Vittorio Emanuele II di Savoia: differenze tra le versioni

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{{Citazione|Il nostro paese, piccolo per territorio, acquistò credito nei Consigli d'Europa perché grande per le idee che rappresenta, per le simpatie che esso ispira. Questa condizione non è scevra di pericoli, giacché, nel mentre rispettiamo i trattati, non siamo insensibili al grido di dolore che da tante parti d'Italia si leva verso di noi!|Vittorio Emanuele II, 10 gennaio [[1859]]}}
 
[[File:Vittorio Emanuele II 10 gennaio 1859.jpg|thumb|Il re Vittorio Emanuele II nell'atto di leggere al Parlamento Subalpino il discorso evocante "il grido di dolore"]]
In Piemonte, immediatamente, accorsero i volontari, convinti che la guerra fosse imminente, e il Re cominciò ad ammassare le truppe sul confine lombardo, presso il Ticino. Ai primi di maggio [[1859]], Torino poteva disporre sotto le armi di 63.000 uomini. Vittorio Emanuele prese il comando dell'esercito e lasciò il controllo della [[cittadella di Torino]] al cugino [[Eugenio Emanuele di Savoia-Villafranca|Eugenio di Savoia-Carignano]]. Preoccupata dal riarmo sabaudo, l'Austria pose un ultimatum a Vittorio Emanuele II, su richiesta anche dei governi di Londra e [[Pietroburgo]], che venne immediatamente respinto. Così giudicò, sembra, Massimo d'Azeglio, la notizia dell'ultimatum asburgico: