Referendum abrogativi in Italia del 1993: differenze tra le versioni

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I radicali, pur essendo protagonisti della nuova iniziativa insieme al comitato di [[Mariotto Segni|Mario Segni]] – riproponendo i quesiti elettorali del Senato e dei Comuni, rivisti dopo la bocciatura della Corte costituzionale nel 1991 – marcarono fin dall'inizio la distanza rispetto agli altri promotori: furono aggiunti altri tre referendum al pacchetto, abrogativi del finanziamento pubblico dei partiti, di norme della legge sulla droga e dell'affidamento alle USL dei controlli ambientali, e raccogliendo, insieme al Comitato per la Riforma Democratica (CORID), le firme per l'abolizione dei Ministeri delle Partecipazioni Statali, dell'Agricoltura e del Turismo.
 
Il [[Partito Radicale Transnazionale|Partito Radicale]] si schierava contro il finanziamento pubblico perché tendeva ad aumentare il carattere oligarchico, burocratico, parastatale, consociativo dei soggetti politici: la sua proposta era quella di «finanziare il funzionamento democratico della vita civile» con strutture «congressuali», «assembleari», nelle circoscrizioni e nei comuni, per consentire e facilitare la massima partecipazione dei cittadini; inoltre, con l'unica clausola della obbligatoria pubblicità, si prevedeva un finanziamento di altra natura: di lobby, di fondazioni, di sindacati, di cooperative, di associazioni di massa, di produttori di ogni tipo, per rilanciare il ruolo dei partiti come soggetti politici finanziati con l'attività dei militanti e dei cittadini<ref>{{Cita news|autore=Marco Pannella|url=http://www.radioradicale.it/exagora/finanziare-ma-non-i-partiti|titolo=Finanziare, ma non i partiti|pubblicazione=[[Epoca (rivista)|Epoca]]|data=24 ottobre 1991|accesso=12 aprile 2007|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20070926214335/http://www.radioradicale.it/exagora/finanziare-ma-non-i-partiti|dataarchivio=26 settembre 2007|urlmorto=sì}}</ref>.
 
Con il referendum abrogativo di parte della «legge Jervolino-Vassalli» si chiedeva: l'abolizione delle norme (art. 76) che prevedevano sanzioni penali per l'uso personale delle sostanze illecite; l'abrogazione della cosiddetta dose media giornaliera, vale a dire del criterio meccanico (art. 75 e 78) che sanciva lo spartiacque fra l'uso personale e lo spaccio, e quindi fra la sanzione amministrativa e quella penale; l'abolizione delle norme (art. 2) che consentivano al ministro della sanità la facoltà di stabilire limiti e modalità nell'uso di farmaci sostitutivi e quelle (art. 120 e 121) che imponevano al medico di famiglia di comunicare al servizio pubblico per le tossicodipendenze il nome dei loro pazienti consumatori di sostanze proibite.
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Il 18 e il 19 aprile l'elevato afflusso alle urne degli italiani (circa il 77%) e il successo di tutti gli otto quesiti costituiva una svolta di notevolissima importanza: con l'abrogazione della legge elettorale del Senato veniva doppiato il successo che si era avuto nel [[Referendum abrogativo del 1991|1991]] con il voto per la preferenza unica, rovesciando il principio proporzionalistico a favore di quello maggioritario<ref>"Per Mauro Calise la mobilitazione referendaria ebbe il merito di canalizzare la profonda sfiducia verso i tradizionali circuiti rappresentativi (''La Terza Repubblica'', Laterza, 2006)": [[Sofia Ventura]], [http://espresso.repubblica.it/palazzo/2018/07/10/news/cosi-la-sinistra-ha-aperto-la-strada-alla-destra-1.324719 ''Così la sinistra ha aperto la strada alla destra'', L'Espresso, 12 luglio 2018].</ref>. Alla vigilia del voto la maggior parte dei partiti si schierò per il maggioritario, mentre a favore del proporzionale rimasero [[Bettino Craxi]] (dimessosi da segretario del PSI due mesi prima del voto), il [[Partito della Rifondazione Comunista|PRC]], [[Movimento per la Democrazia - La Rete|La Rete]] (che inizialmente aveva partecipato alla raccolta di firme in favore del referendum)<ref name="MontanelliCervi" /> e il [[Movimento Sociale Italiano - Destra Nazionale|MSI]]<ref>{{Cita libro|autore=Gianni Barbacetto|autore2=Peter Gomez|autore3=Marco Travaglio|titolo=Mani pulite. La vera storia|città=Roma|editore=Editori Riuniti|anno=2002}}</ref>.
 
Il «[[Mattarellum]]», la legge elettorale della Camera approvata dal Parlamento pochi mesi dopo il voto, veniva tuttavia aspramente criticata da Pannella e considerata un tradimento del risultato referendario, perché, spiegava il leader radicale, con «il mantenimento del 25% di quota proporzionale, il meccanismo dello scorporo che obbliga ciascun candidato dei collegi uninominali a collegarsi con liste di partito, i contrassegni partitici che riempiono le schede elettorali, gli elettori spinti a votare più per i simboli che per le persone, vanificano lo scopo del referendum»<ref>{{Cita news|autore=Mario Avagliano|url=http://www.radioradicale.it/exagora/pannella-il-regime-continua-al-posto-della-dc-ce-il-pds|titolo=Il regime continua, al posto della Dc c'è il Pds|pubblicazione=[[Giornale di Sicilia]]|data=27 luglio 1993|accesso=12 aprile 2007|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20070929102921/http://www.radioradicale.it/exagora/pannella-il-regime-continua-al-posto-della-dc-ce-il-pds|dataarchivio=29 settembre 2007|urlmorto=sì}}</ref>.
 
Nonostante la volontà del 90% dei partecipanti al referendum, nel 1996 veniva approvata una legge volta a reintrodurre il meccanismo del finanziamento pubblico dei partiti attraverso la possibilità per i contribuenti di devolvere il «quattro per mille» dell'IRPEF a questo scopo (peraltro il cittadino disponibile non poteva finanziare il suo partito, ma era costretto a finanziarli tutti e comunque venne stabilito che fosse sufficiente il parere favorevole del 15% dei contribuenti affinché ai partiti fosse assegnato il tetto massimo stabilito dalla legge).