Emanuele Tesauro: differenze tra le versioni

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== Biografia ==
Discendente dall'illustre famiglia piemontese dei conti di [[Salmour]], nacque a Torino il 28 gennaio 1592 dal conte Alessandro, [[Fossano|fossanese]].<ref>{{Cita libro|autore=Andreina Griseri|titolo=Le metamorfosi del Barocco|anno=1967|editore=[[Giulio Einaudi editore]]|p=168}}</ref> Entrato ventenne nella [[Compagnia di Gesù]] ne uscì a 44 anni, nel 1635, rimanendo [[Clero secolare|sacerdote secolare]] al servizio dei principi di [[Savoia-Carignano]]. Fu al seguito del principe [[Tommaso Francesco di Savoia]] prima nelle [[Fiandre]] e poi in [[Piemonte]] (1635-42) e ne divenne lo storiografo ufficiale.<ref name="y">{{Cita libro|autore=[[Alberto Asor Rosa]]|titolo=Letteratura italiana. Storia e geografia: Volume secondo. Età moderna|anno=1988|editore=[[Giulio Einaudi editore]]|p=825|ISBN=978-88-06-11380-3}}</ref> Nel 1642 rientrò in patria come precettore dei principi di Carignano <ref name="y" /> e del futuro duca [[Vittorio Amedeo II di Savoia]] e coordinò il monumentale progetto del ''[[Theatrum Statuum Sabaudiae]]'' (Amstelodami 1682).<ref>{{DBI|pietro-gioffredo|Pietro Gioffredo|autore=Andrea Merlotti|accesso=16 maggio 2019}}</ref> Guadagnatosi una fama europea, operò alla corte sabauda per oltre tre decenni (da [[Carlo Emanuele I di Savoia|Carlo Emanuele I]] a [[Carlo Emanuele II di Savoia|Carlo Emanuele II]], che lo colmò di onori e lo nominò Cavaliere di Gran Croce dell'[[Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro]]). Morì improvvisamente a Torino nel febbraio 1675, più che ottuagenario.<ref>{{Cita libro|autore=[[Carlo Ossola]]|titolo=Le antiche memorie del nulla|anno=2007|editore=[[Edizioni di Storia e Letteratura]]|p=225|ISBN=978-88-8498-382-4|url=https://books.google.it/books?id=kpKkPb6P7K4C&pg=PA225&dq}}</ref>
 
== Opere ==
=== Il cannocchiale aristotelico ===
{{vedi anche|Il cannocchiale aristotelico}}
 
Tesauro occupa un posto rilevante nel panorama culturale dell'[[Europa]] [[barocco|barocca]] per l'efficacia con cui, nel suo trattato ''Il Cannocchiale Aristotelico'', porta in evidenza e definisce con chiarezza i rapporti che intercorrono tra le forme privilegiate dai letterati e le tendenze innovative che la trasformazione del mondo impone alla mentalità degli uomini del [[XVII secolo]]. Grazie alla sistemazione teorica compiuta da Tesauro, il Barocco cessò di essere una moda per proporsi come espressione della mentalità del tempo. «Autorevoli studiosi hanno dimostrato, dal Raimondi a Franco Croce, dal [[Mario Praz|Praz]] all'[[Luciano Anceschi|Anceschi]], dal [[Cesare Vasoli|Vasoli]] al Costanzo, al Buck, che ci troviamo di fronte alla più ampia e organica opera sull'estetica del barocco - segnatamente sotto il profilo della lingua e dello stile - non solo italiano ma europeo.»<ref>{{Cita|Tuscano (1977)|p. 572}}.</ref>
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Tesauro è considerato, insieme allo spagnolo [[Baltasar Gracián]] (1601-1658), il «maggior rappresentante che ebbe mai la critica letteraria secentistica».<ref name=a/> Pubblicato nel 1654 (Torino: Sinibaldo), il ''Cannocchiale aristotelico'' ebbe un enorme successo in Italia e in Europa per tutto il secolo. Ripubblicato da Tesauro in una seconda edizione ampliata (Venezia: Baglioni, 1665), fu riedito quattordici volte prima del 1702<ref>{{Cita libro|editore=Garland Publishing, Inc.|lingua=en|curatore=Brendan Maurice Dooley|titolo=Italy in the Baroque: Selected Readings| città=New York & London|data=1995|url=https://books.google.it/books?id=q2doAAAAMAAJ&pg=PA460&dq|p=460|citazione=Published in 1654 (Turin: Sinibaldo), the treatise was an immediate success, establishing Tesauro's authority in the field. Considerably expanded by Tesauro in his second edition (Venice: Baglioni, 1665), it went through fourteen reprintings before 1702}}</ref>, e ne fu realizzata una traduzione [[Lingua latina|latina]], opera di Caspar Cörber, pubblicata nel 1698 e riedita nel 1714.<ref name=a>{{harvnb|Benedetto Croce (1911)|p=2}}.</ref><ref>{{Cita libro|lingua=la|cognome=Tesauro|nome=Emanuele|titolo=Idea argutæ et ingeniosæ dictionis|editore=Süstermann|anno=1698|città=Francofurti et Lipsiae|url=https://books.google.it/books?id=dYlFAAAAcAAJ&printsec=frontcover&hl}}</ref><ref>{{Cita libro|editore=apud Thomam Fritsch|lingua=la|cognome=Tesauro|nome=Emanuele|titolo=Idea argutæ et ingeniosæ dictionis|edizione=2|città=Coloniae|data=1714|url=https://books.google.it/books?id=lIdYAAAAcAAJ&printsec=frontcover&hl}}</ref> La pubblicazione della traduzione latina assicurò al ''Cannocchiale aristotelico'' un'ampia circolazione, come testimoniano i numerosi esemplari presenti nelle biblioteche di tutta Europa.<ref>Marco Maggi, introduzione a ''Vocabulario italiano: testo inedito'' di Emanuele Tesauro ([[Leo S. Olschki]], 2008) p. XXVI.</ref> La fama del Tesauro era del resto già ben consolidata se un gesuita tedesco, Jakob Masen, nella sua ''Ars nova argutiarum'', Colonia 1660, dedicata all'[[epigramma]] e alle iscrizioni argute, lo proponeva a modello, come «non inepte versatus» (p. 1). Più tardi, nel giugno del 1698, sugli ''[[Acta eruditorum]]'' di Lipsia, «la più autorevole fra le pubblicazioni scientifiche in lingua latina», tra Sei e Settecento, «il dotto relatore», annunciando la traduzione latina del ''Cannocchiale aristotelico'', così scriveva: «Emanuel Thesaurus, non magis stemmatum gloria et comitis dignitate ac insignibus, quam eleganti eruditione illustris, eam sibi famam ''Inscriptionibus'' suis comparavit, ut unicus quasi, praestantissimus certe artifex in arguto hoc scribendi genere suspiciatur, ad cuius opera velut ad Polycleti regulam scripta sua exigere solent, qui in concinnandis huiusmodi ingenii foetibus elaborant» <ref>cit. in Denise Aricò, ''Il Tesauro in Europa. Studi sulle traduzioni della «Filosofia morale»'', Bologna, CLUEB 1987, p. 153.</ref><ref>Cfr.: {{cita pubblicazione|titolo=Recensione di: Emanuelis Thesauri Idea argutae et ingeniosae dictionis|pubblicazione=[[Acta eruditorum]]|mese=giugno|anno=1698|città=Lipsia|url=https://books.google.it/books?id=SKWTHTpVSVgC&pg=PA255&dq|p=255}}</ref> Negli ultimi decenni sempre più studi sono stati dedicati al ''Cannocchiale aristotelico'', in cui si è giustamente vista una delle introduzioni più complete agli aspetti formali della cultura barocca.<ref name=q>{{harvnb|Mercedes Blanco (1992)|p=345}}.</ref><ref>Rivestono una particolare importanza gli studi dedicati al Tesauro da [[Ezio Raimondi]]. Cfr. {{DBI|ezio-raimondi|Ezio Raimondi|autore=[[Andrea Battistini]]|accesso=7 ottobre 2019|citazione=Di particolare rilevanza fu l’attenzione dedicata [dal Raimondi] a Emanuele Tesauro, rivelatosi in nulla inferiore a un Baltasar Gracián o ai massimi intellettuali europei del tempo, nel quale la tradizione retorica è restituita al ruolo di un’antropologia della cultura e a una moderna semiotica alla quale non sono estranee le scoperte della nuova ottica galileiana.}}</ref> Il trattato inedito di Tesauro ''Idea delle perfette imprese'', il nucleo del Cannocchiale aristotelico, è stato pubblicato nel 1975 da Maria Luisa Doglio<ref>{{harvnb|Maria Luisa Doglio (1975)}}.</ref> e tradotto in francese da Florence Vuilleumier.<ref>{{cita|Florence Vuilleumier (1992)}}.</ref> Gli [[Storia della letteratura|storici della letteratura]], gli [[Storia dell'arte|storici dell'arte]] e della cultura, i [[Semiotica|semiotici]] hanno sempre più frequentemente dimostrato interesse per l'opera di Tesauro.<ref name=q/>
 
=== Opere storiche e politiche ===
«Filologia e antiquaria in profusa dovizia fanno ritessere l’ordito della ''Historia dell’Augustissima Città di Torino'', commessa al Tesauro dalla municipalità cittadina, sgrossata in otto libri fino all'anno Mille, interrotta, poi rimaneggiata e pubblicata postuma dal segretario Giroldi, ultimata da Francesco Ferrero di Lavriano nel 1712 nel fulgore del Regno di [[Vittorio Amedeo II di Savoia|Vittorio Amedeo II]].»<ref>Maria Luisa Doglio, ''Letteratura e retorica da Tesauro a Gioffredo'', in Giuseppe Ricuperati (a cura di), ''Storia di Torino'', vol. 4, Giulio Einaudi Editore, 1997, p. 615.</ref> La storia iniziata da Tesauro esprimeva un forte sentimento di orgoglio civico; era in parte un panegirico, ma prevalentemente era una cronaca. Narrava il mito patriottico della fondazione di Torino, molti secoli prima di Roma, da parte del principe egiziano Eridano, e la sua rifondazione a opera di [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] e di [[Augusto]], per poi lanciarsi in un resoconto erudito dei trionfi della città e delle sue vicissitudini da quell'epoca in poi.<ref>Geoffrey Symcox. ''La reggenza della seconda madama reale (1675-1684)'', in Giuseppe Ricuperati (a cura di), ''Storia di Torino'', vol. 4, Giulio Einaudi Editore, 1997, p. 213.</ref>
 
In ambito storiografico Tesauro non si limitò alla storia del Piemonte, ma, riallacciandosi direttamente a [[Giordane]], fu tra i primi a interessarsi della storia medievale dei popoli del Nord Europa, superando la stagione rinascimentale incentrata soprattutto sulle antichità greche e romane. Tesauro può essere a buon diritto considerato un «antesignano degli studi altomedievali, con la lussuosa edizione in folio, con rami a piena pagina, ''Del regno d'Italia sotto i barbari'' (1644), che precedeva di una decina di anni l'''Historia Gothorum, Vandalorum et Langobardorum'' (1655) di [[Grozio]].»<ref>{{Treccani|dal-post-rinascimento-al-risorgimento_(Il-Contributo-italiano-alla-storia-del-Pensiero:-Storia-e-Politica)|Dal post-Rinascimento al Risorgimento|autore=[[Sergio Bertelli]]}}</ref> Adorno di un'antiporta allegorica, su disegno di [[Jan Miel]] inciso da J. J. Thourneysen, e di cinquantotto ritratti di sovrani su disegno dei due più accreditati pittori di corte, lo stesso Miel e [[Charles Dauphin]]<ref>{{cita pubblicazione|p=616|pubblicazione=Storia di Torino|volume=4|editore=[[Giulio Einaudi Editore]]|anno=1997|isbn=9788806162115|curatore=[[Giuseppe Ricuperati]]|autore=[[Maria Luisa Doglio]]|titolo=Letteratura e retorica da Tesauro a Gioffredo,}}</ref>, il volume è corredato di 782 "annotationi" opera di [[Valeriano Castiglione]] «volte all'ampliamento esplicativo del testo e ad irrobustirlo con citazioni e rinvii bibliografici e d'un certo interesse laddove, quasi a gara con le espressioni del Tesauro, il Castiglione parla di [[Arduino d'Ivrea|Arduino]] come di "voce" che "scoté il sonno d'Italia", la cui morte segnò la fine della "libertà" "gloria" e "pace" della penisola, oppure insiste sulla funzione pacificante ed unificante della "casa regale" di [[Casa Savoia|Savoia]]).»<ref>{{DBI|valeriano-castiglione|Valeriano Castiglione|autore=Gino Benzoni}}</ref>
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Nel Tesauro «barbari» ha valore solo generico; egli ci squaderna infatti una galleria di re, senza alcun riferimento culturale e civile, caratterizzati in modo letterario-drammatico tipicamente barocco: [[Alboino]], [[Clefi]], [[Autari]], [[Agilulfo]], [[Rotari]], [[Liutprando]], ecc., spiccano quali grandi personaggi, nel bene e nel male, superando il tradizionale concetto di barbarie. E così il giudizio finale sul regno longobardo: «Regno non men famoso per le malvagie attioni che per le buone: barbaro nel conquistare, et benigno nel conservare: autor delle leggi e distruggitore: insegnator della pietà, et della ferinità: pernicioso ugualmente, et profittevole alla Chiesa; alla quale molto rapì et molto donò; molto scemò di religione, et molto ne accrebbe . . .» (p. 219). In una più ampia prospettiva, provvidenzialistica, sotto l'Impero romano si iniziò la distruzione del paganesimo: sotto i [[Ostrogoti|Goti]], benché [[Arianesimo|ariani]], quest'opera è portata a termine «hauendo intanto Iddio proveduto, che nel seguente Regno de' Longobardi, come più humano, ancor l'Arriana pestilenza fosse purgata» (p. 25 ).<ref>{{cita pubblicazione|autore=Alessandro Bevilacqua|titolo=L. A. Muratori e l'arte gotica|pubblicazione=L. A. Muratori storiografo: Atti del Convegno Internazionale di Studi Muratoriani|città=Modena|anno=1972|p=185}}</ref><ref>Sul giudizio di Tesauro sui barbari cfr. anche: {{cita libro|titolo=Le antichità germaniche nella cultura italiana da Machiavelli a Vico|autore=Gustavo Costa|editore=[[Bibliopolis]]|anno=1977|p=215|citazione=Il quadro della dominazione longobarda, dipinto da Tesauro con la consueta esuberanza di figure retoriche, non appare completamente negativo. Se Clefi fu un vero e proprio mostro, che «nella stessa Reggia, officina di crudeltà, tanto spargea di sangue quanto di vino», Autari, che assunse il nome di Flavio in omaggio alla romanità, e sposò la virtuosa [[Teodolinda]], figlia di [[Garibaldo I di Baviera|Garibaldo]], duca di Baviera, fu un eccellente monarca, capace di assicurare la felicità ai propri sudditi, come sottolinea Tesauro, ricorrendo al topos encomiastico del ritorno dell'età dell'oro: «a' popoli fortunati parea ritornato in Italia con Flavio il Savio e Teodelinda la Santa il Regno di Saturno e di Astrea». Tesauro non manca di riconoscere l'importanza della legislazione rotariana, additando nel suo promotore «il Solone de' Longobardi che, ricogliendo i precetti della vita Civile in una frale membrana, li fece eterni», e di celebrare, sulle orme di [[Sigonio]], il regno di [[Ariperto I]]: «Barbaro anch'esso di natione, ma non di attione; fedele agli stranieri, provido a' suoi; da niun buono temuto, e di niun cattivo temendo, senza infierir nella guerra, né infeminir nella pace, godé et lasciò altrui godere il dolce frutto delle palme di Rotario».}}</ref>
 
Tra le opere storiche di Tesauro rivestono una particolare importanza, oltre alla ''Istoria dell'Augustissima Città di Torino''inoltre, una piccola serie di cronache (''Sant'Omero assediato dai Francesi e liberato'', ''Campeggiamenti del Piemonte'', ''Campeggiamenti di Fiandre''), che narrano le vicende militari della storia recente del [[Ducato di Savoia]]. Queste opere nascono dalla viva esperienza del campo di guerra, ma anche dalla persuasione che non ci si può «fidare di penne forestiere che misurano i premi e non la verità, e spesse volte prendono il premio con la manca e scrivono con la diritta a modo loro» (lettera a Giambattista Bruschetti, 9 febbraio 1642). Dettagliati giornali di guerra stesi a caldo, sono una fonte preziosa per la ricostruzione della storia del '600, sebbene vibranti di partigianeria per il protettore di Tesauro, [[Tommaso di Savoia-Carignano|Tommaso di Savoia]].
 
«Filologia e antiquaria in profusa dovizia fanno ritessere l’ordito della ''Historia dell’Augustissima Città di Torino'', commessa al Tesauro dalla municipalità cittadina, sgrossata in otto libri fino all'anno Mille, interrotta, poi rimaneggiata e pubblicata postuma dal segretario Giroldi, ultimata da Francesco Ferrero di Lavriano nel 1712 nel fulgore del Regno di [[Vittorio Amedeo II di Savoia|Vittorio Amedeo II]].»<ref>Maria Luisa Doglio, ''Letteratura e retorica da Tesauro a Gioffredo'', in Giuseppe Ricuperati (a cura di), ''Storia di Torino'', vol. 4, Giulio Einaudi Editore, 1997, p. 615.</ref> La storia iniziata da Tesauro esprimeva un forte sentimento di orgoglio civico; era in parte un panegirico, ma prevalentemente era una cronaca. Narrava il mito patriottico della fondazione di Torino, molti secoli prima di Roma, da parte del principe egiziano Eridano, e la sua rifondazione a opera di [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]] e di [[Augusto]], per poi lanciarsi in un resoconto erudito dei trionfi della città e delle sue vicissitudini da quell'epoca in poi.<ref>Geoffrey Symcox. ''La reggenza della seconda madama reale (1675-1684)'', in Giuseppe Ricuperati (a cura di), ''Storia di Torino'', vol. 4, Giulio Einaudi Editore, 1997, p. 213.</ref>
 
Tesauro fu anche scrittore politico di sentenze: nel libello pubblicato anonimo nel 1646 ''La politica di Esopo Frigio'' raccolse, traducendoli in modo personale e originalissimo da ''Les fables d'Esope phrygien'' del francese [[Jean Baudoin]] (1631), alcuni aforismi politici di commento a una serie di favole.
 
=== Opere latine e drammi ===
In giovinezza Tesauro mise insieme una raccolta di [[Epigramma|epigrammi]] latini, più volte ristampati, con alcune odi di sapore [[Quinto Orazio Flacco|oraziano]]. Gli è attribuita una tragedia musicale, cioè una specie di melodramma, l'<nowiki/>''Alcesti o sia l'amor sincero'' (Torino 1665); al teatro diede tre tragedie vere e proprie: l'<nowiki/>''Hippolito'' e l'<nowiki/>''Edipo'', che sono tratte, molto liberamente, da [[Lucio Anneo Seneca|Seneca]], e l'''Ermenegildo'' (insieme pubblicate, Torino 1661). Quest'ultima, che non si attiene strettamente alla regole, è da annoverarsi fra le migliori opere drammatiche del Seicento.