Apollo e Dafne (Bernini): differenze tra le versioni

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Dafne, per sottrarsi all'indesiderato abbraccio, ostenta la sua nudità contro il suo volere, e lotta per la sua verginità: per sfuggire alla presa di Apollo, infatti, la ninfa frena all'improvviso e inarca il busto verso avanti, così da controbilanciare la spinta del dio e proseguire la fuga. La parte inferiore del busto di Dafne, tuttavia, non risponde più alla sua volontà. La metamorfosi, infatti, è appena iniziata: il piede sinistro ha già perso ogni aspetto umano, divenendo radice, e altrettanto sta avvenendo al destro, che la sventurata ninfa tenta invano di sollevare ma che è invece ancorato al suolo da alcune appendici cilindriche che crescono dalle unghie e che formeranno in seguito l'apparato radicale della pianta di alloro. Per il medesimo processo, la corteccia sta progressivamente avvolgendo il suo leggiadro corpo, mentre le sue mani, rivolte al cielo con i palmi aperti, stanno già diventando ramoscelli d'alloro. Il volto di Dafne, caratterizzato dalla bocca semiaperta, rivela emozioni contrastanti: terrore, per esser stata appena raggiunta da Apollo, ma anche sollievo, perché è consapevole della metamorfosi appena iniziata e che, pertanto, il padre Peneo è riuscito a esaudire il suo desiderio.<ref>{{cita web|url=http://www.iconos.it/le-metamorfosi-di-ovidio/libro-i/apollo-e-dafne/immagini/60-apollo-e-dafne/|editore=Iconos|accesso=30 ottobre 2016|autore=Elisa Saviani|titolo=60: Apollo e Dafne}}</ref> Lo sguardo di Apollo, invece, manifesta una dolente, stupefatta delusione.<ref name=fgf>{{cita web|autore=A. Cocchi|titolo=Apollo e Dafne|accesso=30 ottobre 2016|editore=Geometrie fluide|url=http://www.geometriefluide.com/pagina.asp?cat=bernini-gianlorenzo&prod=apollo-dafne-bernini}}</ref>
 
Il ''pathos'' della scena è enfatizzato non solo dal dinamismo sia fisico che psicologico di Apollo e Dafne, ma anche dall'alternanza di pieni e vuoti., dai giochi di luce e di ombra, e dall'attenzione alla resa delle superfici diversamente trattate, così da poter imitare nella stessa materia marmorea la scabrosità della corteccia, la consistenza rocciosa del terreno, la morbidezza del volto di Dafne e l'aspra freschezza del fogliame. Notevole anche il perfetto equilibrio delle parti dell'opera, che si estendono nello spazio senza compromettere l'equilibrio, secondo un gioco di avvicinamenti e distacchi. È così che l'opera, impostata sui due archi descritti da Apollo e Dafne, restituisce mirabilmente una sensazione di armonia, dovuta anche al confronto che Bernini effettuò con la statuaria ellenistica, soprattutto con l<nowiki>'</nowiki>''[[Apollo del Belvedere]]''.<ref name=fgf/>
 
== Note ==