Anime: differenze tra le versioni
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== Riferimenti culturali ==
Come accade per qualsiasi ''medium'' ovunque nel mondo, anche gli ''anime'' veicolano inevitabilmente la [[cultura]] dei loro autori e, nello specifico, [[cultura giapponese|quella giapponese]], pur se nel quadro di una ormai tendenziale contaminazione delle fonti.<ref>Andrea Fontana; Davide Tarò, ''op. cit.'', p. 147.</ref> Vari e numerosi sono infatti negli ''anime'' i riferimenti e i richiami ad elementi fondamentali del costume e della società nipponici, elementi che spesso offrono contributi determinanti del contenuto e dell'estetica, e che possono individuarsi, in via di estrema approssimazione, nelle tradizioni shintoista e buddhista, nel {{nihongo|''[[bushidō]]''|武士道}}, in particolari relazioni o regole sociali, quali, ad esempio, il rapporto {{nihongo|''[[senpai]]-kōhai''|先輩-後輩}} e il {{nihongo|''giri''|義理}}, ma anche nel controverso dibattito sociale sul rapporto tra uomo, natura e [[tecnologia]]. Non mancano, tuttavia, frequenti riferimenti espliciti e impliciti anche alla cultura occidentale, come nel caso dei numerosi ''anime'' concepiti nell'ambito del ''Sekai Meisaku Gekijō'' (''[[World Masterpiece Theater]]''), una "etichetta" data a serie indipendenti l'una dall'altra, ma con in comune l'essere tratte in particolar modo da romanzi americani ed europei per ragazzi.<ref>Andrea Fontana; Davide Tarò, ''op. cit.'', p. 96. Tra le serie più note, ''Alps no shojo Heidi'' (''[[Heidi (
=== Shintoismo e buddhismo ===
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|[[1935]] -
[[2018]]
|Raffinato autore e regista, ha condiviso gran parte della sua carriera con Hayao Miyazaki, insieme al quale ha fondato lo [[Studio Ghibli]]. Tra i suoi maggiori successi serie televisive come ''Alps no shōjo Heidi'' (''[[Heidi (
|-
|[[Osamu Tezuka|Tezuka, Osamu]]
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=== Cenni storici ===
==== La prima "invasione" ====
I primi ''anime'' ad arrivare in Italia sono stati alcuni lungometraggi distribuiti nei cinema tra il [[1959]] e il [[1975]], tra i quali, oltre ai già citati ''[[La leggenda del serpente bianco]]'', ''Saiyuki'' e ''Jungle taitei'', ''Andersen monogatari'' del [[1968]], tradotto in ''[[Le fiabe di Andersen]]'', ''Taiyo no Ōji – Horusu no daiboken'' dello stesso anno, distribuito con il titolo ''[[La grande avventura del piccolo principe Valiant]]'', e ''Nagagutsu o haita neko'' del 1969, edito con il titolo ''[[Il gatto con gli stivali (film 1969)|Il gatto con gli stivali]]''. Si trattava di lungometraggi proiettati nell'ambito di matinée domenicali o distribuiti spacciandoli per prodotti americani. Tuttavia la vera svolta nella diffusione degli ''anime'' in Italia si è avuta nella seconda metà degli anni settanta, con l'importazione di serie televisive da parte, inizialmente, della [[RAI Radiotelevisione Italiana|televisione di Stato]]. Il 13 gennaio [[1976]] la Rete 2 (oggi [[Rai 2]]) diede infatti il via alla messa in onda di ''[[Barbapapà]]'' (''Bābapapa''), il primo anime giapponese trasmesso in Italia, seguito nel gennaio [[1977]] da ''[[Vicky il vichingo]]'' (''Chiisana Viking Vikke''), e nel [[1978]] da ''[[Heidi (
L'Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad importare ''anime'' e soprattutto tra la fine degli anni settanta e l'inizio degli anni ottanta furono oltre un centinaio le serie acquistate (probabilmente come in nessun altro paese occidentale),<ref>In quei pochi anni fu "consumato" un enorme numero di serie proposte in Giappone nel corso di decenni, e ciò perché mentre in patria esse sono trasmesse settimanalmente, in Italia (come nel resto del mondo) la messa in onda è quotidiana; anche questa circostanza concorse ad evidenziare il meccanismo seriale che portò molta critica italiana a stigmatizzare la ripetitività di certe opere ({{Cita|Castellazzi 1999|p. 6|Castellazzi1999}}).</ref> sia ad opera della RAI-TV, sia delle [[televisioni locali|emittenti private]] liberalizzate nel 1976<ref>v. sentenza della [[Corte costituzionale della Repubblica Italiana|Corte costituzionale]] n. 202 del 28 luglio 1976.</ref> (in maggior misura le reti che poi sarebbero diventate [[Fininvest]], ma anche altre realtà prettamente locali),<ref>{{Cita|Pellitteri 2002|pp. 262 e segg.|Pellitteri2002}}</ref> per quella che è stata definita una pacifica "invasione".<ref>{{Cita|Murakami 1998|pp. 1 e segg.|Murakami1998}}</ref>
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=== Europa ===
Uguale se non maggiore diffusione televisiva gli ''anime'' hanno avuto in [[Europa]]: a parte l'[[Italia]], di cui si è detto, anche [[Spagna]] e [[Francia]] hanno infatti subito, a cavallo tra gli anni settanta e ottanta, una "pacifica invasione". In effetti, in Francia i primi ''anime'' furono trasmessi già nel [[1974]], con le serie ''Le Prince Saphir'' (''Ribbon no kishi'') e ''Le Roi Leo'' (''Jungle Taitei''), ma l'importazione massiccia iniziò solo dopo il successo della serie ''Goldorák'' (''UFO Robo Grendizer''), trasmessa nel 1978.<ref>{{Cita|Gosling 1996||Gosling1996}}. Attualmente la Francia è il maggior editore europeo di animazione giapponese con società di rilievo come la [http://www.beez-ent.com/ Beez Entertainment] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20081106175500/http://www.beez-ent.com/ |date=6 novembre 2008 }} e la [http://www.dybex.com Dybex].</ref> In Spagna al principio degli anni ottanta andarono in onda serie come ''Mazinger Z'', ''El Vengador'' (''[[Jeeg robot d'acciaio|Kotetsu Jeeg]]''), ''Capitán Harlock'', ''Star Blazers'' e poi ''Robotech'',<ref name=Garcia>{{Cita web|url=http://www.geocities.com/Hollywood/Derby/8798/anime.htm|autore=Acier Garcia|titolo=El anime en España: la mediocridad al poder|data=1999|deadurl=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20071209070745/http://www.geocities.com/Hollywood/Derby/8798/anime.htm|urlarchivio2=https://www.webcitation.org/query.php?url=http://www.geocities.com/Hollywood/Derby/8798/anime.htm|dataarchivio2=26 ottobre 2009|dataarchivio=9 dicembre 2007}}. URL consultato il 30 dicembre 2007.</ref> anche se fu il successivo arrivo de ''Los Caballeros del Zodiaco'' (''Saint Seiya'') e di ''Dragon Ball'' a decretare l'esplosione del fenomeno anche lì.<ref name=Gosling /><ref name=Garcia /> In entrambi questi paesi, tuttavia, similmente a quanto accaduto in Italia, gli ''anime'' hanno suscitato forti polemiche, subendo spesso anche qui interruzioni e censure.<ref name=Gosling /> In [[Germania]], invece, dove non vi è stata una serie di particolare successo a fare da traino, la programmazione televisiva degli ''anime'' è un fenomeno piuttosto recente. Le prime poche serie trasmesse nell'allora [[Germania Ovest]], da ''Speed Racer'' (''[[Superauto Mach 5|Mach Go! Go! Go!]]'') nel [[1971]] a ''Captain Future'' (''[[Capitan Futuro (serie animata)|Captain Fuchā]]'') nel [[1980]], non ebbero grande riscontro, anche perché talvolta accusate di essere troppo violente e inadatte ai bambini; solo con la successiva trasmissione di serie come ''[[Lady Oscar]]'' (''Versailles no bara'') e le sportive ''Kickers'' (''Ganbare! Kickers'') e ''Mila Superstar'' (''[[Mimì e la nazionale di pallavolo|Attack No. 1]]''), a metà degli anni novanta, l'animazione giapponese ha trovato maggior spazio nella programmazione delle TV tedesche.<ref>{{Cita|Gosling 1996||Gosling1996}}. A favorire una precoce diffusione televisiva degli ''anime'' in Germania non bastò la co-produzione nippo-tedesca di ben due serie: ''Heidi'' (''[[Heidi (
=== America latina ===
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