Principi della dinamica: differenze tra le versioni

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== Storia ==
=== La fisica aristotelica ===
[[Aristotele]] nella sua "[[Fisica (Aristotele)|''Fisica'']]" del [[IV secolo a.C.]] asseriva che lo stato naturale dei corpi fosse la quiete, ossia l'assenza di moto, e che qualsiasi oggetto in movimento tende a rallentare fino a fermarsi, a meno che non venga spinto a continuare il suo movimento.
 
Nel Medioevo, [[Guglielmo di Ockham]] e gli [[occamismo|occamisti]], e poi, nel Quattrocento, [[Nicola Cusano]], nell'opera "''Il gioco della palla"'', e [[Leonardo da Vinci]] ripensarono la dinamicameccanica aristotelica: cominciarono a sviluppare una diversa meccanicadinamica, fondata su diversi principi fisici e presupposti filosofici.
 
Il principio di inerzia non è di banale osservazione sulla Terra, dominata dagli [[attriti]], anzi, nella realtà è letteralmente impossibile:. consideriamoInfatti, considerando, per esempio, una biglia (assimilabile nella nostra trattazione ad un [[punto materiale]]) che rotola su una superficie piana orizzontale molto estesa. La nostra, l'esperienza cicomune diceriporta che con il passare del tempo la biglia rallenta fino a fermarsi;. questoQuesto è dovuto al fatto che essa interagisce con il piano e con l'aria. Si può osservare, comunque, che facendo diminuire progressivamente questi attriti, ad esempio (rarefacendo l'aria e lisciando il piano per diverse volte), la biglia percorre sempreuno piùspazio stradasempre maggiore prima di fermarsi. LGeneralizzando, l'idea che sta alla base del primo principio è che, (generalizzando)teoricamente, e facendo diminuirediminuendo gli attriti fino a renderli nulli (in teoria), il corpo non rallenti più e quindi non si fermi mai, cioè persista nel suo stato di moto rettilineo uniforme. Riferendosi invece alla tendenza di ogni corpo a mantenere lo stato di quiete o di moto si usa parlare di [[inerzia|''inerzia'']] e questo concetto può esser visto come una diretta conseguenza del [[principio di relatività galileiana]].
 
Ciò viene dettagliatamente descritto da Galileo in due sue opere, rispettivamente, nel [[1632]] e nel [[1638]]: il ''[[Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo]]'' e ''[[Galileo Galilei#I Discorsi e dimostrazioni matematiche|Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze attenenti alla meccanica e i movimenti locali]]''. Scrive Galileo:
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{{Citazione|l mobile durasse a muoversi tanto quanto durasse la lunghezza di quella superficie, né erta né china; se tale spazio fusse interminato, il moto in esso sarebbe parimenti senza termine, cioè perpetuo. [...] deve intendersi in assenza di tutti gli impedimenti esterni e accidentari […] [e che gli oggetti in movimento siano] immuni da ogni resistenza esterna: il che essendo forse impossibile trovare nella materia, non si meravigli taluno, che faccia prove del genere, se rimanga deluso dall'esperienza|[[Galileo Galilei]], "[[Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo]]"}}
 
Bisogna aggiungere, ad onor del vero, che, com’ecom’è noto, Galileo riteneva che un moto inerziale avrebbe assunto una direzione circolare e non rettilinea, come, invece riteniamo oggi, a partire dadedusse Newton. Infatti, secondo Galilei, i pianeti si muovono di moto circolare uniforme attorno al [[Sole]], senza subire alcun tipo di effetto, gravitazionale o di altro tipo. Tuttavia, la sua prima enunciazione formale è nei ''Principia'' di [[Isaac Newton]], che pur ne riconosce, (erroneamenteimpropriamente, come abbiamo visto) la paternità galileiana. Newton chiarisce inoltre il concetto nella terza definizione definizione:
 
{{Citazione|La vis insita, o forza innata della materia, è il potere di resistere attraverso il quale ogni corpo, in qualunque condizione si trovi, si sforza di perseverare nel suo stato corrente, sia esso di quiete o di moto lungo una linea retta. Questa forza è proporzionale alla forza che si esercita sul corpo stesso e non differisce affatto dall'inattività della massa, ma nella nostra maniera di concepirla. Un corpo, dall'inattività della materia, è tolto non senza difficoltà dal suo stato di moto o quiete. Dato ciò questa vis insita potrebbe essere chiamata in modo più significativo vis inertiae, o forza di inattività. Ma un corpo esercita questa forza solo quando un'altra forza, impressa su di esso, cerca di cambiare la sua condizione [di moto o di quiete, NdT]; e l'esercizio di questa forza può essere considerato sia resistenza che impulso; è resistenza quando il corpo, cercando di mantenere il suo stato attuale, si oppone alla forza impressa; è impulso quando il corpo, non dando libero corso alla forza impressa da un altro cerca di cambiare lo stato di quest'ultimo. La resistenza è solitamente ascritta ai corpi in quiete e l'impulso a quelli in moto; ma moto e quiete, come vengono intesi comunemente, sono solo relativamente distinti; e d'altronde, quei corpi che comunemente sono considerati in quiete non lo sono sempre realmente.|[[Isaac Newton]], [[Philosophiae Naturalis Principia Mathematica]]|Materiae vis insita est potentia resistendi, qua corpus unuquodque, quantum in se est, perseverat in statu suo vel quiescendi vel movendi uniformiter in directum. Haec semper proportionalis est suo corpori, neque differt quicquam ab inertia massae, nisi in modo concipiendi. Per inertiam materiae, sit ut corpus omne de statu suo vel quiescendi vel movendi difficulter deturbetur. Unde etiam vi insita nomine significatissimo vis Inertiae dici possit. Exercet verò corpus hanc vim solummodo in mutatione status sui per vim aliam in se impressam facta; estque exercitium illud sub diverso respectu et Resistentia et Impetus: resistentia, quatenus corpus ad conservandum statum suum reluctatur vi impressae; impetus, quatenus corpus idem, vi resistentis obstaculi difficulter cedendo, conatur statu obstaculi illius mutare. Vulgus resistentiam quiescentibus et impetum moventibus tribuit: se motus et quies, uti vulgo concipiuntur, respectu solo distinguuntur ab invece; neque semper verè quiescunt quae vulgo tanquam quiescentia spectantur.|lingua2=LA|lingua=IT}}
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=== Lo sviluppo della meccanica classica ===
 
La formula esplicita dell'uguaglianza fra la forza e il prodotto della massa inerziale per l'accelerazione apparve per la prima volta negli scritti di [[Eulero]] nel [[1752]].<ref>Eulero: ''Découverte dun nouveau principe de mécanique.'' Memoires de l'Academie royal des sciences, Berlin, Bd.&nbsp;6, 1752, S.&nbsp;185 – Euler Opera Omnia, Serie 2, Bd.&nbsp;5, 1957</ref>
 
== Il contributo di Newton ==
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[[File:GodfreyKneller-IsaacNewton-1689.jpg|thumb|left|Isaac Newton, ritratto di Sir [[Godfrey Kneller]] (1689)]]
 
I principi furono presentati tutti assieme da Newton nel 1687 nell'opera ''[[Philosophiae Naturalis Principia Mathematica]]'' (''I principi matematici della filosofia naturale''). Newton stesso chiamò i suoi principi "''assiomiAxiomata, osive leggileges del motomoti''" (''Axiomata,Assiomi siveo legesleggi del motimoto'' in latino),<ref>{{cita libro|titolo=Philosophiae Naturalis Principia Mathematica | nome=Isaac | cognome=Newton | pagina=15 |vol=1 | lingua=la}}</ref> a rimarcare che questi rappresentano la base fondante della meccanica, come gli [[assiomi di Euclide]] lo sono per la geometria, la cui validità può essere testata solo con esperimenti e a partire dai quali è possibile ricavare ogni altra legge sui moti dei corpi.
 
Il primo principio, detto d'[[inerzia]], ha tradizionalmente origine con gli studi sulle orbite dei corpi celesti e sul moto dei corpi in caduta libera di Galileo.<ref>«Per questa dottrina del moto e dell'impetus, Buridano è stato indicato tra i precursori di Leonardo e di Galileo» (In ''Enciclopedia Treccani'' alla voce corrispondente)</span></ref><ref>Lewis Wolpert, ''La natura innaturale della scienza'', Edizioni Dedalo, 1996, p. 16</ref> Il principio di inerzia si contrappone alla teoria fisica di Aristotele, il quale riteneva che lo stato naturale di tutti i corpi fosse quello di quiete e un agente esterno fosse necessario ad indurre il moto. Galileo ideò una serie di esperimenti, anche [[esperimento mentale|mentali]], volti a dimostrare la non correttezza di questa assunzione. A simili conclusioni giunse anche [[Cartesio]], nei sui scritti riguardo alla fisica.
 
Il secondo principio della dinamica si deve a Newton, e introduce il concetto di [[forza]] come origine e causa del cambiamento dello stato di moto dei corpi. Nei secoli si sono susseguite numerose discussioni su come e su cosa di preciso Newton intendesse con "forza" e "cambio dello stato di moto", in relazione in particolare alla formulazione odierna del secondo principio della dinamica.
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|lingua2=it}}
 
I principi di Newton nella sua originaria formulazione sono validi per i [[punto materiale|corpi puntiformi]], in quanto non considerano gli effetti che possono derivare dalla dimensione finita degli oggetti, come in particolare le rotazioni. I principi furono poi estesi ai corpi rigidi e ai corpi deformabili da [[Eulero]] nel 1750.
 
=== Primo principio della dinamica ===
Nei ''Principia'' l'enunciato della ''Lex I'' è il seguente:{{Citazione|Ciascun corpo persevera nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme, salvo che sia costretto a mutare quello stato da forze applicate ad esso.|[[Isaac Newton]], "[[Philosophiae Naturalis Principia Mathematica]]", Axiomata sive Leges Motus|Corpus omne perseverare in flatu suo quiescendi vel movendi uniformiter in directum, nisi quatenus à viribus impressis cogitur flatum illum mutare.|lingua=LA}}
 
Questo principio, noto anche come ''principio d'inerzia'' o ''principio di Galileo'', afferma che se un corpo è fermo o si muove di [[moto rettilineo]] uniforme, allora la [[somma vettoriale]] delle [[forza|forze]] che agiscono su di esso è nulla. Quindi, se la risultante delle [[forza|forze]] agenti su un corpo è nulla, allora esso mantiene il proprio stato di moto. Nella realtà di tutti i giorni, si osserva che un corpo in moto tende lentamente a rallentare fino a fermarsi. Questo tuttavia non è in contraddizione con il primo principio, in quanto la [[attrito|forza di attrito]], per esempio con l'aria o il terreno, sta agendo sul corpo modificando il proprio stato di moto. Se fosse possibile fare un esperimento in cui tutti gli attriti e le interazioni vengano annullate, ad esempio nello [[vuoto (fisica)|spazio vuoto]] lontano dalle galassie, allora si osserverebbe che il corpo continuerebbe a muoversi indefinitamente a [[velocità]] costante lungo una linea retta.
 
Gli esempi portati da Newton a proposito del cerchio in rotazione e del moto dei pianeti sono in realtà esempi di conservazione del [[momento angolare]] e rappresentano l'integrazione del principio di inerzia nel principio della conservazione della quantità di moto.
 
Il principio di inerzia rappresenta un punto di rottura con la [[fisica aristotelica]] in quanto l’assenza di forze è messa in relazione non solo con la quiete, ma anche con il [[moto rettilineo]] uniforme. Poiché la particolarità del moto rettilineo uniforme è che la [[velocità]] è vettorialmente costante, (cioè in modulo, direzione e verso), si desume che la presenza di [[forza|forze]] sia collegata alle [[accelerazione|variazioni di velocità]]. Ciò porta al secondo principio della dinamica.
 
=== Secondo principio della dinamica ===
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La [[massa (fisica)|massa]] che compare nel secondo principio della dinamica è chiamata massa inerziale, cioè misura quantitativamente la resistenza di un corpo ad essere accelerato. Infatti la stessa forza agente su un corpo di piccola massa, come ad esempio una spinta data ad un tavolo, produce un'accelerazione molto maggiore che su un corpo di grande massa, come un'automobile che con la stessa spinta cambierebbe la propria velocità di poco.
 
Se la massa inerziale del corpo non è costante, allora la seconda legge della dinamica può essere generalizzata con l'introduzione della [[quantità di moto]]. Ovvero, un punto materiale (,cioè un corpo di dimensioni trascurabili rispetto al sistema di riferimento in esame e contemporaneamente dotato di massa), al quale sia applicata una forza, varia la [[quantità di moto]] in misura proporzionale alla forza e lungo la direzione della stessa. In altre parole, secondo una formulazione analoga a quella di [[Eulero]]: il tasso di aumento della [[quantità di moto]] è uguale e parallelo alla forza impressa:
:<math>\mathbf{F} = \frac {\mathrm d}{\mathrm d t} (m \mathbf{v})</math>,
 
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=== Estensioni dei principi della dinamica ai sistemi non inerziali ===
Per estendere la validità dei principi della dinamica, allargandoli ai sistemi ''non inerziali'' {{Chiarire|ed estesi}}, il concetto di "azione" viene ristretto soltanto a [[forze]] e [[momento meccanico|momenti]], in [[meccanica razionale]] si parla di [[forze generalizzate]], ''reali'' per cui vale questo principio, cioè che implicano la ''reazione''. Infine, per la simmetria tra i due concetti che scaturisce da questo principio si preferisce oggi parlare di [[interazione]]: "''l'[[interazione]] tra i corpi è reciproca, e unica sorgente di forza reale e momento meccanico reale. Una forza generalizzata [[vettore (fisica)|applicata]] su un corpo <math> i </math> è "reale", se dovuta all'influenza di un qualsiasi altro corpo <math> j</math>, e solo allora si manifesta su <math> j </math> con orientazione [[Vettore antiparallelo|antiparallela]]".'' Ricordando che un [[sistema inerziale]] è definito proprio in base a questo principio come sistema di riferimento in cui si manifestano solo interazioni tra i corpi, ovvero [[forze reali]], e le [[forze apparenti]] sono appunto quelle che non provenendo dai [[corpo (fisica)|corpi]] in quanto non reciproche, vengono imputate al [[sistema di riferimento non inerziale|sistema di riferimento]], e non sono ''reali'' solo nel senso che non sono "assolute", e non nel senso di "ininfluenti" sui corpi quando presenti.
 
=== Modifiche ai principi della dinamica ===