Battaglia di Capo Bon: differenze tra le versioni

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Considerato ormai fallita la sorpresa, che era la premessa indispensabile per la riuscita della sua missione, l’ammiraglio Toscano, voleva evitare di spingersi ancora più a sud perché temeva di essere attaccato con luce lunare dagli aerei di Malta ormai allertati; invertì quindi la rotta dirigendo verso l’isola di [[Marettimo]] indeciso sul da farsi, per poi rientrare a Palermo su ordine di Supermarina, che successivamente mostrò di non condividere l’iniziativa rinunciataria presa dal Comandante della 4a Divisione Navale. Quello che Supermarina non conosceva era che, dopo l’avvistamento dei due incrociatori italiani da parte del Wellington AM9W del 221° Squadron, il comandante della Marina Britannica a Malta, vice ammiraglio [[Wilbraham Ford]], aveva inviato in volo sette aerosiluranti [[Fairey Swordfish]] dell’830° Squadron e cinque aerosiluranti [[Fairey Albacore]] dell’828° Squadron dell’Aviazione Navale ([[Fleet Air Arm]] – FAA). Nel frattempo, sempre allo scopo di intercettare i due incrociatori dell’ammiraglio Toscano, alle 18.30 del 9 dicembre erano partite da Malta cinque unità della [[Force K|Forze B e K]], gli incrociatori [[HMS Neptune|Neptune]], [[HMS Aurora|Aurora]], [[HMS Penelope|Penelope]] e i cacciatorpediniere [[HMS Jaguar|Jaguar]] e [[HMS Kandahar|Kandahar]]. <ref>Malta War Diary, 9 e 10 dicembre 1941. Malta War Diary, 9 e 10 dicembre 1941.</ref>
 
[[Immagine:HMS Aurora 1942 IWM A 8158.jpg|La HMS Aurora nel 1942 al largo di [[Liverpool]].]]
Comunque, volente o nolente, l'integerrimo e corretto ammiraglio italiano, ligio al suo dovere (era conosciuto appunto in Marina per queste sue indiscusse qualità morali) mosse con le sue navi la sera del 9 dicembre, ma presto si rese conto dai suoi ricognitori delle navi di Stokes e decise di invertire la rotta e rientrare a Palermo (mettendosi con le sue navi alla fonda) anche perché si temeva un attacco aerosilurante presso l'isola di Marettimo. Ordine quindi comprensibile, considerato che le sue navi non potevano neanche difendersi se non con le armi leggere, in quanto oltre alla difficoltà di brandeggio delle torri inferiori, persino le vampe degli spari dei calibri principali avrebbero potuto causare l'incendio di numerosi fusti accatastati in coperta, specie sul ''Da Barbiano''.
 
Nelle prime ore del 10 dicembre gli aerei britannici si spinsero oltre Trapani, e nonostante possedessero il radar di scoperta navale ASV II non riuscirono a rintracciare gli incrociatori italiani, che avrebbero dovuto attaccare. I comandanti del Da Barbiano (capitano di vascello Giorgio Rodocanacchi) e del Di Giussano (capitano di vascello Giovanni Marabotto), avendo invece percepito, alle 03.30, la presenza dei velivoli nemici, ritennero, erroneamente, di aver sventato un attacco aerosilurante, con l’ausilio della manovra e nascondendosi con cortine di nebbia artificiale, per poi rientrare a Palermo alle 08.20 di quello stesso giorno. Il rientro alla base degli incrociatori italiani della 4a Divisione Navale costrinse le unita navali britanniche salpate da Malta ad effettuare un viaggio di intercettazione a vuoto, e rientrarono alla Valletta il mattino dell’indomani, 10 dicembre. Il Da Barbiano e il Di Giussano, se avessero continuato nella rotta sud, nella notte sul 10, o al limite l’indomani dello stesso giorno, sarebbero andati incontro al nemico, nelle condizioni più sfavorevoli ad affrontare un combattimento, a causa del loro pericolosissimo carico di combustibili e munizioni e per l’inferiorità numerica e potenziale. La ritirata dell’ammiraglio Toscano, che pure aveva fatto storcere la bocca negli ambienti navali italiani e generato anche discussioni antipatiche nei riguardi dell’ufficiale, servi invece ad evitare i pericolosissimi attacchi degli aerosiluranti e delle navi di superficie britanniche, e fortunatamente, almeno per il momento, ad evitare un’altra tragedia navale simile a quella di Matapan e del convoglio “Duisburg”. Dopo quell’esperienza negativa, Supermarina decise di apportare una variante al piano operativo aggregando alla 4a Divisione Navale l’incrociatore [[Giovanni delle Bande Nere (incrociatore)|Giovanni dalle Bande Nere]], fatto venire da [[La Spezia]], e le torpediniere [[Cigno (torpediniera)|Cigno]] e [[Climene (torpediniera)|Climene]] della XIII Squadriglia Torpediniere partite da [[Trapani]] per assumere la scorta dei tre incrociatori. L’impiego dell’incrociatore Bande Nere si era reso necessario per l’urgenza di dover trasportare in Libia una maggiore quantità di rifornimenti, in particolare munizioni e un maggiore quantità di benzina avio; quest’ultima era particolarmente necessaria per far volare gli aerei destinati a proteggere i convogli dell’operazione M.41, il cui impiego era previsto con inizio all’alba il 13 dicembre. Affinché il sostegno a quelle preziose navi potesse essere il più efficiente possibile, nella giornata del 10 il Capo di Stato Maggiore della Regia Aeronautica, generale di Squadra Aerea [[Rino Corso Fougier]], che aveva sollecitato il trasporto della benzina diretta a Tripoli nella maggiore quantità possibile, per assicurare agli incrociatori la maggiore scorta aerea, inviò al Comando della 5a Squadra Aerea (generale [[Vittorio Marchesi]]) l’ordine di concentrare sull’aeroporto di [[Misurata]], a disposizione del Settore Aeronautico Ovest, il 3° e il 23° Gruppo Caccia, il primo equipaggiato con velivoli biplani [[Fiat C.R.42]], il secondo con monoplani [[Macchi M.C.200]]. <ref>ASMAUS, Superaereo – Messaggi 1B/20611 e 1B/20618, GAM 8, cartella 140.</ref>
 
[[immagine:Clio (F555).jpg|thumb|right|La torpediniera Clio entra a Taranto dal ponte girevole.]]
Gli equipaggi delle due navi furono mandati a diporto in franchigia con le motobarche, con l'obbligo di essere sempre reperibili e di rientrare ogni ora in banchina per l'apposizione della firma. La decisione di mandare il personale in franchigia fu dettata probabilmente per sviare le reali intenzioni di una ripartenza improvvisa allo spionaggio nemico in città. Fu anche simulato uno sbarco del carico con bettoline sottobordo, nella vana speranza che chi vedesse da lontano potesse informare indirettamente quei caccia fermi al largo ad aspettare la preda a desistere, ma fu tutto vano.