Infallibilità papale: differenze tra le versioni

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Un secondo esempio viene da Sant'Ireneo, vescovo di Lione, vissuto nel II secolo. Sant'Ireneo riconosce la fede della Chiesa di Roma come norma per tutta la Chiesa.
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Con questa Chiesa, a causa della sua più alta preminenza, deve accordarsi ogni altra Chiesa, poiché in essa si è conservata la fede apostolica». »
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Qui è chiaro che l'immunità dall'errore propria della Chiesa di Roma presuppone l'infallibilità del suo maestro, il vescovo, il Papa. Egli insegnava che dove c'è la Chiesa c'è lo Spirito Santo ed è impossibile trovare la verità se non nella Chiesa, che possiede il "carisma della verità".
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'''San Cipriano''', vescovo vissuto nel III secolo, definisce la Chiesa di Roma come la ''cathedra Petri'' e parlando degli avversari che pure volevano fare approvare le loro dottrine eretiche dal Papa, scrive:
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Essi non pensano che devono trattare con i Romani, la cui fede fu lodata dalla gloriosa testimonianza dell'Apostolo, e presso i quali l'errore non può trovare alcun accesso». »
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Per san Cipriano nella Chiesa di Roma, quindi nel Papa, non può albergare l'errore. Dunque, il tema dell'infallibilità era noto, anche in epoca assai antica. Certo non era esplicitato come lo sarà dopo il Concilio Vaticano I, ma non era sconosciuto.
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E ancora san Cipriano, verso l'anno 250, scrive:
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Tutti coloro che abbandonano Cristo si perdono nei loro errori, ma la Chiesa che crede in Cristo e rimane fedele alla verità ricevuta, non si separa da lui». »
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Un altro esempio viene da '''San Girolamo''', vissuto nel IV secolo, il quale, richiedendo al Papa Damaso una decisione a proposito di una questione dibattuta in Oriente, scrive:
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Solo presso di voi si conserva inalterata l'eredità dei padri». »
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'''San Teofilo''', successore di Sant'Ignazio nella Chiesa di Antiochia, diceva che come le navi si infrangono se escono dal porto ed entrano nel mare in tempesta, così gli uomini fanno naufragio quando abbandonano la "cattedra di verità".