; Talete in particolare avrebbe potuto usare un ciclo di 223 [[Mese sinodico|mesi lunari]] (spesso chiamato [[saros]], ma impropriamente<ref>{{cita|Dicks|p. 295}}.</ref>) al termine del quale le eclissi lunari e solari si ripetono con piccole differenze<ref name=Guthrie47 />. Tuttavia sembra che prima del [[IV secolo a.C.]] non fosse possibile utilizzare i testi babilonesi per effettuare previsioni precise ma solo per escludere il verificarsi di un'eclissi o per affermare che sarebbe stata possibile<ref>{{cita|Guthrie|p. 48}}. {{cita|McKirahan|p. 24}}, ricorda che per determinare il luogo dove si sarebbe verificata un'eclissi si sarebbe dovuto attendere fino a Tolomeo.</ref>; inoltre l'ipotesi che Talete avrebbe viaggiato a Babilonia o avrebbe usato testi babilonesi non è accettata da tutti<ref>{{cita|Dicks|pp. 308-309}}, secondo il quale i Greci ebbero scarse conoscenze su Babilonia fino a [[Berosso]] (III secolo a.C.).</ref>. Se Talete comunque venne a conoscenza di questi testi o se impiegò altri metodi, potrebbe aver detto soltanto che entro la fine dell'anno si sarebbe verificata un'eclissi solare; il fatto che essa ebbe davvero luogo, che fu totale e che avvenne durante la battaglia fu una coincidenza che contribuì a diffondere e a rendere più credibile la notizia di una previsione precisa da parte del filosofo<ref>{{cita|Guthrie|pp. 48-49}}; {{cita|Dicks|p. 295}}.</ref>.
 
A Talete è attribuita la scoperta delle stelle che formano l'[[Orsa minore]]<ref>{{cita|Diogene Laerzio|I, 23}}, che cita un passo dei ''Giambi'' (perduti) di [[Callimaco]] (11 A 3a {{cita|Diels-Kranz}}).</ref>; più probabilmente, avrebbe definito questa costellazione e, per via della sua posizione quasi statica, ne avrebbe segnalato l'importanza ai naviganti greci, che invece usavano l'[[Orsa maggiore]]<ref>{{cita|Kirk-Raven-Schofield|p. 84}}; {{cita|White|p. 7 n. 22}}.</ref>. Gli sono attribuite anche osservazioni delle [[Iadi]]<ref>11 B 2 {{cita|Diels-Kranz}}.</ref>, che comunque erano note già in precedenza essendo citate nei poemi omerici<ref>{{cita|White|p. 8}}. Lo stesso {{cita|White|pp. 8-9}}, nota che Talete avrebbe osservato solo due stelle delle Iadi, una più a nord e una più sud, mentre in altri casi di osservazioni arcaiche le Iadi osservate erano sempre più di due.</ref>, e delle [[Pleiadi (astronomia)|Pleiadi]], di cui avrebbe fissato il tramonto mattutino 25 giorni dopo l'[[equinozio]] autunnale<ref>{{cita|Plinio il Vecchio|XVIII, 213}}.</ref>. Quest'ultima notizia presuppone quindi che Talete conoscesse e sapesse determinare la data degli equinozi, ma anche su questo punto non c'è accordo tra gli studiosi moderni. Talete e i suoi diretti successori non avevano un modello delle orbite celesti e dunque non avrebbero potuto definire l'equinozio in senso moderno, come il momento in cui l'[[eclittica]] incrocia l'[[equatore celeste]]; potrebbero però averlo definito in maniera meno rigorosa, utilizzando i [[solstizi]], la cui conoscenza appare più sicura<ref>{{cita|White|p. 12}}.</ref>. Talete avrebbe studiato questi ultimi riuscendo a determinare i periodi tra due solstizi e notando che non sono uguali<ref>{{cita|Diogene Laerzio|I, 24}}; 11 A 17 {{cita|Diels-Kranz}}. {{cita|White|pp. 12-13}} nota che i periodi tra i due equinozi differivano di quattro giorni e mezzo e dunque Talete, se avesse sistematicamente misurato questi periodi per più anni, avrebbe potuto notare la differenza di durata.</ref>, ma non si conosce il metodo con cui avrebbe stabilito le date dei solstizi: potrebbe aver individuato il primo giorno in cui sembrava che il Sole al momento di sorgere (o di tramontare) avesse smesso di spostarsi verso nord o verso sud; oppure potrebbe aver contato i giorni in cui sembrava che il Sole sorgesse (o tramontasse) nello stesso punto e aver diviso questo numero a metà<ref name=White11>{{cita|White|p. 11}}.</ref>; o ancora, avrebbe potuto basarsi sulla lunghezza dell'ombra proiettata da un palo fissato nel terreno<ref>{{cita|Kirk-Raven-Schofield|p. 83}}.</ref>. Se avesse ripetuto queste misurazioni per più anni e avesse trovato le stesse date per i solstizi, avrebbe potuto determinare la durata dell'anno solare<ref name=White11 />: due autori antichi gli attribuiscono proprio questa scoperta, sostenendo che avrebbe diviso l'anno in 365 giorni<ref name=DL1-27>{{cita|Diogene Laerzio|I, 27}}.</ref> o in 365 giorni e un quarto<ref>[[Galeno]] in 11 A 5 {{cita|Diels-Kranz}}. Secondo {{cita|Diogene Laerzio|I, 24}}, Talete avrebbe anche chiamato "trentesimo" l'ultimo giorno del mese.</ref>. Stabiliti i solstizi, Talete avrebbe potuto determinare in maniera approssimativa anche le date degli equinozi, dividendo a metà ciascun periodo tra i due solstizi<ref>{{cita|White|p. 14}}.</ref>.
 
Il nome di Talete è associato anche ad altre questioni in campo astronomico: avrebbe stabilito che tanto il rapporto della grandezza del sole rispetto alla sua orbita che il rapporto della grandezza della luna rispetto alla propria orbita è di 1:720<ref>{{cita|Diogene Laerzio|I, 24}}. Forse alla stessa scoperta si riferisce anche Apuleio (''Florida'', 18), tuttavia le espressioni usate da entrambi non sono chiare. {{cita|Kirk-Raven-Schofield|p. 83}} rilevano che la notizia è anacronistica poiché per Talete i corpi celesti non avrebbero potuto avere orbite, non potendo passare sotto la Terra che galleggiava sull'acqua. Un frammento di Eudemo citato da Simplicio (12 A 19 {{cita|Diels-Kranz}}) afferma che fu Anassimandro e non Talete il primo ad interessarsi allo studio dei rapporti tra le dimensioni e le distanze degli astri ({{cita|White|p. 16 n. 56}}).</ref>; analogamente a Pitagora, avrebbe diviso la sfera celeste in cinque parti, chiamate artica, equatoriale, antartica e le due zone dei tropici<ref>{{cita|Aezio|II, 12, 1}}. Anche questa notizia non è ritenuta credibile per ragioni cronologiche ({{cita|Dicks|p. 300}}).</ref>. Avrebbe poi determinato le quattro stagioni<ref name=DL1-27 />, che in precedenza erano fissate a tre (le [[Ore]]); tuttavia, anche il poeta [[Alcmane]], probabilmente contemporaneo di Talete o di poco precedente, parla di quattro stagioni<ref>Fr. 20 Page.</ref> e perciò non è sicuro che l'aggiunta della quarta stagione sia da ascrivere a Talete<ref>A questo proposito {{cita|White|p. 15}}, riprende una testimonianza di Teofrasto (11 B 1 {{cita|Diels-Kranz}}), secondo la quale Talete non fu il primo ad occuparsi dei fenomeni naturali, ma sopravanzò i suoi predecessori e li oscurò.</ref>, ma egli, a differenza di chi lo precedette, potrebbe aver usato gli equinozi e i solstizi per distinguere meglio le stagioni e determinarne la durata<ref>{{cita|White|p. 13}}.</ref>.