Filologia: differenze tra le versioni

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→‎Analisi filologica di un testo: Analisi filologica del testo
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{{...|letteratura}}
 
 
== Analisi filologica di un testo ==
== Strumenti scrittori del testo ==
*[[Ostrakon]]: pezzetti di coccio, usati ad esempio ad [[Atene]] per le votazioni politiche e delle leggi.
*Tavolette di cera: usate nei "quadernetti" a [[Roma]], la cera era spalmata sul piano della tavoletta di legno, e incisa con un calamo. Più tardi sarà chiamata ''codex'', ma questo termine latino in precedenza era usato anche per definire i rotoli di papiro.
*[[Papiro]]: da cui si ricavavano i vari fogli da collegare l'un l'altro per formare il rotolo di papiro. Sia il papiro che la pergamena potevano essere facilmente riutilizzabili per altri testi, sopra un testo antico veniva riscritto uno di un altro autore. I rotoli di papiro o le pergamene che custodiscono più di un testo sono detti "palinsesti", celebre è il ritrovamento di quasi tutto il testo della ''Repubblica'' di [[Cicerone]] dal cardinale Angelo Mai.
*[[Pergamena]]: supporto scrittorio alternativo al papiro, composta di pelle animale, con cui si potevano ricavare vari fogli di testo, e rilegare in ''bifolium'', ecc
*[[Carta]]: poltiglia di stracci impastata con colla e lavorata per realizzare i fogli
 
== Recensio ed emendatio ==
La ''recensio'' consiste nell'individuare tutti i testimoni, papiri, pergamene, citazioni dirette e indirette del testo ecc, che hanno a che fare con il testo da riportare in edizione critica: individuazione degli errori e delle mancanze, delle lacune, ecc, realizzare uno ''[[stemma codicum]]'' per la futura edizione critica e l'apparato critico positivo e negativo.
 
L' ''emendatio'' consiste nella preparazione dell'edizione critica, prendendo come modello di riferimento un manoscritto, e ina lcuni casi più di uno per integrare, se questo manca di una parte del testo, uso dei segni diacritici per distinguere e/o eliminare gli errori degli altri manoscritti, integrare parti provenienti da un altro codice, oppure sanare la lacuna o il problema per mezzo di ''divinatio'', ossia dell'intuito dell'editore stesso, avvalendosi della conoscenza dell' ''usus scribendi'' (conoscendo lo stile dell'autore) e della ''lectio difficilior'', ossia distinguendo lo stile più antico, che dovrebbe avvicinarsi il più possibile allo stile del periodo di realizzazione dell'opera, dagli altri dei copisti, che spesso presentano interpolazioni, sostituzioni di termini e banalizzazioni dello stile.
 
Il procedimento di confronto dei codici vari si chiama "[[collazione]]", e grazie ai segni diacritici, la sanatura di errori o di parti mancanti, dove è possibile, avviene ''ope codicum'', ossia con l'aiuto dei codici, che vengono confrontati e riportati in appendice all'edizione critica, oppure anche all'inizio, dopo l'introduzione dell'editore, prima dell'inizio del testo.
 
 
La ''recensio'', secondo il [[metodo di Lachmann]] che fu il primo a introdurre il metodo del moderno filologo, per risalire all'origine del testo, si suddivide in una serie di operazioni successive:
* '''individuazione dei testimoni''' (ricognizione della tradizione).
 
L'insieme dei [[codice (filologia)|testimoni]] che trasmettono l'opera in forma integrale o parziale costituisce la [[Tradizione#Filologia|tradizione]] di un'opera. La tradizione si distingue in:
 
# tradizione diretta: complesso di manoscritti e stampe che trasmettono l'opera in quanto tale
# tradizione indiretta: versioni in altre lingue utili per ricostruire un testo lacunoso (non integrano formalmente ma chiariscono il significato), citazioni esplicite o implicite dell'opera, commenti antichi dell'opera che presentano un lemma che riporta la lezione genuina della tradizione, imitazioni o parodie, allusioni che possono conservare lezioni genuine o (molto alla lontana) modelli.
 
*'''''recensio''''' vera e propria (o censimento e valutazione): raccolta, confronto e valutazione dei testimoni, che possono essere integrali o parziali, diretti o indiretti.
 
Una tradizione può essere rappresentata da più testimoni o da un testimone solo. Se c'è un solo testimone il procedimento è relativamente più semplice.
In presenza di una tradizione a più testimoni, si procede con:
* '''''collatio''''' (confronto, sulla base di un esemplare di collazione), operazione che fa ancora parte della ''recensio''.
Lachmann applicava a questa fase il concetto del ''recensere sine interpretatione'', ossia un procedimento meccanico di confronto, mentre i suoi successori (da [[Paul Maas]] fino a [[Sebastiano Timpanaro]]) e l'esperienza generale dimostrano come sia necessario già da questa fase compiere un tentativo di ''comprendere'' il testimone, giudicando le lezioni corrette, sospette o [[errore (filologia)|erronee]]. Comparare significa confrontare i testimoni parola per parola. Il risultato di questo confronto è la registrazione delle differenze dei vari manoscritti. Tale confronto può essere condotto:
 
# per saggi (''loci critici'')
# per tutta l'opera (molto difficile per un'opera imponente);
 
idealmente la scelta migliore è la collazione integrale.
 
È utile ricordare alcune premesse fondamentali della filologia:
 
# la testimonianza di tutte le copie (o apografi) di un unico testimone (antigrafo) conta per uno, ai fini della ricerca, fatti salvi naturalmente i casi di contaminazione;
# la norma generale ''[[lectio difficilior potior]]'', cioè, a parità di condizioni, la variante più difficile ha più probabilità di essere originaria;
# la norma prudenziale ''recentiores non deteriores'' (formulata in particolare da [[Giorgio Pasquali]]), ovvero un testimone cronologicamente tardo non è necessariamente meno affidabile di uno più antico.
 
*'''''eliminatio codicum descriptorum''''' (eliminazione delle copie):
 
vengono eliminate dai testimoni utili le copie di un originale conservato. Non è però sempre evidente che un codice sia copia di un altro, e tale relazione va provata (es: buchi, macchie nell'originale e lacuna in corrispondenza nella copia; omissione di una riga che faccia sì che venga a mancare il senso compiuto, tranne che in caso di [[omoteleuto]], caso in cui la lacuna non può essere ritenuta dell'originale e non si può determinare se il codice sia una copia, il copista può fraintendere un compendio: l'[[errore (filologia)|errore]] non determina che si tratti di una copia, e altresì lezioni migliori non provano l'indipendenza di un codice da un altro perché possono essere frutto delle decisioni del copista). Il criterio della ''eliminatio codicum descriptorum'' ("eliminazione dei codici copiati") consente di lasciare da parte, sulla base di analisi delle caratteristiche fisiche del manoscritto, i testimoni ''apografi'' verosimilmente copiati da codici ''antigrafi'' di cui disponiamo; ai fini della sola ''constitutio textus'', infatti, tenere in conto un codice copiato da un altro posseduto risulterebbe poco utile perché questo ''apografo'' conterrebbe certamente tutti gli errori presenti nel suo ''antigrafo'', più altri di propria innovazione. Eccezioni possono verificarsi quando ad esempio un ''codex descriptus'' (copiato) riporta porzioni di testo perdute nell'''antigrafo''. In quel caso bisogna presumere che abbia copiato da qualche altra fonte, e che cioè gli antigrafi siano più di uno. Solitamente in questa fase è possibile ridurre il corpus della [[tradizione]] recensita, scartando molte [[Stampa|stampe]] che seguono la [[vulgata]] stabilita dalla [[editio princeps]], facendo attenzione comunque a possibili varianti autorali (vedere per approfondimento [[postillato d'autore]]) inserite in ristampe e nuove edizioni.
* '''determinazione delle relazioni tra i testimoni (→ ''stemma codicum'')''':
per stabilire come si raggruppano i testimoni non bisogna fondarsi sulle lezioni che hanno in comune (concordanze): mentre le parti uguali possono essersi mantenute indipendentemente nei diversi rami, è improbabile che certi tipi di errori si siano prodotti indipendentemente. Bisogna perciò basarsi sugli errori significativi, che possono essere separativi o congiuntivi. Converrà seguire le definizioni formalizzate da [[Paul Maas]]<ref> {{Cita libro|autore=Paul Maas|altri=Traduzione dal tedesco di Nello Martinelli|titolo=Critica del testo|anno=1952|editore=Le Monnier|città=Firenze}} </ref>, sulle quali, generalmente, sono fondate le diverse formulazioni fornite nei manuali di filologia, così come le discussioni, anche divergenti, della critica:
[[File:Karl Lachmann - Imagines philologorum.jpg|thumb|Karl Lachmann]]
# [[Errore congiuntivo|Errori congiuntivi]] (''Bindefehler''): "La connessione fra due testimoni (B e C) contro un terzo (A) viene dimostrata per mezzo di un errore comune ai testimoni B e C, che sia di tal natura, che secondo ogni probabilità B e C non possano essere caduti in questo errore indipendentemente l'uno dall'altro".
# [[Errore separativo|Errori separativi]] (''Trennfehler''): "La indipendenza di un testimonio (B) da un altro (A) viene dimostrata per mezzo di un errore di A contro B, che sia di tal natura, che, per quanto ci è dato sapere riguardo allo stato della critica congetturale nel tempo intercorso fra A e B, non può essere stato eliminato per congettura in questo spazio di tempo".
 
[[Immagine:Stemma codicum Plauto.svg|thumb|upright=1.2|Lo ''[[stemma codicum]]'' della tradizione delle opere di [[Tito Maccio Plauto|Plauto]] secondo il filologo classico [[Cesare Questa]]]]
 
Tale operazione conduce alla compilazione di uno ''[[stemma codicum]]'' (albero genealogico della tradizione manoscritta) in cui si individuano:
[[File:Giorgio Pasquali.jpg|thumb|Giorgio Pasquali]]
# un archetipo, cioè il capostipite dell'intera tradizione posseduta, solitamente indicato con la lettera Ω, la cui esistenza è dimostrata dalla presenza di almeno un errore congiuntivo comune a tutta la tradizione;
# uno o più ''codices interpositi'', cioè testimoni interposti tra l'archetipo e i manoscritti posseduti, solitamente indicati con lettere dell'alfabeto greco;
# uno o più codici posseduti, solitamente indicati con lettere dell'alfabeto latino.
 
Si giunge così alla individuazione di più ''classi'' (o ''famiglie'' o ''rami'') della tradizione: laddove una [[lezione (filologia)|lezione]] sarà attestata nella maggioranza delle ''classi'' (e NON nella maggioranza dei codici posseduti), questa, secondo il metodo meccanico lachmanniano, sarà verosimilmente la lezione corretta.
 
'''Altri tipi di errore'''
#Errori di pronuncia: con il cambiamento della lingua, sia greca che latina, nel greco si verifica durante l'era bizantina il fenomeno dello iotacismo, in latino si raggruppano i dittonghi ae, oe, cadono le consonanti in file di parola m-n-s. Tra questi errori, ci sono anche quelli di paleografia, in cui si scambiano le lettere con altre, soprattutto le minuscole.
#Errori di metrica: dal periodo bizantino i testi poetici in metrica vengono alterati con modifiche di parole rese più semplici, o con sinonimi (banalizzazione e interpolazione), da qui deriva anche il problema della quantità metrica: i Bizantini adottarono il dodecasillabo al posto del trimetro giambico, e molti testi subirono l'interpolazione; stessa cosa in latino quando fu introdotto l'[[esametro latino]] nel Medioevo.
#Aplografia e dittografia: il primo errore riguarda la dimenticanza del copista di trascrivere, magari seguendo le colonne di un testo poetico, un pezzo di frase o di testo; a causa del metodo di alcuni copisti di leggere e memorizzare a pezzetti il testo un passo alla volta, il passaggio da una parola all'altra, che magari avevano lo stesso inizio e la stessa fine, comportava l'elisione involontaria di tutta quella parte di testo che intercorre tra le due parole.. Per ''dittografia'' si intende la ripetizione di una parte della parola, o della stessa parola, sempre involontariamente da parte del copista.
#[[Omoteleuto]] e [[omeottoto]]: per il primo errore si intende una [[figura retorica]], che si ha quando due o più parole terminano alla stessa maniera o similmente.[[File:Tipico_omoteleuto_preso_dal_"liber"_catulliano-_(_carmina,_1_"dedica_a_cornelio_nepote")_2013-04-05_11-14.jpg|thumbnail|Tipico omoteleuto preso dal ''[[Liber (Catullo)|Liber]]'' di [[Catullo]]: ''Carmen I'', "Dedica a [[Cornelio Nepote]]".]]
Ha un equivalente [[sintassi|sintattico]] nell'[[omeottoto]], che consiste invece nel far terminare le parole con gli stessi [[caso (linguistica)|casi]].
 
La presenza di omoteleuti in un testo può causare, durante la copiatura di un [[manoscritto]], un errore meccanico detto ''[[saut du même au même]]''.
 
Per omeottoto (dal greco ''homoióptoton'', «simile nei casi»), si intende una [[figura retorica]] propria delle [[lingue flessive]] (come l'[[lingua italiana|italiano]] o il [[lingua latina|latino]], ma non l'[[lingua inglese|inglese]]) che consiste nel far terminare le ultime parole delle frasi con gli stessi [[caso (linguistica)|casi]]: per esempio, in [[lingua latina|latino]], due frasi consecutive e correlate che terminano entrambe con un [[accusativo]].
 
È l'equivalente [[sintassi|sintattico]] dell'[[omeoteleuto]], che consiste invece nel far terminare le parole con le stesse lettere.
* "''Vinco seu vinc'''or''', semper ego macul'''or''' ''" ("Che io vinca o sia vinto, sempre mi sporco");
* "''Advenio h'''as''' miser'''as''', frater, ad inferi'''as'''''" ("Giungo presso queste misere spoglie, fratello"), ''Carme 101'' di [[Catullo]];
* "''Immolabat aure'''am''' victim'''am''' pulchr'''am'''''" ("Immolava una vittima, bella, dorata"), ''[[Bellum Poenicum]]'' di [[Gneo Nevio]].
 
#Errori di ''distinctio'': derivati dall'assenza della punteggiatura e della separazione delle parole l'una dall'altra nei manoscritti, dunque ci può essere il fraintendimento di significato della parola per l'assenza di un punto o di una virgola.
#Marginalia: errori in cui si integra nel testo una glossa di un copista precedente, senza correggere l'errore che era stato segnalato, ma aggiungendone uno nuovo.
 
=== [[Stemma codicum]] ===
 
In [[filologia]] uno '''''stemma codicum''''' ("albero genealogico dei codici") è la rappresentazione grafica, in forma ramificata, del percorso che dall'[[archetipo (filologia)|archetipo]] porta ai [[testimone (filologia)|testimoni]] di un testo. La dottrina delle relazioni di dipendenza dei manoscritti si denomina, appunto, '''stemmatica'''.
 
== Descrizione breve ==
Esso è il frutto di un'attenta indagine sulla [[Tradizione#Filologia|tradizione]] di un testo antico.
 
Si potrebbe dire che lo stemma è l'[[albero genealogico]] del testo pervenutoci, uno schema piramidale al cui vertice c'è l'archetipo (quasi mai conservato), da cui provengono per copie successive le varie famiglie del testo conosciute, i cui testimoni occupano le basi di questa piramide.
 
Si tratta, in altre parole, della rappresentazione grafica delle relazioni intrattenute tra i diversi testimoni di un'opera che tramite essi ci è stata tramandata. Il testimone è una copia che appunto testimonia il contenuto dell'opera originale. L'[[Archetipo (filologia)|archetipo]] è ciò che i testimoni tramandano, spesso alterandone la forma in più luoghi.
 
*L'[[Omega (lettera)|Omega]] '''Ω''' rappresenta il manoscritto originale di un testo, perduto.
*L'alfa e la beta, (α) e (β), sono gli archetipi di due famiglie ben distinte (esempio Codex Palatinus e Codex Ambrosianus), che sono nate dalla riproduzione del manoscritto originale Omega.
*I prearchètipi coevi delle due grandi famiglie di manoscritti (A e Π), sono quei manoscritti che danno origine ai manoscritti per la maggior parte dei casi in nostro possesso, gli unici sopravvissuti fino ai giorni nostri e i più antichi. Il prearchetipo Π sarebbe quello del Codex Palatinus della maggior parte dei testi antichi in nostro possesso, conservati inoltre nella [[Biblioteca Vaticana]].
* P e π sono appunto i capostipiti perduti degli archetipi che possediamo. Possono essere capostipiti di "subarchetipi", ossia testi copiati dall'originale prearchetipo, nella maggior parte dei casi contenente il testo riprodotto in maniera errata, con manomissioni ed errori.
*B e η sono infatti i subarchetipi, la prima ipotesi di B, che il manoscritto sia stato copiato dal subarchetipo capostipite, e l'η che sia un manoscritto copiato da un "intermediario manoscritto" perduto (D), collegato ad un altro "C", che sarebbe un manoscritto trasposto (con errori), dall'η.
 
Oggi non c'è [[edizione critica]] di un testo antico che non riporti il suo ''stemma codicum''.
 
L'esatta ricostruzione di esso è nel [[metodo di Lachmann]] lo scopo della ''[[Metodo di Lachmann#Recensio|recensio]]'', che è l'attività preliminare necessaria all'''emendatio'', con cui l'editore tenta di correggere tutti gli errori sopravvenuti in un testo tramandato per stabilirne la forma migliore, la più vicina possibile all'originale scritto dall'autore, dando così un'edizione critica del testo.
 
Ma la ricostruzione dello ''stemma codicum'' permette una adeguata selezione delle lezioni, soltanto se la ''recensione'' è ''chiusa'' o ''verticale''; se invece ci si trova di fronte a una ''recensione aperta'', o ''orizzontale'', come la chiama [[Giorgio Pasquali]], e cioè se l'intera tradizione non deriva da un unico [[Archetipo (filologia)|archetipo]], lo ''stemma codicum'' risulta inefficace ed è necessario ricorrere a "criteri interni", valutando quale tra le diverse lezioni aderisca maggiormente all'''[[usus scribendi]]'' dell'autore o ancora quale sia la ''[[Lectio difficilior potior|lectio difficilior]]'' ("la lezione più difficile", e dunque improbabilmente dovuta a qualche copista, che anzi tende a banalizzare le lezioni dell'esemplare che sta copiando).
 
=== Segni diacritici ===
Si riportano quelli della filologia moderna, benché alcuni come l'obèlos e la coronide fossero usati anche nell'epoca dei filologi alessandrini.
* ... sotto le lettere di parola: parole illeggibili e incerte a causa di corruttela del testo
*] καί [: lacuna del testo nelle estremità a causa di deterioramento del supporto scrittorio, tipo papiro, a volte la lacuna può essere solo a destra o sinistra.
*[ ... ]: lacuna all'interno del testo, di cui non si conosce la quantità di lettere mancanti.
*[καί]: lacuna colmata dall'editore, tuttavia è un segno di espunzione, in quanto l'editore ritiene che la parola o la frase non faccia parte del testo originale.
*(καί): scioglimento di un'abbreviazione o un simbolo del testo manoscritto di riferimento usato per l'edizione critica.
*[[καί]]: indica la cancellazione di parola dello scriba; se il segno è [[...]], l'editore non riesce a comprendere le lettere cancellate dallo scriba.
*'''†'''...'''†''': crux desperationis: l'antico obelos (obelisco), che sta a definire la corruttela del testo, e l'impossibilità dell'editore di sanare il problema; a volte una parola o una frase, o lettera, è inserita tra le cruces, segno che il contenuto non è certo, e che l'editore ha provato a sanare la lacuna.
*{καί}: interpolazioni dello scriba, errori di cui si è accorto il copista, ripetizioni ecc, e per tanto parole espunte dall'editore moderno.
*<καί>: parola o lettera omessa dal copista, accertata dall'editore, il quale però integra grazie alla presenza di altri manoscritti, ritenendo che la suddetta parola faccia parte del testo originale.
 
=== La critica al metodo di Lachmann: Bédier ===
Il filologo francese [[Joseph Bédier]], che nel [[1890]] aveva approntato una [[edizione critica]] del ''[[Lai de l'ombre]]'' (antico testo francese) seguendo il metodo di Lachmann, nel [[1929]]<ref>Joseph Bédier, ''La tradition manuscrite du «Lai de l'ombre». Réflexions sur l'art d'éditer les anciens textes'', Paris, Champion, 1929.</ref>, dopo le critiche al suo lavoro portate da [[Gaston Paris]], torna a studiare il testo, concludendo in primo luogo che il metodo stemmatico era assai raramente efficace, in quanto spesso la tradizione si bipartiva in due sole classi: Bédier afferma, a questo proposito, l'esistenza di una ''forza dicotomica'' che porta a poco a poco al raggruppamento dei testimoni in due grandi famiglie. Il risultato di questo era dunque l'impossibilità di procedere meccanicamente alla scelta della lezione tramite la legge di maggioranza e, inoltre, che esso portava a produrre inevitabilmente ''testi compositi'', frutto dell'ingegno emendatore di un [[Filologia|filologo]], ma mai esistiti nella realtà.
 
La soluzione empirica di Bédier consisteva nello scegliere un ''bon manuscrit'', il miglior manoscritto tra i testimoni realmente posseduti e studiati. Ciò non secondo il ''gusto personale dell'editore,'' ma il più completo e con meno errori. In sostanza, il ''bon manuscrit'' non si sceglie a caso e bisogna dimostrare concretamente le ragioni per cui la scelta è ricaduta su quel codice piuttosto che su un altro. Il metodo lachmanniano, fino a quel momento base insostituibile per l'edizione critica di qualunque testo, entra in crisi.
 
=== Il recupero del metodo di Lachmann: Pasquali e la recensione aperta ===
Le critiche che [[Joseph Bédier|Bédier]] aveva rivolto al metodo stemmatico non furono prive di conseguenze: molti filologi infatti adottarono il suo sistema, detto del ''bon manuscript''. Spettò all'italiano [[Giorgio Pasquali]] di recuperare il metodo di Lachmann, pur senza ignorare completamente i contributi portati da [[Joseph Bédier|Bédier]]. Nel fondamentale saggio ''Storia della tradizione e critica del testo'' del [[1934]]<ref>Giorgio Pasquali, ''Storia della tradizione e critica del testo'', Firenze, F. Le Monnier, 1934.</ref> [[Giorgio Pasquali|Pasquali]] indica la necessità che l'edizione critica di un testo non sia lasciata al mero gusto per quanto raffinato di un editore e che le operazioni di critica testuale siano precedute e supportate da un approfondito studio storico della tradizione testuale, che non consideri i singoli testimoni unicamente come sigle o semplici "contenitori di testi"; è anzi opportuno analizzare in modo capillare ciascun manoscritto nella sua interezza, non tralasciando nemmeno di osservarne le caratteristiche esterne e l'individualità storica. La sola attenzione al codice in quanto tale, così come era stata esposta da Bédier, viene rifiutata da [[Giorgio Pasquali|Pasquali]], secondo il quale l'editore critico non può esimersi dal fornire una [[edizione critica]] scientificamente fondata, non riducibile alla mera riproduzione di uno dei testimoni, sia pure esso il migliore tra tutti quelli posseduti.
 
Non sempre però la ricostruzione dello ''stemma codicum'' secondo il metodo lachmanniano permette una adeguata selezione delle lezioni: ciò avviene soltanto se la ''recensione'' è ''chiusa'' o ''verticale''; se invece ci si trova di fronte a una ''recensione aperta'' o ''orizzontale'', come la chiama [[Giorgio Pasquali|Pasquali]], e cioè se l'intera tradizione non deriva da un unico archetipo, è necessario ricorrere a strumenti correttivi basati su "criteri interni", valutando quale tra le diverse lezioni aderisca maggiormente all'''[[usus scribendi]]'' (lo stile abituale) dell'autore o ancora quale sia la ''[[Lectio difficilior potior|lectio difficilior]]'' ("la lezione più difficile", e dunque improbabilmente dovuta all'innovazione da parte di qualche copista, che anzi tende generalmente a banalizzare le lezioni dell'esemplare da cui sta copiando).
 
== Preparazione dell'[[edizione critica]] ==
In [[filologia]] o [[ecdotica|critica testuale]], per '''edizione critica''' di un [[testo]] si intende una pubblicazione del testo stesso mirante a ristabilirne la forma originale, il più possibile rispondente alla volontà dell'autore, sulla base dello studio comparato ([[Collazione (filologia)|collazione]]) di ciascun passo dei diversi [[Codice (filologia)|testimoni]] diretti e indiretti esistenti, siano essi [[manoscritto|manoscritti]] o [[Stampa|testi a stampa]]. L'edizione si presenta perciò con un apparato critico che riporta le [[Lezione (filologia)|lezioni]] varianti. Può anche presentare uno ''[[stemma codicum]]'' riportante la familiarità tra i vari testi messi in relazione per rintracciarne l'[[Archetipo (filologia)|archetipo]].
 
In un testo sono dette "Varianti" le lezioni che l'autore o il copista ha accolto al posto di altre, generalmente tramite una cancellatura del precedente segmento, o una abrasione del supporto, mentre sono "Varianti alternative" quelle allogate ma non accolte a testo.
 
Le varianti si possono classificare, secondo un vecchio schema, in quattro tipi a seconda che siano state realizzate mediante:
 
#''Aggiunta''
#''Sostituzione''
#''Permutazione''
#''Soppressione''
 
Si distinguono inoltre, varianti "formali" e varianti "sostanziali". Le varianti possono essere anche "immediate" o "non immediate/tardive". Poiché spesso non si arriva a stabilire una cronologia relativa delle varianti che interessano un determinato segmento, occorre almeno stabilire quante e quali sono state le fasi elaborative del testo attraverso spie diverse, che siano inchiostro, cambiamenti di scrittura, posizione nella pagina e simili.
 
Da un punto di vista [[tipografia|tipografico]], un'edizione critica si distingue per alcune peculiarità dell'[[impaginazione]]. Il corpo del testo è in genere accompagnato da una numerazione a margine delle righe; talvolta possono comparire anche riferimenti a margine ai numeri di pagina dei diversi testimoni. A [[piè di pagina]] si trova l'[[apparato critico]], in cui l'editore (il [[filologo]] autore dell'edizione critica) testimonia e giustifica le scelte operate tra le varianti e le eventuali congetture.
 
L'edizione critica è il risultato di un procedimento che si può dividere in tre momenti principali:
*La ''recensio'' è la rassegna dei [[codice (filologia)|codici]] disponibili per la trasmissione del testo e il loro confronto (''collatio codicum''), in cui si analizzano a fondo i vari testi e si individuano i luoghi critici (''loci''), dove ci sono [[errore (filologia)|errori]] e varianti: confrontando tali errori si giunge a classificare i testimoni e ad organizzarli secondo le relazioni di parentela tra un codice e l'altro, cioè si allestisce lo ''stemma'' secondo il [[metodo di Lachmann]], e infine si eliminano i testimoni ritenuti inutili per stabilire il testo critico, come i ''codices descripti'', evidentemente copiati da un altro codice in possesso dell'editore.
*Nella ''constitutio textus'' si allestisce il testo critico confrontando tra loro, lezione per lezione, i vari testimoni, in modo da poter operare la ''reductio ad unum'', cioè dedurre tra tutte le varianti quella originale, o - se nessuna è convincente - correggerle mediante una [[congettura]] (''divinatio''); una volta stabilito il testo si passa a sistemarlo secondo canoni moderni ([[scrittura]], [[punteggiatura]] ecc.: ''facies graphica'', e paragrafatura o suddivisione dei [[verso|versi]] nei testi poetici: ''dispositio textus'').
*L<nowiki>'</nowiki>''instructio editionis'' è l'ultima fase nella quale si termina di allestire l'edizione critica redigendo l'[[apparato critico|apparato]] delle varianti rifiutate nel testo e gli altri materiali complementari, quale introduzione, presentazione dei [[manoscritto|manoscritti]], analisi degli aspetti [[linguistica|linguistici]] del testo, commenti vari, [[glossario|glossari]], [[rimario|rimari]], [[indice (editoria)|indici]] ecc.
 
Queste fasi possono tuttavia ridursi in caso di tradizione unitestimoniale, quando cioè a tramandare un dato testo sia un solo codice: in questo caso naturalmente la ''recensio'' si limiterà all'analisi di questo testimone, nella ''constitutio textus'' non si potrà che stabilire il testo attenendosi al codice e, nel caso di lezione palesemente inautentica, tentare di congetturarla; il resto dell'edizione invece (''facies graphica'', ''dispositio textus'' e ''instructio editionis'') sarà uguale a quella della tradizione pluritestimoniale.
 
== Note ==