José Sánchez del Río: differenze tra le versioni

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«Mia cara mamma: sono stato preso prigioniero in combattimento quest'oggi. Penso al momento in cui andrò a morire; ma non è importante, mamma. Ti devi rimettere alla volontà di Dio; muoio contento perché sto morendo al fianco di Nostro Signore. Non ti preoccupare per la mia morte, che è ciò che mi mortifica. Invece, di' ai miei altri fratelli di seguire l'esempio del più piccolo e farai la volontà di Dio. Abbi forza e inviarmi la tua benedizione insieme a mio padre. Salutami tutti per l'ultima volta e ricevete il cuore di vostro figlio che vi ama entrambi e vi avrebbe voluto vedere prima di morire».
 
Nei giorni di prigionia fu torturato, anche perché aveva ucciso dei [[Gallus gallus domesticus|galli]] che i federali tenevano nella chiesa ora divenuta un pollaio; inoltre l'[[8 febbraio]] fu costretto ad assistere all'[[impiccagione]] di Lázaro, un altro ragazzo che era stato imprigionato insieme con lui, al fine di fargli rinnegare la sua fede e salvarsi così dalla sua imminente condanna a morte al cimitero, ma José non cedette. Il corpo di Lázaro, ritenuto morto, venne trascinato al vicino cimitero dove venne abbandonato; tuttavia era solo apparentemente morto infatti si riprese e riuscì a scappare, da qui il detto:Làzaro, alzati e cammina! .
 
Nel frattempo continuarono le torture e il giorno della sua esecuzione, il [[10 febbraio]], gli fu scuoiata la pianta dei piedi e fu costretto a raggiungere a piedi il cimitero. Lì, posto davanti la fossa in cui sarebbe stato sepolto, fu pugnalato non mortalmente e gli fu chiesto nuovamente di rinnegare la sua fede, ma José non lo fece e ad ogni ferita gridava "Viva Cristo Re". Chiese poi di venire fucilato, ma il capitano, innervosito dall'atteggiamento del ragazzo gli sparò sul posto con la sua pistola. José ormai agonizzante morì dopo essere riuscito a tracciare una croce sul terreno con il suo sangue.<ref>Dalla rivista "Araldi del Vangelo", gennaio 2006, n. 25, pp. 23-25</ref>