Operazione Anello: differenze tra le versioni

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|Comandante1 ={{Bandiera|SUN 1923-1955}}[[Nikolaj Voronov]]<br />[[Konstantin Rokossovskij]]
|Comandante2 = {{Bandiera|DEU 1933-1945}}[[Friedrich Paulus]]
|Effettivi1 = 281.000 soldati, 10.000 cannoni, 257 carri armati, 300 aerei<ref name="W.Fowler, Stalingrad, p. 168">{{Cita|Fowler 2005| p. 168|Fowler2005 }}.</ref>
|Effettivi2 = 241.000 soldati, 60 carri armati<ref name="ReferenceA">{{Cita|Oxford 2001| vol. VI, p. 1160|Oxford2001 }}.</ref>
|Perdite1 = 46.300 morti e 123.000 feriti<ref name="ReferenceFRA1">{{Cita|de Lannoy 1996| p. 160|de Lannoy1996 }}.</ref>
|Perdite2 = 142.000 morti e dispersi, 91.000 prigionieri<ref name="ReferenceFRA1"/>
}}
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== Fortezza Stalingrado ==
{{citazione|In poco più di una settimana divenne del tutto evidente che l'Armata Rossa aveva preso una tigre per la coda<ref>{{Cita|Erickson 2002| p. 472|Erickson2002 }}.</ref>}}
=== Situazione strategica fra il Don e il Volga ===
{{Vedi anche|Battaglia di Stalingrado|Combattimenti nella città di Stalingrado|operazione Urano}}
==== Formazione del ''kessel'' e primi attacchi sovietici ====
La grande offensiva dell'Armata Rossa nel settore meridionale del fronte orientale ([[operazione Urano]]), iniziata il 19 novembre [[1942]], si concluse in pochi giorni con un grande successo: già il 23 novembre le colonne corazzate del Fronte Sud-Ovest del generale [[Nikolaj Vatutin]] e del Fronte di Stalingrado del generale [[Andrej Ivanovič Erëmenko|Andrej Erëmenko]] si congiunsero, dopo aver sbaragliato le difese tedesco-rumene a nord-ovest e a sud di Stalingrado, a [[Kalač-na-Donu|Kalač sul Don]], accerchiando tutto il raggruppamento di forze tedesche schierato sul fronte del [[Volga]] e impegnato da due mesi nella cruenta battaglia all'interno della città<ref>{{Cita|Erickson 2002| pp. 464-470|Erickson2002 }}.</ref>.
 
[[File:Stalingrad Encirclement it.png|thumb|upright=1.2|Il ''kessel'' di Stalingrado; sono indicate le divisioni tedesche accerchiate e le armate sovietiche del Fronte del Don]]
 
Nella notte del 24 novembre [[Stalin]] parlò con il generale [[Aleksandr Vasilevskij]], coordinatore a nome dello [[Stavka]] delle operazioni, e sollecitò una rapida distruzione delle forze nemiche accerchiate; anche il generale [[Konstantin Rokossovskij]], comandante del Fronte del Don, e il generale Erëmenko premevano per un attacco immediato e il giorno successivo il generale Vasilevskij diramò ordini per attacchi concentrici in direzione di [[Gumrak]] per frantumare le forze tedesche nella sacca in corso di formazione. Ma questi primi attacchi non ottennero alcun risultato: le divisioni tedesche mantennero le posizioni sul Volga e contemporaneamente riuscirono a organizzare uno sbarramento a ovest, a nord e a sud che infranse subito il tentativo delle armate sovietiche<ref>{{Cita|Erickson 2002| pp. 470-472|Erickson2002 }}.</ref>. Tra il 2 dicembre e il 7 dicembre un nuovo tentativo scarsamente coordinato del generale Erëmenko e del generale Rokossovksij, sferrato dopo una direttiva del 30 novembre del generale Vasilevskij su pressione di Stalin, impaziente di distruggere le truppe tedesche accerchiate prima di organizzare nuove offensive sul [[Don (fiume Russia)|Don]], venne ugualmente respinto dalla tenace resistenza della 6ª Armata<ref>{{Cita|Erickson 2002-2| p. 8|Erickson2002-2 }}.</ref>.
 
La sera del 24 novembre [[Adolf Hitler]] aveva deciso definitivamente, nonostante il parere contrario di molti generali al comando<ref>Erano favorevoli ad un immediato tentativo di uscire dalla sacca il comandante dell'armata, generale Paulus, il capo di stato maggiore, generale Schmidt, i cinque comandanti dei corpi d'armata accerchiati, generali Hube, von Seydlitz-Kurzbach, Heitz, Strecker e Jaenecke, il capo di stato maggiore dell'esercito, generale Zeitzler, il comandante del [[Gruppo d'armate B]], generale von Weichs, ed il comandante della 4ª ''Luftflotte'', generale von Richthofen; in: {{Cita|Oxford 2001| vol. VI, pp. 1128-1131|Oxford2001 }}</ref>, che le truppe tedesche accerchiate avrebbero dovuto difendere le posizioni raggiunte sul Volga, organizzare una solida difesa circolare in tutte le direzioni ed attendere il soccorso dall'esterno da parte di un nuovo raggruppamento in corso di costituzione sul [[Čir]] e l'[[Aksaj (fiume)|Aksaj]] al comando del [[feldmaresciallo]] [[Erich von Manstein]]. Nell'attesa la cosiddetta ''Festung Stalingrad'' ("Fortezza Stalingrado"), rifornita per mezzo di un continuo ponte aereo organizzato dagli aerei da trasporto della [[Luftwaffe (Wehrmacht)|Luftwaffe]], doveva resistere ad oltranza<ref>{{Cita|Bauer 1971| vol. IV, pp. 277-280|Bauer1971 }}.</ref>.
 
[[File:Chiusura della sacca.jpg|thumb|left|23 novembre [[1942]]: i comandanti sovietici festeggiano il completamento dell'[[operazione Urano]] e la chiusura della sacca]]
 
Le truppe accerchiate, raggruppate sotto il controllo della [[6. Armee (Wehrmacht)|6ª Armata]] al comando del generale [[Friedrich Paulus]], ammontavano a cinque corpi d'Armata (14º Panzerkorps, 4º, 8º, 11º e 51º Corpo d'Armata) con 20 divisioni tedesche, di cui tre corazzate - [[14. Panzer-Division]], [[16. Panzer-Division]], e [[24. Panzer-Division]] -, tre motorizzate - [[3. Infanterie-Division (mot)|3ª]], [[29. Infanterie-Division (mot.)|29ª]] e [[60. Infanterie-Division (Wehrmacht)|60ª]] - e quattordici di fanteria - [[44. Infanterie-Division|44ª]], [[71. Infanterie-Division (Wehrmacht)|71ª]], 76ª, 79ª, 94ª, 100ª Jäger, [[113. Infanterie-Division|113ª]], 295ª, 297ª, [[305. Infanterie-Division|305ª]], 371ª, 376ª, 384ª, [[389. Infanterie-Division|389ª Divisione fanteria]]<ref name="ReferenceCR">{{Cita|Cartier 1996| p. 97|Cartier1996 }}.</ref>. Si trattava di formazioni esperte e combattive, impegnate con successo in molti campi di battaglia<ref>{{Cita|Craig 2000| pp. XI e 4|Craig2000 }}. L'autore definisce la 6ª Armata ''the finest army in the world''.</ref>; le divisioni corazzate e motorizzate erano tra le più efficienti della [[Wehrmacht]], molte divisioni di fanteria disponevano di un reclutamento di ottima qualità<ref>{{Cita|Čujkov 2012| p. 295|Čujkov2012 }}.</ref>; questi reparti erano stati protagonisti delle fasi vittoriose della [[operazione Blu|campagna del 1942]] a partire dalla [[seconda battaglia di Char'kov]] e molti erano stati impegnati nei duri e sfibranti [[combattimenti nella città di Stalingrado|scontri nella città di Stalingrado]]. Lo stato maggiore della 6ª Armata, veterano delle campagne in Polonia, Francia e Russia, era particolarmente qualificato e l'apparato di comando, guidato dal generale Paulus e dal capo di stato maggiore [[Arthur Schmidt (generale)|Arthur Schmidt]], godeva della piena fiducia dell'[[Oberkommando des Heeres|OKH]]<ref>{{Cita|Görlitz/Paulus 2010| p. 241|Görlitz/Paulus2010 }}.</ref>. Lo stesso Hitler aveva esaltato in precedenza la potenza d'urto e le capacità della 6ª Armata.
 
Nella sacca (il ''kessel'' - "calderone" - nella terminologia dei soldati tedeschi) erano rimaste bloccate, oltre a venti divisioni tedesche, anche due divisioni rumene (1ª Divisione cavalleria e 20ª Divisione fanteria), un reggimento croato e alcune decine di soldati italiani (reparti autieri del 127° e 248° autoreparto); inoltre erano presenti la 9ª Divisione [[FlaK]] del generale Wolfgang Pickert, due reggimenti ''[[Nebelwerfer]]'', dodici battaglioni dei genieri e pionieri d'assalto, quattro reggimenti e cinque battaglioni d'artiglieria campale, tre battaglioni di artiglieria pesante e altre 149 formazioni indipendenti di comandi amministrativi e logistici<ref name="ReferenceCR"/>. Un totale di circa 270.000 soldati<ref>{{Cita|Gerlach 1999| p. 393|Gerlach1999 }}, i dati si riferiscono alla forza ufficialmente in carico ai servizi di sussistenza della 6ª Armata il 23 novembre 1942.</ref> con oltre 1.800 cannoni, 100 carri armati e 10.000 automezzi. Una tale quantità di truppe nemiche accerchiate non era stata prevista dallo Stavka e quindi la pianificazione sovietica, basata su valutazioni molto più ridotte del numero di soldati rimasti nella sacca (calcolati in solo 80.000 uomini), sottovalutò le difficoltà di mantenere il blocco della 6ª Armata e soprattutto di distruggerla in breve tempo con un rapido attacco immediato<ref>{{Cita|Erickson 2002| pp. 471-472|Erickson2002 }}.</ref>.
 
==== Attacchi e contrattacchi ====
Il 4 dicembre dal quartier generale del Fronte del Don, il generale Vasilevskij comunicò a Stalin che, in assenza di rinforzi decisivi, sarebbe stato difficile distruggere in tempi brevi le forze nemiche accerchiate che davano prova di solidità e resistenza. Il dittatore decise quindi di assegnare al fronte del generale Rokossovksij il rinforzo della potente 2ª Armata della Guardia che, al comando del generale [[Rodion Malinovskij]], era in arrivo dalle riserve e di cui era stato in precedenza previsto l'impiego nella seconda fase della ambiziosa [[operazione Saturno]]<ref>{{Cita|Erickson 2002-2| pp. 8-9|Erickson2002-2 }}.</ref>.
 
[[File:Bundesarchiv Bild 101I-218-0545-15, Russland-Süd, Schützenpanzer, Beiwagenkräder.jpg|thumb|upright=1.3|Le formazioni meccanizzate tedesche tentano di raggiungere le truppe accerchiate nella sacca durante l'[[operazione Tempesta Invernale]]]]
 
Stalin comunicò al generale Vasilevskij l'arrivo di questo importante rinforzo e ordinò di preparare un piano dettagliato per una nuova offensiva contro la sacca di Stalingrado da iniziare entro il 18 dicembre. L'8 dicembre quindi i generali Vasilevskij e Rokossovskij discussero, insieme al generale Malinovskij arrivato al quartier generale del Fronte del Don a [[Zavarikino]] per pianificare l'impiego della sua armata ancora in marcia, il nuovo piano per distruggere le forze nemiche accerchiate che venne presentato il giorno dopo a Stalin. Esso, denominato "operazione Anello" (''Kolžo''), prevedeva un'offensiva in tre fasi in cui avrebbe giocato un ruolo decisivo la 2ª Armata della Guardia. Stalin approvò con qualche variazione il piano l'11 dicembre, ma nuovi e pericolosi sviluppi operativi avrebbero portato entro poche ore all'abbandono di questo primo progetto ed a un'ulteriore rinvio dell'offensiva decisiva contro le truppe accerchiate della 6ª Armata<ref>{{Cita|Erickson 2002-2| pp. 9-10|Erickson2002-2 }}.</ref>.
 
Il 12 dicembre il raggruppamento del generale [[Hermann Hoth]], dipendente dal nuovo [[Gruppo d'armate Don]] guidato dal feldmaresciallo [[Erich von Manstein]], sferrò da [[Kotel'nikovo]] l'attacco da sud in direzione della sacca per sbloccare le truppe accerchiate ([[operazione Tempesta Invernale]], ''Wintergewitter'') e mise in difficoltà il debole schieramento del Fronte di Stalingrado del generale Erëmenko, organizzato sull'anello esterno dell'accerchiamento<ref>{{Cita|Oxford 2001| vol. VI, pp. 1145-1146|Oxford2001 }}.</ref>. A causa di questa pericolosa controffensiva, divenne prioritario per lo [[Stavka]] bloccare il tentativo di soccorso e quindi l'esecuzione dell'operazione Anello venne sospesa e la 2ª Armata della Guardia venne trasferita, dopo un brusco colloquio telefonico tra Stalin e il generale Vasilevskij la notte del 12 dicembre, sulla linea del fiume [[Myskova]] a disposizione del generale Erëmenko per contrastare l'avanzata delle [[Panzer-Division]] del generale Hoth. Inoltre il 16 dicembre l'Armata Rossa diede inizio alla [[operazione Piccolo Saturno]], una nuova offensiva sul medio Don con obiettivi più ridotti rispetto all'originale operazione Saturno; questo nuovo attacco raggiunse in pochi giorni grandi successi. Le divisioni italiane schierate sul Don furono sbaragliate e i corpi corazzati sovietici poterono avanzare in profondità nelle retrovie del Gruppo d'armate Don e verso gli aeroporti della Luftwaffe da cui partivano gli aerei da trasporto per il rifornimento della ''Festung Stalingrad''<ref>{{Cita|Erickson 2002-2| pp. 11-17|Erickson2002-2 }}.</ref>.
 
Nella terza settimana di dicembre la situazione ebbe una svolta a favore dell'Armata Rossa: le truppe corazzate del generale Hoth furono rallentate e poi contrattaccate dalle forze del Fronte di Stalingrado, rinforzate dalla 2ª Armata della Guardia del generale Malinovskij e quindi non poterono raggiungere la sacca della 6ª Armata, mentre le colonne del generale Nikolaj Vatutin, impegnate nell'operazione Piccolo Saturno, raggiunsero gli aeroporti di [[Tacinskaja]] e [[Morozovskaja]], disorganizzando ancor di più il sistema di rifornimento aereo tedesco, le cui carenze avevano già indebolito fortemente le condizioni delle divisioni accerchiate nel ''kessel''<ref>{{Cita|Erickson 2002-2| pp. 14-23|Erickson2002-2 }}.</ref>.
 
Il 24 dicembre il feldmaresciallo von Manstein, di fronte al rischio di un cedimento completo del suo schieramento e di un accerchiamento dell'intero Gruppo d'armate Don e del [[Gruppo d'armate A]], sempre fermo nel [[Caucaso]], decise di trasferire una parte delle forze corazzate del generale Hoth a nord del Don verso gli aeroporti per contrastare le colonne sovietiche del generale Vatutin, e quindi le speranze di raggiungere le truppe della 6ª Armata accerchiate nella sacca, lontane ancora 48 chilometri, svanirono definitivamente<ref>{{Cita|Carell 2000| pp. 728-729|Carell2000 }}.</ref>.
 
=== Decisioni degli alti comandi tedesco e sovietico ===
{{Vedi anche|operazione Tempesta Invernale|operazione Piccolo Saturno}}
==== Decisioni ed errori dell'alto comando tedesco ====
Nel corso dei drammatici colloqui per telescrivente del generale Paulus e del generale [[Arthur Schmidt (generale)|Arthur Schmidt]] con il feldmaresciallo von Manstein ed il generale [[Friedrich Schulz]] (capo di stato maggiore del Gruppo d'armate del Don) il 19 dicembre ed il 23 dicembre era stata abbandonato il progetto di sortita delle truppe accerchiate ("operazione Colpo di tuono", ''Donnerschlag'')<ref>{{Cita|Oxford 2001| vol. VI, pp. 1147-1149|Oxford2001 }}.</ref>. Il generale Paulus non aveva ritenuto di poter effettuare di propria iniziativa una sortita generale dalla "fortezza" che sarebbe stata in contraddizione con gli ordini espliciti di Hitler di rimanere nella sacca, difendere il fronte sul Volga ed attendere il soccorso dall'esterno. Inoltre il generale considerava una manovra di ritirata estremamente difficile in ragione del peggioramento del clima, della scarsa mobilità delle sue truppe, a causa della macellazione dei cavalli e della carenza di carburante, che avrebbe permesso solo una marcia di 20 o 30 chilometri<ref>{{Cita|Oxford 2001| vol. VI, p. 1153|Oxford2001 }}.</ref>. Il feldmaresciallo von Manstein dal canto suo non si prese la responsabilità di autorizzare esplicitamente la sortita anche senza il consenso dell'OKH e inoltre non rappresentò in modo chiaro al generale Paulus le difficoltà della situazione generale del fronte e il probabile fallimento della controffensiva del generale Hoth, verosimilmente anche per non intaccare il morale del comando dell'armata pur fornendo in questo modo informazioni incomplete<ref>{{Cita|Görlitz/Paulus 2010| pp. 279-282|Görlitz/Paulus2010 }}.</ref>.
 
[[File:Bundesarchiv Bild 101I-021-2081-31A, General Friedrich Paulus.jpg|thumb|left|upright=1.3|Il comandante della 6ª Armata, generale [[Friedrich Paulus]]]]
 
Anche dopo il fallimento della controffensiva del generale Hoth, evidente dal 24 dicembre, Hitler continuò almeno apparentemente a mostrare ottimismo: nella direttiva del 27 dicembre venne enfatizzato che "il salvataggio della 6ª Armata deve rimanere cruciale e fondamentale per la condotta delle operazioni"<ref>{{Cita|Oxford 2001| vol. VI, p. 1158|Oxford2001 }}.</ref>. Il 29 dicembre il [[Führer]] parlò al generale [[Hans-Valentin Hube]], il comandante del 14º ''Panzerkorps'' giunto in aereo al suo quartier generale dalla sacca per essere decorato, di una nuova manovra controffensiva in fase di preparazione con l'intervento di potenti formazioni di [[Waffen-SS]] in arrivo dalla [[Francia]]. Hitler riuscì in parte a rafforzare la fiducia del generale, giunto a [[Rastenburg]] con l'intenzione di illustrare con franchezza la situazione tragica dell'armata, dichiarando che le forze di soccorso erano in afflusso e che il rifornimento aereo sarebbe stato molto potenziato<ref>{{Cita|Görlitz/Paulus 2010| pp. 284-285|Görlitz/Paulus2010 }}.</ref>.
 
Nel suo messaggio del 1º gennaio a Paulus ed all'armata Hitler ripeté le sue assicurazioni cercando di sostenere il morale del generale e dei soldati con promesse di aiuto e soccorso<ref>Hitler scrisse che i soldati dell'armata dovevano avere "incrollabile fiducia" che sarebbe stato fatto tutto il possibile per liberarli e che "grazie alla vostra fedeltà assisteremo al più glorioso fatto d'armi della storia della Germania"; in {{Cita|Beevor 1998| pp. 350-351|Beevor1998 }}</ref>. In questa occasione anche il feldmaresciallo von Manstein scrisse al generale Paulus che "le operazioni del gruppo d'armate sono dirette solamente a soccorrere la 6ª Armata il più presto possibile". In questa fase il feldmaresciallo von Manstein dimostrò una rigida aderenza alle direttive del Führer ed anche ai primi di gennaio comunicò al generale Paulus di limitarsi ad obbedire agli ordini superiori di resistenza ad oltranza senza preoccuparsi delle possibili conseguenze per i soldati dell'armata accerchiata<ref>{{Cita|Görlitz/Paulus 2010| p. 290|Görlitz/Paulus2010 }}.</ref>.
 
Esteriormente il generale Paulus continuò a mostrare determinazione e fiducia, cercò di rinsaldare la coesione con frequenti visite ai comandi sulla linea dell'accerchiamento; nel suo messaggio di risposta a Hitler del 1º gennaio ribadì la sua decisione di resistere con "volontà incrollabile" fino alla vittoria finale. In realtà il generale Paulus nel suo rapporto del 26 dicembre al feldmaresciallo von Manstein aveva ripetuto il parere che un tentativo di sortita in massa dalla sacca delle truppe della 6ª Armata era impossibile in ragione del deterioramento delle condizioni dei soldati e della scarsità di rifornimenti; inoltre il generale aveva evidenziato anche con chiarezza che, in assenza di un incremento del rifornimento dell'armata in vettovaglie, munizioni e carburante, non sarebbe stato possibile resistere a lungo ad un attacco in forze dell'Armata Rossa<ref name="ReferenceA"/>.
 
Nonostante questo pessimismo di fondo, il morale del generale Paulus, i cui nervi erano ormai molto scossi e la cui capacità di resistenza era messa a dura prova, venne in parte rafforzato dalle comunicazioni presentate dal generale Hube, di ritorno nella sacca il 9 gennaio; il comandante del 14º ''Panzerkorps'' riferì sull'ottimismo mostrato dal generale [[Kurt Zeitzler]] e sulle assicurazioni di Hitler riguardo l'organizzazione di una nuova forza di salvataggio in corso di raggruppamento a [[Char'kov]] con divisioni Waffen-SS. Inoltre il generale Paulus ritenne suo dovere obbedire agli ordini e continuare a difendere il ''kessel'' anche per superiori esigenze strategiche, essendogli stato comunicato dal feldmaresciallo von Manstein e dal generale Hube che la resistenza della sacca era ritenuta dall'OKH di estrema importanza operativa per tenere impegnate numerose armate sovietiche ed alleggerire la pressione nemica sul resto del fronte meridionale tedesco in fase di riorganizzazione dopo la serie di sconfitte<ref name="F.Paulus, pp. 284-286">{{Cita|Görlitz/Paulus 2010| pp. 284-286|Görlitz/Paulus2010 }}.</ref>.
 
==== Contrasti nell'alto comando sovietico ====
Anche se l'imprevista resistenza della 6ª Armata nel ''kessel'' di Stalingrado, la controffensiva del feldmaresciallo von Manstein e l'organizzazione della nuova offensiva sul medio Don avevano costretto l'alto comando sovietico a rivoluzionare il calendario stabilito delle operazioni e a rinviare l'attacco finale contro la sacca, Stalin diede sempre grande importanza alla rapida distruzione delle forze tedesche accerchiate che avrebbe permesso di disporre in breve tempo delle numerose armate sovietiche impegnate nel blocco della sacca per sostenere le altre offensive in corso nel settore meridionale a nord e a sud del Don<ref>{{Cita|Erickson 2002-2| pp. 7 e 24|Erickson2002-2 }}.</ref>.
 
[[File:Konstanty Rokossowski, 1945.jpg|thumb|upright=0.7|Il generale [[Konstantin Rokossovskij]], comandante del Fronte del Don incaricato dell'operazione Anello]]
 
Quindi fin dal 19 dicembre, mentre l'operazione Piccolo Saturno aveva appena iniziato a svilupparsi con successo ed erano evidenti i segni di cedimento del fronte dell'[[Potenze dell'Asse|Asse]], il dittatore comunicò al generale [[Nikolaj Voronov]], che coordinava la battaglia sul medio Don contro l'[[ARMIR|8ª Armata italiana]], che, avendo completato con successo la prima fase dell'operazione, avrebbe dovuto recarsi subito al comando del Fronte del Don per pianificare ed organizzare insieme al generale Rokossovskij una nuova versione dell'operazione Anello, l'attacco finale contro le truppe tedesche della sacca<ref name="ReferenceERIC">{{Cita|Erickson 2002-2| p. 24|Erickson2002-2 }}.</ref>. Stalin respinse bruscamente le obiezioni del generale Voronov, dubbioso sull'utilità di abbandonare prematuramente il coordinamento dell'offensiva sul medio Don; al contrario, sollecitò la massima velocità, sottolineando che il compito di distruggere le truppe tedesche accerchiata rimaneva prioritario<ref name="ReferenceERIC"/>.
 
Inoltre il dittatore criticò il 28 dicembre il progetto dei generali Voronov e Rokossovskij inviato a [[Mosca (Russia)|Mosca]] la sera del 27 dicembre. Il 3 gennaio, di fronte a nuove obiezioni del generale Voronov ed alla sua richiesta di un ultimo rinvio di quattro giorni dell'offensiva contro la 6ª Armata, Stalin ebbe espressioni di sarcastica critica nei confronti delle incertezze dei suoi generali e consentì solo con riluttanza ad accordare un ultimo rinvio di quattro giorni dell'operazione Anello, prevista in un primo tempo per il 6 gennaio<ref name="J.Erickson, pp. 25-26">{{Cita|Erickson 2002-2| pp. 25-26|Erickson2002-2 }}.</ref>.
 
Il generale Voronov, giunto il 20 dicembre a Zavarikino, sede del posto di comando del Fronte del Don del generale Rokossovskij, dovette quindi completare in fretta gli ultimi preparativi e l'organizzazione dei piani e delle forze per l'attacco alla sacca di Stalingrado. La pianificazione venne ben presto completamente modificata dalle nuove informazioni acquisite grazie al rinvenimento della corrispondenza dei soldati tedeschi nella sacca, recuperata in un aereo da trasporto costretto ad atterrare dietro le linee sovietiche. In questo modo si apprese finalmente che la consistenza delle truppe accerchiate era molto superiore alle cifre stabilite dal servizio informazioni (circa 86.000 uomini)<ref>{{Cita|Erickson 2002-2| pp. 24-25|Erickson2002-2 }}.</ref>. Le nuove stime calcolarono la presenza di molte più divisioni tedesche bloccate nella sacca e quindi le ottimistiche previsioni iniziali di poter concludere la battaglia in cinque o sei giorni vennero completamente accantonate anche in relazione alla forza delle linee difensive nemiche ed al ritardo dell'afflusso dei rinforzi necessari<ref name="J.Erickson, p. 25">{{Cita|Erickson 2002-2| p. 25|Erickson2002-2 }}.</ref>.
 
Il generale Voronov propose inoltre di centralizzare tutte le truppe sotto il comando del Fronte del Don del generale Rokossovskij a cui sarebbe state assegnate anche tre armate (62ª, 64ª e 57ª Armata) del Fronte di Stalingrado del generale Erëmenko. Lo Stavka approvò questa proposta e quindi il 1º gennaio 1943 il generale Rokossovskij assunse il controllo, sotto la supervisione del generale Voronov, delle sette armate schierate intorno alla sacca e il generale Erëmenko, nonostante le sue rimostranze e l'appoggio del [[maresciallo dell'Unione Sovietica|maresciallo]] [[Georgij Žukov]], venne escluso dalla fase finale della battaglia ed incaricato di concentrarsi con le forze del Fronte Meridionale (nuova denominazione del vecchio Fronte di Stalingrado) sulla marcia verso [[Rostov sul Don]] per tagliare la strada alle forze tedesche del Gruppo d'armata A in ritirata dal Caucaso<ref>{{Cita|Beevor 1998| pp. 354-355|Beevor1998 }}.</ref>. Ritardi nei trasporti a causa della carenza di linee ferroviarie e delle esigenze delle altre offensive sovietiche in corso contemporaneamente, costrinsero il generale Voronov ad un rinvio fino al 10 gennaio 1943<ref>{{Cita|Beevor 1998| p. 355|Beevor1998 }}.</ref>.
 
=== Esaurimento della 6ª Armata ===
==== Deterioramento del morale e decadimento fisico dei soldati ====
Nella fase iniziale dell'accerchiamento le truppe tedesche isolate mantennero la coesione nonostante la subitanea e imprevista svolta delle operazioni, e conservarono nel complesso il morale; anche se alcuni manifestarono abbattimento e timori per la loro posizione isolata, in generale i soldati tedeschi, veterani del fronte est e solidamente inquadrati dai comandi, avevano fiducia nelle promesse di salvataggio di Hitler e dei generali e, considerando anche i precedenti accerchiamenti subiti dalla Wehrmacht sul fronte orientale e terminati sempre con successo, consideravano la situazione ancora risolvibile a favore della [[Germania]]<ref>{{Cita|Erickson 2002-2| pp. 2|Erickson2002-2 }}.</ref>.
 
[[File:Bundesarchiv Bild 101I-089-3777-21, Russland, Infanterie auf dem Marsch.jpg|thumb|upright=1.3|Soldati tedeschi in marcia nell'inverno 1943 sul fronte est]]
 
Dopo i giorni del [[Natale]] 1942 la situazione fisica e psicologica dei soldati tedeschi accerchiati nella sacca ebbe un continuo peggioramento: le "voci" sul fallimento della controffensiva del feldmaresciallo von Manstein, i crescenti rigori dell'inverno e l'aggravarsi della situazione dei rifornimenti con conseguente accentuarsi dei fenomeni di inedia e malattia, fecero precipitare le condizioni della 6ª Armata e le sue capacità di resistenza<ref>{{Cita|Oxford 2001| vol. VI, pp. 1158-1159|Oxford2001 }}.</ref>. Tra gli ufficiali e le truppe iniziò a diffondersi, pur rimanendo sostanzialmente intatta la volontà di battersi fino all'ultimo, la sensazione di essere stati abbandonati dai comandi superiori e di essere stati sacrificati e "traditi", dopo tante promesse, per superiori ed incomprensibili ragioni strategiche<ref name="ReferenceB">{{Cita|Oxford 2001| vol. VI, p. 1159|Oxford2001 }}.</ref>. Dall'analisi della corrispondenza scritta dai soldati tedeschi accerchiati all'inizio di gennaio risulta evidente il deteriomento del morale delle truppe della 6ª Armata: solo il 2,1% delle lettere testimoniavano un atteggiamento positivo verso la guerra; gli scettici erano il 4,4%, increduli e pessimisti il 57,1%, indifferenti il 33% ed in esplicita opposizione alla guerra il 3,4%<ref name="Lannoy, p. 122">{{Cita|de Lannoy 1996| p. 122|de Lannoy1996 }}.</ref>.
 
A causa del disastroso fallimento del rifornimento aereo della sacca risultò subito impossibile garantire l'adeguato regime di alimentazione ai soldati accerchiati, valutato in 2.500 calorie giornaliere, per il quale la 6ª Armata avrebbe avuto bisogno di 282 tonnellate quotidiane di vettovagliamento<ref>{{Cita|Görlitz/Paulus 2010| p. 297|Görlitz/Paulus2010 }}.</ref>. Di conseguenza, in mancanza di adeguate forniture dall'esterno, l'armata fu costretta ad esaurire rapidamente le sue modeste scorte che già il 20 dicembre erano molto diminuite, e soprattutto a ridurre in modo catastrofico le razioni alimentari dei soldati. Il quantitativo di pane assegnato, ben lontano dai 500 grammi al giorno ritenuti necessari, si ridusse a 200 grammi l'8 dicembre e a soli 50 grammi il 26 dicembre<ref name="ReferenceFRA3">{{Cita|de Lannoy 1996| p. 123|de Lannoy1996 }}.</ref>. Inoltre per integrare le magre razioni con carne si procedette alla macellazione dei cavalli, a loro volta sempre peggio nutriti, con la conseguenza che la mobilità delle unità di fanteria e di artiglieria, basata ancora in maggioranza sul traino animale, decadde drasticamente. A fine dicembre rimanevano 23.000 cavalli che il comando d'armata cercava di risparmiare per non ridurre all'immobilità le sue truppe<ref name="ReferenceFRA3"/>. Anche le scorte segrete di viveri disponibili presso i reparti (le cosiddette "riserve nere") vennero ben presto consumate e quindi le condizioni fisiche dei soldati, in conseguenza dell'insufficiente regime alimentare e del rigido clima invernale, precipitarono rapidamente all'inizio del nuovo anno; si verificarono quindi un rapido incremento dei malati e anche un crescente numero di decessi per cause imputabili semplicemente all'inedia. I soldati della 6ª Armata, a causa della fame, del freddo, della carenza di equipaggiamenti e di vestiario, dello scoraggiamento morale, si ridussero sempre più in uno stato precario e misero<ref>{{Cita|Oxford 2001| vol. VI, pp. 1159-1160|Oxford2001 }}.</ref>.
 
==== Organizzazione delle difese del ''kessel'' ====
[[File:Bundesarchiv Bild 183-R1222-501, Stalingrad, deutscher Soldat mit Zigarette.jpg|thumb|upright=0.5|Un soldato tedesco della [[6. Armee (Wehrmacht)|6ª Armata]].]]
La situazione delle truppe tedesche era particolarmente disagevole e tatticamente difficile per le divisioni che difendevano i lati occidentale e meridionale della sacca; costretti fin dall'accerchiamento di novembre ad organizzare frettolosamente un fronte difensivo improvvisato per impedire che l'armata fosse attaccata alle spalle, avevano dovuto costituire posizioni all'aperto nella steppa scoperta in inverno con mezzi, materiali ed armamenti insufficienti, stabilendo deboli linee difensive esposte agli attacchi sovietici ed ai rigori del clima<ref name="ReferencePAU">{{Cita|Görlitz/Paulus 2010| p. 293|Görlitz/Paulus2010 }}.</ref>. Pur avendo potuto utilizzare in parte le vecchie e modeste posizioni difensive costruite dai sovietici in estate, i soldati tedeschi schierati nei settori occidentali e meridionali del ''kessel'' si trovarono sempre in posizione precaria e subirono un costante logoramento anche prima dell'inizio dell'offensiva finale. Meno critica era la situazione delle truppe tedesche rimaste nelle vecchie postazioni all'interno delle rovine di Stalingrado e sulle rive del Volga, che, pur perdendo alcune posizioni contro l'aggressività della 62ª Armata, si asserragliarono ai capisaldi e soffrirono relativamente meno le carenze di rifornimenti e i disagi dell'inverno<ref name="ReferencePAU"/><ref>{{Cita|Čujkov 2012| pp. 278-279|Čujkov2012 }}.</ref>.
[[File:Bundesarchiv Bild 146-1972-042-22, Russland, Walter von Seydlitz-Kurzbach.jpg|thumb|left|upright=1.2|Al centro della foto con la [[Croce di Ferro|Croce di cavaliere]] il generale [[Walther von Seydlitz-Kurzbach]], comandante del 51º Corpo d'armata a Stalingrado.]]
Il generale Paulus aveva lasciato sul fronte del Volga la maggior parte delle divisioni che avevano combattuto per due mesi la violenta e sanguinosa battaglia all'interno della città: il 51º Corpo d'armata del generale [[Walther von Seydlitz-Kurzbach]] disponeva in questo settore della 71ª, 79ª, 295ª, 305ª e 389ª Divisione fanteria, della 100ª Divisione cacciatori, dei resti della 94ª Divisione fanteria, uscita quasi distrutta da un intempestivo movimento di ritirata intrapreso il 25 novembre<ref>{{Cita|Görlitz/Paulus 2010| p. 259|Görlitz/Paulus2010 }}.</ref>, e dei battaglioni di pionieri d'assalto arrivati a Stalingrado nell'ultima fase degli scontri urbani<ref>Il generale Čujkov nelle sue memorie esprime sorpresa per la decisione tedesca di lasciare così tante divisioni ferme nelle rovine di Stalingrado contro la sua armata invece di impiegarle per rafforzare i fronti scoperti occidentali; in {{Cita|Čujkov 2012| p. 278|Čujkov2012 }}</ref>. Sul lato nord-orientale della sacca era schierato l'11º Corpo d'armata del generale [[Karl Strecker]] con la 60ª Divisione motorizzata, la 16. Panzer-Division e la 24. Panzer-Division; si trattava di posizioni ancora relativamente solide dotate di fossati anticarro, reticolati e campi di mine; sul lato sud il 4º Corpo d'armata del generale [[Erwin Jaenecke]] schierava su posizioni meno solide la 371ª, la 297ª Divisione fanteria e i resti della 20ª Divisione rumena. A nord-ovest il generale [[Walther Heitz]] difendeva il settore con la 44ª, 76ª, 113ª e 384ª Divisione fanteria. Nella posizione più esposta e pericolosa, il "naso di Marinovka" a ovest, era posizionato il 14º ''Panzerkorps'' del generale Hans-Valentin Hube con la 3ª Divisione motorizzata, la 376ª Divisione fanteria e la 29ª Divisione motorizzata<ref>{{Cita|de Lannoy 1996| p. 98|de Lannoy1996 }}.</ref>; erano queste le divisioni relativamente più efficienti dell'armata, e in particolare la 29ª motorizzata, nel rapporto del generale Paulus del 15 dicembre 1942, era stata considerata la sola formazione dell'armata accerchiata ancora in grado di svolgere "missioni offensive", ''zu jeder Angriffsaufgabe geeignet''<ref>D. Glantz-J. House, ''Endgame at Stalingrad. Book two: december 1942-february 1943'', p. 334</ref>. Dietro questo settore più minacciato, da cui in origine avrebbe dovuto partire in dicembre la sortita dalla sacca prevista dal piano ''Donnerschlag'', stazionava come riserva mobile la 14. Panzer-Division, mentre era anche disponibile la 9ª Divisione contraerea della Luftwaffe al comando del generale [[Wolfgang Pickert]] con i suoi cannoni utilizzabili nel tiro anticarro<ref>{{Cita|Erickson 2002-2| p. 4|Erickson2002-2 }}.</ref>.
 
Secondo un documento del 22 dicembre la 6ª Armata disponeva ancora in quella data di una forza vettovagliata di circa 249.000 uomini, compresi 13.000 rumeni e 19.300 ausiliari locali, di cui 25.000 soldati di fanteria di prima linea e 3.200 pionieri d'assalto, la forza combattente complessiva veniva calcolata nel 60-70% della forza vettovagliata<ref>{{Cita|Görlitz/Paulus 2010| p. 295|Görlitz/Paulus2010 }}.</ref>. Al 28 dicembre il comando calcolò in 241.000 soldati la forza presente nella sacca ed in 30.000 uomini il numero delle perdite fino a quel momento dopo il 24 novembre, e comunicò che la forza combattente reale dell'armata consisteva in 117 battaglioni a cui si aggiungevano altri 4 battaglioni forti, 42 medi e 67 deboli; erano disponibili ancora 426 cannoni campali medi e leggeri, 123 cannoni campali pesanti, 48 lanciarazzi, 40 cannoni contraerei pesanti, 131 carri armati, cannoni d'assalto e cacciacarri<ref name="ReferenceA"/>. Il comando dell'armata aveva cercato di utilizzare il tempo trascorso prima dell'offensiva finale sovietica per migliorare le sue posizioni, organizzando linee scaglionate più arretrate di ripiegamento; inoltre per colmare le perdite era stato inserito nei reparti combattenti anche il numeroso personale amministrativo, di comando e logistico presente all'interno della sacca; molti servizi di retrovia erano stati sciolti<ref name="Lannoy, p. 122"/>.
 
Pochi giorni prima dell'inizio dell'offensiva sovietica, il generale Paulus inoltre effettuò una ultima variazione nello schieramento della 6. Armee nel tentativo di rafforzare il più possibile il settore occidentale del "naso di Marinovka" dove si prevedeva che l'Armata Rossa avrebbe sferrato il suo attacco principale<ref>D. Glantz-J. House, ''Endgame at Stalingrad. Book two: december 1942-february 1943'', p. 401</ref>. La 376ª Divisione, molto indebolita venne quindi ritirata da quel settore e trasferita sul lato meridionale del saliente scambiando il suo settore con la ancora solida 29ª Divisione motorizzata che peraltro dovette effettuare lo spostamento in gran fretta<ref>D. Glantz-J. House, ''Endgame at Stalingrad. Book two: december 1942-february 1943'', pp. 401-403</ref>. I soldati della divisione motorizzata non trovarono posizioni già pronte e dovettero improvvisare con grande difficoltà linee difensive nella steppa ghiacciata<ref>H. Gerlach, ''L'armata tradita'', pp. 221-222.</ref>.
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=== Il rifornimento aereo ===
==== Organizzazione e difficoltà del "ponte aereo" ====
Nonostante periodici ritorni di fiducia tra le truppe accerchiate in connessione con la diffusione di voci inattendibili su forze di soccorso in arrivo e sul lancio di paracadutisti tedeschi nella sacca, la situazione dell'armata agli inizi di gennaio 1943 divenne catastrofica in conseguenza soprattutto del fallimento del promesso rifornimento aereo<ref>{{Cita|Beevor 1998| p. 371|Beevor1998 }}.</ref>. La sera del 23 novembre lo stato maggiore della Luftwaffe, guidato dal generale [[Hans Jeschonnek]], durante una riunione al quartier generale di [[Hermann Göring]], aveva affermato di poter garantire 350 tonnellate di rifornimenti al giorno alla 6ª Armata in caso di accerchiamento, ma questo obiettivo comunque ritenuto insufficiente dal comando dell'armata che aveva calcolato la necessità di almeno 500 tonnellate giornaliere per mantenere in efficienza le truppe accerchiate, non fu assolutamente raggiunto a causa di una serie di fattori e di carenze che si rivelarono insuperabili<ref name="ReferenceGER">{{Cita|Oxford 2001| vol. VI, p. 1149|Oxford2001 }}.</ref>. In primo luogo la 4ª ''Luftflotte'', nonostante le fossero stati frettolosamente assegnati tutti gli [[Junkers Ju 52|Ju 52]] disponibili provenienti anche da sezioni di addestramento e di servizi, rinforzati da reparti aerei equipaggiati con una moltitudine di aerei diversi, spesso inadatti, come [[Junkers Ju 290|Ju 290]], [[Heinkel He 111|He 111]], [[Focke-Wulf Fw 200|Fw 200]], [[Heinkel He 177|He 177]] e [[Junkers Ju 86|Ju 86]], ebbe a disposizione all'inizio di dicembre solo circa 500 aerei con una prontezza operativa teorica del 30-50%, che si dimostrarono del tutto insufficienti<ref name="ReferenceGER"/>.
[[File:Ju 52 approaching Stalingrad late 1942.jpg|thumb|upright=1.3|Un aereo da trasporto [[Junkers Ju 52]] in atterraggio durante il tentativo di rifornimento della sacca di Stalingrado.]]
Questi aerei da trasporto inizialmente decollavano dagli aerodromi di Tacinsksja e Morozovskaja distanti circa 200-240 chilometri da Stalingrado; dopo l'evacuazione di queste basi aeree alla fine di dicembre a causa dell'arrivo delle colonne corazzate sovietiche, gli aerei tedeschi dovettero partire da campi molto più distanti, prima a [[Sal'skij rajon|Salsk]] e [[Novočerkassk]] e infine [[Luhans'k|Vorosilovgrad]], [[Taganrog]], [[Donec'k|Stalino]], [[Sverevo]]<ref name="ReferenceFRA">F.de Lannoy, ''La bataille de Stalingrad'', p. 115.</ref>. All'interno della sacca erano disponibili due aeroporti principali, [[Pitomnik]] e Gumrak, e due aeroporti secondari, [[Basargino]] e [[Stalingradskij]]<ref name="ReferenceFRA"/>; in un primo momento nel ''kessel'' rimasero alcune squadriglie di caccia, ricognitori e bombardieri in picchiata che vennero poi evacuate dopo la caduta di Pitomnik il 16 gennaio 1943. A Pitomnik erano basati i 22 piloti da caccia della cosiddetta ''Platzschutzstaffel'', guidata dal capitano Rudolf Germeroth del [[Jagdgeschwader 3|JG3]], che rivendicò 130 vittorie aeree fino al suo ritiro il 17 gennaio<ref>J.Weal, ''Bf109 Aces of the Russian front'', pp. 64-65.</ref>. Oltre alle carenze di mezzi e di basi adeguate, il rifornimento aereo fu un fallimento anche a causa delle deficienze dell'organizzazione a terra per il mantenimento dell'efficienza dei terreni e delle macchine, per la mancanza di adeguati sistemi per il controllo del volo e per il servizio meteorologico; gli equipaggi furono sottoposti ad una grande pressione psicofisica e non risultarono adeguatamente addestrati per la difficile missione<ref>AA.VV., ''Germany and the second world war'', vol. VI, pp. 1149-1150.</ref>.