Ricostruzione del Dominio genovese dal 1528 al 1530: differenze tra le versioni

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'''Ricostruzione del Dominio genovese (dal 1528 al 1530)''' - Con la riconquista da parte di [[Andrea Doria]], allora filospagnolo, di Genova nel 1528, la [[Repubblica di Genova]] riacquista la sua indipendenza e la sua autonomia decisionale. Tuttavia necessita ancora di imporre nuovamente il proprio dominio sul territorio ligure e sui passi per l'Oltregiogo.
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In parte fomentata dal DOria, a Montaldeo scoppiò la rivolta popolare. Iniziale motivo era stato l'abuso dello "Ius Primae Noctis", diretto poi dagli emissari del DOria. Una domenica, quando il feudatario Cristoforo Trotti si recava alla messa, i congiurati, che appartenevano alle famiglie Lavezzari, Boffito ed Anfossi, gli si avvicinarono fingendo di recargli omaggio. E lo colpirono alle spalle insieme al figlio ventenne.
 
Il castello di Montaldeo come previsto era rimasto senza armati, e i congiurati vi entrarono uccidendo tutti i componenti della famiglia qui trovati: i tre figli ancora ragazzi, una vecchia serva fedele. La moglie di Cristoforo Trotti, incinta, fu trascinata in piazza dai rivoltosi ed uccisa. Tutti i cadaveri furono infine gettati in un pozzo, il castello fu devastato, i mobili tratti da esso furono buttati sopra i cadaveri dei nobili<ref>Podestà (Emilio Podestà, Uomini monferrini, Signori Genovesi, Ovada 1986) riferisce le notizie portate da Agostino Martinengo. Il Martinengo colloca il luogo dell'eccidio nel punto esterno alle mura del paese, nella strada che dal castello di Montaldeo va alla Porta di Castelletto, essendo stato questo il passaggio obbligato per andare dal castello alla chiesa parrocchiale. Sempre dal Martinengo la strage segue l'assassinio di Cristoforo; una volta uccisi, colpiti alle spalle, Cristoforo Trotti e il di lui figlio, i congiurati entrano dal ponte levatoio del castello, lasciato incustodito e aperto, e uccidono tutti i Trotti, inclusi i loro domestici, come una vecchia loro fedele. La moglie di Cristoforo, benchè incinta, viene trascinata per i capelli lungo la strada sino al posto dove era stato ucciso il marito, e qui viene linciata e finita dai ribelli. Tutti i cadaveri sono gettati nel pozzo sito oltre la porta del borgo che dava a Tramontana. Eliminati i feudatari, la massa dei rivoltosi entra nel castello, tutto devasta e saccheggia, sfregia gli stemmi, e parte dei mobili parte è portata nella piazza del pozzo dell'eccidio e in questo scagliata a coprire i tanto vilipesi cadaveri dei Trotti lasciati sul fondo. Si salva solo uno dei Trotti di Montaldeo: Sertorio, perchè mentre rientra al castello incontra presso la chiesetta di San Bernardo la sua nutrice, sfuggita alla strage scappando da una scala segreta scavata sul lato del bastione di sostegno del terrapieno del giardino. Avvisato da questa, Sertorio ripara a Rocca Grimalda, allora Rocca Trotti per essere dei suoi cugini di Alessandria. Martinengo inoltre riporta anche versioni più o meno leggendarie del fatto. </ref>.
 
Prendendo a pretesto quei fatti di Montaldeo, Bartolomeo Spinola si precipitò ad occupare il paese, ordinando la riconsegna di quanto saccheggiato. In parte era una finzione, l'ordine fu eseguito solo in parte, e non si provvide a punire i responsabili degli assassini.
 
L'ambiguità dello Spinola è spiegata da alcuni memoriali posteriori di qualche anno, indirizzati al duca di Milano, che mostrano come fosse stato proprio lui ad avere fornito aiuti materiali agli assalitori, tra i quali si erano infiltrati personaggi estranei al paese e legati al sistema di spionaggio doriano<ref>Sul sofisticato sistema di spionaggio e controspionaggio impostato ad uso personale da Andrea Doria, attivo al momento del suo ritorno a Genova nel 1506/7, in quel caso con l'utilizzo dell'assassinio onde destabilizzare poteri concorrenti in Monaco (Montecarlo), vedi: Pandiani, Emilio, Un anno di storia genovese - giugno 1506-1507, in: A.S.L.S.P - vol. 37, anno 1905. Nel caso però entra in campo a favore del partito del Doria anche la rete di spie di Agostino Spinola, la cui famiglia possedeva numerosi feudi imperiali nella zona</ref>.
 
=== La ripresa di Gavi ===
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Savona dovette subire questo gravissimo colpo, dal quale non si riebbe più e passò al rango di città secondaria. L'impoverimento ridusse i suoi abitanti, dai 18.000 dell'inizio del Cinquecento, ai poco più di 6.000 di un secolo dopo.
==Note==
<references/>
== Fonti ==
 
* Federico Donaver, Storia di Genova
 
* Vito Vitale, Breviario di Storia di Genova, Lineamenti storici ed orientamenti bibliografici, Genova 1955
 
* Jacopo Bonfadio, Annali, dal 1528 al 1550 (Annalium Genuensium libri quinque, del 1586; ultima edizione del Belgrano: 1870)
 
* Uberto Foglietta, Historiae Genuensis libri XII (sino al 1527)
 
* Filippo Casoni, Annali di Genova del secolo XVI, prima edizione del 1708, seconda del 1800
 
* Emilio Podestà, Uomini monferrini signori genovesi, Ovada 1986 (per la strage dei Trotti a Montaldeo, p. 116-118)
 
* Agostino Martinengo, estratto di articolo in “Corriere delle Valli Stura ed Orba”, n° 397, del 24 agosto 1902 (per la strage dei Trotti a Montaldeo)
 
* Guasco Emilio, Possessi feudali dei Guasco nel Novese, in “Novinostra”, anno III, n° 1, marzo 1963 (per i Guasco a Gavi)
 
* Massucco – Ricchebono – Tassinari – Varaldo, Il Priamar, Savona 1982 (per il Priamar di Savona, sua realizzazione al fine di “domare” Savona)
 
* Levati Luigi Maria, Dogi perpetui di Genova, dal 1339 al 1528
 
* Levati Luigi Maria, Dogi biennali di Genova, dal 1528 al 1699
 
*Lingua Paolo, Andrea Doria, Stampa Galleani e Chignoli, Basiano (Milano) 1984 (testo riassuntivo, da paragonare ad altre biografie del genere; non ha notizie di prima mano)
 
 
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