Battaglia di Capo Ecnomo: differenze tra le versioni

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Siamo già nell'ottavo anno della prima guerra punica. Roma e Cartagine si sono [[battaglia di Agrigento|scontrate per terra ad Agrigento]] e in altri scontri "minori" per terra e ben più importanti per mare (battaglie di Lipari e Milazzo, in [[Sardegna]] ([[battaglia di Sulci]]), in [[Sicilia]] ([[battaglia di Tindari]]). Quest'ultima battaglia navale, del [[257 a.C.]] indicò ai due contendenti, sostanzialmente battutisi alla pari, che entrambi avrebbero dovuto compiere un ulteriore sforzo per riuscire a prevalere definitivamente sull'altro.
 
In quest'ottica, sia Roma chesia Cartagine potenziarono le rispettive flotte. Cartagine doveva portare rinforzi considerevoli alle forze terrestri che in [[Sicilia]] stavano subendo la potenza delle [[legione romana|legioni di Roma]] e perdendo man mano le città conquistate nell'isola durante secoli di guerre.
 
Roma aveva compreso che lo sforzo bellico doveva essere portato direttamente nel territorio metropolitano dei puniciPunici per distogliere le truppe cartaginesi dalla Sicilia e terminarne la conquista. Non dimentichiamo che quella guerra che noi definiamo "prima guerra punica", Polibio, mutuando la definizione romana, la chiamava "la guerra per la Sicilia".
 
Nell'estate del 256 a.C., quindi, i Romani
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==Formazioni==
La formazione adottata dai romaniRomani prevedeva le due navi a sei ordini di remi, con un [[console romano|console]] a bordo di ciascuna. I consoli erano [[Lucio Manlio Vulsone Longo]] e [[Marco Atilio Regolo]] che sostituiva [[Quinto Cedicio]] morto in carica. Affiancate sulla punta del cuneo erano poste altre due linee di navi in successione e una terza linea a chiudere la base del triangolo. Questa terza squadra doveva trainare e proteggere le navi da trasporto con i cavalli e l'equipaggiamento per l'invasione del territorio cartaginese. Una quarta linea di navi, più estesa della base del triangolo chiudeva la formazione con compiti di retroguardia.
 
{{Citazione|...risultò un cuneo il cui vertice era concavo, la base compatta, e tutto l'insieme efficace e pratico, ed al tempo stesso anche difficile da rompere. |[[Polibio]], ''Storie'', I, 26, BUR. Milano, 2001. trad.: M. Mari.}}
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==La battaglia==
Subito dopo l'inizio del combattimento e seguendo gli ordini ricevuti, le navi del centro della formazione cartaginese volsero alla fuga per attrarre quelle romane e scompaginare la formazione. Le navi di punta romane si lanciarono all'inseguimento mentre le navi trasporto e la linea di retroguardia avanzavano lentamente mantenendo la formazione. Su questa formazione, più lenta, si scatenarono le navi cartaginesi dell'ala sinistra quando videro che la punta romana si era allontanata abbastanza. Per la maggiore velocità i cartaginesiCartaginesi riuscivano ad accostarsi e a retrocedere con più sicurezza. Le navi romane utilizzavano ancora il [[corvo (arma)|corvo]] ed erano quindi in grado di immobilizzare quelle nemiche permettendo proprio alle truppe di terra, trasportate, di combattere quasi come erano abituate a fare. Nello stesso tempo l'ala destra punica, che si era spinta in mare aperto, iniziòincominciò la manovra per attaccare le navi dell'ultima linea romana mettendole in difficoltà e tentando di completare l'accerchiamento. La formazione dell'ala sinistra infine, cambiando disposizione, attaccò le navi che trainavano i trasporti. Queste dovettero lasciare i cavi di traino e iniziareincominciare un duro combattimento a loro volta.
 
{{Citazione|...nell'insieme il combattimento era in tre parti e tre battaglie navali si combattevano a notevole distanza l'una dall'altra. |[[Polibio]], ''Storie'', I, 26, BUR. Milano, 2001. trad.: M. Mari.}}
 
[[File:Battaglia di Capo Ecnomo.gif|right]]
L'esito della battaglia si decise quando i vascelli di Amilcare, ricacciati indietro con la forza, si dettero veramente alla fuga e permisero a Lucio Manlio Vulsone di ritornare verso la formazione romana portando al traino le navi catturate. Nello stesso tempo Marco Atilio e i suoi corsero alin soccorso dei colleghi dell'ultima linea. Questi combattenti che già stavano soccombendo all'attacco di Annone ripresero coraggio; i Cartaginesi si trovarono affrontati davanti e da tergo e per non venire circondati dovettero abbandonare lo scontro e allontanarsi in mare aperto. Le due squadre dei consoli, infine si lanciarono al soccorso di quelli che erano in pericolo e che riuscivano a resistere solo per il timore che i puniciPunici avevano dei "corvi" e del confronto ravvicinato. I Cartaginesi circondati lasciarono cinquanta navi in mano ai romaniRomani e solo poche riuscirono a sfuggire lungo la costa.
 
==Dopo la battaglia==
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Ritornati a terra, i Romani celebrarono la vittoria con premiazioni agli equipaggi, ripararono le navi catturate aggregandole alla loro flotta e, completato un nuovo rifornimento di vettovaglie, salparono alla volta dell'Africa. Toccarono terra presso la città chiamata Aspide, da loro poi ribattezzata ''Clupea''.
 
Dopo questa battaglia non vengono più citati i "corvi". Questo particolare offre il destro a chi ne nega la storicità. D'altra parte è possibile ritenere che i romaniRomani ne abbiano abbandonato l'uso dopo averne visto gli svantaggi in materia di manovrabilità delle navi.
 
==Fonti==