Personaggi del Ciclo dell'Eredità: differenze tra le versioni

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È un ex-[[Cavaliere dei Draghi]]. La sua dragonessa si chiamava Saphira, ed era blu come [[Saphira|quella di Eragon]]. È il padre di Eragon, anche se questo si scoprirà solo verso la fine del terzo libro, ed il suo primo mentore nel [[Eragon|primo libro]], nel quale morirà ucciso dai [[Ra'zac]]. Ha ucciso Morzan, prendendogli l'uovo di Saphira e anche [[Zar'roc]] (avendo perso la sua spada '''Undbitr'''). Secondo Angela l'erborista, era il destino di Brom fallire in tutto ciò che aveva avviato tranne in una cosa. Infatti divenne Cavaliere ma la sua dragonessa fu uccisa, si innamorò di Selena ma fu rovinato dal suo stesso affetto e fu scelto per sorvegliare ed addestrare Eragon ma fallì anche in quello, poiché fu ucciso prima di completare l'addestramento. L'unica impresa in cui riuscì fu uccidere Morzan ed alcune altre legate all'uccisione del Rinnegato, come la fondazione dei Varden.
 
=== '''Arya Dröttningu''' ===
È un'[[Elfo|elfa]] e una dei combattenti più forti che appaiono della saga, sia all'arma bianca che nella [[magia]], e nell'[[Inheritance (romanzo)|ultimo romanzo]] diventa [[Cavaliere dei Draghi]]; è la figlia di Islanzadi, regina degli elfi, e per questo porta il titolo ''Dröttningu'', cioè "principessa" (ma il senso è diverso da come lo si intende nelle altre lingue). In ''[[Inheritance (romanzo)|Inheritance]]'' succede alla madre come regina di Ellesméra, per cui il suo titolo muta in ''Dröttning'' (che nell'[[Antica Lingua]] significa "regina"). Come gli altri elfi, Arya, grazie alla conoscenza della magia, mantiene un fisico molto resistente e invecchia con estrema lentezza; viene descritta come alta e longilinea, con folti capelli corvini ed occhi di un verde molto scuro. Ha un carattere schivo e riservato e mantiene di solito un certo distacco dagli altri, come ad esempio la madre, anche quando gli vuole bene. Per contro ha un forte senso del dovere ed è incondizionatamente leale alla causa che serve. Arya appare all'inizio del romanzo ''Eragon'', quando con un gruppo di elfi viene sorpresa dallo [[Spettro (Ciclo dell'Eredità)|spettro]] [[Durza]] e dagli [[Urgali]] al suo seguito; costoro vogliono impadronirsi dell'uovo di drago custodito dagli elfi e portarlo al malvagio re [[Galbatorix]], ma con una magia l'uovo viene allontanato (finendo nelle mani dell'ignaro giovane [[Eragon (personaggio)|Eragon]]), sicché Durza non può far altro che rapire la sola Arya. L'elfa viene imprigionata a Gil'ead, ma si autoinduce il coma per evitare le torture e rallentare gli effetti dei veleni che Durza le ha somministrato. Viene tratta in salvo da [[Eragon (personaggio)|Eragon]], [[Saphira]] (la dragonessa sgusciata dall'uovo che Arya stessa proteggeva) e [[Murtagh]] e portata al [[Farthen Dûr]], dove viene curata con il Nettare di Túnivor. Ma il re Galbatorix invia un'armata di Urgali guidati da Durza ad espugnare il Farthen Dûr, per annientare i ribelli Varden e i loro alleati [[Nano (mitologia)|nani]]; nella battaglia Durza rintraccia Eragon, ma colto di sorpresa da Arya, viene ucciso dal ragazzo, che quindi si guadagna l'epiteto di "Ammazzaspettri" e sancisce la sconfitta dell'armata imperiale. In ''[[Eldest]]'' Arya accompagna Eragon ad Ellesméra, nella foresta che costituisce il regno degli elfi, da cui lei stessa proviene e da cui si era allontanata quando si era dichiarata disposta a custodire l'uovo di drago di Saphira. La regina elfica Islanzadi non era favorevole alle simpatie dell'unica figlia alla causa dei Varden (i ribelli che lottano contro il re Galbatorix), ma la riaccoglie felice. Eragon intanto matura un forte amore per Arya e le fa più volte delle proposte, ottenendo però sempre dei netti rifiuti. Anche nei libri successivi il rapporto fra i due non andrà oltre l'amicizia e il cameratismo, benché il giovane persista fino alla fine nei suoi sentimenti e lei in un paio di occasioni sembri flirtare con lui. In ''[[Brisingr]]'' Arya torna ad accompagnare Eragon, ormai [[Cavaliere dei Draghi]] a tutti gli effetti, in svariate missioni e avventure. Quando i Varden prendono d'assalto la città di Feinster, Eragon e Arya devono affrontare un gruppo di stregoni servi di Galbatorix, che come ultima carta da giocare contro i nemici soverchianti evocano uno spettro di nome Varaug; la battaglia viene comunque vinta e Varaug trafitto da Arya, che a sua volta si guadagna il titolo di "Ammazzaspettri" come Eragon. In ''Inheritance'' Arya partecipa con gli eserciti uniti degli elfi, nani, Urgali e Varden alla battaglia finale in Urû'Baen con Galbatorix, re di Alagaësia. Assieme ad Eragon, Saphira e alla strega-bambina Elva riesce a giungere al cospetto del re, nel cuore del suo palazzo, e lì è lei che abbatte Shruikan, il maestoso drago nero di Galbatorix, il quale viene a sua volta colpito da un incantesimo di Eragon e, incapace di sopportare la sofferenza che gliene deriva, si uccide. Fuori dal palazzo intanto gli assalitori vengono tenuti a bada da lord Barst, generale del re, che grazie al potere di un ''Eldunarí'' (un organo in cui un drago può riversare tutta la sua conoscenza ed espellere dal corpo, sopravvivendo alla sua morte fisica anche per millenni) datogli da Galbatorix riesce a respingere anche i più forti maghi elfici e ad uccidere la loro regina, Islanzadi, prima che il guerriero varden [[Roran]] riesca a sua volta con uno stratagemma ad abbatterlo. Con quest'ultima vittoria, la guerra è finita e la pace torna in Alagaësia. Arya fa ritorno con gli elfi a Ellesméra, ove, dopo una certa reticenza, si fa convincere a prendere il posto della madre a capo del loro popolo. Inoltre ella fa schiudere un uovo di drago (uno a suo tempo rubato da Galbatorix e recuperato dopo la sua morte), e il cucciolo di colore verde che ne esce, Fìrnen, fa di lei un Cavaliere dei Draghi. Quando Arya quindi si rincontra con Eragon per raccontarglielo, rimane sconvolta allo scoprire che il giovane ha intenzione di abbandonare Alagaësia per addestrare un nuovo ordine di Cavalieri, ma accetta la sua decisione e, all'atto di dirsi addio, i due si rivelano l'un l'altra i propri "veri nomi" (quelli nell'Antica Lingua, che pongono il portatore sotto il totale controllo di chi ne viene a conoscenza, si tratta quindi di una grande dimostrazione di fiducia).