Guelfi e ghibellini: differenze tra le versioni
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e non l’abbatta esto Carlo novello<br />coi Guelfi suoi, ma tema de li artigli<br />ch’a più alto leon trasser lo vello.|[[Dante Alighieri|Dante]], ''[[Divina Commedia]]'', [[Paradiso - Canto sesto|canto VI]] del [[Paradiso (Divina Commedia)|Paradiso]], 100-108<ref>Giustiniano invita Dante a giudicare l'operato di Guelfi e Ghibellini che è causa dei mali del mondo: i primi si oppongono al simbolo imperiale dell'aquila appoggiandosi ai gigli d'oro della casa di Francia; i secondi se ne appropriano per i loro fini politici, per cui è arduo stabilire chi dei due sbagli di più. I Ghibellini dovrebbero fare i loro maneggi sotto un altro simbolo; lungi da quello divino, poiché è un pessimo seguace del pensiero di Dio chi separa il Segno della perfetta infallibile Giustizia Celeste da quella terrena. Carlo d'Angiò, d'altronde, non creda di poterlo abbattere coi suoi Guelfi, dal momento che l'aquila coi suoi artigli ha scuoiato leoni più feroci di lui.</ref>}}
I termini "guelfo" e "ghibellino" vengono
Ciò porterebbe a soffermarsi sul tema dei guelfi e dei ghibellini solo nell'ottica toscana-fiorentina, se non fosse che una tale divisione in fazioni si inserisce nel più ampio problema dello sviluppo delle ''partes'' all'interno dei [[Comune medievale|comuni]] nell'epoca di [[Federico II di Svevia|Federico II]]. Infatti, tra la fine del [[XII secolo]] e la metà del [[XIII secolo|successivo]], si formarono, all'interno di quasi tutte le città, due ''partes'' che si schieravano da una parte o dall'altra nella contesa tra papato e Impero.
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