Fenomenologia: differenze tra le versioni

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Alcuni anni dopo la pubblicazione della sua opera principale, le ''Logische Untersuchungen'' (''[[Ricerche logiche]]'', 1900-1901), in cui le idee base della fenomenologia presero forma per la prima volta, Husserl fece alcune scoperte essenziali per l'ulteriore sviluppo della fenomenologia, che lo portarono alla distinzione tra l'atto mentale (''[[noesi]]s'') ed il fenomeno a cui tale atto [[intenzionalità|è diretto]] (''[[noema]]''). La conoscenza di [[essenza (filosofia)|essenze]] o [[idee]] pure sarebbe possibile solo eliminando tutte le assunzioni riguardo all'[[esistenza]] del mondo come esterno ed indipendente. Questa procedura è chiamata ''[[epoché]]'', interpretata talvolta come una forma di ''[[solipsismo metodologico]]'' perché somiglia a certi esperimenti mentali di [[Thomas Hobbes|Hobbes]] e [[Cartesio]].
 
Oltre a questo, Husserl introdusse il metodo della [[«riduzione fenomenologica]]», che procede attraverso l<nowiki>'</nowiki>''epoché'' e la riduzione trascendentale non solo a sospendere il giudizio sull'esistenza del mondo, ma anche a ricondurlo alla [[soggettività]] pura o assoluta.
 
Queste nuove scoperte furono alla base della pubblicazione delle ''Ideen'' (''[[Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica|Idee]]'') nel [[1913]], in cui furono incorporate per la prima volta, e indussero Husserl a intraprendere una seconda edizione delle ''Ricerche logiche''.
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Quando Husserl, nelle ''Ricerche Logiche'', scrive che le forme categoriali si danno nell'[[intuizione]] categoriale, Scheler, fraintendendo, pensa di poter leggere che esistono riempimenti materiali "empirici" che possono essere colti indipendentemente dalla percezione sensibile, ma quando Husserl, in ''Ideen I'', fa supporre che le forme categoriali siano da intendere nel senso di Bolzano, cioè in termini di essenze distinte dai dati empirici e basate su dati sensibili, Scheler bolla troppo frettolosamente tutto il discorso come idealismo. Per venir fuori da questi fraintendimenti è opportuno valutare se quella di Husserl e di Scheler possano essere considerate come due posizioni complementari.
 
Le divergenze derivano principalmente dalla differente teoria della realtà e dal differente concetto di sensazione. Scheler fra il 1912 e il 1917 è in grado di elaborare una compiuta [[«fenomenologia della corporeità]]» in cui il corpo-vivo (''Leib'') grazie alla propria struttura pulsionale (''Triebstruktur'') viene visto come il vero "apriori materiale" della sensibilità. In questa prospettiva la sensibilità non coincide con l'esperienza, ma solo con la sfera dell'esperienza delimitata dalla rilevanza vitale dell'organismo.<ref>Da notare che i testi relativi a tale fenomenologia della corporeità, principalmente la seconda parte del ''Formlismus'', precedono cronologicamente la pubblicazione dei corrispondenti testi husserliani e avranno un influsso decisivo, non ancora adeguatamente indagato, su Merleau-Ponty</ref>.
 
Questo porta Scheler a criticare il rapporto che Husserl viene a stabilire fra intuizione categoriale e sensibile. Scheler teorizza un riempimento non sensibile ma tuttavia empirico, un ambito "materiale puro", nel senso di non sensibile e non ideale, ma caratterizzato dall'autodatità: se la datità è la forma in cui si manifesta la sensibilità organica, l'autodatità è il modo inoggettivabile di rivelarsi della persona e di tutta una sfera della realtà che trascende la rilevanza organica (ad es. tutta la dimensione [[estetica]]). Husserl e Scheler aprono così sul concetto di “essenza” due prospettive molto diverse, ma forse complementari.