Marina bizantina: differenze tra le versioni

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{{Infobox unità militare
[[File:Byzantine imperial flag, 14th century.svg|thumb|Vessillo della Marina Bizantina]]
| Nome = Marina bizantina
| Battaglie = le [[Giustiniano I|Guerre di Giustiniano]], [[Guerre arabo-bizantine]], [[guerre bulgaro-bizantine]], [[guerre bizantino-normanne]], le [[Crociate]] e le [[guerre bizantino-ottomane]]
[[File:| Immagine = Byzantine imperial flag, 14th century.svg|thumb|Vessillo della Marina Bizantina]]
| Didascalia = L'insegna imperiale (''basilikon phlamoulon'') con la [[Araldica bizantina|croce tetragrammica]], trasportata da navi da guerra bizantine nel XIV secolo, come descritto da [[Pseudo-Codino]] e illustrato nell'atlante castigliano ''[[Libro del Conoscimiento|Conosçimiento de todos los reynos]]'' (c. 1350)<ref>{{cita|Verpeaux|p. 167.}}</ref><ref>{{cite web | title =Other Byzantine flags shown in the "Book of All Kingdoms" (14th century) | url=http://flagspot.net/flags/gr_byz.html#oth | publisher=Flags of the World | accessdate=2010-08-07}}</ref>
| Attiva = 330–1453
| Componenti principali = [[Imperatore bizantino]] (Comandante in capo);<br /> ''[[droungarios tou ploimou|droungarios tou ploïmou]]'' e ''[[strategos|stratēgoi]]'' tematici (VIII–XI secolo), <br /> ''[[megas doux]]'' (dopo il 1092 ca.)
| Guarnigione = [[Costantinopoli]]
| Dimensione = c. {{formatnum:42000}} uomini nell'899.<ref>{{cita|Treadgold 1998|p. 67}}</ref> <br /> c. 300 navi da guerra nel IX-X secolo.<ref>{{cita|Treadgold 1998|p. 85.}}</ref>
| Nazione = [[Impero bizantino]]
| Ref = Vedasi sotto bibliografia completa
}}
La '''marina bizantina''' era la [[marina militare|forza navale]] dell'[[impero bizantino]]. Come l'impero che essa serviva, si trattava di una continuazione diretta del suo [[marina militare romana|predecessore imperiale romano]], ma rivestì un ruolo di gran lunga più importante nella difesa e sopravvivenza dello stato. Mentre le flotte dell'[[Impero romano]] antecedente alla divisione tra Occidente e Oriente si trovò a fronteggiare raramente grandi potenze navali, operando come forza di pattuglia largamente inferiore in potenza e in prestigio rispetto alle [[legione romana|legioni]], il mare divenne vitale per la stessa esistenza dello stato bizantino, che alcuni studiosi hanno definito un "impero marittimo".<ref>{{cita|Lewis e Runyan|p. 20.}}</ref><ref>{{cita|Scafuri|p. 1.}}</ref>
 
La '''marina bizantina''' fu un punto di forza per la difesa dell'[[impero bizantino]], soprattutto per la capitale, [[Costantinopoli]]; punto di grande forza delle navi bizantine era anche l'uso del [[fuoco greco]]; la marina bizantina rimase attiva nei suoi compiti fino alla fine dell'impero, ossia fino al 29 maggio [[1453]]. La marina bizantina era attiva, come anche l'[[esercito bizantino]], dal 5 maggio ([[San Giorgio]]) al 26 ottobre ([[San Demetrio]]).<ref>Fernand Braudel, ''Civiltà e imperi del Mediterraneo nell'età di Filippo II'' volume primo, Piccola biblioteca Einaudi, 2002, Torino. p. 257.</ref>
 
== Storia ==
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[[File:Shepherd 526-600.jpg|thumb|Dal tardo V secolo, il mediterraneo occidentale era caduto in mano a [[regni romano-barbarici]]. Le conquiste di Giustiniano I ripristinarono il controllo romano su quasi l'intero mare, che sarebbe durato fino alle conquiste islamiche di metà/fine VII secolo.]]
 
La marina militare bizantina, come l'Impero romano d'Oriente/bizantino stesso, era una continuazione dell'[[Impero romano]] e delle sue istituzioni. Dopo la [[Battaglia di Azio]] nel 31&nbsp;a.C., in assenza di ogni minaccia esterna nel Mediterraneo, la [[Marina militare romana|flottamarina militare romana]] si limitò a incarichi per lo più di polizia e di scorta. Le grandi battaglie marittime, come quelle combattute nelle [[guerre puniche]], non si verificarono più almeno fino al V secolo, e le flotte romane erano all'epoca composte da vascelli relativamente piccoli, meglio adatti ai loro nuovi compiti. All'inizio del IV secolo, le flotte romane permanenti si erano ridotte, per cui quando le flotte degli imperatori rivali [[Costantino I]] e [[Licinio]] [[Battaglia dell'Ellesponto|si scontrarono nel 324&nbsp;d.C.]],<ref name="AD 323">{{harvnbcita|Norwich| 1990|pp=. 48–49.}}</ref> esse erano composte in gran parte di navi appena costruite o requisite dalle città portuali del Mediterraneo orientale.<ref name="Casson213">{{harvnbcita|Casson| 1991|p=. 213.}}</ref> Le guerre civili del IV e di inizio V secolo, tuttavia, stimolarono una ripresa dell'attività navale, con flotte per lo più impiegate anel trasporto trasportaredelle armate.<ref>{{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 7.}}</ref> Considerevoli forze navali continuarono ad essere impiegate nel Mediterraneo occidentale lungo il primo quarto del V secolo, specialmente dal Nord Africa, ma la supremazia di Roma sul Mediterraneo fu sfidata quando ldall'Africaemergere fu invasa e saccheggiata daidei [[Vandali]] che nel giro di quindiciun anniquindicennio invasero, devastarono e sottomisero le province dell'Africa.<ref>{{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 8.}}</ref>
 
Il nuovo [[Vandali|regno vandalo]] di [[Cartagine]], sotto la conduzione dello scaltro re [[Genserico]], immediatamente sferrò immediatamente incursioni lungo le coste dell'Italia e della Grecia, giungendo persino [[Sacco di Roma (455)|a saccheggiare]] Roma nel 455.<ref name="Dromon9">{{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 9.}}</ref> Le incursioni vandale continuarono incontrastate nel ventennio successivo, malgrado i frequenti tentativi romani di respingerle.<ref name="Dromon9" /> L'Impero d'Occidente era impotente, essendo la sua flotta militare ridotta a quasi niente,<ref>{{harvnbcita|MacGeorge|2002|pp=. 306–307.}}</ref> ma gli imperatori d'Oriente potevano ancora contare sulle risorse e dellsull'esperienza navale del Mediterraneo orientale. Una prima spedizione orientale, nel 441, non proseguì però oltre la Sicilia, e nel 460 i Vandali attaccarono e distrussero una flotta di invasione romano-occidentale a [[Cartagena (Spagna)|Cartagena]] in Spagna.<ref name="Dromon9" /> Finalmente, nel 468, un'immensa spedizione orientale fu sferrata contro i Vandali sotto il comando di [[Basilisco (imperatore)|Basilisco]], che si narra annoverasse 1.113{{formatnum:1113}} navi e 100.000{{formatnum:100000}} uomini, ma [[battaglia di Capo Bon (468)|fallì in modo disastroso]]. Circa 600 navi andarono distrutte da [[brulotti]], e il costo finanziario didella 130.000spedizione ({{formatnum:130000}} libbre d'oro e 700 libbre d'argento) giunse alfu puntotale da minacciaremandare la bancarotta delll'Impero sull'orlo della bancarotta.<ref name="AD 468">{{harvnbcita|Norwich| 1990|p=. 166.}}</ref> La sconfitta subita costrinse i Romani a venire a patti con Genserico e firmare un trattato di pace. Una volta decedutospentosi Genserico nel 477, tuttavia, la minaccia vandalica perse di pericolosità.<ref>{{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 10.}}</ref>
 
==== VI secolo – Giustiniano ripristina il controllo romano sul Mediterraneo ====
Il VI secolo segnò la rinascita della potenza marittima romana. Nel 508, in seguito a un conflitto con il [[Regno ostrogoto]] di [[Teodorico il Grande|Teodorico]], si narra che l'Imperatore [[Anastasio I Dicoro|Anastasio I]] (491–518) abbiaavesse inviato una flotta di 100 navi da guerra per saccheggiare le coste dell'Italia.<ref>{{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 13.}}</ref> Nel 513, il generale [[Vitaliano (console 520)|Vitaliano]] si rivoltò contro l'Imperatore Anastasio I. I ribelli assemblarono una flotta di 200 navi che, malgrado alcuni successi iniziali, venne distrutta dall'ammiraglio [[Marino (prefetto del pretorio)|Marino]], che impiegò una sostanza incendiaria basata sul zolfo per sconfiggerli.<ref name="Galley90">{{harvnbcita|Gardiner|2004|p=. 90.}}</ref>
 
Nel 533, approfittando dell'assenza della flotta vandala, inviata a sopprimere una rivolta in [[Sardegna]], un esercito di 15.000{{formatnum:15000}} soldati sotto il comando di [[Belisario]] fu trasportato in Africa da una flotta di invasione di 92 [[dromoni]] e 500 navi di trasporto,<ref name="AD 533">{{harvnbcita|Norwich| 1990|p=. 207.}}</ref> portando allo scoppio della [[Guerra vandalica]], la prima delle guerre di riconquista dell'Imperatore [[Giustiniano I]] (527–565). QuesteSi furonotrattò di operazioni per lo più anfibie, rese possibili dal controllo del Mediterraneo, ein cui la flotta giocò un ruolo vitale nel trasportare rifornimenti e rinforzi alle truppe e alle guarnigioni bizantine disperse su territori vasti.<ref name="Galley90" /> Ciò non sfuggì ai nemici dei Bizantini. Già negli anni 520, Teodorico aveva pianificato la costruzione di una gigantesca flotta da impiegare contro i Bizantini e i Vandali, ma una volta deceduto nel 526, i suoi piani non furono portati a termine dai suoi immediati successori.<ref>{{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 14.}}</ref> Nel 535, cominciò la [[guerra gotica (535-553)|Guerra gotica]] con un'offensiva bizantina su due fronti, con una flotta che trasportò l'esercito di Belisario in Sicilia e successivamente in Italia, e un'altra armata che, invece, invase la [[Dalmazia]]. Il controllo bizantino dei mari era di grande importanza strategica, permettendo al piùnumericamente piccoloinferiore esercito bizantino di occupare vittoriosamente la penisola nel 540.<ref>{{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 14–15.}}</ref>
 
Nel 541 il nuovo re ostrogoto [[Totila]] creòallestì una flotta di 400 navi da guerra che negò all'Impero l'accesso ai mari che circondavano l'Italia all'Impero. Due flotte bizantine vennero distrutte presso Napoli nel 542,<ref>{{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 15.}}</ref> e nel 546, Belisario personalmente comandò personalmente 200 navi contro la flotta gotica che bloccava le bocche del [[Tevere]], in un tentativo vano di [[Assedio di Roma (546)|liberare Roma dall'assedio gotico]].<ref name="AD 545">{{harvnbcita|Norwich| 1990|p=. 77.}}</ref> Nel 550, Totila invase la Sicilia, e l'anno successivo, la sua flotta di 300 navi occupò la [[Sardegna]] e la [[Corsica]], giungendoper apoi saccheggiare [[Corfù]] e la costa dell'[[Epiro]].<ref>{{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 17–18.}}</ref> Tuttavia, una sconfitta in una battaglia marittima nei pressi di [[Battaglia di Sena Gallica|Sena Gallica]] segnò l'inizio della ripresa imperiale, che portò alla sconfitta definitiva degli Ostrogoti.<ref name="Galley90" /> Con la conquista finale dell'Italia e della [[Spagna bizantina|Spagna meridionale]] sotto Giustiniano, il mar Mediterraneo ritornò ad essere di nuovo un "lago romano".<ref name="Galley90" />
 
Malgrado la perdita successiva di gran parte dell'Italia a vantaggio dei [[Longobardi]], i Bizantini mantennero comunque il controllo dei mari - in quanto i Longobardi raramente si avventurarono in mare — e furono pertanto in grado di conservare per diversi secoli alcune parti costiere dell'Italia.<ref>{{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 19, 24.}}</ref> L'unica grande azione navale dei successivi 80 anni accadde durante l'[[Assedio di Costantinopoli (626)|Assedio di Costantinopoli]] ad opera di [[Sasanidi|Persiani Sasanidi]], [[Avari]] e Slavi nel 626. Durante quell'assedio, la flotta slava formata da ''[[Cayuco|monoxyla]]'' fu intercettata e distrutta dalla flotta bizantina, negando il passaggio lungo il [[Bosforo]] all'[[esercito sasanide]] e costringendo gli Avari alla ritirata.<ref name="AD 626">{{harvnbcita|Norwich| 1990|pp=. 259–297.}}</ref>
 
=== Scontri contro gli Arabi ===
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[[File:Byzantine-Arab naval struggle.png|thumb|Mappa delle principali battaglie e operazioni arabe nel Mediterraneo nel corso delle guerre arabo-bizantine, VII–XI secolo.]]
 
Negli anni 640, la [[espansione islamica|conquista islamica]] di [[conquista musulmana della Siria|Siria]] e dell'[[conquista musulmana dell'Egitto|Egitto]], strappate a Bisanzio, determinò l'emergere di una nuova minaccia per Bisanzio. Non solo gli Arabi avevano conquistato zone strategicamente importanti sia per il gettito fiscale che per il potenziale di reclutamento che esse fornivano, ma avevano deciso, per prevenire ulteriori attacchi bizantini dal mare, di costruire una flotta potente in grado di poter respingere le incursioni della flotta bizantina, che si era rivelata particolarmente pericolosa per gli Arabi, come aveva dimostrato l'effimera riconquista bizantina di [[Alessandria d'Egitto|Alessandria]] nel 644/645. In questo tentativo la nuova élite musulmana, che proveniva dall'entroterra della parte settentrionale della penisola arabica, fece affidamento in larga misura sulle risorse e sulla manodopera dell'appena conquistata [[Siria]] ed Egitto (soprattutto i [[Copti]] dell'Egitto), che fino ad alcuni anni prima avevano fornito navi ed equipaggi ai Bizantini.<ref name="Campbell9-10">{{harvnbcita|Campbell|1995|pp=. 9–10.}}</ref><ref name="Galley91" /><ref>{{Harvnbcita|Casson| 1995|p=. 154.}}</ref> Vi è, tuttavia, evidenza che nelle nuovi basi navali nella Palestina vennero impiegati anche costruttori di navi provenienti dalla Persia e dall'Iraq.<ref name="Nicolle47">{{harvnbcita|Nicolle| 1996|p=. 47.}}</ref> La mancanza di illustrazioni antecedenti al XIV secolo indica che nulla è noto sulle caratteristiche delle prime navi da guerra musulmane, sebbene si assumi generalmente che i loro tentativi di costruire una potente flotta abbiano tratto ispirazione dall'esistente tradizione marittima mediterranea. Data una largamente condivisa nomenclatura nautica, e le interazioni durate per secoli interi tra le due culture, le navi bizantine e quelle arabe condividevano molti punti in comune,<ref name="Galley98">{{harvnbcita|Gardiner|2004|p=. 98.}}</ref><ref>{{harvnbcita|Pryor| 1988|p=. 62.}}</ref><ref>{{harvnbcita|Nicolle| 1996|p=. 87.}}</ref> anche per quanto riguarda la tattica e l'organizzazione generale delle flotte; le traduzioni dei [[manuali militari bizantini]] erano disponibili agli ammiragli arabi.<ref name="Galley98" />
 
{{Approfondimento
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| allineamento = destra
| contenuto = "In quel tempo Callinico, un artificiere da [[Baalbek|Eliopoli]], fuggì presso i Romani. Aveva inventato un [[fuoco greco|fuoco marino]] che, dando fuoco alle navi arabe, le incendiava con tutto l'equipaggio. Fu così che i Romani ritornarono con una vittoria e scoprirono il fuoco marino."
| titolo = Cronaca di [[Teofane Confessore]], ''[[Anno Mundi|Annus Mundi]]'' 6165.<ref>{{Harvnbcita|Turtledove|1982|p=. 53.}}</ref>
}}
 
Dopo aver occupato [[Cipro]] nel 649 ed aver saccheggiato Rodi, Creta e la Sicilia, la giovane marina araba inflisse una sconfitta decisiva ai Bizantini condotti dall'Imperatore [[Costante II]] (641–668) in persona nella [[Battaglia di Phoenix]] nel 655.<ref name="Dromon25">{{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 25.}}</ref> Questa catastrofica sconfitta bizantina aprì il Mediterraneo agli Arabi, e diede inizio a una lunga serie, durata secoli, di conflitti navali tra le due potenze per il controllo delle acque del Mediterraneo.<ref name="Dromon25" /><ref>{{harvnbcita|Lewis| e Runyan|1985|p=. 24.}}</ref> A partire dal califfato di [[Mu'awiya ibn Abi Sufyan|Muawiyah]] (661–680), le incursioni si intensificarono, in quanto eranoessendo in preparazione i preparativi per un grande assalto aalla stessa Costantinopoli stessa. Nel corso del lungo [[Assedio di Costantinopoli (674)|primo assedio arabo]] di Costantinopoli (674-678), la flotta bizantina risultò decisiva nel garantire la sopravvivenza dell'Impero: le flotte arabe furono sconfitte grazie all'impiego di una nuova e distruttiva [[arma segreta]] di nuova invenzione, il "[[fuoco greco]]". L'avanzata musulmana in Asia Minore e nell'Egeo fu arrestata, e una tregua di trent'anni fu firmata tra i due imperi.<ref>{{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 26–27.}}</ref>
 
Negli anni 680, [[Giustiniano II]] (685–695 e 705–711) prestò attenzione alle necessità della marina, rinforzandola con il reinsediamento di oltre 18.500{{formatnum:18500}} [[Mardaiti]] lungo le coste meridionali dell'Impero, dove vennero impiegati come fanti di marina e rematori.<ref>{{harvnbcita|Treadgold| 1998|p=. 72.}}</ref> Malgrado ciò, la minaccia navale araba si intensificò di nuovo dopo la [[conquista omayyade del Nord Africa|graduale conquista islamica]] del [[Esarcato d'Africa|Nord Africa]] avvenuta negli anni 680 e 690.<ref>{{harvnbcita|Lewis| e Runyan|1985|p=. 27.}}</ref> L'ultima fortezza bizantina in Africa, [[Cartagine]], cadde nel 698, nonostante un tentativo da parte della flotta bizantina di [[Battaglia di Cartagine (698)|riconquistarla]].<ref name="AD 698">{{harvnbcita|Norwich| 1990|p=. 334.}}</ref> Il governatore arabo [[Musa bin Nusair]] costruì una nuova città e una base navale a [[Tunisi]], e 1.000{{formatnum:1000}} costruttori di navi [[Copti]] vennero incaricati di costruire una nuova flotta, che avrebbe sfidato i Bizantini per il controllo del Mediterraneo occidentale.<ref>{{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 28.}}</ref> Dagli inizi dell'VIII secolo in poi, le incursioni musulmane colpirono incessantemente i residui possedimenti bizantini nel Mediterraneo occidentale, in particolar modo la Sicilia.<ref name="Nicolle47" /><ref name="Dromon33">{{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 33.}}</ref> Inoltre, la nuova flotta avrebbe permesso ai Musulmani di completare la conquista del [[Maghreb]] e di [[conquista islamica della penisola iberica|invadere e conquistare con successo]] la maggior parte della Spagna visigota.<ref>{{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 29–30.}}</ref>
 
==== Controffensiva bizantina ====
{{Vedi anche|Iconoclastia}}
[[File:Solidus-Leo III and Constantine V-sb1504.jpg|thumb|L'Imperatore [[Leone III Isaurico]] con il figlio e successore, [[Costantino V]]. Essi ottenneroconseguirono diversi successi contro gli Arabi, ma determinarono lotte interne all'interno dell'Impero a causa della loro [[Iconoclastia|politica iconoclastica]].]]
 
I Bizantini non furono in grado di reagire con efficacia all'avanzata musulmana in Africa, perchéanche traa ilcausa 695dell'anarchia einterna 715in cui cadde l'Impero caddetra nell'anarchiail interna695 e 715.<ref name="Dromon31">{{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 31.}}</ref> ReagironoAlcune limitate reazioni si ebbero con incursioni in oriente, come quella del 709 contro l'Egitto nel corso della quale fu catturato l'ammiraglio locale,<ref name="Dromon33" /> ma eranopresto anchei consapevoliBizantini disi unresero futuroconto assaltodei furiosopreparativi allamilitari capitale: poiché ildel Califfo [[al-Walid I]] (705–715) stava preparando i suoi eserciti in vista di un rinnovato assalto alle mura di Costantinopoli: per tutta risposta, l'Imperatore [[Anastasio II (imperatore)|Anastasio II]] (713–715) preparòrinforzò lale difese della capitale, e montò un vano attacco preventivo contro i preparativi navali musulmani.<ref name="Dromon31" /> Anastasio fu in breve tempo detronizzato da [[Teodosio III]] (715–717), a sua volta rovesciato da [[Leone III Isaurico]] (717–741), proprio nel momento in cui l'esercito musulmano stava avanzando attraverso l'Anatolia. Fu Leone III ad affrontare con successo il secondo e ultimo [[Assedio di Costantinopoli (717)|assedio arabo di Costantinopoli]]. L'impiego del fuoco greco, che inflisse forti danni alla flotta araba, fu di nuovo decisivo per la sopravvivenza dell'Impero, mentre unaun inverno molto gelido e attacchi [[Bulgari]] decimarono ulteriormente gli invasori, facendo così fallire l'assedio.<ref>{{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 31–32.}}</ref>
 
Alla conclusione dell'assedio, ciò che rimaneva della flotta araba subì ulteriori danni in seguito a una tempesta, mentre le truppe bizantine sferrarono una controffensiva, con una flotta che saccheggiò [[Latakia|Laodicea]] e un esercito che scacciò gli Arabi dall'Asia Minore.<ref name="AD 718">{{harvnbcita|Norwich| 1990|pp=. 352–353.}}</ref><ref>{{harvnbcita|Treadgold| 1997|p=. 349.}}</ref> Nei successivi tre decenni, i conflitti navali tra le due potenze erano caratterizzati da incursioni costanti da entrambi i contendenti, con i Bizantini che sferrarono ripetuti attacchi contro le basi navali musulmane in Siria ([[Latakia]]), e Egitto ([[Damietta]] e [[Tinnis]]).<ref name="Dromon33" /> Nel 727, una rivolta delle flotte tematiche, dovuta in larga misura al risentimento per l'iconoclasmo dell'Imperatore, fu repressa dalla flotta imperiale grazie al fuoco greco.<ref name="AD 727">{{harvnbcita|Treadgold| 1997|p=. 352.}}</ref> Nonostante le perdite conseguenti aperdite ciòsubite, circa 390&nbsp;navi da guerra vennero spedite per attaccare Damietta nel 739, e nel 747,746 coni l'aiutoBizantini diinflissero naviuna provenientisconfitta dall'Italia,decisiva ialla Bizantiniflotta sconfisseroalessandrina leal flottelargo combinatedi siriache[[Battaglia edi alessandrineKeramaia|Keramaia]] al(uno largodei porti di Cipro), ponendo fine all'egemonia navale del [[Umayyadi|Califfato umayyade]].<ref name="Dromon33" />
 
I Bizantini fecero seguito a ciò con la distruzione delle flottiglie del Nord Africa, e accoppiarono i loro successi in mare con rigide limitazioni commerciali imposte ai commercianti musulmani. DataLa la nuovarinnovata capacità da parte dell'Impero di controllare le acque marittime,i ciòmari provocò danni considerevoli al commercio marittimo musulmano.<ref>{{harvnbcita|Lewis| e Runyan|1985|p=. 29.}}</ref> Con il collasso del Califfato Umayyade avvenuto poco tempo dopo e la sempre più crescente frammentazione del mondo islamico, la flotta bizantina rimase l'unica forza navale organizzata nel Mediterraneo.<ref name="Dromon33" /> Fu così che, durante la seconda metà dell'VIII secolo, i Bizantini poterono godere di un secondo periodo di completa superiorità navale.<ref name="Galley91">{{harvnbcita|Gardiner|2004|p=. 91.}}</ref> DuranteNon questoè periododunque un caso che nei [[escatologia islamica|testi apocalittici islamici]] redatti e trasmessi nel corso dei primi due secoli dell'era islamica, sorvegliarela le[[Fine del mondo|Fine dei Tempi]] sia preceduta da un'invasione bizantina proveniente dal mare. Molte tradizioni del periodo sottolineano l'importanza della difesa dei posti di guardia (''ribāṭ'') sulle coste della Siria, controritenuta unequivalente attaccoa dellaprendere flottaparte bizantinaalla era''[[jihad|jihād]]'', consideratoe daiautorità Musulmanicome [[Abu Hurayrah]] sostenevano che un giorno di ''ribāṭ'' fosse un atto più pio di trascorrere un'intera notte di preghiera nella [[Kaʿba]].<ref>{{Cita pubblicazione |cognome=Bashear |nome=Suliman |anno=1991 |titolo=Apocalyptic and Other Materials on Early Muslim-Byzantine Wars: A Review of Arabic Sources |rivista=[[Journal of the Royal Asiatic Society]] |volume=1 |numero=2 |pp=173–207 |jstor=25182323 |editore=Cambridge University Press |doi=10.1017/S1356186300000572 }}</ref> Questi successi consentirono all'Imperatore [[Costantino V]] (741–775) di spostare la flotta dal Mediterraneo al Mar Nero nel corso delle sue campagne contro i [[Bulgari]] negli anni 760. Nel 763, una flotta di 800 navi trasportanti 9.600{{formatnum:9600}} cavalieri e diversi fanti salpò ad [[Anchialo]], dove ottenneconseguì una [[Battaglia di Anchialo (763)|significativa vittoria sul nemico]], ma nel 766, una seconda flotta, che si narra comprendesse 2.600{{formatnum:2600}} navi e, salpata per Anchialo, affondò lungo il tragitto.<ref>{{harvnbcita|Mango|2002|p=. 141.}}</ref> Al contempo, tuttavia, gli imperatori isaurici minarono la forza navale di Bisanzio: con la minaccia araba andata per il momento, e con i temi navali largamente [[iconodulia|iconoduli]] che si opponevano alla loro [[Iconoclastia|politica iconoclastica]], gli imperatori ridussero le dimensioni della marina e degradarono i temi navali.<ref>{{Harvnbcita|Runciman|1975|p=. 150.}}</ref>
 
==== Ripresa della flotta araba ====
[[File:Saracen fleet against Crete.jpg|thumb|La flotta pirata saracena salpa in direzione di Creta. Dal [[Giovanni Scilitze|manoscritto di Madrid di Scilitze]].]]
 
Il predominio bizantino sui mari durò fino all'inizio del IX secolo, quando una serie di disastri per opera delle risorgenti flotte musulmane posero fine a questo predominio, inaugurando un'epoca che avrebbe rappresentato lo zenit dell'ascendenza musulmana.<ref>{{harvnbcita|Christides| 1981|p=. 76}}; {{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 41.}}</ref> Già nel 790, i Bizantini soffrirono una sconfitta importante presso il [[Golfo di Antalya]], e le incursioni navali degli Arabi contro Cipro e Creta eraerano ricominciate durante il califfato di [[Hārūn al-Rashīd]] (786–809).<ref>{{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 41–42.}}</ref> Lungo il Mediterraneo, nuove potenze stavano sorgendo, tra cui l'[[Impero carolingio]], mentre nell'803, la ''[[Pax Nicephori]]'' riconobbe l'indipendenza ''de facto'' della bizantina [[Repubblica di Venezia|Venezia]], che fu ulteriormente rafforzata dalla respinta di un attacco bizantino nell'809.<ref name="Dromon45">{{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 45.}}</ref> Al contempo, a [[Ifriqiya]], venne fondata la nuova dinastia degli [[Aghlabidi]], che immediatamente sferrò incursioni lungo il Mediterraneo centrale.<ref name="Dromon45" />
 
I Bizantini, dall'altra parte, erano indeboliti da una serie di catastrofiche sconfitte contro i Bulgari, a cui seguì nell'820 la rivolta di [[Tommaso lo Slavo]], che ottenne il supporto di una larga parte delle forze armate bizantine, incluse le flotte tematiche.<ref>{{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 45–46.}}</ref> Malgrado la sua soppressione, la rivolta aveva indebolito di molto le difese dell'Impero. Di conseguenza, [[Creta]] cadde tra l'824 e l'827 per opera di una banda di esiliati [[al-Andalus|andalusiani]]. Tre tentativi successivi di riconquista bizantina fallirono nel giro di pochi anni, e l'isola divenne una base navale per i pirati musulmani che sferrarono frequenti incursioni navali nell'Egeo, turbando radicalmente l'equilibrio di potere nella regione.<ref>{{harvnbcita|Christides| 1981|pp=. 76–106}}; {{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 46–47.}}</ref> Malgrado alcuni successi bizantini sui corsari di Creta, e il [[Sacco di Damietta (853)|sacco di Damietta]] ad opera di una flotta bizantina di 85 navi nell'853,<ref name="Dromon47">{{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 47.}}</ref> la potenza navale araba nel Levante stava risorgendo sotto il dominio degli Abbasidi.<ref name="Galley92" /> Ulteriori tentativi bizantini di riconquistare Creta, nell'843 e nell'866, fallirono completamente.<ref>{{Harvnbcita|Christides| 1981|p=. 92.}}</ref>
 
{{Approfondimento
| larghezza = 260px
| allineamento = destra
| titolo = [[Ibn Khaldun|Ibn Khaldūn]], ''[[Muqaddimah]]'', III.32<ref>{{harvnbcita|Ibn Khaldūn| e Rosenthal|1969|p=. 120.}}</ref>
| contenuto = "In questo periodo [...] i Musulmani acquisirono il controllo sull'intero Mediterraneo. La loro potenza e i loro domini erano vasti. Le nazioni Cristiane erano impotenti contro le flotte musulmane, dovunque nel Mediterraneo. Per tutto il tempo, i Musulmani cavalcarono l'onda della conquista."
}}
La situazione era diventata ancora più critica in Occidente. Un colpo critico all'Impero fu inflitto nell'827, quando gli Aghlabidi cominciarono la loro lenta [[StoriaConquista dell'Islamislamica nell'Italiadella medievaleSicilia|conquista della Sicilia]], aiutati dalla defezione del comandante bizantino [[Eufemio da Messina|Eufemio]] e della flotta tematica dell'isola.<ref name="Galley92">{{harvnbcita|Gardiner|2004|p=. 92.}}</ref><ref name="Dromon48">{{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 48.}}</ref> Nell'838, i Musulmani sbarcarono in Italia, occupando [[Taranto]] e [[Brindisi]], seguite presto da [[Emirato di Bari|Bari]]. Le operazioni Venezianeveneziane contro i Saraceni furono vane, e nel corso degli anni 840, gli Arabi saccheggiavano liberamente l'Italia e l'Adriatico, giungendo al punto di [[Incursione saracena contro Roma (846)|attaccare Roma]] nell'846.<ref name="Dromon48" /> Gli attacchi longobardi e dell'Imperatore carolingio [[Lotario I]] fallirono nello sloggiare i Musulmani dall'Italia, mentre due tentativi bizantini a larga scala per recuperare la Sicilia furono pesantemente sconfitti nell'840 e nell'859.<ref>{{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 48–49.}}</ref> Dall'850, le flotte musulmane, a cui si unirono grandi numeri di saccheggiatori indipendenti ''[[ghazi]]'', erano emerse come la principale potenza del Mediterraneo, mettendo sulla difensiva i Bizantini e i Cristiani in generale.<ref name="Galley92" /><ref>{{harvnbcita|Pryor| 1988|pp=. 102–105.}}</ref>
 
Nello stesso periodo, caratterizzato da un'indebolita Bisanzio costretta a difendersi da minacce esterne su tutti i fronti, emerse una nuova, inaspettata, minaccia: i [[Rus']] fecero la loro prima apparizione nella storia bizantina con una [[Spedizione dei Rus' in Paflagonia|incursione contro la Paflagonia]] negli anni 830, seguita da una [[Assedio di Costantinopoli (860)|spedizione maggiore]] nell'860.<ref>{{harvnbcita|Lewis| e Runyan|1985|p=. 30.}}</ref><ref>{{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 60.}}</ref>
 
=== Riconquista bizantina: la dinastia macedone ===
Nel corso del tardo IX e del X secolo, approfittando della frammentazione del Califfato in stati più piccoli, con conseguente indebolimento degli Arabi, i Bizantini sferrarono una serie di vittoriose campagne contro essi.<ref name="Dromon50">{{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 50.}}</ref> Questa "riconquista bizantina" fu condotta dagli abili sovrani della [[dinastia macedone]] (867–1056), e segnò l'apogeo dello stato medio-bizantino.<ref>{{harvnbcita|Jenkins|1987|p=. 183}}; {{harvnbcita|Treadgold| 1997|p=. 534.}}</ref>
 
==== Regno di Basilio I ====
[[File:Solidus-Basil I with Constantine and Eudoxia-sb1703.jpg|thumb|''[[Solido (moneta)|Solidus]]'' aureo dell'Imperatore [[Basilio I il Macedone]]. Il suo potenziamento della flotta condusse ad alcuni successi contro gli Arabi e fu a lungo ricordato dai marinai, i cui forti legami di fedeltà alla dinastia macedone furono sentiti fino al regno di suo nipote, [[Costantino VII Porfirogenito|Costantino VII]].<ref>{{harvnbcita|Jenkins|1987|p=. 192.}}</ref>]]
 
L'ascesa al trono dell'Imperatore [[Basilio I il Macedone|Basilio I]] (867–886) segnò la rinascita della flotta, in quanto questi si imbarcò in una politica estera aggressiva e, continuando l'opera del suo predecessore, [[Michele III]] (842–867), potenziò la flottamarina, ottenendoconseguendo, di conseguenza, diverse vittorie.<ref name="Runciman151">{{Harvnbcita|Runciman|1975|p=. 151.}}</ref> Nell'867868, una flotta posta sotto il comando del ''droungarios tou plōïmou'' [[Niceta Ooryphas]] liberò [[Assedio di Ragusa (866-868)|Ragusa]] e la [[Dalmazia]] dagli attacchi arabi ristabilendo la [[Dalmatia|dominazione bizantina]] nella zona.<ref name="AD 867">{{harvnbcita|MacCormick|2002|p=. 413.}}</ref> Alcuni anni dopo, Niceta sconfisse pesantemente per due volte i pirati di Creta,<ref name="TreadgoldA457">{{harvnbcita|Treadgold| 1997|p=. 457.}}</ref> rendendo temporaneamente sicure le acque dell'Egeo.<ref name="Galley92" /> Cipro, inoltre, fu, anche se solo temporaneamente, recuperata e [[Bari]] occupata.<ref>{{harvnbcita|Treadgold| 1997|p=. 458.}}</ref> Al contempo, tuttavia, i Musulmani rafforzarono la loro dominazione in [[Cilicia]], e [[Tarso (Turchia)|Tarso]] divenne una delle basi principali da dove sferrare incursioni per terra e per mare in territorio bizantino, soprattutto durante l'emirato di [[Yazaman al-Khadim]] (882–891).<ref name="Dromon62">{{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 62.}}</ref>
 
In Occidente, i Musulmani continuarono a ottenereconseguire nuovi successi in Sicilia, insfruttando quantol'inadeguatezza ledelle guarnigioni locali bizantine si provarono inadeguate: l'Impero fu costretto a fare affidamento sull'aiuto dei loro sudditi nominali italiani, e ricorrere al trasferimento della flotta orientale in Italia senza però ottenere alcun successo.<ref>{{Harvnbcita|Scafuri|2002|pp=. 49–50.}}</ref> In seguito alla caduta di [[Enna]] nell'855, i Bizantini furono confinati alla costa orientale della Sicilia, anch'essa minacciata dagli Arabi. Una spedizione di liberazione della Sicilia inviata nell'868 non ottenne risultati di rilievo, [[Siracusa]] fu attaccata di nuovo nell'869, mentre nell'870, [[Malta]] cadde in mano degli Aghlabidi.<ref>{{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 64–65.}}</ref> Nel frattempo i corsari musulmani saccheggiavano le coste dell'Adriatico, e, anche se furono scacciati dalla [[Puglia]], all'inizio degli anni 880 stabilirono delle basi sulle coste occidentali della penisola italiana, da cui non vennero completamente sloggiati fino al 915.<ref name="Dromon65">{{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 65, 68.}}</ref> Nell'878, Siracusa, la fortezza principale bizantina in Sicilia, fu attaccata di nuovo e questa volta cadde, soprattutto perché la flotta imperiale era impegnata in quel momento a trasportare [[marmo]] per la costruzione della ''[[Nea Ekklesia]]'', la nuova chiesa di Basilio.<ref>{{harvnbcita|Treadgold| 1998|p=. 33.}}</ref> Nell'880, il successore di Ooryphas, il ''droungarios'' [[Nasar]], ottenneconseguì una vittoria significativa in una battaglia notturna sui Tunisini, che stavano saccheggiando le isole ioniche, per poi procedere ad attaccare la Sicilia, ottenendo molto bottino, prima di sconfiggere un'altra flotta musulmana al largo di [[Punta Stilo]]. Nel frattempo, un altro squadrone bizantino ottenneconseguì un successo significativo a Napoli.<ref>{{harvnbcita|MacCormick|2002|p=. 955.}}</ref><ref>{{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 65–66.}}</ref> Questi successi permisero una breve controffensiva bizantina in Occidente nel corso degli anni 870 e 880, condotta da [[Niceforo Foca il vecchio]], la quale ebbe come risultato il rafforzamento della dominazione bizantina in [[Puglia]] e [[Calabria]] e la formazione del ''[[thema]]'' di [[Longobardia (thema)|Longobardia]], che si sarebbe poi evoluto nel [[Catapanato d'Italia]]. Una pesante sconfitta subita nelle acque di [[Milazzo]] nell'888, tuttavia, segnalò la scomparsa virtuale di ogni grande attività navalinavale bizantinebizantina nelle acque circondanti l'Italia per il secolo successivo.<ref name="Galley92" /><ref>{{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 66.}}</ref>
 
==== Incursioni arabe durante il regno di Leone VI ====
[[File:Sack of Thessalonica by Arabs, 904.png|thumb|Il sacco di Tessalonica ad opera degli Arabi condotti da Leone di Tripoli nel 904, come dipinto nel manoscritto di Madrid di Scilitze. Fu la più seria di un'ondata rinnovata di incursioni piratesche delle flotte islamiche nel Mar Egeo durante il regno di Leone VI.]]
 
Malgrado i successi conseguiti sotto Basilio, nel corso del regno del suo successore [[Leone VI il Saggio]] (886–912), l'Impero fu di nuovo costretto a fronteggiare minacce serie. Al nord, scoppiò una guerra contro lo Zar bulgaro [[Simeone I di Bulgaria|Simeone]], e una parte della flotta imperiale fu adoperata nell'895 per trasportare un'armata di [[Magiari]] lungo il Danubio per [[Guerre bulgaro-ungheresi|saccheggiare la Bulgaria]].<ref>{{harvnbcita|Treadgold| 1997|pp=. 463–464.}}</ref> La guerra bulgara costò alcune costose sconfitte, mentre al contempo la minaccia navale araba aumentò di nuovo di intensità, con numerose incursioni che devastarono le coste del Mar Egeo. Nell'891 o nell'893, la flotta araba saccheggiò l'isola di [[Samo (isola)|Samos]] e prese prigioniero il suo ''stratēgos'', mentre, nell'898, l'ammiraglio eunuco Raghib prese prigionieri 3.000{{formatnum:3000}} marinai bizantini del thema dei ''Kibyrrhaiotai''.<ref name="Tougher1">{{harvnbcita|Tougher|1997|pp=. 185–186.}}</ref> Queste sconfitte snudarono le difese bizantine, lasciando esposto il Mar Egeo alle incursioni delle flotte siriane.<ref name="Dromon62" /> Il primo colpo pesante giunse nel 901, quando il rinnegato [[Damiano di Tarso]] saccheggiò [[DemetriasDemetriade (città)|Demetriade]], mentre nell'anno successivo, [[Taormina]], l'ultima roccaforte dell'Impero in Sicilia, cadde in mano musulmana.<ref name="Dromon65" /><ref name="Tougher1" /> Il disastro più grande, tuttavia, giunse nel 904, quando un altro rinnegato, [[Leone di Tripoli]], saccheggiò l'Egeo: la sua flotta penetrò persino fino ai [[Dardanelli]], prima di procedere a [[Sacco di Tessalonica (904)|saccheggiare]] la seconda città dell'Impero, [[Tessalonica]], mentre la flotta dell'Impero rimaneva in inazione a causa della superiorità numerica della flotta araba.<ref>{{harvnbcita|Tougher|1997|pp=. 186–188.}}</ref> Nel frattempo, le incursioni dei corsari di Creta crebbero di tale intensità, che, alla fine del regno di Leone, la maggior parte delle isole dell'Egeo meridionale erano o abbandonate o costrette ad accettare la supremazia musulmana e pagare un tributo ai pirati.<ref>{{Harvnbcita|Christides| 1981|pp=. 82, 86–87.}}</ref> Non vi è sorpresa, quindi, che nei manuali militari navali bizantini scritti durante il regno di Leone VI (''Naumachica'') sia suggerito prevalentemente un atteggiamento difensivo e cauto.<ref name="Galley92" />
 
L'ammiraglio bizantino più abile del periodo fu [[Himerios (ammiraglio)|Himerios]], il ''[[Logothetes tou dromou|logothetēs tou dromou]]''. Assunto come ammiraglio nel 904, non fu in grado di impedire il sacco di Tessalonica, ma ottenneconseguì una prima vittoria nel 905 o nel 906, e, nel 910, sferrò un attacco vittorioso su [[Laodicea (Siria)]]:<ref>{{harvnbcita|Tougher|1997|p=. 191.}}</ref><ref>{{Harvnbcita|Christides| 1981|pp=. 93–94.}}</ref> la città fu saccheggiata einsieme ilal suo entroterra saccheggiato anch'esso senza perdere una sola nave.<ref name="AD 910">{{harvnbcita|Norwich| 1999|p=. 120.}}</ref> Un anno dopo, tuttavia, un'immensa spedizione di 112 dromoni e 75 ''pamphyloi'', per un totale di 43.000{{formatnum:43000}} uomini, salpata sotto il comando di Himerios e diretta contro l'[[Emirato di Creta]], non solo non riuscì a riconquistare l'isola,<ref>{{harvnbcita|Treadgold| 1997|pp=. 469–470.}}</ref><ref>L'esistenza della spedizione del 911 è stata da taluni messa in dubbio, cfr. {{Harvnbcita|Ahrweiler|1966|p=. 113.}}</ref> ma, durante il viaggio di ritorno, fu colta in un'imboscata e annientata da Leone di Tripoli al largo di Chios (Ottobreottobre 912).<ref name="Dromon63">{{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 63.}}</ref><ref>{{Harvnbcita|Christides| 1981|p=. 94.}}</ref>
 
La flotta bizantina cominciò a riprendersi di nuovo dopo il 920. In quello stesso anno proprio un ammiraglio salì al trono di Bisanzio, [[Romano I Lecapeno]] (920–944), per la seconda (dopo [[Tiberio III|Tiberio Apsimaro]]) e per l'ultima volta nella storia dell'Impero. Finalmente, nel 923, la sconfitta decisiva inflitta a Leone di Tripoli al largo di [[Lemnos]], unita all'uccisione di Damiano durante l'assedio di una fortezza bizantina nell'anno successivo, segnò l'inizio della ripresa bizantina.<ref name="Dromon64">{{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 64.}}</ref>
 
==== Riconquista di Creta e della Siria settentrionale ====
[[File:Byzantines under Nikephoros Phokas besiege Chandax.png|thumb|L'[[assedio di Candia]], la principale roccaforte musulmana a Creta, come dipinta nel manoscritto ''Madrid Skylitzes''. Niceforo Foca condusse un'ambiziosa spedizione che riuscì a riconquistare Creta, oltre a porre fine alla minaccia piratesca musulmana nel Mar Egeo.]]
 
La ripresa della flotta imperiale mostrò i suoi primi frutti nel 942, quando l'Imperatore Romano I inviò uno squadrone nel [[Mar Tirreno]]: adoperando il fuoco greco, lo squadrone distrusse una flotta di corsari musulmani presso [[Frassineto]].<ref name="Dromon72">{{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 72.}}</ref> Nel 949, tuttavia, un'altra spedizione di circa 100 navi, lanciata da [[Costantino VIII|Costantino VII]] (945–959) contro l'[[Emirato di Creta]], risultò in una catastrofica sconfitta, dovuta all'incompetenza del suo comandante, [[Costantino Gongyles]].<ref name="AD 949">{{harvnbcita|MacCormick|2002|p=. 414.}}414</ref><ref name="Dromon71">{{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 71.}}</ref> Una rinnovata offensiva in Italia nel 951–952 fu sconfitta daglidai Aghlabidi[[Fatimidi]], ma un'altra spedizione nel 956 e la distruzione di una flotta tunisina ad opera diin una tempesta nel 958 stabilizzò temporaneamente la situazione nella penisola.<ref name="Dromon72" /> InNel seguito962, ai unaFatimidi rivoltasferrarono deiun Greciassalto dell'isolaalle rimanenti fortezze bizantine in Sicilia: Taormina cadde nel natale 962 mentre [[Rometta]] fu assediata. In risposta, nel 963–965964 fu sferrata una spedizione bizantina riuscìche aperò recuperareebbe Taormina,<ref>{{harvnb|Pryor|Jeffreys|2006|p=74}}</ref>un maesito unadisastroso: sconfittai pesanteFatimidi bizantinasconfissero subital'esercito perbizantino operanei deipressi [[Fatimidi]]di pressoRometta, loe annientarono la flotta nella [[StrettoBattaglia didello MessinaStretto]], grazie all'uso di tuffatori portanti con sé strumenti incendiari. Con entrambe le potenze impegnate altrove, nel 965967 fu firmata una tregua tra Bisanzio e i Fatimidi, che frenò l'attività navale bizantina in Occidente.:<ref name="Galley93">{{harvnb|Gardiner|2004|p=93}}</ref> Lele acque dell'Italia furono affidate alla difesa delle forze bizantine locali e ai vari stati italiani fino a dopo il 1025, quando Bisanzio cominciò di nuovo ad intervenire attivamente in Italia meridionale e in Sicilia.<ref name="Galley93" /><ref name="Dromon75">{{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 75.}}</ref><ref>{{cita|Halm|pp. 404–405.}}</ref>
 
In Oriente, nel 956 lo ''stratēgos'' Basilio Hexamilites inflisse una sconfitta devastante alla flotta di Tarso, aprendo la via per un'altra grandiosa spedizione per recuperare Creta.<ref name="Dromon72" /> Essa fu affidata al comando di [[Niceforo II Foca|Niceforo Foca]], che, nel 960, salpò con una flotta di 100 dromoni, 200 ''chelandia'', e 308 navi di trasporto, per un totale di 77.000{{formatnum:77000}} uomini, per sottomettere l'isola.<ref>{{harvnbcita|Treadgold| 1997|p=. 495.}}</ref> La conquista di Creta pose fine alla minaccia piratesca musulmana nelle acque dell'Egeo, il cuore marittimo dell'Impero, mentre le successive campagne militari di Niceforo Foca condussero alla riconquista della [[Cilicia]] (nel 963), di Cipro (nel 968),<ref name="AD 968">{{harvnbcita|Norwich| 1999|p=. 195.}}</ref> e della Siria settentrionale (nel 969).<ref>{{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 73.}}</ref> Queste conquiste rimossero la minaccia delle un tempo potenti flotte siriane musulmane, ristabilendo il predominio bizantino nel Mediterraneo orientale, tanto che Niceforo Foca si sarebbe vantato con [[Liutprando di Cremona]] affermando "Io da solo comando i mari".<ref name="Runciman151" /><ref name="Galley93" /> Avvennero alcune incursioni e scontri navali tra Bisanzio e i Fatimidi nel corso degli anni 990, ma le relazioni pacifiche tra i due stati vennero ristabilite poco tempo dopo, e il Mediterraneo orientale rimase relativamente calmo per alcuni decenni.<ref>{{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 75–76.}}</ref>
 
Nello stesso periodo, la flotta bizantina fu attiva anche nel Mar Nero: nel 941 una flotta dei Rus' che [[Guerra Rus'-bizantina (941)|minacciava Costantinopoli]] nel 941 fu distrutta da 15 vecchie navi equipaggiate con il fuoco greco, mentre la flotta risultò di nuovo decisiva nel corso della [[GuerraInvasione Rus'-bizantinadi Svjatoslav della (970-971)Bulgaria|Guerra Rus'–bizantina del 970–971]], allorché [[Giovanni I Zimisce]] (969–976) inviò 300 navi a bloccare ogni via di fuga lungo il Danubio ai [[Rus'|Rus' di Kiev]].<ref>{{harvnbcita|Treadgold| 1997|p=. 509.}}</ref>
 
=== Periodo dei Comneni ===
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}}
 
Per il corso della maggior parte dell'XI secolo, la flotta bizantina affrontò nuove sfide. La minaccia musulmana era terminata, inper quantoil ledeclino delle loro flotte erano in crisi ma soprattutto perchéper le relazioni pacifiche instauratesi tra l'Impero e i Fatimidi erano pacifiche. L'ultima incursione araba in territorio imperiale fu registrata nel 1035 nelle [[Cicladi]], e fu sconfitta l'anno successivo.<ref>{{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 87–88.}}</ref> UnNel 1043 un altro attacco dei [[Guerra Rus'–bizantina (1043)|Rus']] nel 1043 fu respinto agevolmente, e, a parte un effimero tentativo di riconquistare la Sicilia sotto il comando di [[Giorgio Maniace]], non furono più intraprese importanti spedizioni navali. Inevitabilmente, questo lungo periodo di pace e prosperità condusse alla trascuratezza dell'esercito e della flotta. Già all'epoca del regno di [[Basilio II Bulgaroctono|Basilio II]] (976–1025), la difesa dell'Adriatico fu affidata ai Veneziani. Sotto [[Costantino IX Monomaco|Costantino IX]] (1042–1055), vennero ridotti gli effettivi sia della flotta che dell'esercito in quanto il servizio militare fu sempre più frequentemente commutato in favore di pagamenti in denaro, risultando in una sempre più crescente dipendenza da soldati mercenari.<ref>{{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 76–77, 89.}}</ref><ref>{{Harvnbcita|Haldon|1999|pp=. 90–91.}}</ref> Le grandi flotte tematiche declinarono e vennero sostituite da minuscoli squadroni sottoposti ai comandanti militari locali, più adatti a sopprimere la pirateria piuttosto che fronteggiare con successo una grandeseria minaccia marittima.<ref>{{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 88.}}</ref>
 
Nell'ultimo quarto dell'XI secolo, la flotta bizantina era l'ombra di sé stessa, tanto che era declinata per la trascuratezza e l'incompetenza dei suoi ufficiali, e per la mancanza di finanziamenti.<ref>{{harvnbcita|Haldon|1999|p=. 91.}}</ref> [[Kekaumenos|Cecaumeno]], scrivendo nel 1078 ca., lamenta che "[le navi bizantine] non stanno facendo nient'altro che trasportare frumento, orzo, formaggi, vino, carni, olio di uliva, grandi quantità di denaro, e nient'altro" dalle isole e dalle coste dell'Egeo, mentre "sfuggono [al nemico] prima ancora di avvistarlo, divenendo così un imbarazzo per i Romani".<ref name="Kekaumenos">{{harvnbcita|Kekaumenos| e Tsoungarakis|1996}}, ''[[Strategikon di Kekaumenos|Strategikon]]'', Cap. 87</ref> Al tempo in cui scriveva Cecaumeno, erano emerse nuove e potenti minacce. In Occidente, il [[Regno di Sicilia]] [[Normanni|normanno]], che aveva [[Guerre bizantino-normanne|espulso i Bizantini dall'Italia meridionale]] e avevano conquistato la Sicilia,<ref>{{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 91–93.}}</ref> stava ora volgendo le sue mire verso i territori bizantini sulla costa Adriatica ed oltre. In Oriente, la disastrosa disfatta bizantina nella [[Battaglia di Manzikert]] nel 1071 era costata la perdita dell'Asia Minore, il cuore economico e militare dell'Impero, conquistata dai Turchi [[Selgiuchidi]], che dal 1081 avevano posto la propria capitale a [[İznik|Nicea]], ad appena un centinaio di miglia a sud di Costantinopoli.<ref>{{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 94.}}</ref> Poco tempo dopo, fecero la loro comparsa nell'Egeo pirati sia turchi che cristiani. Le flotte tematiche bizantine, che un tempo sorvegliavano i mari, erano ora incapaci di reagire con efficacia alle nuove minacce per la trascuratezza e per le guerre civili.<ref>{{Harvnbcita|Bréhier|2000|p=. 335.}}</ref>
 
==== Tentativi di recupero sotto Alessio I e Giovanni II ====
A questo punto, lo stato miserevole della flotta bizantina ebbe pesanti ripercussioni. L'invasione normanna della Grecia non poteva essere arrestata, e il loro esercito occupò [[Corfù]], sbarcò senza trovare opposizioni in Epiro e [[Battaglia di Durazzo (1081)|assediò]] [[Dyrrhachium]],<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 99.}}</ref> cominciando un decennio di guerre che consumò le scarse risorse dell'ormai inguaiato stato bizantino.<ref name="Birkenmeier39">{{Harvnbcita|Birkenmeier|2002|p=. 39.}}</ref> Il nuovo imperatore, [[Alessio I Comneno]] (1081–1118), fu costretto a implorare l'aiuto dei Veneziani, che negli anni 1070s1070 avevano già affermato il loro controllo dell'Adriatico e della Dalmazia contro i Normanni.<ref>{{Harvnbcita|Nicol| 1992|pp=. 55–58.}}</ref> Nel 1082, in cambio della loro assistenza, i Veneziani ottennero dall'Imperatore di Bisanzio importanti concessioni commerciali.<ref>{{Harvnbcita|Nicol| 1992|pp=. 59–61.}}</ref> Questo trattato, e le successive estensioni di questi privilegi, praticamente resero di fatto i Bizantini ostaggi dei Veneziani (e successivamente dei Genovesi e dei Pisani). Lo storico John Birkenmeier nota che: "La mancanza di una flotta da parte di Bisanzio [...] significava che Venezia poteva regolarmente estorcere privilegi economici, determinare se gli invasori, come i Normanni o i Crociati, entrassero nell'Impero, e fermare ogni tentativo bizantino di restringere l'attività commerciale o navale veneziana."<ref name="Birkenmeier39" /> Negli scontri con i Normanni avvenuti durante gli anni 1080, l'unica effettiva forza navale bizantina era uno squadrone comandato da [[Michele Mauricas]], un comandante navale veterano. InsiemeNonostante aiil Veneziani,successo inizialmenteiniziale prevalsedelle sullaoperazioni flottacondotte normannainsieme ai Veneziani, manel successivamente1084 la flotta congiunta fu presacolta di sorpresa e sconfitta dai Normanni al largo di Corfù nel 1084.<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 100.}}</ref><ref>{{Harvnbcita|Nicol| 1992|p=. 58.}}</ref>
 
Alessio, inevitabilmentemalgrado privilegiasse le operazioni di terra, comprese inevitabilmente l'importanza di possedere una propria flotta, e malgrado privilegiasse le operazioni di terra, prese alcune misure per potenziare di nuovo la flottapotenziarla. I suoi tentativi portarono a qualche frutto, in particolar modo nel respingere i [[campagne selgiuchidi nell'Egeo|tentativi deglidi saccheggiare l'Egeo]] compiuti dalle flotte nemiche inviate dagli emiri turchi, come [[Chaka di Smirne|Tzachas]] di Smirne di [[campagne selgiuchidi nell'Egeo|inviare flotte]] a saccheggiare l'Egeo.<ref>{{Harvnbcita|Pryor| 1988|p=. 113}}; {{Harvnbcita|Haldon|1999|p=. 96.}}</ref> La flotta comandata da [[Giovanni Ducas (megas doux)|Giovanni Ducas]] fu adoperata anche per sopprimere rivolte a Creta e Cipro.<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 109.}}</ref> Con l'aiuto dei [[Prima Crociata|Crociati]], Alessio fu in grado di recuperare le coste dell'Anatolia occidentale e di espandere la sua influenza ad Oriente anche oltre: nel 1104, uno squadrone bizantino di 10 navi conquistarono [[Latakia|Laodicea]] ed altre città costiere fino a [[Tripoli (Libano)|Tripoli]].<ref>{{Harvnbcita|Nicolle| 2005|p=. 69.}}</ref> Nel 1118, Alessio fu in grado di consegnare una piccola marina al suo successore, [[Giovanni II Comneno]] (1118–1143).<ref name="Dromon111">{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 111.}}</ref> Come suo padre, Giovanni II concentrò le sue attenzioni sull'esercito e sulle regolari campagne terrestri, ma non trascurò la flotta, cercando di mantenerne la forza e il sistema di approvvigionamento.<ref name="Haldon96">{{Harvnbcita|Haldon|1999|p=. 96.}}</ref> Nel 1122, tuttavia, Giovanni rifiutò di rinnovare i privilegi commerciali che Alessio aveva garantito ai Veneziani. Di conseguenza, i Veneziani per rappresaglia saccheggiarono alcune isole bizantine, costringendo Giovanni, la cui flotta non era sufficientemente potente per confrontarsi con i Veneziani, a rinnovare i privilegi nel 1125.<ref name="Dromon111" /> Evidentemente la flotta bizantina non era ancora sufficientemente potente perda poter consentire a Giovanni di confrontarsi con successo con Venezia, specialmentesoprattutto perché le risorse dell'Impero andavano investite anche su altre questioni urgenti. Non molto tempo dopo questo incidente, si narra che Giovanni II, agendo su consiglio del suo ministro delle finanze Giovanni di Poutze, avesse tagliato i fondi alla flotta e li avesse trasferiti all'esercito, equipaggiando navi solo su basi ''ad hoc''.<ref name="Dromon111" /><ref>{{Harvnbcita|Treadgold| 1997|p=. 631.}}</ref>
 
==== Spedizioni navali di Manuele I ====
La marina poté godere di un aumento di importanza sotto l'ambizioso imperatore [[Manuele I Comneno]] (1143–1180), che la impiegò molto frequentemente come strumento potente per confrontarsi in politica estera con gli Stati latini e musulmani del Mediterraneo orientale.<ref>{{Harvnbcita|Treadgold| 1997|p=. 641.}}</ref> Nel corso dei primi anni del suo regno, la marina bizantina era ancora debole: nel 1147, la flotta di [[Ruggero II di Sicilia]], comandata da [[Giorgio d'Antiochia (ammiraglio)|Giorgio di Antiochia]], fu in grado di saccheggiare [[Corfù]], le [[isole ioniche]] e l'Egeo senza trovare opposizioni.<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 106–107, 111–112.}}</ref> Nell'anno successivo, con il sostegno dei Veneziani, un'armata coadiuvata da una flotta immensa (500 navi da guerra e 1.000{{formatnum:1000}} di trasporto) fu inviata per recuperare Corfù e le isole ioniche occupate dai Normanni. I Normanni replicarono inviando una flotta di 40 navi che raggiunse addirittura Costantinopoli, compiendo scorrerie nei suoi sobborghi.<ref name="AD 1148">{{Harvnbcita|Norwich| 1996|pp=. 98, 103.}}</ref><ref name="Dromon113">{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 113.}}</ref> Durante il viaggio di ritorno, tuttavia, fu attaccata e distrutta da una flotta bizantina o veneziana.<ref name="Dromon113" />
 
Nel 1155, uno squadrone bizantino di 10 navi in sostegno del ribelle normanno [[Roberto III di Loritello]] sbarcò ad [[Ancona]], lanciando l'ultimo tentativo bizantino di riconquistare l'Italia meridionale. Malgrado alcuni successi iniziali e l'arrivo di rinforzi sotto il ''[[megas doux]]'' [[Alessio Comneno Briennio]], la spedizione fu alla fine sconfitta nel 1156, e 4 navi bizantine vennero catturate.<ref>{{Harvnbcita|Treadgold| 1997|p=. 643.}}</ref> Nel 1169, i tentativi di Manuele di potenziare la flotta avevano cominciato a dare i suoi frutti, in quanto una flotta immensa e puramente bizantina di circa 150 [[galea|galee]], 20 grandi navi di trasporto e 60 navi di trasporto dei cavalli sotto il comando del ''megas doux'' [[Andronico Contostefano]] fu inviata per [[InvasioneInvasioni crociatacrociate dell'Egitto|invadere l'Egitto]] in cooperazione con il sovrano dello stato [[stati crociati|Crociato]] [[Regno di Gerusalemme]].<ref name="Phillips158">{{Harvnbcita|Phillips|2004|p=. 158.}}</ref><ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 112, 115.}}</ref> L'invasione, tuttavia, fallì, e i Bizantini persero metà della propria flotta durante il viaggio di ritorno a causa di una tempesta.<ref name="Harris109">{{Harvnbcita|Harris|2006|p=. 109.}}</ref>
 
In seguito al sequestro e all'imprigionamento di tutti i Veneziani nell'Impero per ordine dell'Imperatore, avvenuto nel marzo 1171, la flotta bizantina era sufficientemente forte perda poter respingere un prevedibile attacco dei Veneziani, che sbarcarono a [[Chio (isola)|Chios]], dove si insediarono per le negoziazioni. Manuele inviò una flotta di 150 navi sotto KontostephanosContostefano per confrontarsi con essi in quel luogo e impiegò tattiche di temporeggiamento, fino a che, indeboliti dalla malattia, i Veneziani cominciarono la ritirata, venendo inseguiti dalla flotta di KontostephanosContostefano.<ref name="Heath4">{{Harvnbcita|Heath| 1995|p=. 4.}}</ref><ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 116.}}</ref> Fu questa una notevole inversione di fortune, comparata con l'umiliazione del 1125. Nel 1177, un'altra flotta di 70 galee e 80 navi ausiliarie sotto il comando di KontostephanosContostefano, destinata per l'Egitto, ritornò in patria dopo essere comparsa al largo di [[Acre]], in quanto il Conte [[Filippo I di Fiandra]] e molti nobili di spicco del Regno di Gerusalemme avevano rifiutato di prendere parte alla spedizione.<ref name="Harris109" /><ref>{{Harvnbcita|Magdalino|2002|p=. 97.}}</ref><ref>{{Harvnbcita|Lilie|1994|p=. 215.}}</ref> Tuttavia, alla fine del regno di Manuele, i danni dovuti allo sforzo di dover sostenere guerre continue su tutti i fronti a causa delle ambizioni smodate dell'Imperatore, erano divenuti evidenti: lo storico [[Niceta Coniata]] attribuisce la rinascita della pirateria negli ultimi anni di regno di Manuele al trasferimento dei fondi destinati al mantenimento della flotta alle altre necessità del tesoro imperiale.<ref>{{Harvnbcita|Birkenmeier|2002|p=. 22.}}</ref>
 
=== Declino ===
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[[File:PriseDeConstantinople1204PalmaLeJeune.JPG|thumb|La [[Assedio di Costantinopoli (1204)|Caduta di Costantinopoli]] in mano crociata durante la [[Quarta Crociata]] (1204) segnò il trionfo dell'Occidente latino, e particolarmente della potenza marittima veneziana, sull'indebolito Impero bizantino.]]
 
La marina militare bizantina declinò una volta spentosi Manuele I (1180) ed, alcuni anni dopo, nel 1185, la dinastia comnena. I costi di mantenimento delle galee e di equipaggi efficienti erano molto alti, e il trascuramento della flotta sotto i successori di Manuele portò a un nuovo e rapido declino. Già nel 1182 i Bizantini dovettero ricorrere al pagamento di mercenari veneziani per arruolarli in alcune delle loro galee,<ref name="Dromon121">{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 121.}}</ref> ma, nonostante ciò, ancora negli anni 1180, sono registrate ancora nelle fonti contemporanee spedizioni di 70-100 navi, in quanto il nucleo della riforma navale comnena ancora persisteva.<ref>{{Harvnbcita|Harris|2006|pp=. 128–130.}}</ref>
 
E fu così che l'imperatore [[Andronico I Comneno]] (1183–1185) poteva ancora mettere insieme una flotta di 100 navi da guerra nel 1185 per respingere una flotta normanna nel [[Mar di Marmara]].<ref name="AD 1185">{{Harvnbcita|Norwich| 1996|p=. 151.}}</ref> Tuttavia, il conseguente trattato di pace comprendeva una clausola che obbligava il [[Regno di Sicilia]] a fornire una flotta all'Impero. Ciò, insieme a un accordo simile stretto da [[Isacco II Angelo]] (1185–1195 e 1203–1204) con Venezia l'anno successivo, con il quale la Repubblica si impegnava a fornire 40–100 galee per sei mesi in cambio di favorevoli concessioni commerciali, è una chiara indicazione che il governo bizantino era consapevole dell'inadeguatezza della propria flotta.<ref name="Dromon121" /> Nel 1186, essendo suo fratello [[Alessio III Angelo|Alessio III]] (1195–1203) tenuto prigioniero in [[Acre]], Isacco II inviò 80 galee per liberarlo, ma la flotta fu distrutta al largo di Cipro dal pirata normanno [[Margarito da Brindisi]]. Nello stesso anno, un'altra flotta bizantina di 70 navi fu inviata da Isacco II per riconquistare Cipro, caduta nelle mani di [[Isacco Comneno di Cipro|Isacco Comneno]], ma fu anch'egli sconfitto da Margarito.<ref name="AD 1186">{{Harvnbcita|Harris|2006|p=. 128.}}</ref>
 
Il declino subì un'ulteriore accelerazione nel corso degli anni 1190. Secondo Coniata, il ''megas doux'', [[Michele Stryphnos]], svendette l'equipaggiamento delle navi da guerra per il proprio profitto personale,<ref name="Dromon121" /> così che nel 1196, erano rimaste a disposizione solo 30 galee.<ref name="Heath17">{{harvnbcita|Heath| 1995|p=. 17.}}</ref> I Bizantini erano quindi senza speranze in quanto Genovesi, Pisani e Veneziani operavano liberamente nell'Egeo verso la fine degli anni 1190, saccheggiando a volontà e imponendo le loro condizioni all'Impero.<ref name="Dromon122">{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 122.}}</ref> Nel corso di questo periodo, i Bizantini dovettero fare affidamento sull'assunzione di mercenari occidentali affinché combattessero per essi.<ref name="Phillips158" /> Quando, nel corso della [[Quarta Crociata]], i Crociati assediarono Costantinopoli nel 1203, si narra che la flotta bizantina si fosse ridotta a sole 20 navi, tanto era decaduta la flotta, al punto che nel corso dell'[[Assedio di Costantinopoli (1203)|assedio]], solo 17 navi vennero impiegate invano come [[brulotti]] contro la flotta veneziana.<ref name="Heath17" />
 
==== Nicea e il periodo dei Paleologi ====
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[[File:Michael VIII Palaiologos (head).jpg|thumb|L'Imperatore Michele VIII Paleologo. Ripristinò l'Impero bizantino riconquistando Costantinopoli, e fu responsabile dell'ultima rinascita della flotta bizantina, che ritornò per breve tempo, una delle potenze navali principali.]]
 
Dopo la [[Quarta Crociata]], l'Impero bizantino fu [[FrangokratiaFrancocrazia|spartito]] tra i Crociati, mentre tre stati successori greci vennero fondati, il [[Despotato di Epiro]], l'[[Impero di Trebisonda]], e l'[[Impero di Nicea]], ognuno rivendicante il titolo imperiale bizantino. Il primo di questi non possedeva una flotta, mentre la flotta di Trebisonda era minuscola e adoperata per lo più per sorvegliare le acque e trasportare le truppe, mentre i Niceni inizialmente attuarono una politica di consolidamento ed impiegarono la propria flotta per la difesa delle coste.<ref>{{Harvnbcita|Macrides|2007|pp=. 168–169.}}</ref><ref name="TrebizondNavy">{{Harvnbcita|Bryer|1966|pp=. 4–5.}}</ref> Sotto [[Giovanni III Vatatze]] (1222–1254), tuttavia, fu seguita una politica estera più energeticaenergica, e nel 1225, la flotta nicena fu in grado di occupare le isole di [[Lesbos]], [[Chio (isola)|Chios]], [[Samo (isola)|Samos]], e [[Icaria]].<ref name="Nicol171">{{Harvnbcita|Nicol| 1992|pp=. 166, 171.}}</ref> La flotta di Nicea, tuttavia, non aveva possibilità di vincere la più potente flotta veneziana: nel corso di un tentativo di [[Assedio di Costantinopoli (1235)|bloccare Costantinopoli]] nel 1235, la flotta nicena fu sconfitta da una di gran lunga inferiore forza veneziana, e in un altro tentativo simile nel 1241, i Niceni furono di nuovo messi in rotta.<ref name="Nicol171" /> I tentativi niceni, nel corso degli anni 1230, di appoggiare una rivolta locale a Creta contro Venezia furono inoltre solo in parte vittoriosi, e le ultime truppe nicene furono costrette a lasciare l'isola nel 1236.<ref>{{Harvnbcita|Bartusis|1997|p=. 24.}}</ref><ref>{{Harvnbcita|Nicol| 1992|pp=. 171–172.}}</ref> Consapevole della debolezza della sua marina militare, nel marzo 1261 l'Imperatore [[Michele VIII Paleologo]] (1259–1282) concluse il [[Trattato di Ninfeo (1261)|Trattato di Nymphaeum]] con i Genovesi, assicurandosi il loro aiuto in mare contro Venezia, in cambio di privilegi commerciali.<ref>{{Harvnbcita|Bartusis|1997|p=. 39.}}</ref><ref name="Lane76">{{Harvnbcita|Lane|1973|p=. 76.}}</ref>
 
In seguito alla riconquista di Costantinopoli avvenuta alcuni mesi dopo, tuttavia, Michele VIII fu in grado di concentrare la propria attenzione sulla ricostruzione della propria flotta. All'inizio degli anni 1260, la marina bizantina era ancora debole, e dipendeva ancora molto dal sostegno dei Genovesi. Anche così, gli alleati genovesi non erano in grado di reggere al confronto con la marina veneziana in uno scontro diretto, come evidenzia la [[Battaglia di Settepozzi|sconfitta]] di una combinata flotta bizantina–Genovese di 48 navi per operamano di una gran lunga più piccola flotta veneziana nel 1263.<ref>{{Harvnbcita|Geanakoplos|1959|pp=. 127, 153–154.}}</ref> Approfittando della [[Guerra di San Saba|guerra in corso tra Venezia e Genova]], tuttavia,<ref name="Lane76" /> a partire dal 1270 Michele riuscì a creare una potente marina di 80 navi, ulteriormente rinforzata dall'arruolamento di alcuni mercenari latini che decisero di combattere sotto i colori imperiali. Nello stesso anno, una flotta di 24 galee assediò la città di [[Oreoi|Oreos]] a Negroponte ([[Eubea]]), e sconfisse una flotta latina di 20 galee.<ref>{{Harvnbcita|Bartusis|1997|p=. 59.}}</ref> Ciò segnò la prima operazione navale bizantina indipendente vittoriosa e l'inizio di una campagna navale organizzata nell'Egeo che sarebbe continuata nel corso degli anni 1270 e avrebbe portato alla riconquista, sebbene solo temporanea, di diverse isole appartenenti ai Latini.<ref>{{Harvnbcita|Nicol| 1993|pp=. 59–60.}}</ref>
 
Questa rinascita non durò a lungo. Una volta spentosi [[Carlo I d'Angiò|Carlo d'Angiò]] nel 1285 e con lui la fine della minaccia di un'invasione dall'Italia, il successore di Michele, [[Andronico II Paleologo]] (1282–1328), nel 1291 decise di sopprimere la marina bizantina, ingaggiando invece 50-60 galee venezianegenovesi, pensandonella convinzione che, facendo affidamento sulla potenza navale dei suoi alleati genovesi, avrebbe potuto fare a meno del mantenimento di una flotta, con i suoicui costi particolarmente elevati non potevano più essere sostenuti dalle casse dello stato ormai a corto di denaro. Inoltre, Andronico trascurò i territori occidentali del suo impero e si concentrò sull'Asia Minore dove tentò invano di fermare l'avanzata turca, una politica in cui la flotta era rimasta senza un ruolo. Di conseguenza l'intera flotta fu soppressa, i suoi equipaggi licenziati e le navi distrutte o non più tenute in manutenzione.<ref>{{cita|Ahrweiler|pp. 374–376.}}</ref><ref>{{cita|Laiou|pp. 74–76, 114.}}</ref> I tagli attuati da Andronico sui costi militari, che si estesero anche all'esercito, gli attirarono fin dall'inizio le critiche deglinon storici esolo degli ufficiali finma dall'inizioanche degli storici coevi,<ref>{{Harvnbcita|Angelov|2007|pp=. 175–176, 317.}}</ref> tra cui [[Giorgio Pachimere]] e i[[Niceforo risultatiGregora]] nonche tardaronodescrissero adgli arrivareeffetti a lungo termine di questa decisione sprovveduta: nella corsopirateria delfiorì, lungoe regnocome se non bastasse gli equipaggi della flotta soppressa passarono al servizio dei signori turchi e latini, Costantinopoli fu resa priva di Andronicodifese dagli attacchi delle potenze marinare italiane, e un numero sempre più crescente di isole dell'Egeo caddero sotto dominazione straniera — tra queste Chio espugnata dal genovese [[Benedetto Zaccaria]], [[Conquista ospitaliera di Rodi|Rodi e il Dodecanneso]] dai [[Cavalieri Ospitalieri]], Lesbos e altre isole dai [[Gattilusi]]. Inoltre i Turchi presero gradualmente possesso permanente delle coste egee dell'Anatolia, con l'Impero impotente di fronte alla loro avanzata,<ref>{{Harvnbcita|Nicol| 1992|p=. 246}}; {{Harvnbcita|Nicol| 1993|p=. 158.}}</ref> mentre nel 1296 e 1297, una flotta veneziana attaccò Costantinopoli e saccheggiò i suoi sobborghi senza trovare opposizioni.<ref name="1290s">{{Harvnbcita|Nicol| 1993|pp=. 111–112.}}</ref> LoCome storico [[Niceforocommentò Gregora]] commentò su questi eventi che, "se essi [i Bizantini] avesserofossero possedutorimasti ancorapadroni unadei marinamari, come lo erano un tempo, i Latini non si sarebbero mai comportatidiventati incosì talarroganti modo presuntuoso contro di essi[...], né i Turchi avrebbero mai volto gli sguardi sulle sabbie della costa del Mare [Egeo] [...], né avremmo dovuto pagare a ognuno un tributo ogni anno".<ref name="1290s" /><ref>{{cita|Ahrweiler|pp. 375–378.}}</ref><ref>{{cita|Laiou|p. 115.}}</ref>
 
Dopo il 1305, cedendo alle pressioni ricevute e alla necessità di contenere la [[Compagnia catalana]], l'Imperatore tentò tardivamente di ricostruire una piccola marina di 20 navi, che, dopo essere stata apparentemente in attività nei due anni successivi, fu alla fine soppressa di nuovo.<ref name="Heath17" /><ref>{{cita|Ahrweiler|pp. 380–381.}}</ref><ref>{{cita|Laiou|pp. 164–166.}}</ref> Ulteriori tentativi di ricostituire una flotta sotto i suoi successori, con la motivazione di garantire la sicurezza e l'indipendenza della stessa Costantinopoli dall'ingerenza delle potenze marinare italiane, produssero effetti positivi solo a breve termine.<ref>{{cita|Ahrweiler|p. 382.}}</ref> Nel XIV secolo, guerre civili ricorrenti, attacchi dalla Bulgaria e dalla Serbia nei Balcani e le devastazioni provocate dalle sempre crescenti incursioni turche accelerarono il collasso dello stato bizantino, che sarebbe culminato nella [[caduta di Costantinopoli]] per mano dei Turchi [[Ottomani]] nel 1453.<ref>{{cita|Ahrweiler|pp. 381–382.}}</ref>
Dopo il 1305, l'Imperatore tentò tardivamente di ricostruire la propria marina facendo costruire 20 navi, ma questo tentativo non portò a nulla.<ref name="Heath17" /> Suo nipote ed erede [[Andronico III Paleologo]] (1328–1341) tentò di ricostruire una marina potente, e la condusse di persona nelle spedizioni contro i possedimenti latini nell'Egeo, ma i suoi tentativi di arrestare il declino generale fallirono.<ref>{{Harvnb|Nicol|1993|p=171}}; {{Harvnb|Bréhier|2000|p=341}}</ref> Dopo il suo regno, la cifra più alta di navi da guerra appartenenti alla marina bizantina menzionata nelle fonti raramente supera il dieci, ma, grazie all'arruolamento di navi mercantili, flotte di 100–200 navi potevano ancora essere messe insieme occasionalmente.<ref name="Heath17" />
 
Il successore di Andronico II, [[Andronico III Paleologo]] (1328–1341), immediatamente dopo la sua ascesa, ricostituì una flotta di 105 vascelli, con l'aiuto dei contributi finanziari di diversi magnati. La condusse di persona nell'ultima spedizione maggiore della marina bizantina nel mar Egeo, recuperando Chios e [[Focea]] ai Genovesi e costringendo numerosi principati minori latini e turchi a venire a patti con lui.<ref>{{cita|Ahrweiler|p. 383.}}</ref><ref>{{cita|Nicol 1993|p. 171}}; {{cita|Bréhier|p. 341.}}</ref>
La marina fu molto attiva nel corso della [[Guerra civile bizantina del 1341-1347|guerra civile del 1341–1347]], nel corso della quale, il suo comandante, il ''megas doux'' [[Alessio Apocauco]], giocò un ruolo importante.<ref>{{Harvnb|Nicol|1993|p=199}}; {{Harvnb|Bréhier|2000|p=341}}</ref> In seguito alla guerra civile, l'Imperatore [[Giovanni VI Cantacuzeno]] (1347–1354) tentò di ripristinare la marina e la flotta mercantile, in modo da ridurre la dipendenza dell'Impero sulla colonia [[Repubblica di Genova|Genovese]] di [[Galata (Istanbul)|Galata]], e da assicurarsi il controllo dei Dardanelli per impedire il passaggio dei Turchi.<ref>{{Harvnb|Nicol|1993|pp=220–221}}</ref> A tal fine, richiese l'aiuto dei Veneziani, ma nel marzo 1349, la sua nuova flotta di 9 navi grandi e circa 100 vascelli più piccoli fu sorpresa da una tempesta al largo della costa meridionale di Costantinopoli. Gli equipaggi inesperti si fecero prendere dal panico, e le navi furono o affondate o catturate dai Genovesi.<ref>{{Harvnb|Norwich|1996|p=312}}; {{Harvnb|Bartusis|1997|pp=98–99}}</ref> Nel 1351, Cantacuzeno partecipò con sole 14 navi nella [[Guerre veneziano-genovesi|guerra]] condotta da Venezia e [[Regno d'Aragona|Aragona]] contro Genova, ma fu presto sconfitto e costretto a firmare una pace sfavorevole.<ref name="AD 1351">{{Harvnb|Norwich|1996|pp=316–317}}; {{harvnb|Bartusis|1997|p=99}}</ref>
Le sue campagne contro gli Ottomani in [[Bitinia]], tuttavia, furono fallimentari, e ben presto gli Ottomani stabilirono la loro prima base navale a [[Trigleia]] sul Mar di Marmara, da cui saccheggiavano le coste della Tracia.<ref>{{cita|Ahrweiler|pp. 383–384.}}</ref> Per difendersi da questa nuova minaccia, verso la fine del regno di Andronico III fu costruita a Costantinopoli una flotta di circa 70 navi per opporsi alle incursioni turche, condotta dal ''megas doux'' [[Alessio Apocauco]].<ref>{{cita|Ahrweiler|p. 384.}}</ref> Questa flotta fu molto attiva nel corso della [[guerra civile bizantina del 1341-1347|guerra civile del 1341-1347]], nella quale il suo comandante rivestì un ruolo prominente.<ref>{{cita|Nicol 1993|p. 199}}; {{cita|Bréhier|p. 341.}}</ref> In seguito alla guerra civile, l'Imperatore [[Giovanni VI Cantacuzeno]] (1347–1354) tentò di ripristinare la marina e la flotta mercantile, in modo da ridurre la dipendenza dell'Impero sulla colonia [[Repubblica di Genova|Genovese]] di [[Galata (Istanbul)|Galata]], e da assicurarsi il controllo dei Dardanelli per impedire il passaggio dei Turchi.<ref>{{cita|Nicol 1993|pp. 220–221.}}</ref> A tal fine, richiese l'aiuto dei Veneziani, ma nel marzo 1349, la sua nuova flotta di 9 navi grandi e circa 100 vascelli più piccoli fu sorpresa da una tempesta al largo della costa meridionale di Costantinopoli. Gli equipaggi inesperti si fecero prendere dal panico, e le navi furono o [[guerra bizantino-genovese (1348-1349)|affondate o catturate dai Genovesi]].<ref>{{cita|Norwich 1996|p. 312}}; {{cita|Bartusis|pp. 98–99.}}</ref> Restio ad arrendersi, Cantacuzeno ricostituì di nuovo una flotta, che gli permise di ristabilire l'autorità bizantina su Tessalonica e su alcune città costiere e isole. Il grosso della flotta era mantenuta a Costantinopoli ma, pur rimanendo in attività nell'Egeo e nonostante alcuni successi conseguiti sui pirati turchi, non fu mai in grado di porre fine una volta per tutte alle loro attività e nemmeno di sfidare le marine italiane per la supremazia in mare.<ref>{{cita|Ahrweiler|pp. 386–387.}}</ref> L'impoverito stato bizantino divenne così una pedina delle grandi potenze dell'epoca, tentando di sopravvivere sfruttando le loro rivalità.<ref>{{cita|Ahrweiler|pp. 382, 387.}}</ref> Nel 1351, ad esempio, Cantacuzeno fu indotto a schierarsi con Venezia e [[Regno d'Aragona|Aragona]] nella [[Guerre veneziano-genovesi|guerra contro Genova]], ma, abbandonato dagli ammiragli veneziani, la sua flotta di sole 14 navi fu presto sconfitta dai Genovesi e fu dunque costretto a firmare una pace sfavorevole.<ref name="AD 1351">{{cita|Norwich 1996|pp. 316–317}}; {{cita|Bartusis|p. 99.}}</ref>
 
Dopo il regno di Andronico III, il numero totale di navi da guerra appartenenti alla marina bizantina menzionato nelle fonti raramente supera il dieci, ma, grazie all'arruolamento di navi mercantili, flotte di 100–200 navi potevano ancora essere messe insieme occasionalmente.<ref name="Heath17" /> Cantacuzeno fu l'ultimo imperatore che ebbe ile mezzirisorse per provare a restaurare la marina militare bizantinobizantina, in quanto l'Impero, indebolito dalle guerre civili e dalle perdite territoriali, era ormai sul punto di crollare. La carenza di fondi condannò la flotta a essere ridotta a una manciata di vascelli mantenuti a Costantinopoli.<ref>{{cita|Ahrweiler|p. 382.}}</ref> È caratteristico che nel suo pamphlet del 1418 al ''[[Despota (bizantino)|despotēs]]'' [[Teodoro II Paleologo (Despota della Morea)|Teodoro Paleologo]], lo studioso [[Giorgio Gemisto Pletone|Gemistos Plethon]] si schierò contro il mantenimento della marina, sostenendo che le risorse dello stato fossero ormai insufficienti per mantenere adeguatamente sia un esercito che una flotta efficiente.<ref>{{harvnbcita|Bartusis|1997|p=. 219.}}</ref> Nel corso della breve usurpazione di [[Giovanni VII Paleologo|Giovanni VII]] nel 1390, [[Manuele II Paleologo|Manuele II]] (1391–1425) fu in grado di mettere insieme solo 5 galee e 4 vascelli più piccoli (inclusi alcuni provenienti dai [[Cavalieri di Rodi]]) per riconquistare Costantinopoli e salvare suo padre [[Giovanni V Paleologo|Giovanni V]].<ref>{{Harvnbcita|Bartusis|1997|p=. 110.}}</ref> Sei anni dopo, Manuele promise di armare 10 navi in appoggio alla [[Crociata di Nicopoli]];<ref name="Heath1984">{{Harvnbcita|Heath| 1984|p=. 23.}}</ref> vent'anni dopo, condusse di persona 4 galee e 2 altri vascelli trasportanti cavalieri e fanti, e salvò l'isola di [[Thasos]] da un'invasione.<ref name="AD 1414">{{Harvnbcita|Norwich| 1996|pp=. 376–377.}}</ref> Navi bizantine rimasero in attività nel corso dell'[[Interregno ottomano]], allorché Bisanzio si schierò di volta in volta con numerosi principi ottomani rivali. Manuele usò le sue navi per traghettare i pretendenti rivali e le loro armate lungo lo stretto.<ref>{{cita|Kastritsis|pp. 138, 146–147, 188.}}</ref> Con il supporto genovese, la flotta di Manuele fu anche in grado di adunare una flotta di otto galee e di prendere Gallipoli nel maggio 1410, seppur per breve tempo;<ref>{{cita|Kastritsis|pp. 146–147.}}</ref> e nell'agosto 1411, la flotta bizantina fu determinante nel far fallire l'assedio di Costantinopoli per mano del principe ottomano [[Musa Çelebi]], mandando a monte il tentativo di Musa di bloccare la città per mare.<ref>{{cita|Kastritsis|p. 169.}}</ref> Allo stesso modo, nel 1421, 10 navi da guerra bizantine furono impiegate in sostegno del pretendente al trono ottomano Mustafa contro il Sultano [[Murad II]].<ref name="Heath1984" />
 
L'ultima vittoria navale bizantina registrata dalle fonti avvenne nel 1427 in una [[Battaglia delle Echinadi (1427)|battaglia]] al largo delle isole [[Echinadi]], quando l'Imperatore [[Giovanni VIII Paleologo]] (1425–1448) sconfisse la superiore flotta di [[Carlo I Tocco]], [[ConteContea palatinopalatina di Cefalonia e Zacinto|Conte di Cefalonia]] e [[Despotato di Epiro|Despota di Epiro]], costringendolo a cedere tutti i suoi possedimenti in Morea ai Bizantini.<ref>{{Harvnbcita|Setton|1978|pp=. 18–19.}}</ref> L'ultima comparsa della marina bizantina avvenne nell'assedio finale ottomano del 1453, quando una flotta mista di navi bizantine, genovesi e veneziane (il cui numero varia a seconda delle fonti, variando da 10 a 39 vascelli) difesero Costantinopoli contro la flotta ottomana.<ref name="Nicolle45">{{Harvnbcita|Nicolle| 2005|p=. 45.}}</ref><ref>{{Harvnbcita|Bartusis|1997|p=. 132.}}</ref> Nel corso dell'assedio, che segnò la caduta definitiva dell'Impero, il 20 aprile 1453, ebbe luogo l'ultimo scontro navale della storia bizantina, allorché tre galee genovesi scortanti una nave di trasporto bizantina combatté contro l'immensa flotta di blocco ottomana nel [[Corno d'Oro]].<ref name="Nicolle53-56">{{Harvnbcita|Nicolle| 2005|pp=. 53–56.}}</ref>
 
== Organizzazione ==
=== Periodo protobizantino (IV – VII secolo) ===
Molto poco è noto sull'organizzazione delle flotte romane nella Tarda Antichità, dalla graduale suddivisione delle immense flotte provinciali in squadroni più piccoli avvenuta nel corso del III secolo fino alla formazione di una nuova marina in conseguenza alle conquiste islamiche. Nonostante l'evidenza di considerevole attività navale in questo periodo, gli studiosi più datati ritenevano che la marina romana era praticamente scomparsa a partire dal IV secolo, ma studi più recenti hanno contestato questo quadro di progressivo declino sostenendo che in realtà avvenne una trasformazione in una forza principalmente fluviale e costiera, designata per cooperare strettamente con l'esercito.<ref>{{Harvnbcita|Cosentino|2008|pp=. 578–583.}}</ref>
 
Sotto l'Imperatore [[Diocleziano]] (284–305), gli effettivi della marina furono aumentati, secondo almeno le fonti a nostra disposizione, da 46.000{{formatnum:46000}} a 64.000{{formatnum:64000}} soldati,<ref>{{Harvnbcita|Treadgold| 1997|p=. 19.}}</ref> una cifra che segna il picco dal punto di vista meramente numerico della flotta tardo romana. La flotta sul [[Danubio]] (''Classis Histrica'') con le sue flottiglie legionarie è ancora ben attestata nella ''[[Notitia Dignitatum]]'', e l'aumento della sua attività è attestato da [[Vegezio]].<ref>Vegezio, ''[[De Re Militari]]'', IV.46</ref> In Occidente, alcune flotte fluviali sono attestate dalle fonti, ma le vecchie flotte pretoriane permanenti erano praticamente svanite,<ref>Vegezio, ''[[De Re Militari]]'', IV.31</ref> e persino le rimanenti flotte provinciali occidentali sembrano essere state fortemente indebolite e incapaci di contrastare ogni significativo attacco barbarico.<ref>{{Harvnbcita|Lewis| e Runyan|1985|pp=. 4–8.}}</ref> In Oriente, le flotte siriache e alessandrine esistevano ancora nel 400 ca., come attestano fonti legali,<ref>''[[Codex Justinianus]]'', [http://webu2.upmf-grenoble.fr/Haiti/Cours/Ak/Corpus/CJ11.htm#2 XI.2.4] & [http://webu2.upmf-grenoble.fr/Haiti/Cours/Ak/Corpus/CJ11.htm#13 XI.13.1]</ref> mentre è noto che in quello stesso periodo una flotta, probabilmente creata dai resti delle flotte pretoriane, era stazionata nella stessa Costantinopoli.<ref name="Casson213" /> Nel 400 tale flotta fu bastevole per massacrare un'immensa orda di [[Goti]] che avevano costruito zattere e tentato di attraversare lo stretto che separa l'Asia dall'Europa. I suoi effettivi, tuttavia, non sono noti, ed essa non è attestata dalla ''Notitia''.<ref>{{Harvnbcita|MacGeorge|2002|p=. 307.}}</ref>
 
Per quanto riguarda le operazioni nel Mediterraneo nel corso del V secolo, sembra che le flotte siano state costruite su basi ''ad hoc'' e successivamente soppresse.<ref name="Galley90" /> La costituzione della prima flotta bizantina permanente può essere fatta risalire all'inizio del VI secolo e alla rivolta di Vitaliano nel 513–515, quando Anastasio I costituì una flotta per contrastare quella dei ribelli.<ref name="Galley90" /> Tale flotta fu mantenuta in attività, e sotto Giustiniano I e i suoi successori si tramutò in una marina professionale e ben mantenuta.<ref name="Galley91" /> A causa dell'assenza di ogni minaccia navale, tuttavia, la marina del tardo VI secolo era relativamente piccola, con alcune piccole flottiglie sul Danubio e due flotte principali con sede a Ravenna e a Costantinopoli.<ref>{{Harvnbcita|Haldon|1999|p=. 68.}}</ref> Ulteriori flottiglie dovevano avere sede nei principali centri marittimi e commerciali dell'Impero: ad Alessandria, fornendo la scorta alla flotta che ogni anno portava il grano a Costantinopoli, e a Cartagine, controllante il Mediterraneo occidentale. Giustiniano stazionò inoltre truppe e navi persino nei più remoti avamposti dell'Impero, a Septem ([[Ceuta]]), [[Cherson (Crimea)|Cherson]] in [[Penisola di Crimea|Crimea]], e Aelana ([[Eilat]]) sul [[Golfo di Aqaba]].<ref>{{Harvnbcita|Lewis| e Runyan|1985|pp=. 20–22}}; {{Harvnbcita|Bréhier|2000|pp=. 324–325}}; {{Harvnbcita|Cosentino|2008|p=. 580.}}</ref> La duratura tradizione navale e le infrastrutture di queste regioni resero il mantenimento della flotta più agevole, e, nel caso di una spedizione navale, un'immensa flotta poteva essere assemblata in breve periodo e senza grosse spese impressionando le numerose navi mercantili.<ref>{{Harvnbcita|Lewis| e Runyan|1985|p=. 22.}}</ref>
 
=== Periodo mediobizantino (VII secolo – 1070) ===
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[[File:Droysen - Oströmisches Reich.jpg|thumb|L'Impero bizantino tra il VI e il tardo IX secolo, inclusi i temi al ca. 900. I possedimenti imperiali sparsi e isolati nel Mediterraneo erano difesi e rinforzati dalle flotte bizantine.]]
 
In risposta alle conquiste islamiche avvenute nel corso del VII secolo, l'intera struttura amministrativa e militare dell'Impero fu riformata, in particolare con la [[Thema|costituzione dei temi (''themata'')]]. In base a questa riforma, l'Impero fu suddiviso in diversi ''themata'', distretti regionali civili e militari. Sotto il comando di uno ''[[strategos|stratēgos]]'', ogni ''thema'' disponeva di un esercito locale permanente. In seguito a una serie di rivolte da parte degli eserciti tematici, sotto [[Costantino V]] i primi temi, di vaste dimensioni, furono progressivamente suddivisi in temi più piccoli, mentre al contempo fu costituito, con sede Costantinopoli o le sue vicinanze, un esercito imperiale centrale, i ''[[tagma]]ta'', con la funzione di esercito di riserva, che avrebbe da allora costituito il nerbo degli eserciti da campagna.<ref>{{Harvnbcita|Treadgold| 1998|p=. 28}}; {{Harvnbcita|Haldon|1999|p=. 78.}}</ref>
 
Un processo simile coinvolse la flotta, che fu riorganizzata in modo simile. Nella seconda metà del VII secolo fu costituita la flotta dei ''[[Karabisianoi]]'' (Καραβισιάνοι, "gli uomini delle Navi").<ref>{{harvnbcita|Ahrweiler|1966|p=. 22.}}</ref> La data esatta della costituzione di questo tema marittimo è ignota, ma alcuni studiosi hanno congetturato che fu costituita intorno al 650/660, in risposta alla disfatta bizantina nella battaglia di Phoenix,<ref name="Dromon25" /><ref>{{harvnbcita|Treadgold| 1997|pp=. 315, 382.}}</ref><ref>{{harvnbcita|Cosentino|2008|p=. 602.}}</ref> oppure in seguito al primo assedio arabo di Costantinopoli nel 672–678.<ref>{{harvnbcita|Ahrweiler|1966|pp=. 22–23.}}</ref> Le sue origini sono altrettanto ignote: probabilmente fu costituita dai resti della vecchia ''[[quaestura exercitus]]''<ref name="Haldon74">{{Harvnbcita|Haldon|1999|p=. 74.}}</ref> oppure dall'esercito dell'[[Prefettura del pretorio dell'Illirico|Illyricum]].<ref>{{Harvnbcita|Treadgold| 1998|p=. 73.}}</ref> Era condotta da uno ''stratēgos'' (''stratēgos tōn karabōn/karabisianōn'', "generale delle navi/gente di mare"),<ref>{{harvnbcita|Ahrweiler|1966|pp=. 24–25.}}</ref> e comprendeva la costa meridionale dell'Asia Minore da [[Mileto (Asia Minore)|Mileto]] fino alla frontiera con il [[Califfato]] presso [[Silifke|Seleucia]] in [[Cilicia]], le isole dell'Egeo e i possedimenti imperiali nella Grecia meridionale. I suoi quartieri generali probabilmente erano inizialmente a Samos, con un comando subordinato sotto un ''droungarios'' nei pressi di Cibyrrha in [[Pamfilia]]. Come suggerisce il suo nome, comprendeva la maggior parte della marina permanente dell'Impero, e aveva la funzione di contrastare la principale minaccia marittima dell'Impero, le flotte arabe dell'Egitto e della Siria.<ref name="Galley93" /><ref name="Haldon74" />
 
I ''Karabisianoi'', tuttavia, si provarono inadeguati e furono sostituitiisostituiti all'inizio dell'VIII secolo da un sistema più complesso composto da tre elementi, che rimase pressoché inalterato, salvo cambiamenti minori, fino all'XI secolo: una flotta imperiale centrale con sede Costantinopoli, un piccolo numero di grandi flotte regionali, che potevano essere o ''themata'' marittimi o comandi indipendenti definiti "[[drungarios|drungariati]]", e un più grande numero di squadroni locali con funzioni puramenteprettamente difensive e di controllo poliziesco e subordinati ai governatori provinciali locali.<ref>{{harvnbcita|Ahrweiler|1966|pp=. 31–35.}}</ref> A differenza della marina romana ai suoi inizi, in cui le flotte provinciali erano decisamente inferiori in effettivi e disponevano solo di vascelli più leggereleggeri rispetto alle flotte centrali, le flotte regionali bizantine costituivano probabilmente da sole formazioni formidabili.<ref name="Galley99">{{Harvnbcita|Gardiner|2004|p=. 99.}}</ref>
 
La marina della capitale giocòrivestì un ruolo decisivo nella repulsione degli assedi arabi di Costantinopoli,<ref name="Haldon74" /> ma non è chiaronota sel'esatta ladata dell'istituzione della flotta imperiale (βασιλικόν πλόιμον, ''basilikon ploïmon'') delcome periodocomando successivoseparato. Lo studioso irlandese [[John Bagnell Bury]], seguito dal bizantinista francese [[Rodolphe Guilland]], considerò "non improbabile" l'ipotesi che la flotta imperiale esistesse già nel VII secolo come comando separatosubordinato nelsotto VIIil ocomando dello nell'VIII'stratēgos secolotōn karabisianōn''.<ref>{{cita|Guilland|p. 535.}}</ref><ref>{{cita|Bury|p. 109.}}</ref> Il suo comandante, il ''droungarios tou ploïmou'', è attestato per la prima volta nel ''[[Taktikon Uspensky]]'' dell'842/843, e, poiché vi è scarsa evidenza di grandi flotte con sede Costantinopoli nel corso dell'VIII secolo, [[Hélène Ahrweiler]] data la sua creazione agli inizi del IX secolo.<ref>{{harvnbcita|Ahrweiler|1966|pp=. 73–74.}}</ref> SuccessivamenteDa quel punto in poi, la flotta imperiale avrebbe formato la principale riserva centrale oltre al nerbo della flotta in diverse spedizioni.<ref>{{harvnbcita|Ahrweiler|1966|pp=. 33–34.}}</ref>
 
Il primo e per un lungo periodo l'unico tema marittimo (θέμα ναυτικόν, ''thema nautikon'') fu il [[Kibyrrhaioton|Tema dei Cibirreoti]] (θέμα Κιβυρραιωτῶν, ''thema Kibyrrhaiotōn''). Fu creato dalla flotta dei ''Karabisianoi'', e gli fu assegnata l'amministrazione e la difesa delle coste meridionali dell'Asia Minore.<ref>{{harvnbcita|Ahrweiler|1966|pp=. 50–51.}}</ref><ref name="Haldon77">{{Harvnbcita|Haldon|1999|p=. 77.}}</ref> La data esatta della sua creazione non è chiara, con alcuni studiosi che propongono il ca. 719<ref>{{harvnbcita|Ahrweiler|1966|pp=. 26–31.}}</ref><ref>{{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 32.}}</ref> e altri che propendono per il ca. 727.<ref name="AD 727" /> Il suo ''stratēgos'', menzionato per primo nel 734, aveva sede ad [[Antalya|Attaleia]].<ref>{{harvnbcita|Ahrweiler|1966|p=. 82.}}</ref><ref name="ODBKibyrrhaiotai">{{harvnbcita|Kazhdan| 1991|p=. 1127.}}</ref> I suoi luogotenenti principali erano il ''[[catapano|katepanō]]'' dei [[Mardaiti]], un ''ek prosōpou'' (rappresentante) a [[Syllaeum]] e i ''droungarioi'' di Attaleia e [[Kos]].<ref name="ODBKibyrrhaiotai" /><ref>{{harvnbcita|Ahrweiler|1966|pp=. 82–83.}}</ref> Essendo quella collocata più vicino al [[Levante (regione storica)|Levante]] musulmano, rimase la flotta principale dell'Impero per secoli,<ref name="Galley93" /> fino a quando non venne ridotta in seguito al declino della minaccia navale araba. La flotta è attestata per l'ultima volta nel 1043, e successivamente il thema divenne una provincia puramenteprettamente civile.<ref name="ODBKibyrrhaiotai" />
 
Oltre ai Cibirreoti furono costituiti due comandi navi indipendenti nell'Egeo, ognuno condotto da ''droungarios'': il ''AigaioAigaion Pelagos'' ("AegeanMar SeaEgeo"), comprendente la metà settentrionale dell'Egeo e i [[Dardanelli]] e il [[Mar di Marmara]],<ref>{{harvnbcita|Ahrweiler|1966|pp=. 76–79.}}</ref> e il comando variamente definito ''Dodekanesos'' ("Dodici Isole") e ''Kolpos'' ("Golfo"), che aveva sede a [[Samo (isola)|Samos]] e comprendeva l'Egeo meridionale comprese le [[Cicladi]].<ref name="Samos">{{harvnbcita|Ahrweiler|1966|pp=. 79–81.}}</ref> A differenza degli altri ''droungarioi'' che erano subordinati, queste due circoscrizioni erano completamente indipendenti, e i loro ''droungarioi'' esercitavano autorità sia civile che militare nelle zone di loro competenza.<ref>{{harvnbcita|Ahrweiler|1966|pp=. 64–65.}}</ref> A un certo punto furono promosse a temi marittimi, il [[Aigaion Pelagos|Thema del Mar Egeo]] (θέμα τοῦ Αἰγαίου Πελάγους, ''thema tou Aigaiou Pelagous'') ca. 843,<ref name="Dromon47" /><ref name="TreadgoldB76">{{Harvnbcita|Treadgold| 1998|p=. 76.}}</ref> mentre le parti orientali del drungariato di ''Dodekanesos''/''Kolpos'' formò il [[Samos (thema)|Thema di Samos]] (θέμα Σάμου, ''thema Samou'') nel tardo IX secolo. Comprendeva la costa [[Ionia|ionica]], e la sua capitale era [[Smirne]].<ref name="Samos" /><ref>{{harvnbcita|Kazhdan| 1991|p=. 1836.}}</ref>
 
Alcuni ''themata'' "di terra" avevano a disposizione anch'essi dei notevoli squadroni, usualmente sotto il comando di ''[[turma|tourmarchēs]]'' (''tourmarchai tōn ploimatōn'' secondo il ''Taktikon Uspensky''). Essi svolgevano un ruolo intermedio tra le immense flotte tematiche e la flotta centrale Imperiale: essi erano squadroni permanenti con ciurme professionali (''taxatoi''), mantenute da risorse dal tesoro imperiale e non la provincia dove erano stazionate, ma subordinate agli ''stratēgos'' locali tematici e incaricati principalmente di compiti di difesa locale e di polizia.<ref>{{harvnbcita|Ahrweiler|1966|pp=. 83–85.}}</ref> Essi erano:
 
* Il [[Hellas|Thema dell'Hellas]] (θέμα Ἑλλάδος, ''thema Hellados''), fondato nel ca. 686–689 da [[Giustiniano II]], comprendeva i possedimenti imperiali in [[Grecia]] meridionale con capitale [[Corinto]]. Giustiniano insediò qui 6.500 Mardaiti, che fornivano rematori e guarnigioni.<ref>{{cita|Treadgold (1997), |p. 383.}}</ref> Anche se non era un tema esclusivamente navale, manteneva una propria flotta. Fu suddiviso nell'809 nel [[Peloponnesos|Thema del Peloponneso]] e nel nuovo Thema di Hellas, comprendente la Grecia Centrale e la [[Tessaglia]], anch'essi disponenti di flotte più piccole.<ref name="Haldon77" /><ref name="TreadgoldA427">{{Harvnbcita|Treadgold| 1997|p=. 427.}}</ref>
* Il [[Sicilia (thema)|Thema di Sicilia]] (θέμα Σικελίας, ''thema Sikelias'') comprendeva la [[Sicilia]] e la [[Calabria]]. Un tempo il bastione della forza navale bizantina in Occidente, a partire dal tardo IX secolo era grandemente declinato, e scomparve dopo la perdita definitiva di Taormina nel 902.<ref name="Galley93" /> ''Tourmarchai'' distinti sono attesta sia per la Sicilia vera e propria che per la Calabria.<ref>{{harvnbcita|Ahrweiler|1966|pp=. 83ff.}}</ref>
* Il [[Kephalenia|Thema di Cephallenia]] (θέμα Κεφαλληνίας, ''thema Kephallēnias''), controllante le [[Isole ioniche]], fu fondato nella seconda metà dell'VIII secolo, per proteggere i contatti imperiali con l'Italia e difendere le isole ioniche dai saccheggi arabi. I nuovi possedimenti imperiali in [[Puglia]] vennero aggiunti a questo tema nell'870 ca., ma andarono a formare un ''thema'' separato (quello di [[Langobardia (thema)|Longobardia]]) nel 910 circa.<ref>{{Harvnbcita|Kazhdan| 1991|pp=. 1122, 1250.}}</ref>
* Il [[Paflagonia (thema)|Thema di Paphlagonia]] (θέμα Παφλαγονίας, ''thema Paphlagonias'') e il [[Chaldia|Thema di Chaldia]] ({{lang|grc|θέμα Χαλδίας}}, ''thema Chaldias'') vennero formati dalla suddivisione del thema [[Armeniakon]] nel ca. 819 per volere dell'Imperatore [[Leone V l'Armeno|Leone V]] e disponevano di una flotta, probabilmente per difendersi dagli attacchi dei Rus'.<ref>{{Harvnbcita|Treadgold| 1997|p=. 433.}}</ref>
 
Regioni isolate di particolare importanza per il controllo dei mari erano affidate a ufficiali noti come ''[[Arconte|archon]]'', che in alcuni casi potrebbero aver comandato distaccamenti della Flotta Imperiale. Tali ''archontes'' avevano sede a [[Chio (isola)|Chios]], [[Malta]], il [[Golfo Eubico]], e probabilmente ain [[Tesprozia|Vagenetia]] e in "Bulgaria" (la cui area di controllo è identificata da Ahrweiler con le foci del [[Danubio]]).<ref>{{harvnbcita|Ahrweiler|1966|pp=. 85–89.}}</ref> Questi svanirono alla fine del IX secolo, o soccombendo ad attacchi arabi o venendo riformati o incorporati nei temi.<ref>{{harvnbcita|Ahrweiler|1966|pp=. 95–96.}}</ref>
 
==== Dimensioni ed effettivi ====
Proprio come la sua controparte terrestre, le esatte dimensioni della marina bizantina e delle sue unità è materia di considerevole dibattito tra gli studiosi, a causa della scarnezzacarenza e della natura ambigua delle fonti primarie. Un'eccezione è rappresentata dalle cifre per l'esercito del tardo IX-inizi X secolo, per le quali possediamo una fonte più dettagliata, datata alla spedizione cretese del 911. Queste liste svelano che durante il regno di [[Leone VI il Saggio]], la marina comprendeva 34.200{{formatnum:34200}} rematori e all'incirca 8.000{{formatnum:8000}} soldati di marina.<ref name="TreadgoldB67">{{harvnbcita|Treadgold| 1998|p=. 67.}}</ref> La flotta imperiale centrale comprendeva invece all'incirca 19.600{{formatnum:19600}} rematori e 4.000{{formatnum:4000}} soldati di marina sotto il comando del ''droungarios'' del ''basilikon plōimon''. Questi quattromila soldati di marina erano soldati professionistidi professione, reclutati per la prima volta come unità da [[Basilio I il Macedone|Basilio I]] intorno all'870 circa. Furono una grande risorsa per la flotta imperiale, che fino a quel momento dipendeva dai soldati tematici e tagmatici per reclutare soldati di marina, mentre i nuovi corpi fornivano una forza più affidabile, meglio addestrata e immediatamente disponibile a disposizione dell'Imperatore.<ref name="TreadgoldA457" /> L'alto rango di questi soldati di marina è illustrato dal fatto che erano considerati appartenenti ai ''[[tagma]]ta'' imperiali, ed erano organizzati in modo similare.<ref name="TreadgoldB104">{{Harvnbcita|Treadgold| 1998|pp=. 104–105.}}</ref> La flotta tematica egea annoverava 2.610{{formatnum:2610}} rematori e 400 soldati di marina, la flotta dei Cibirreoti contava 5.710{{formatnum:5710}} rematori e 1.000{{formatnum:1000}} soldati di marina, la flotta di [[Samo (isola)|Samos]] comprendeva 3.980{{formatnum:3980}} rematori e 600 soldati di marina, e, infine, il Thema di Hellas forniva 2.300{{formatnum:2300}} rematori e diversi soldati di marina (una parte dei suoi 2.000{{formatnum:2000}} soldati tematici serviva anche come soldato di marina).<ref name="TreadgoldB67" />
 
La tabella di seguito contiene stime, ad opera di Warren T. Treadgold, sul numero di rematori nel corso dell'intera storia della marina bizantina:
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|-
! Rematori
| 32,000{{formatnum:32000}}<ref name="TreadgoldA145">{{Harvnbcita|Treadgold| 1997|p=. 145.}}</ref> || 32,000{{formatnum:32000}}<ref name="TreadgoldA145" /> || 30,000{{formatnum:30000}}<ref name="TreadgoldA277">{{Harvnbcita|Treadgold| 1997|p=. 277.}}</ref> || 30,000{{formatnum:30000}}<ref name="TreadgoldA277" /> || 18,500{{formatnum:18500}}<ref name="TreadgoldA412">{{Harvnbcita|Treadgold| 1997|p=. 412.}}</ref> || 14,600{{formatnum:14600}}<ref name="TreadgoldA576">{{Harvnbcita|Treadgold| 1997|p=. 576.}}</ref> || 34,200{{formatnum:34200}}<ref name="TreadgoldA576" /> || 34,200{{formatnum:34200}}<ref name="TreadgoldA576" /> || 3,080{{formatnum:3080}}<ref name="TreadgoldA843">{{Harvnbcita|Treadgold| 1997|p=. 843.}}</ref>
|}
 
Contrariamente alla percezione popolare, gli schiavi nelle galee non erano utilizzati come rematori, né dai Bizantini o dagli Arabi, né dai loro predecessori romani e greci.<ref>{{Harvnbcita|Casson| 1991|p=. 188.}}</ref> Nel corso dell'intera storia dell'Impero, le ciurme dell'Impero comprendevano per lo più uomini liberi delle classi inferiori, che erano soldati professionistidi professione, legalmente obbligati al servizio militare (''strateia'') e retribuiti in denaro o in terre da coltivare. Nella prima metà del X secolo, quest'ultima fu calcolata ammontare al valore di 2-3 libbre d'oro per i marinai e soldati di marina.<ref>{{Harvnbcita|Pryor| 1988|p=. 76}}; {{Harvnbcita|Haldon|1999|p=. 267.}}</ref> Nel corso della sua storia, la marina bizantina fece anche uso di prigionieri di guerra e stranieri. Oltre ai Mardaiti, che formavano una parte significativa degli equipaggi delle flotte, un gruppo enigmatico noto come i ''Toulmatzoi'' (probabilmente Dalmati) viene citato nei resoconti delle spedizioni cretesi, come anche molti Rus', a cui fu garantito il diritto di servire nelle forze armate bizantine in una serie di [[Guerra Rus'-bizantina (970-971)|trattati]] risalenti al X secolo.<ref>{{Harvnbcita|Makrypoulias|1995|pp=. 154, 159}}; {{Harvnbcita|Bréhier|2000|pp=. 330–331.}}</ref>
 
Nel suo ''[[De Ceremoniis]]'', [[Costantino VIII|Costantino Porfirogenito]] fornisce gli elenchi della flotta relativi alle spedizioni contro Creta del 911 e del 949. Questi riferimenti hanno generato un considerevole dibattito per la loro interpretazione: le cifre riguardanti l'intera flotta imperiale nel 949 possono essere interpretate come 100, 150 o 250 navi, a seconda dell'interpretazione dell'originale greco. Anche il significato preciso del termine ''ousia'' (ούσία) si presta ad interpretazioni diverse: tradizionalmente, si ritiene sia stato un reparto aggiuntivo standard di 108 uomini, e che più di uno potesse essere contenuto in una singola nave. Nel contesto del ''De Ceremoniis'', tuttavia, può anche essere interpretato semplicemente come "unità" o "nave".<ref>{{Harvnbcita|MacCormick|2002|pp=. 413–414}}; {{Harvnbcita|Makrypoulias|1995|pp=. 154–155.}}</ref> La cifra di 150 navi sembra più compatibile con le cifre fornite da altre fonti, ed è accettata dalla maggior parte degli studiosi, anche se discordano sulla composizione della flotta. Makrypoulias interpreta la cifra come composta da 8 ''pamphyloi'', 100 ''ousiakoi'' e 42 ''dromōnes'', quest'ultima cifra comprendente i due vascelli imperiali e le dieci navi dello squadrone ''Stenon''.<ref>{{Harvnbcita|Makrypoulias|1995|pp=. 154–156}}; {{Harvnbcita|Treadgold| 1998|p=. 85.}}</ref> Per quanto riguarda le dimensioni totali della marina bizantina in questo periodo, Warren Treadgold estrapola un totale, comprendente i temi navali, di ca. 240 navi da guerra, un numero aumentato a 307 all'epoca della spedizione cretese del 960–961. Secondo Treadgold, quest'ultima cifra probabilmente rappresenta la forza totale approssimata dell'intera flotta bizantina (comprese le flottiglie più piccole) nel corso del IX e del X secolo.<ref name="TreadgoldB85">{{Harvnbcita|Treadgold| 1998|p=. 85.}}</ref> È tuttavia degno di nota osservare che un calo significativo del numero di navi e di effettivi nelle flotte tematiche è attestato tra il 911 e il 949. Questo calo, che ridusse la dimensione delle flotte tematiche da un terzo a un quarto dell'intera marina, era in parte dovuto all'utilizzo sempre più frequente dei più leggeri ''ousiakos'' a scapito dei più pesanti ''dromōn'', e in parte a causa di difficoltà finanziarie e di reclutamento. È inoltre indice di un trend generale che avrebbe portato alla completa scomparsa delle flotte provinciali a partire dal tardo XI secolo.<ref>{{Harvnbcita|Makrypoulias|1995|pp=. 157–158.}}</ref>
 
==== Struttura dei ranghi ====
[[File:Seal of Niketas, commander of the Imperial Fleet.jpg|thumb|alt=Lead seal with cross surrounded by legend on the obverse and a simple legend in the reverse|Sigillo di Niceta, ''[[magistros]]'', ''[[drungarios|droungarios]]'' e ''[[catapano|katepanō]]'' del ''basilikon ploïmon'' (fine IX secolo)]]
Sebbene i temi navali fossero organizzati allo stesso modo delle loro controparti terrestri, vi è qualche confusione nelle fonti bizantine per quanto riguarda l'esatta struttura dei ranghi.<ref name="Dromon266">{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 266.}}</ref> Il termine solito per l'ammiraglio era quello di ''stratēgos'', lo stesso termine utilizzato per i generali che governavano i ''themata'' terrestri. Sotto lo ''stratēgos'' vi erano due o tre ''[[turma|tourmarchai]]'' ("Viceammiragli"), a loro volta supervisionanti un certo numero di ''[[drungarios|droungarioi]]'' ("sottoammiragli").<ref name="Dromon267">{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 267.}}</ref> Fino alla metà del IX secolo, anche i governatori dei temi dell'Egeo e di Samos erano registrati come ''droungarioi'', dato che i loro comandi nacquero dalla scissione dell'originaria flotta dei ''Karabisianoi'', ma vennero successivamente promossi al rango di ''stratēgos''.<ref name="Dromon267" /> IlPoiché comandantegli dellaammiragli flottaerano imperialeanche tuttaviai rimasegovernatori notodei comeloro ''droungariostemi, touerano basilikouassistiti ploïmou''da (successivamente con il prefissoun ''megas[[protonotarios|prōtonotarios]]'', ("grandecapo segretario/notaio/scriba").<ref>{{Harvnb|Haldon|1999|p=119}}</ref> Ilche suoconduceva titolol'amministrazione ècivile ancoradel attestatotema. inUlteriori epocaufficiali comnena,facenti anche se come comandanteparte dello squadronestaff dierano scorta imperiale, e sopravvisse fino in epoca paleologa, venendo menzionato nella fonte del IX secolo, ili ''Libro delle carichechartoularios'' delloresponsabili [[Giorgiodell'amministrazione Codino|Pseudo-Codino]].<ref>{{Harvnb|Heath|1984|p=20}}</ref>della Laflotta, carica di deputato nota comeil ''[[topoteretesprotomandator|topotērētēsprōtomandatōr]]'' è("capo attestata esistere anche nella flotta imperialemessaggero"), mache ilera suoal ruolocomando risultadello poco chiaro dalle fonti. Potrebbe essere stato una carica simile a quella di Ammiraglio di porto.<ref>{{Harvnb|Pryor|Jeffreys|2006|p=271staff, note 364}}</ref> Anche see diversi di''komētes'' questi ufficiali di elevato rango erano uomini di mare professionisti("conti", essendosing. emersi partendo dai gradi più bassi''komēs''), latra maggiorcui parteun dei''komēs comandantitēs della flotta erano alti ufficiali di cortehetaireias'', che potrebberoera averal contatocomando suidelle loroguardie subordinatidel professionisticorpo più(''[[hetaireia]]'') esperti per utili consigli in caso di difficoltàdell'ammiraglio.<ref>{{Harvnb|Pryor|Jeffreys|2006|p name=393}}<"TreadgoldB104" /ref>
 
La flotta imperiale costituiva un caso a parte, in quanto non era legata all'amministrazione tematica, ma era considerata uno dei ''tagmata'', le forze di riserva centrali professionali.<ref>{{cita|Ahrweiler|p. 70.}}</ref> Di conseguenza, il comandante della flotta imperiale rimase noto come ''droungarios tou basilikou ploïmou'' (successivamente con il prefisso ''megas'', "grande").<ref>{{cita|Haldon|p. 119.}}</ref> In origine un ufficiale minore, ascese rapidamente nella gerarchia: entro l'899 era collocato immediatamente prima o dopo i ''[[logothetes tou dromou|logothetēs tou dromou]]'' e davanti diversi ufficiali maggiori civili e militari. È da notare peraltro che non era classificato insieme agli altri comandanti militari dei temi o dei ''tagmata'', ma era inserito nella classe speciale di ufficiali militari, gli ''[[stratarchai]]'', dove era secondo per importanza dopo solo i ''[[hetaireiarches|hetaireiarchēs]]'', il comandante della guardia del corpo imperiale.<ref>{{cita|Bury|pp. 108–110, 137, 140}}</ref><ref>{{cita|Guilland|pp. 535–536.}}</ref> Il suo titolo è ancora attestato in epoca comnena, anche se come comandante dello squadrone di scorta imperiale, e sopravvisse fino in epoca paleologa, venendo menzionato nella fonte del IX secolo, il ''Libro delle cariche'' dello [[Giorgio Codino|Pseudo-Codino]].<ref>{{cita|Heath 1984|p. 20.}}</ref> La carica di deputato nota come ''[[topoteretes|topotērētēs]]'' è attestata esistere anche nella flotta imperiale, ma il suo ruolo risulta poco chiaro dalle fonti. Potrebbe essere stato una carica simile a quella di Ammiraglio di porto.<ref>{{cita|Pryor e Jeffreys|p. 271, note 364}}</ref> Anche se diversi di questi ufficiali di elevato rango erano uomini di mare di professione, essendo emersi partendo dai gradi più bassi, la maggior parte dei comandanti della flotta erano alti ufficiali di corte, che potrebbero aver contato sui loro subordinati professionali più esperti per utili consigli in caso di difficoltà.<ref>{{cita|Pryor e Jeffreys|p. 393.}}</ref>
Poiché gli ammiragli erano anche i governatori dei loro temi, erano assistiti da un ''[[protonotarios|prōtonotarios]]'' ("capo segretario/notaio/scriba") che conduceva l'amministrazione civile del tema. Ulteriori ufficiali facenti parte dello staff erano i ''chartoularios'' a cui era affidata l'amministrazione della flotta, il ''[[protomandator|prōtomandatōr]]'' ("capo messaggero"), che era al comando dello staff, e diversi ''komētes'' ("conti", sing. ''komēs''), tra cui un ''komēs tēs hetaireias'', che era al comando delle guardie del corpo (''[[hetaireia]]'') dell'ammiraglio.<ref name="TreadgoldB104" /> Squadroni di tre o cinque navi erano sotto il comando di un ''komēs'' o ''droungarokomēs'', e il capitano di ogni nave era chiamato ''[[centurione|kentarchos]]'' ("centurione"), sebbene le fonti letterarie abbiano utilizzato termini più arcaici come ''[[navarca|nauarchos]]'' o persino ''[[trierarchia|triērarchos]]''.<ref>{{Harvnb|Pryor|Jeffreys|2006|p=268}}</ref>
 
Nei livelli inferiori di organizzazione, vi era un'uniformità maggiore: squadroni di tre o cinque navi erano sotto il comando di un ''komēs'' o ''droungarokomēs'', e il capitano di ogni nave era chiamato ''[[centurione|kentarchos]]'' ("centurione"), sebbene le fonti letterarie abbiano utilizzato termini più arcaici come ''[[navarca|nauarchos]]'' o persino ''[[trierarchia|triērarchos]]''.<ref>{{cita|Pryor e Jeffreys|p. 268.}}</ref> L'equipaggio di ogni nave, a seconda delle sue dimensioni, era composto da un numero di ''ousiai'' che variava da uno a tre. Sotto il comando del capitano, vi era il ''bandophoros'' ("portatore della bandiera"), che agiva come ufficiale esecutivo, due timonieri chiamati ''prōtokaraboi'', a volte anche definiti arcaicamente ''kybernētes'', e un ufficiale di prua, il ''prōreus''.<ref name="Galley97">{{Harvnbcita|Gardiner|2004|p=. 97.}}</ref> I ''prōtokaraboi'' erano timonieri, responsabili dei remi dello sterzo a poppa, nonché dei rematori sull'altro lato della nave. Il maggiore dei due era il "primo ''prōtokarabos'' (''prōtos prōtokarabos'').<ref>{{cita|Kazhdan 1991|p. 1745.}}</ref> In termini realiconcreti, ogni nave avrebbe compreso alcuni uomini di ogni tipo, che lavoravano a turni di lavoro.<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 275.}}</ref> La maggior parte di questi emersero partendo dalle cariche più umili, e vi sono riferimenti nel ''[[De Administrando Imperio]]'' a rematori (''prōtelatai'') che emersero al punto di diventare ''prōtokaraboi'' nelle chiatte imperiali, per poi assumere cariche ancora più prestigiose, come dimostra il caso di Romano Lecapeno, che da rematore divenne imperatore.<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 270–271.}}</ref> Vi erano anche diversi specialisti a bordo, come anche due rematori a prua e i ''siphōnatores'', che utilizzavano i sifoni adoperati per gettare il [[fuoco greco]] sulle navi nemiche.<ref name="Galley97" /> Un ''boukinatōr'' ("trombettista") è anche attestato nelle fonti,<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 273.}}</ref> il quale riferiva gli ordini ai rematori (''kōpēlatai'' o ''elatai'').<ref name="Dromon274">{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 274.}}</ref> Dato che la fanteria di marina era organizzata come le unità dell'esercito regolare,<ref name="Dromon274" /> i loro ranghi seguivano quelli dell'[[esercito bizantino|esercito]].
 
=== Periodo tardobizantino (1080–1453) ===
==== Riforme dei Comneni ====
In seguito al declino progressivo della marina avvenuto nel corso dell'XI secolo, l'Imperatore Alessio I tentò di risollevare le sorti della ormai declinante flotta con diverse misure. Essendo le flotte tematiche ormai dissolte, i loro resti furono amalgamati in una flotta imperiale unificata, sotto il comando supremo del ''[[megas doux]]'', una carica di nuova creazione. Il primo individuo noto che ricevette questa importante carica fu il cognato di Alessio, [[Giovanni Ducas (megas doux)|Giovanni Ducas]], ca. 1092. Il ''megas droungarios'' della flotta, un tempo il comandante navale supremo, gli divenne subordinato, agendo ora come suo principale vice.<ref name="Haldon96" /><ref name="MegasDoux">{{Harvnbcita|Kazhdan| 1991|p=. 1330.}}</ref> Il ''megas doux'' era inoltre anche il governatore supremo della Grecia meridionale, comprendente i vecchi ''themata'' di Hellas e del Peloponneso, che vennero suddivisi in distretti (''oria'') che svolgevano il compito di rifornire la flotta.<ref>{{Harvnbcita|Haldon|1999|p=. 144}}; {{Harvnbcita|Magdalino|2002|pp=. 234–235.}}</ref> Sotto il regno di Giovanni II, anche le isole dell'Egeo furono gravate dalla responsabilità di provvedere al mantenimento, reclutamento e approvvigionamento delle navi da guerra, e fonti contemporanee riferiscono con orgoglio il fatto che le grandi flotte del regno di Manuele erano costituite per lo più da equipaggi di "nativi Romani", sebbene continuassero ad essere arruolati nella marina, sia pure in misura minore, mercenari e squadroni alleati.<ref>{{Harvnbcita|Haldon|1999|p=. 96}}; {{Harvnbcita|Magdalino|2002|p=. 233.}}</ref> Tuttavia, il fatto che la flotta avesse ora sede esclusivamente a Costantinopoli, anche perché le flotte provinciali non erano state ricostituite, ebbe i suoi svantaggi, come ad esempio il fatto che ora le regioni periferiche, in particolare la Grecia, erano ormai esposte agli attacchi nemici.<ref name="LR37">{{harvnbcita|Lewis| e Runyan|1985|p=. 37.}}</ref>
 
==== Marina di Nicea ====
Con il declino della flotta bizantina nella seconda metà del XII secolo, l'Impero dovette contare su misura sempre maggiore sulle flotte di Venezia e Genova. In seguito al sacco del 1204, tuttavia, le fonti suggeriscono la presenza di una flotta relativamente forte già durante il regno del primo imperatore niceno, [[Teodoro I Lascaris|Teodoro I Laskaris]], sebbene non disponiamo di specifici dettagli su ciò. Sotto Giovanni III e [[Teodoro II Lascaris|Teodoro II]] (1254–1258), la marina ebbe due principali zone di operazioni strategiche: l'Egeo, dove fu impegnata in operazioni contro le isole greche (principalmente [[Rodi]]) come anche nel trasporto e nel rifornimento degli eserciti impegnati a combattere nei Balcani, e il Mar di Marmara, dove i Niceni miravano a impedire ai Latini di condurre operazioni navali e minacciare Costantinopoli. [[Smirne]] costituì il cantiere principale e la principale base della flotta impegnata nell'Egeo, con una base secondaria a [[Datça|Stadeia]], mentre la base principale per quanto riguarda le operazioni nel Mar di Marmara era Holkos, nei pressi di [[Lampsaco|Lampsakos]] lungo la [[penisola di Gallipoli]].<ref>{{Harvnbcita|Macrides|2007|pp=. 100–101.}}</ref>
 
==== Flotta paleologa ====
Malgrado i loro tentativi, gli imperatori niceni fallirono nel contrastare con successo l'egemonia veneziana sui mari, e furono conseguentemente costretti a rivolgersi ai Genovesi per ottenere assistenza.<ref>{{Harvnbcita|Nicol| 1993|p=. 16}}; {{Harvnbcita|Bartusis|1997|p=. 39.}}</ref> Dopo aver riconquistato Costantinopoli nel 1261, tuttavia, Michele VIII tentò di ridurre la dipendenza dai Genovesi ricostituendo una marina "nazionale" tramite la formazione di diverse nuove unità per raggiungere questo obbiettivo: i ''[[Gasmouloi]]'' (Γασμοῦλοι), costituite da uomini di discendenza mista greco-latina residenti nei dintorni della capitale; e coloni da [[Laconia]], denominati ''Lakōnes'' (Λάκωνες, "Laconi") o ''[[Tsakonians|Tzakōnes]]'' (Τζάκωνες), utilizzati come soldati di marina, costituendo il nerbo della potenza navale bizantina nel ventennio 1260-1280.<ref>{{Harvnbcita|Bartusis|1997|pp=. 44–45}}; {{Harvnbcita|Nicol| 1993|p=. 42}}; {{Harvnbcita|Geanakoplos|1959|pp=. 126–127.}}</ref> Michele inoltre formò unità separate di rematori, denominate ''Prosalentai'' (Προσαλενταί) o ''Prosēlontes'' (Προσελῶντες).<ref>{{Harvnbcita|Bartusis|1997|p=. 46.}}</ref> Tutti questi corpi vennero remunerati in piccoli lotti di terre da coltivare in cambio dei loro servigi, e vennero insediati insieme in piccole colonie.<ref>{{Harvnbcita|Bartusis|1997|p=. 158.}}</ref> I ''Prosalentai'' vennero insediati nei pressi del mare lungo l'Egeo settentrionale,<ref>{{Harvnbcita|Bartusis|1997|pp=. 46–47.}}</ref> mentre i ''Gasmouloi'' e i ''Tzakōnes'' vennero insediati principalmente nei pressi di Costantinopoli e in [[Tracia]]. Questi corpi erano ancora esistenti, seppur in forma sempre più ridotta, negli ultimi secoli dell'Impero (l'ultima menzione dei ''Prosalentai'' si ha nel 1361, mentre i ''Gasmouloi'' sono attestati fino al 1422).<ref name="Heath17"/>; i ''Gasmouloi'' di Gallipoli formarono il nerbo degli equipaggi delle prime flotte ottomane.<ref>{{cita|Ahrweiler|p. 405.}}</ref> Nel corso del periodo paleologo, la base principale della flotta era il porto di [[Kontoskalion]] sulla costa del Marmara di Costantinopoli, dragata e rifortificata da Michele VIII.<ref>{{Harvnbcita|Nicol| 1993|p=. 42.}}</ref> Tra i centri provinciali navali, probabilmente il più importante era [[Monemvasia]] nel Peloponneso.<ref>{{Harvnbcita|Kazhdan| 1991|p=. 1394.}}</ref>
 
Al contempo, Michele e i suoi successori perpetuarono la consolidata pratica di arruolare nella flotta mercenari stranieri, i quali venivano retribuiti ricevendo [[feudi]]. La maggior parte di questi mercenari, come Giovanni de lo Cavo (signore di [[Anafi]] e di [[Rodi]]), Andrea MorescoMorisco (successore di de lo Cavo a Rodi) e [[Benedetto Zaccaria]] (signore di Chios e di [[Focea]]), erano Genovesegenovesi, l'alleato principale dei Bizantini in questo periodo. Sotto Michele VIII, per la prima volta uno straniero, il corsaro italiano [[Licario]], ricevette la prestigiosa carica di ''megas doux'' e ricompensato con l'assegnazione del feudo di [[Eubea]].<ref>{{Harvnbcita|Bartusis|1997|p=. 60}}; {{Harvnbcita|Geanakoplos|1959|pp=. 209–211.}}</ref> Nel 1303, un'altra carica di alto prestigio, quella di ''[[ammiraglio|amēralēs]]'' (ἀμηράλης o ἀμηραλῆς) fu introdotta. insiemeIl aitermine mercenariera dellagià [[Compagniaentrato catalana]].nell'uso Labizantino caricamediante sembrai essersicontatti consolidatacon il Regno di Napoli e con altre nazioni occidentali, ma era di uso non comune; fu introdotto nella gerarchia imperialemilitare dell'Impero, venendo dopo iil ''megas doux'' e iil ''megas droungarios'', anchecon sel'arrivo dei mercenari della [[Compagnia catalana]]. soloSolo due detentori della carica sono noti dalle fonti, ed[[Ferran entrambid'Aunés]] sonoe Andrea Morisco, entrambi attestati nel biennio 1303–1305, anche se la carica continuò a essere menzionata in numerose liste di cariche anche molto tempo dopo.<ref>{{Harvnbcita|Bréhier|2000|p=. 339}}; {{Harvnbcita|Failler|2003|pp=. 232–239.}}</ref> Secondo il ''Libro degli Offici'' di metà XIV secolo, i subordinati del ''megas doux'' erano i ''megas droungarios tou stolou'', gli ''amēralios'', i ''prōtokomēs'', i ''droungarioi'' junior, e i ''komētes'' junior.<ref>{{cita|Guilland|p. 540.}}</ref><ref>{{cita|Verpeaux|p. 167.}}</ref> Pseudo-Kodinos attesta inoltre che, mentre le altre navi da guerra sventolavano "l'usuale bandiera imperiale" (βασιλικὸν φλάμουλον, ''basilikon phlamoulon''), il ''megas doux'' sventolava un immagine dell'imperatore a cavallo come suo vessillo distintivo.<ref>{{cita|Verpeaux|p. 167.}}</ref>
 
== Navi ==
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{{vedi anche|Dromone}}
 
Il tipo di nave da guerra principale della marina bizantina fino al XII secolo fu il [[dromone]] (δρόμων). Apparentemente un'evoluzione delle leggere [[Liburna (nave)|galee liburne]] delle flotte imperiali romane, il termine compare per la prima volta nel tardo V secolo, e cominciò ad essere comunemente utilizzato per indicare uno specifico tipo di galea da guerra a partire dal VI secolo.<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 123–125.}}</ref> Il termine ''dromōn'' stesso deriva dalla radice greca δρομ-(άω), "correre", riferendosi alla loro velocità maggiore rispetto alle altre navi, come attestato esplicitamente da autori del VI secolo come [[Procopio di Cesarea]].<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 125–126.}}</ref> Nel corso dei secoli successivi, con l'intensificarsi degli scontri navali contro gli Arabi, furono sviluppati tipi di dromoni più pesanti con due o probabilmente persino con tre file di remi.<ref name="Galley102">{{Harvnbcita|Gardiner|2004|p=. 102.}}</ref> Alla fine, il termine finì con l'assumere il significato generico di "navi da guerra", al punto che cominciarono ad essere chiamati dromoni anche un altro tipo di nave grande da guerra bizantina, il ''[[chelandion]]'' (χελάνδιον, dal greco ''kelēs'', "[[corsiero]]"), attestato per la prima volta nell'VIII secolo.<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 166–169.}}</ref>
 
==== Evoluzione e caratteristiche ====
 
La storia della creazione e dell'evoluzione delle navi da guerra medievali è una questione di dibattito e di congetture: fino a recentemente, non erano stati trovati resti di navi da guerra antiche o altomedievali, e le informazioni dovevano essere reperite tramite l'analisi delle fonti letterarie, dei dipinti e dei resti di alcuni vascelli mercantili. Solo nel 2005–2006 scavi archeologici relativi al progetto [[Marmaray]] nei pressi del [[Porto di EleuterioEleutherios|Porto di Teodosio]] (odierna Yenikapi) rinvennero i resti di oltre 36 navi bizantine risalenti al VI-X secolo, tra cui quattro navi da guerra leggere di tipo ''galea''.<ref>{{harvnbcita|Delgado|2011|pp=. 188–191.}}</ref>
 
La teoria maggiormente accettata nel mondo accademico è che i principali sviluppi che differenziarono i primi dromoni dalle liburne, è che da quel punto in poi avrebbero caratterizzato le galee mediterranee, furono l'adozione di un completo [[ponte (nautica)|ponte]] (''katastrōma''), l'abbandono dei [[rostro (arma)|rostri]] a prua a favore di uno sperone sopra l'acqua, e l'introduzione graduale di vele [[vela latina|latine]].<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 127.}}</ref> Le ragioni esatte dell'abbandono del rostro (''rostrum'' in latino, ''ἔμβολος'' in greco) non sono chiare. Raffigurazioni di becchi rivolti verso l'alto nel manoscritto del IV secolo ''[[Virgilio Vaticano]]'' potrebbepotrebbero essere una prova di una possibile sostituzione del rostro con uno sperone già nelle galee tardo-romane.<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 138–140.}}</ref> Probabilmente le ragioni del cambiamento sono da individuarsi nella graduale evoluzione dell'antico del metodo di costruzione dello [[scafo]] con [[mortasa]] e [[tenone]], contro i quali i rostri erano stati progettati, nel nuovo tipo di costruzione delle navi, con uno scafo più resistente e più flessibile, meno suscettibile agli attacchi con i rostri.<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 145–147, 152.}}</ref> Certamente a partire dagli inizi del VII secolo, la funzione originaria dei rostri era caduta nell'oblio, a giudicare dagli scritti di [[Isidoro di Siviglia]], secondo cui essi erano utilizzati per proteggere le navi dalle possibili collisioni con rocce sott'acqua.<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 134–135.}}</ref> In quanto alle vele latine, diversi autori hanno suggerito in passato che furono introdotte nel Mediterraneo dagli Arabi, ma probabilmente la creazione di queste vele ebbe origine in [[India]]. Tuttavia, il rinvenimento di nuove raffigurazioni e di nuovi riferimenti letterari nei decenni recenti ha spinto gli studiosi aad antedatare la comparsa della vela latina nel Levante al tardo periodo [[ellenismo|ellenistico]] o al primo periodo romano.<ref name="Casson243–245">{{Harvnbcita|Casson| 1995|pp=. 243–245, Fig. 180–182}}</ref><ref>{{Harvnbcita|Basch|2001|pp=. 57–64}}; {{Harvnbcita|Campbell|1995|pp=. 8–11}}; {{Harvnbcita|Pomey|2006|pp=. 326–329.}}</ref> Non solo la versione triangolare, ma anche quella quadrilatera era nota, utilizzata per secoli (per lo più su piccole imbarcazioni) in parallelo con le vele quadre.<ref name="Casson243–245" /><ref name="DromonLateen">{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 153–159.}}</ref> Sembra che già nella spedizione contro i Vandali di Belisario del 533 la flotta bizantina facesse uso almeno in parte di vele latine, per cui, probabilmente, già a quell'epoca la vela latina era diventata quella standard per i dromoni,<ref>{{Harvnbcita|Basch|2001|p=. 64.}}</ref> mentre quella tradizionale quadrata cadde gradualmente in disuso nel corso del medioevo.<ref name="DromonLateen" />
 
I dromoni descritti da Procopio erano navi a una singola fila di circa 50 remi, con 25 remi per lato.<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 130–135.}}</ref> A differenza dei vascelli ellenistici, che facevano uso di un [[buttafuori]], questi si estendevano direttamente dallo scafo.<ref>{{Harvnbcita|Gardiner|2004|pp=. 103–104.}}</ref> Nei tardi dromoni [[bireme]] del IX e del X secolo, le due file di remi (''elasiai'') erano divise dal ponte, con la prima fila di remi disposta sotto il ponte, mentre la seconda fila di remi era collocata sopra il ponte; da questi rematori si richiedeva il combattere insieme ai soldati di marina nel corso di operazioni di abbordaggio.<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 232, 255, 276.}}</ref> Makrypoulias suggerisce una stima di 25 rematori sotto il ponte e 35 sul ponte su ognuno dei lati per un dromone di 120 rematori.<ref>{{Harvnbcita|Makrypoulias|1995|pp=. 164–165.}}</ref> La lunghezza totale di queste navi era probabilmente all'incirca di 32 metri.<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 205, 291.}}</ref> Anche se la maggior parte dei vascelli dell'epoca aveva un singolo albero (''histos'' o ''katartion''), i dromoni bireme più larghi probabilmente necessitavano di almeno due alberi in modo da poter manovrare efficacemente la nave,<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 238.}}</ref> assumendo che una singola vela latina per una nave di tali dimensioni avrebbe raggiunto dimensioni ingestibili.<ref>{{Harvnbcita|Dolley| 1948|p=. 52.}}</ref> La nave era guidata per mezzo di due [[timone|timoni]] a [[poppa]] (''prymnē''), che ospitava anche una tenda (''skēnē'') che copriva la cuccetta del capitano (''krab(b)at(t)os'').<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 215.}}</ref> La prua (''prōra'') disponeva di un'elevata ''pseudopation'', sotto la quale si trovava il sifone per mezzo del quale veniva gettato il fuoco greco sulle navi nemiche,<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 203.}}</ref> anche se sifoni secondari potevano essere disposti anche a centro barca su ognuno dei lati.<ref>{{Harvnbcita|Haldon|1999|p=. 189}}</ref> Un ''kastellōma'', sul quale i soldati della marina potevano appendere i propri scudi, si trovava sui lati della nave, fornendo protezione all'equipaggio sul ponte.<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 282.}}</ref> Navi più grandi potevano anche disporre di castelli di legno (''xylokastra'') su ognuno dei lati in mezzo agli alberi, simili a quelli attestati per le liburne romane, fornendo agli arcieri piattaforme elevate da cui poter scagliare frecce.<ref name="Galley104">{{Harvnbcita|Gardiner|2004|p=. 104.}}</ref> Lo sperone di prua (''peronion'') fu progettato per essere condotto contro i remi della nave nemica, per romperle e renderle inservibili contro il lancio di proietti e azioni di abbordaggio.<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 143–144.}}</ref>
 
Le quattro navi ''galeai'' rinvenute nel corso degli scavi di Yenikapi, datate al X-XI secolo, sono uniformi nel design e nella costruzione, suggerendo un processo di manifatturazionemanifattura centralizzato. Hanno una lunghezza di ca. 30 m, e sono fatti di [[pinus nigra|pino nero]] e [[platanus orientalis|platano orientale]].<ref>{{harvnbcita|Delgado|2011|pp=. 190–191.}}</ref>
 
==== Tipi di nave ====
[[File:Byzantinischer Kampfschwimmer.jpg|thumb|Raffigurazione di una battaglia marina, da una copia del XIII secolo della ''Cynegetica'' di [[Oppiano di Apamea|Oppiano]].]]
A partire dal X secolo, vi erano tre classi principali di navi da guerra biremi (due file di remi) di tipo dromone, come riportato negli inventari per le spedizioni cretesi del 911 e del 949: il ''[chelandion] ousiakon'' ([χελάνδιον] οὑσιακόν), così definito in quanto presidiata da un ''ousia'' da 108; il ''[chelandion] pamphylon'' ([χελάνδιον] πάμφυλον), che poteva accogliere equipaggi da 120–160 persone, il cui nome potrebbe suggerire un'origine dalla regione della [[Pamfilia]] come nave di trasporto; e il ''dromōn'' vero e proprio, comprendente due ''ousiai''.<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 189–192, 372}}; {{Harvnbcita|Casson| 1995|pp=. 149–150.}}</ref> Nel ''De Ceremoniis'', viene riferito che il ''dromōn'' potesse accogliere fino a 230 rematori e 70 soldati di marina; lo storico navale John H. Pryor li considera equipaggi suprannumerari trasportati a bordo, mentre lo studioso greco Christos Makrypoulias suggerisce che gli uomini in più corrispondono a un secondo rematore su ognuno dei remi.<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 261–262}}; {{Harvnbcita|Makrypoulias|1995|p=. 165.}}</ref> Una nave più piccola e a una singola fila di remi, il ''monērēs'' (μονήρης, "a una singola fila") o ''galea'' (γαλέα), con ca. 60 uomini come equipaggio, veniva utilizzata per missioni di esplorazione ma anche nelle ali dello schieramento di battaglia.<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 190.}}</ref> La ''galea'' in particolare sembra essere stata fortemente associata ai Mardaiti, e Christos Makrypoulias suggerisce persino che questo tipo di nave fosse usata esclusivamente da essi.<ref>{{Harvnbcita|Makrypoulias|1995|pp=. 159–161.}}</ref> Dromoni a tre file di remi ("triremi") sono descritti in un'opera del IX secolo dedicata al ''[[parakoimomenos|parakoimōmenos]]'' [[Basilio Lecapeno]]. Tuttavia, questo trattato, sopravvissuto solo in frammenti, si basa pesantemente su fonti molto anteriori che descrivevano la costruzione di un [[trireme]] classico, per cui va utilizzata con cautela perché potrebbe descrivere più le navi da guerra com'erano in età classica che non nel periodo mediobizantino.<ref name="Pryor84">{{Harvnbcita|Pryor| 2003|p=. 84.}}</ref><ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 284–286.}}</ref> L'esistenza di vascelli triremi è, tuttavia, attestata nella marina fatimide nel XI e nel XII secolo, e riferimenti nell'opera di Leone VI a navi arabe di grande stazza nel X secolo potrebbero essere riferiti a galee triremi.<ref name="Gardiner108">{{Harvnbcita|Gardiner|2004|p=. 108.}}</ref>
 
Per il trasporto merci, i Bizantini utilizzavano in genere le navi mercantili ordinarie come navi da trasporto (''phortēgoi'') o navi di rifornimento (''skeuophora''). Queste sembrano essere state per lo più navi a vela, piuttosto che a remi.<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 305.}}</ref> I Bizantini e gli Arabi impiegavano inoltre navi per il trasporto dei cavalli (''hippagōga''), che potevano essere sia navi a vela che galee, con l'ultima certamente adattata al trasporto dei cavalli.<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 307–308, 322–324.}}</ref> Dato che la ''chelandia'' sembra essere stata originariamente progettata come nave a remi preposta al trasporto dei cavalli, ciò potrebbe implicare differenze nella costruzione tra il''chelandion'' e il ''dromōn'' vero e proprio, termini che sono spesso utilizzati indiscriminatamente nelle fonti letterarie. Mentre il ''dromōn'' era unicamente una galea da guerra, il ''chelandion'' dovrebbe aver avuto uno speciale compartimento destinato all'alloggio dei cavalli, incrementando la sua larghezza e la sua profondità.<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 166–169, 322–325, 449.}}</ref> Inoltre, le fonti bizantine fanno riferimenti a ''sandalos'' o ''sandalion'' (σάνδαλος, σανδάλιον), una barca trasportata dalle navi più grandi. Il tipo descritto nel ''De Ceremoniis'' aveva un solo albero, quattro remi e un timone.<ref>{{Harvnbcita|Makrypoulias|1995|p=. 168.}}</ref>
 
=== Navi di tipo occidentale degli ultimi secoli ===
Il periodo in cui il dromone fu rimpiazzato da galee di origini italiane è incerto. Il termine continuò ad essere in uso fino alla fine del XII secolo, anche se va tenuto in considerazione il fatto che gli scrittori bizantinebizantini facevano un uso indiscriminato di questo termine.<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 407–411.}}</ref> Gli scrittori occidentali dell'epoca usavano il termine per indicare grandi navi, in genere di trasporto, e vi è evidenza a sostegno dell'idea che questo uso si era diffuso anche presso i Bizantini stessi.<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 413–415.}}</ref> La descrizione della flotta bizantina ad opera di [[Guglielmo di Tiro]], risalente al 1169, in cui i "dromoni" sono definiti come navi di trasporto di grossa stazza e non come navi da guerra biremi, potrebbe quindi indicare effettivamente l'adozione di nuovi tipi di galee biremi ad opera dei Bizantini.<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 415–416.}}</ref> Dal XIII secolo in poi, il termine "dromone" cadde in graduale disuso e fu sostituito dai ''katergon'' (κάτεργον), un termine di fine XI secolo che in origine indicava gli equipaggi reclutati tra la popolazione obbligata al servizio militare.<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 418–419.}}</ref> Nell'ultimo periodo dell'Impero bizantino, le navi bizantine si basavano su modelli occidentali: il termine ''katergon'' è usato indiscriminatamente sia per navi bizantine che per quelle latine, e i ''chelandion'', navi di trasporto di cavalli, furono sostituiti dalle occidentali ''taride'' (dall'arabo ''ṭarrīda'', adattato in ''tareta'', ταρέτα, in Greco).<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 420.}}</ref> Un processo similare può riscontrarsi nelle fonti sopravvissutesuperstiti provenienti dalla Sicilia [[Angioini|angioina]], dove il termine ''chelandre'' fu sostituito da ''taride'', anche se per diverso tempo ancora entrambi i termini continuarono ad essere adoperati. Non sono menzionate differenze nella costruzione tra questi due tipi: entrambi i termini denotavano vascelli trasportanti cavalli (''usserii'') con una capienza di 20-40 cavalli.<ref>{{Harvnbcita|Gardiner|2004|p=. 115.}}</ref>
 
Le galee biremi di stile italiano rimasero il cardine delle flotte del Mediterraneo fino alla fine del XIII secolo, anche se ancora una volta, le descrizioni contemporanee forniscono ben pochi dettagli relativi alla loro costruzione.<ref>{{Harvnbcita|Gardiner|2004|pp=. 110–111.}}</ref> Da quel punto in poi, le galee diventarono praticamente tutte triremi, adottando il cosiddetto sistema ''alla sensile''.<ref>{{Harvnbcita|Gardiner|2004|pp=. 116, 123.}}</ref> Anche i Veneziani svilupparono la cosiddetta "grande galea", un tipo di galea di grande stazza in grado di trasportare più carico per il commercio.<ref>{{Harvnbcita|Gardiner|2004|pp=. 123–124.}}</ref>
 
Poco è noto su particolari navi bizantine in questo periodo. I resoconti del viaggio per mare del 1437 compiuto dalla delegazione bizantina al [[Concilio di Basilea, Ferrara e Firenze|Concilio di Firenze]], ad opera dell'ecclesiastico bizantino Silvestro Syropoulos e dal capitano Greco-Veneziano Michele da Rodi, menzionano che la maggior parte delle navi erano Veneziane o Papali, ma menzionano anche che l'Imperatore Giovanni VIII viaggiò su una "nave imperiale". Non è ben chiaro se quella nave fosse bizantina o fosse stata ingaggiata, e la sua tipologia non è menzionata. Viene però descritta come più veloce delle galee mercantili veneziane di grande stazza che la accompagnavano, indicando probabilmente che era una galea da guerra leggera.<ref>{{Cita web |url=http://syropoulos.co.uk/ships.htm |autore=Andriopoulou, Vera |coautori=Kondyli, Fotini |titolo=Ships on the Voyage from Constantinople to Venice |accesso=9 marzo 2009 |sito=[http://syropoulos.co.uk/index.htm The Syropoulos Project] |editore=The Institute of Archaeology and Antiquity of the University of Birmingham}}</ref> Michele da Rodi, inoltre, scrisse un trattato sulla costruzione delle navi, che spiegava come costruire i principali vascelli, sia [http://brunelleschi.imss.fi.it/michaelofrhodes/ships_galleys.html galee] che [http://brunelleschi.imss.fi.it/michaelofrhodes/ships_sailing.html navi a vela], impiegate da Venezia e dagli altri stati marittimi della regione nella prima metà del XV secolo.
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=== Strategia navale, logistica e tattica ===
Prima di esaminare le operazioni navali antiche e medievali, è necessario comprendere le limitazioni tecnologiche delle flotte costituite da galee. Le galee erano poco manovrabili in acque agitate e potevano essere sommerse dalle onde, con effetti catastrofici soprattutto in mare aperto; la storia è piena di esempi di flotte di galee affondate da tempeste (ad esempio le perdite romane subite nel corso della [[Prima guerra punica]]).<ref name="Pryor70">{{Harvnbcita|Pryor| 1988|p=. 70.}}</ref> La stagione della navigazione era quindi in genere ristretta da metà primavera fino a settembre.<ref>{{Harvnbcita|Gardiner|2004|p=. 209.}}</ref> La velocità di crociera massima di una galea, persino per le navi a vela, era limitata, così come lo era la capienza massima di provviste che le navi potevano trasportare.<ref>{{Harvnbcita|Pryor| 1988|pp=. 71–77.}}</ref> L'acqua in particolare era di importanza fondamentale. Con un livello di consumo stimato a 8 litri al giorno per ogni rematore, la sua reperibilità era un fattore operazionale decisivo nelle coste spesso scarse di acqua e cotte dal sole nel Mediterraneo orientale.<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 354, 356–357.}}</ref> Dromoni più piccoli si stima potessero trasportare acqua bastevole per quattro giorni di navigazione.<ref name="Dromon360">{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 360.}}</ref> Effettivamente, questo significava che le flotte composte da galee erano costrette a seguire percorsi lungo le coste,<ref name="Pryor70" /> e dovevano fare frequenti soste per procurarsi nuove provviste e far riposare i loro equipaggi.<ref>{{Harvnbcita|Gardiner|2004|pp=. 219–220.}}</ref> Ciò è ben attestato nei resoconti dei viaggi marittimi bizantini, dalla [[Guerra vandalica|campagna contro i Vandali]] di Belisario alle spedizioni cretesi. È per queste ragioni che Niceforo Ouranos enfatizza la necessità di avere a disposizione "uomini con conoscenza accurata e esperienza del mare [...], dei venti [...]. Dovrebbero conoscere anche le rocce nascoste nel mare, e i luoghi che non hanno profondità, e la terra dove si salpa e le isole ad essa vicine, i porti e la distanza tra un porto e l'altro. Dovrebbero inoltre conoscere sia i paesi che le riserve di acqua."<ref name="Dromon360" />
 
La guerra navale mediterranea medievale era quindi essenzialmente costiera e anfibia, portata avanti per impossessarsi di territorio costiero o di isole, e non per esercitare il "[[controllo dei mari]]" nell'accezione attuale.<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 388–389.}}</ref> Quindi, in seguito all'abbandono del rostro, l'unica vera arma distruggi-navi a disposizione prima dell'avvento delle armi da fuoco ed esplosive,<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 383.}}</ref> il combattimento marittimo divenne, secondo John Pryor, "più imprevedibile. Nessuna potenza poteva più sperare di avere un vantaggio tale nell'armamento o nelle abilità dell'equipaggio da aspettarsi un successo."<ref name="Dromon387">{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 387.}}</ref> Non desta quindi sorpresa il fatto che i manuali bizantini ed arabi suggeriscano tattiche prudenti, dando la priorità alla preservazione della propria flotta, e l'acquisizione di informazioni accurate sul nemico, spesso ottenute tramite spie fintesi mercanti. L'enfasi fu posta sull'ottenimento di una sorpresa tattica e, conseguentemente, il tentativo di evitare il più possibile l'evenienza di essere colti alla sprovvista dal nemico. Idealmente, una battaglia andava cominciata solo quando si aveva una certezza assoluta di una superiorità schiacciante sulle forze nemiche, sia per superiorità numerica che per superiorità nella disposizione tattica.<ref>{{Harvnbcita|Christides| 1981|pp=. 79–80}}; {{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 387–392.}}</ref> Molta importanza veniva anche data all'adattare le tattiche e il tipo di forze a seconda delle caratteristiche del nemico: Leone VI, per esempio, faceva notare le differenze tra le navi pesanti e lente (''koumbaria'') degli Arabi, con le navi piccole e veloci (''akatia'', principalmente [[Cayuco|monoxyla]]), degli Slavi e Rus'.<ref>[[Leone VI il Saggio]], ''Tactica'', XIX.74–77, trad. in {{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 513–515.}}</ref>
 
In campagna, in seguito all'assemblea dei vari squadroni nelle basi fortificate (''[[aplekton|aplēkta]]'') lungo le coste, la flotta consisteva del corpo principale, composto dalle navi da guerra a remi, e il carico di trasporto (''touldon'') trasportato da navi a vela e da navi di trasporto a remi, che poteva essere inviato via in caso di battaglia.<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 394–395.}}</ref> La flotta di battaglia era suddivisa in squadroni, e venivano trasmessi ordini da una nave all'altra tramite bandiere di segnale (''kamelaukia'') e lanterne.<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 396–399.}}</ref>
 
[[File:Byzantines repel the Russian attack of 941.jpg|thumb|La flotta bizantina respinge l'attacco dei Rus' a Costantinopoli nel 941. Le azioni di abbordaggio e di combattimento corpo a corpo determinarono l'esito della maggior parte delle battaglie navali del Medioevo. In questo caso i dromoni bizantini sono mostrati distruggere i remi dei Rus' con i loro speroni.<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 144.}}</ref>]]
 
Poco prima o durante una vera battaglia, mantenere una formazione ben ordinata era di importanza critica: se una flotta fosse caduta nel disordine, le sue navi sarebbero state incapaci di sostenersi a vicenda e la battaglia si sarebbe probabilmente conclusa con una sconfitta.<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 399.}}</ref> Flotte incapaci di mantenere una formazione ordinata o di disporsi in un'adeguata controformazione (''antiparataxis'') per contrastare efficacemente quella del nemico, spesso evitava, o fuggiva dalla battaglia.<ref>{{Harvnbcita|Pryor| 2003|p=. 100}}; {{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 399–400.}}</ref> Le manovre tattiche miravano quindi a mettere in disordine la formazione nemica,<ref>{{Harvnbcita|Pryor| 2003|p=. 100.}}</ref> specialmente tramite l'uso di ingegnosi stratagemmi, come il dividere le forze e compiere manovre ai fianchi, fingere la ritirata o nascondere una forza di riserva per attirare in un'imboscata il nemico.<ref>[[Leone VI il Saggio]], ''Tactica'', XIX.52–56, trad. in {{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 505–507.}}</ref> Nel suo manuale di strategia, Leone VI sconsigliava apertamente un confronto diretto con il nemico, consigliando invece l'uso di stratagemmi.<ref>[[Leone VI il Saggio]], ''Tactica'', XIX.36, trad. in {{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 499.}}</ref> Secondo Leone VI, la flotta doveva disporsi di norma in formazione crescente, con la nave ammiraglia al centro e le navi più pesanti alle corna della formazione, in modo da colpire i fianchi del nemico.<ref>[[Leone VI il Saggio]], ''Tactica'', XIX.52, trad. in {{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 505.}}</ref> Erano poi disponibili diverse varianti e tattiche differenti, da attuare a seconda delle circostanze.<ref name="Galley98" />
 
Una volta che le flotte erano sufficientemente vicine, cominciavano lanci di proietti, variando da proiettili combustibili a frecce e giavellotti. Lo scopo non era quello di affondare le navi, ma piuttosto di decimare l'equipaggio nemico prima dell'abbordaggio, che avrebbe deciso l'esito della battaglia.<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 402.}}</ref> Una volta ritenuto di aver ridotto a sufficienza la forza del nemico, le flotte si avvicinavano al punto di quasi toccarsi, e avveniva la fase dell'abbordaggio della nave nemica e del combattimento mano a mano tra gli equipaggi nemici.<ref>{{Harvnbcita|Pryor| 2003|pp=. 102–104.}}</ref>
 
=== Armamento ===
[[File:Liquid fire granades Chania.jpg|thumb|[[Granata (arma)|granate]] e [[piede di corvo|piedi di corvo]] di fuoco greco da Creta, datate ai X e XII secoli.]]
 
A differenza delle navi da guerra dell'Antichità, le navi bizantine e arabe non disponevano di un [[rostro (arma)|rostro]], e i mezzi principali con cui attuare il combattimento nave contro nave erano gli abbordaggi e il lancio di proietti, oltre all'uso di materiali infiammabili come il fuoco greco.<ref name="Galley99" /> Malgrado la temibile reputazione quest'ultimo, era efficace solo in certe circostanze, e non era l'arma anti-nave che il rostro era stato nelle mani di equipaggi esperti.<ref>{{Harvnbcita|Pryor| 2003|p=. 96.}}</ref>
 
Come i loro predecessori romani, le navi bizantine e musulmane erano equipaggiate con piccole [[catapulte]] (''mangana'') e [[ballista|balliste]] (''toxoballistrai'') per il lancio di pietre, frecce, giavellotti, pentole di fuoco greco o altri liquidi incendiari, [[piede di corvo]] (''triboloi'') e persino contenitori pieni di [[calce]] per soffocare il nemico o, come l'Imperatore Leone VI suggerisce in modo implausibile, scorpioni e serpenti.<ref>[[Leone VI il Saggio]], ''Tactica'', XIX.61–65, trad. in {{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 509.}}</ref> I soldati di marina e diversi rematori erano armati alla pesante in vista della battaglia (Leone li indicava con il termine di "catafratti") e armati con armi come lance e spade, mentre gli altri marinai indossavano giubbotti imbottiti di feltro (''neurika'') come protezione e combattevano con archi e balestre.<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 381.}}</ref> L'importanza e l'uso intenso del lancio di proietti durante il combattimento per mare può essere misurata dai manifesti della flotta redatti per le spedizioni cretesi del X secolo, che menzionano 10.000{{formatnum:10000}} piedi di corvo, 50 archi e 10.000{{formatnum:10000}} frecce, 20 ''ballistrai'' con 200 proiettili chiamati ''myai'' ("mosche") e 100 giavellotti per dromone.<ref name="Pryor102">{{Harvnbcita|Pryor| 2003|p=. 102.}}</ref>
 
Dal XII secolo in poi, la [[balestra (arma)|balestra]] (τζᾶγγρα, ''tzangra'' in greco) divenne di importanza sempre più decisiva nella guerra nel Mediterraneo, rimanendo l'arma più letale disponibile fino a quel momento fino all'introduzione della polvere da sparo nelle navi da guerra.<ref>{{Harvnbcita|Dotson|2003|p=. 134.}}</ref> I Bizantini fecero un uso infrequente di quest'arma, principalmente negli assedi, anche se il suo uso è documentato in alcune battaglie navali.<ref>{{Harvnbcita|Bartusis|1997|pp=. 298–299, 331.}}</ref> I [[Cannone|cannoni]] vennero introdotti nell'ultima metà del XIV secolo, ma vennero raramente usati dai Bizantini, che avevano a disposizione solo poche armi di artiglieria per la difesa delle [[Mura teodosiane]] di Costantinopoli. A differenza di Veneziani e Genovesi, non vi è indicazione che i Bizantini montarono un cannone sulle navi.<ref>{{Harvnbcita|Heath| 1995|pp=. 19–21.}}</ref>
 
=== Fuoco greco ===
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[[File:Greekfire-madridskylitzes1.jpg|thumb|Raffigurazione dell'uso del fuoco greco nel [[Giovanni Scilitze|manoscritto di Madrid di Scilitze.]]]]
 
Il "fuoco greco" è il nome dato dagli Europei Occidentali alla sostanza infiammabile usata dai Bizantini, così chiamata perché gli Europei chiamavano i Bizantini "[[Greci]]". I Bizantini stessi usavano diversi nomi descrittivi per chiamarlo, ma il più comune di essi era "fuoco liquido" (ὑγρόν πῦρ). Sebbene l'uso di sostanze incendiarie da parte dei Bizantini è attestato fin dal principio del VI secolo, si ritiene che la sostanza nota come "fuoco greco" sia stata creata nel 673 e la sua invenzione è attribuita a un ingegnere proveniente dalla Siria, di nome Callinico.<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 607–609.}}</ref> Il fuoco greco veniva gettato sulle navi nemiche tramite un grande [[sifoneSifone (tubo)|tubo di bronzo]] (''siphōn'').<ref name="Galley99" /> In alternativa, poteva essere lanciato dentro giare lanciate da catapulte; l'uso di [[gru (tecnologia)|gru]] (''gerania'') è attestato anch'esoesso come metodo per gettare materiale infiammabile sulle navi nemiche.<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 378–379.}}</ref> In genere la sostanza era conservata in barili riscaldati e pressurizzati e gettata tramite il tubo da una sorta di pompa mentre i manovratori della macchina erano protetti dalla sostanza da scudi di ferro. Esisteva anche una versione portatile (''cheirosiphōn'') di quest'arma, che si narra fosse stata inventata da Leone VI, rendendola l'antesignana di un moderno [[lanciafiamme]].<ref name="Galley105">{{Harvnbcita|Gardiner|2004|p=. 105.}}</ref> Le componenti della sostanza e il modo in cui veniva prodotta era segreto di stato, e le sue componenti sono solo grossolanamente supposte o descritte da fonti secondarie come [[Anna Comnena]], così che la sua composizione esatta rimane ancora ad oggi ignota. Negli effetti provocati, il fuoco greco doveva essere stato un'arma grossomodo simile al [[napalm]].<ref name="Galley99" /> Fonti contemporanee riportano che non poteva essere spento con l'acqua, ma galleggiava e continuava a bruciare sopra l'acqua; la sabbia poteva spegnerlo privandolo di ossigeno, ed alcuni autori menzionano anche l'aceto forte e vecchia urina come rimedi per spegnerlo, probabilmente per qualche sorta di reazione chimica. Conseguentemente, questi materiali vennero utilizzati per fornire protezione contro esso.<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 617.}}</ref>
 
{{Approfondimento
| larghezza = 260px
| allineamento = destra
| titolo = ''[[Alessiade]]'' di [[Anna Comnena]], XI.10<ref>{{Harvnbcita|Dawes|1928|p=. 292.}}</ref>
| contenuto = "Poiché [l'Imperatore] era consapevole della forza in mare dei [[Pisa]]ni e temeva di confrontarsi in battaglia con essi, sulla prua di ogni nave dispose una testa di un leone o di un altro animale terrestre, ... così che il loro mero aspetto fosse terrificante. E il fuoco che doveva essere diretto contro il nemico lo fece passare tramite tubi attraverso le bocche delle bestie, in modo che sembrasse che fossero i leoni e le altre simili bestie a vomitare il fuoco."
}}
 
Malgrado i resoconti esagerati degli scrittori bizantini, non era per niente una "arma meraviglia", e non evitò alcune serie disfatte.<ref>{{Harvnbcita|Pryor| 2003|p=. 97}}; {{Cita pubblicazione| cognome=Christides | nome= Vassilios |titolo=The Conquest of Crete by the Arabs (ca. 824): A Turning Point in the Struggle between Byzantium and Islam |anno=1984 |editore=Academy of Athens |p=64 }}</ref> A causa della sua gittata limitata, e della necessità di un mare calmo e di condizioni di vento favorevoli, il suo uso era limitato.<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 384.}}</ref> Nonostante tutto, in circostanze favorevoli e contro un nemico colto alla sprovvista, la sua grande capacità distruttiva e l'impatto psicologico da esso provocato poteva rivelarsi decisivo, come rivelano i resoconti degli scontri contro i Rus'. Il fuoco greco continuò ad essere menzionato anche nel corso del XII secolo, anche se i Bizantini fallirononon adpoterono usarloimpiegarlo nel corso della Quarta Crociata, probabilmente perché avevano perso l'accesso alle aree (il [[Caucaso]] e la costa orientale del Mar Nero) dove gli ingredienti dell'arma andavano reperiti.<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 630–631.}}</ref> Gli Arabi cominciarono a fare uso di un "fuoco liquido" dopo l'835, ma è ignoto se si trattasse dello stesso fuoco greco dei Bizantini, di cui potrebbero aver scoperto gli ingredienti tramite lo spionaggio o a causa della defezione dello ''stratēgos'' [[Eufemio da Messina|Eufemio]] nell'827, o se crearono indipendentemente una variante della sostanza infiammabile bizantina.<ref name="Galley99" /> Un trattato del XII secolo redatto da [[Mardi bin Ali al-Tarsusi]] e dedicato a [[Saladino]] attesta l'esistenza di una versione di fuoco greco, chiamato "naft" (da [[nafta]]), che era a base di [[petrolio]], con aggiunte di zolfo e resine varie.<ref>{{Harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 610–611.}}</ref>
 
== Ruolo della marina nella storia bizantina ==
Non è semplice valutare l'importanza rivestita dalla marina bizantina nel corso della storia dell'Impero. Da una parte, l'Impero, nel corso della sua esistenza, dovette difendere una lunga linea di costa, spesso con poco [[hinterland]]. Inoltre, la navigazione era da sempre il mezzo di trasporto più rapido e più economico, e i centri urbani e commerciali maggiori dell'Impero, come del resto la maggior parte delle sue aree fertili, si trovavano lungo le coste.<ref name="Mango197">{{harvnbcita|Mango|2002|p=. 197.}}</ref> Tutte queste considerazioni, accoppiate con la minaccia araba emersa nel VII secolo e durata fino al X secolo, necessitavano il mantenimento di una flotta potente. La potenza militare della marina bizantina fu particolarmente decisiva nella vittoriosa difesa di Costantinopoli dai due assedi arabi, salvando così l'Impero dalla caduta. Nel corso di questo periodo, inoltre, le operazioni navali costituirono una parte essenziale negli scontri tra Bizantini e Arabi, in un gioco di incursioni e controincursioni che durò fino alla fine del X secolo.<ref>{{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 386.}}</ref>
 
Dall'altra parte, la natura e le limitazioni della tecnologia marittima dell'epoca significava che né i Bizantini né nessuno dei loro nemici potessero sviluppare una vera [[talassocrazia]].<ref>{{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 388–390.}}</ref> Le flotte composte da galee erano limitate alle operazioni lungo la costa, e non erano in grado di rivestire un ruolo veramente indipendente. Inoltre, come dimostra l'alternarsi di successi e sconfitte bizantine contro gli Arabi dimostra, nessuno dei due schieramenti riuscì a prevalere definitivamente sull'altro. Anche se i Bizantini riuscirono a conseguire una serie di notevoli successi, come la vittoria di Nasar nell'880, questi successi vennero controbilanciati da sconfitte disastrose.<ref>{{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|p=. 385.}}</ref> Resoconti di ammutinamenti da parte dei rematori nelle flotte bizantine rivelano anche le condizioni degli equipaggi erano spesso lungi dall'essere quelle ideali prescritte nei manuali.<ref>{{harvnbcita|Pryor| e Jeffreys|2006|pp=. 385–386.}}</ref> Se a ciò si aggiunge la predominanza tradizionale dei grandi proprietari terrieri [[Anatolia|anatolici]] nelle alte [[burocrazia bizantina|cariche civili e militari dello stato]], tutto ciò significava che, come accadeva per l'Impero romano, la marina, persino al suo apogeo, era ancora ritenuta un'aggiunta all'esercito terrestre. Questo fatto è chiaramente illustrato dalle posizioni relativamente basse raggiunte dai suoi ammiragli nella gerarchia imperiale.<ref>{{harvnbcita|Pryor| 2003|pp=. 103–104.}}</ref><ref>{{Harvnbcita|Runciman|1975|p=. 149.}}</ref>
 
È chiaro nonostante tutto che il declino graduale del potere navale indigeno bizantino nel corso del X e dell'XI secolo, quando fu eclissato dalle città marinare italiane, in principalparticolar modo Venezia e successivamente Genova, fu di grande importanza a lungo termine per ille fatosorti dell'Impero. Il sacco della Quarta Crociata, che scosse le fondamenta dello stato bizantino, era dovuto in larga parte all'assoluta impossibilità dell'Impero di difendersi per mare.<ref>{{harvnbcita|Lewis| e Runyan|1985|pp=. 38–39.}}</ref> Questo processo fu iniziato da Bisanziodalla stessa Bisanzio nel IX secolo, quando gli Italiani vennero sempre più utilizzati dall'Impero nella flotta per compensare la sua debolezza navale in Occidente. Le repubbliche italiane, inoltre, approfittarono del loro ruolo di intermediari nel commercio tra l'Impero e l'Europa Occidentale, marginalizzando la marina mercantile bizantina, che a sua volta ebbe effetti avversi sulla disponibilità di forze navali bizantine.<ref>{{Harvnbcita|Scafuri|2002|pp=. 58–59, 61–63.}}</ref> Inevitabilmente, comunque, man mano che le repubbliche italiane si svincolarono dall'orbita bizantina, cominciarono a perseguire i propri interessi, e a partire dalla fine dell'XI secolo, passarono dalla protezione al ricatto e al saccheggio dell'Impero, annunciando la sottomissionedefinitiva finalesottomissione finanziaria e politica di Bisanzio ai loro interessi.<ref>{{Harvnbcita|Lane|1973|p=. 34.}}</ref> L'assenza di una marina competitiva fu avvertita con rammarico e con frustrazione dai Bizantini dell'epoca, come dimostrano le invettive contenute nell'opera di Kekaumenos. Sotto Imperatori forti e energetici come Manuele Comneno, e successivamente Michele VIII Paleologo, la marina bizantina poteva ritornare per qualche tempo competitiva, ma persino dopo aver subito pesanti rovesci contro i Veneziani, i Bizantini meramente li sostituirono con i Genovesi e i Pisani. E fu così che il commercio rimase in mani latine, e i suoi profitti continuarono ad essere dirottati al di fuori dell'Impero.<ref name="LR37" /> Dopo il 1204, e con la breve eccezione del regno di Michele VIII, le fortune della ora piccola marina bizantina eraerano legatalegate alle fragili alleanze con le repubbliche marinare italiane.<ref>{{harvnbcita|Bartusis|1997|p=. 10.}}</ref> Dall'analisi dell'intera storia dell'Impero bizantino, si può osservare come il rafforzarsi e il declinare della forza della marina rispecchi la fluttuazione delle fortune dell'Impero. È proprio questa apparente interrelazione che ha spinto il bizantinista francese [[Louis Bréhier]] ad affermare: "le epoche del dominio [di Bisanzio] corrispondono a quelle in cui deteneva il controllo dei mari, e fu nel momento in cui lo perse, che i suoi rovesci cominciarono".<ref>{{Cita libro | cognome=Bréhier | nome=Louis | titolo=La marine de Byzance du VIII<sup>e</sup> au XI<sup>e</sup> siècle | rivista=Byzantion | volume=19 |anno=1949}}, citato in {{cita|Scafuri|p. 2.}}</ref>
 
== Note ==
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== Bibliografia ==
* {{cita libro
* Georg Ostrogorsky, ''Storia dell'Impero bizantino'', Torino, Einaudi, 1968.
| autore = Georg Ostrogorsky
* John Julius Norwich, ''Bisanzio'', Milano, Mondadori, 2000.
*| Georgtitolo Ostrogorsky,= ''Storia dell'Impero bizantino'', Torino, Einaudi, 1968.
* Salvatore La Mantia, ''Il Dromone VII-X secolo, ipotesi ricostruttiva, Ed. Lulu, 2008, ISBN 978-1-4092-5454-6, www.lulu.com.
| città = Torino
| editore = Einaudi
| anno =1968.
}}
* {{cita libro
| autore = John Julius Norwich
| titolo = Bisanzio''
| città = Milano
| editore = Mondadori
| anno =2000
}}
* {{cita libro
| autore =Salvatore La Mantia
| titolo = Il Dromone VII-X secolo, ipotesi ricostruttiva
| editore = Lulu
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| ISBN = 978-1-4092-5454-6
}}
* {{cita libro
| nome = Hélène
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| titolo = Byzance et la mer. La Marine de Guerre, la politique et les institutions maritimes de Byzance aux VIIe–XVe siècles
| editore = Presses Universitaires de France
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| cid = Ahrweiler1966Ahrweiler
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* {{cita libro
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| titolo=Imperial ideology and political thought in Byzantium (1204–1330)
| editore=Cambridge University Press
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| anno=2007
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}}
* {{cita libro
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| capitolo = La voile latine, son origine, son évolution et ses parentés arabes
| titolo = Tropis VI, 6th International Symposium on Ship Construction in Antiquity, Lamia 1996 proceedings
| lingua = francesefr
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| pagine = 55–85
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* {{cita libro
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| titolo = The Late Byzantine Army: Arms and Society 1204–1453
| editore = University of Pennsylvania Press
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* {{cita libro
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| titolo = Problèmes de la marine byzantine
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| volume = vol. 13, fascicolo 2
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* {{cita libro
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| anno = 2002
| isbn = 90-04-11710-5
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* {{cita libro
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| wkautore = Louis Bréhier
| titolo = Les institutions de l'empire byzantin
| lingua = francesefr
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| anno = 2000
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}}
* {{cita libro
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| titolo=Shipping in the empire of Trebizond
| pubblicazione=The Marriner's Mirror – Journal for the Society of Nautical Research
| lingua = ingleseen
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}}
* {{cita libro
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| titolo=The Imperial Administrative System of the Ninth Century – With a Revised Text of the Kletorologion of Philotheos
| editore=Oxford University Publishing
| lingua = ingleseen
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}}
* {{cita libro
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|titolo = The Lateen Sail in World History
|pubblicazione = Journal of World History
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* {{cita libro
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| editore = Johns Hopkins University Press
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* {{cita libro
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| titolo = Le Monde Byzantin II – L'Empire byzantin (641–1204)
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* {{cita libro
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| titolo=The Raids of the Moslems of Crete in the Aegean Sea: Piracy and Conquest
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* {{cita libro
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* {{cita libro
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* {{cita libro
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* {{cita libro
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| pubblicazione = [[Byzantinische Zeitschrift]]
| volume = 44
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* {{cita libro
| cognome = Kastritsis
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| titolo = The Sons of Bayezid: Empire Building and Representation in the Ottoman Civil War of 1402-13
| editore = BRILL
| città = Leiden and Boston
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}}
* {{cita libro
| autore = Kekaumenos
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| pagine = 268–273
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* {{cita libro
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* {{cita libro
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| anno = 1999
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}}
* {{cita libro
| nome = Angeliki E.
| cognome = Laiou
| wkautore = Angeliki Laiou
| titolo = Constantinople and the Latins: The Foreign Policy of Andronicus II, 1282–1328
| editore = Harvard University Press
| anno = 1972
| isbn = 0-674-16535-7
| cid = Laiou
}}
 
* {{cita libro
| nome = Frederic Chapin
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| anno = 1973
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* {{cita libro
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* {{cita libro
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* {{cita libro
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| capitolo = Appendix: Naval Power in the Fifth Century
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* {{cita libro
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| città=Atene
| pagine=152–171
| cid=Makrypoulias1995Makrypoulias
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* {{cita libro
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| editore=Dumbarton Oaks
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* {{cita libro
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* {{cita libro
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* {{cita libro
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* {{cita libro
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}}
* {{cita libro
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| anno = 2005
| isbn = 978-0-275-98856-2
| cid = Nicolle2005Nicolle 2005
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* {{cita libro
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| anno = 1990
| isbn = 978-0-14-011447-8
| cid = Norwich1990Norwich 1990
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* {{cita libro
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| anno = 1996
| isbn = 978-0-14-011449-2
| cid = Norwich1996Norwich 1996
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* {{cita libro
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| anno = 1999
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| cid = Norwich1999Norwich 1999
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* {{cita libro
Line 871 ⟶ 941:
| pagine = 326–329
| doi = 10.1111/j.1095-9270.2006.00111.x
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* {{cita libro
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| anno = 2004
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* {{cita libro
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| anno = 1988
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* {{cita libro
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* {{cita libro
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|cid = PryorJeffreys2006Pryor e Jeffreys}}
* {{cita libro
| nome = Steven
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| anno = 1975
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* {{cita libro
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* {{cita libro
| titolo=The Papacy and the Levant (1204–1571), Volume II: The Fifteenth Century
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* {{cita libro
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| editore=BRILL
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* {{cita libro
| titolo=A History of the Byzantine State and Society
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| editore=Stanford University Press
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* {{cita libro
Line 969 ⟶ 1 039:
| anno=1998
| editore=Stanford University Press
| lingua=en
| isbn=0-8047-3163-2
| cid=Treadgold1998Treadgold 1998
}}
* {{cita libro
Line 977 ⟶ 1 048:
| titolo = The chronicle of Theophanes: an English translation of ''anni mundi'' 6095–6305 (A.D. 602–813)
| editore = University of Pennsylvania Press
| lingua = en
| anno = 1982
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| isbn = 978-0-8122-1128-3
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}}
* {{cita libro
| titolo=Byzantium and the Crusader States: 1096–1204
Line 988 ⟶ 1 060:
| anno=1994
| editore=Oxford University Press, USA
| lingua=en
| isbn=0-19-820407-8
| cid=Lilie1994Lilie
}}
* {{cita libro
| curatore-nome = Jean
| curatore-cognome = Verpeaux
| lingua = fr
| titolo = Pseudo-Kodinos, Traité des Offices
| città = Paris
| editore = Centre National de la Recherche Scientifique
| anno = 1966
| cid=Verpeaux
}}
 
== Voci correlate ==