Aceto: differenze tra le versioni

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La Legge 82 del 20 febbraio 2006<ref>{{Cita web|http://www.camera.it/parlam/leggi/06082l.htm|Testo della Legge nº 82 del 20 febbraio 2006}}</ref> è intervenuta a disciplinare direttamente la produzione degli aceti.
* "La denominazione di «aceto di […]», seguita dall'indicazione della materia prima da cui deriva, è riservata al prodotto ottenuto esclusivamente dalla fermentazione acetica di liquidi alcolici o zuccherini di origine agricola, che presenta al momento dell'immissione al consumo umano diretto o indiretto un'acidità totale, espressa in [[acido acetico]], compresa tra 5 e 12 grammi per 100 millilitri, una quantità di [[Etanolo|alcol etilico]] non superiore a 0,5 per cento in volume, che ha le caratteristiche o che contiene qualsiasi altra sostanza o elemento in quantità non superiore ai limiti riconosciuti normali e non pregiudizievoli per la salute […]"<ref>Articolo 16 comma 1 della Legge nº 82 del 20 febbraio 2006.</ref> "In deroga al comma 1 del presente articolo, l'aceto di vino è il prodotto definito dall'allegato I, punto 19, del citato regolamento (CE) nº 1493/1999, contenente una quantità di alcol etilico non superiore a 1,5 per cento in volume."<ref>Articolo 16 comma 3 della Legge nº 82 del 20 febbraio 2006.</ref>. "I vini destinati all'acetificazione devono avere un contenuto in acido acetico non superiore a 8 grammi per litro."<ref>Articolo 16 comma 5 della Legge nº 82 del 20 febbraio 2006.</ref>
* "L'utilizzo delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche riservate ai vini nella designazione di un aceto di vino può essere consentito a condizione che l'elaborazione di quest'ultimo avvenga esclusivamente a partire da un vino a denominazione di origine per il quale è stata concessa la certificazione di idoneità prevista dall'articolo 13 della legge 10 febbraio 1992, nº 164, o, nel caso di vino a [[Indicazione geografica tipicaprotetta (Unione europea)|IGT]], altra documentazione idonea."<ref>Articolo 21 della Legge nº 82 del 20 febbraio 2006.</ref>
* "Nella preparazione degli aceti è inoltre consentita: a) l'aggiunta di acqua, purché sia effettuata soltanto negli acetifici; b) la decolorazione con il [[Carbone attivo|carbone]] per uso enologico; c) l'aggiunta di [[caramello]] negli aceti diversi da quello di vino."<ref>Articolo 22 comma 2 della Legge nº 82 del 20 febbraio 2006.</ref>
* "All'aceto possono essere aggiunte sostanze aromatizzanti, mediante macerazione diretta o mediante impiego di infusi, nella misura massima del 5 per cento in volume, o altri aromi naturali come definiti nel decreto legislativo 25 gennaio 1992, nº 107. È consentito aromatizzare l'aceto di mele con il [[miele]]."<ref>Articolo 23 comma 1 della Legge nº 82 del 20 febbraio 2006.</ref> "L'aceto preparato ai sensi del comma 1 deve essere posto in commercio con la denominazione di «aceto di […] aromatizzato» e con l'indicazione della materia prima da cui deriva."<ref>Articolo 23 comma 2 della Legge nº 82 del 20 febbraio 2006.</ref>
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Il risultato dell'aceto balsamico, storicamente, veniva ottenuto mediante l'acidificazione spontanea del liquido, ancora molto ricco di zuccheri, derivante dalla fermentazione alcolica di mosto sottoposto a un processo di concentrazione a fuoco diretto. Da tale metodologia dipendevano e dipendono tuttora note aromatiche caratteristiche e toni di colore e densità associabili al caramello. L'acidificazione avveniva in botti aperte, per favorire il massimo scambio di ossigeno tra liquido e atmosfera, durante tempi lunghissimi. La concentrazione per evaporazione permetteva il travaso da botti più grandi (impiegate a inizio processo) in botti via via sempre più piccole. Giunto a maturazione il prodotto affinato anche per decenni, in tal modo, era pronto per il consumo.
 
Da questa tradizione, originariamente intesa per il consumo domestico o la produzione di un alimento destinato a formare oggetto di doni di estremo prestigio (o di dote matrimoniale, addirittura) derivano gli Aceti Balsamici ''Tradizionali'' di [[Modena]] e di [[Reggio nell'Emilia|Reggio Emilia]], [[Italia]], entrambi oggi connotati dalla concessione della [[Denominazione di origine protetta|DOP]] da non confondere con l'assai meno pregiato aceto balsamico di Modena [[Indicazione geografica protetta (Unione europea)|IGP]].
 
Accanto a questa produzione che si riallaccia direttamente a una plurisecolare tradizione, negli ultimi decenni del [[XX secolo|Novecento]] si è fatta largo una produzione di aceto balsamico (che legalmente non può fregiarsi dell'aggettivo tradizionale) mediante miscelazione di aceto di vino e mosto concentrato mediante fuoco diretto. Ha così avuto origine l'aceto balsamico generico, privo di indicazione geografica oppure, allorché corrispondente al disciplinare, di Modena, riconosciuto come Indicazione Geografica Protetta: i primi sono prodotti i cui tempi di realizzazione e la cui tecnica produttiva sono evidentemente molto diversi da quelli che caratterizzano il tradizionale, con la conseguenza di un prezzo altrettanto incomparabile; il secondo, prodotto secondo un preciso disciplinare, può fregiarsi della dicitura IGP.