Giovanni Bosco: differenze tra le versioni

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Lo storico Pietro Stella ipotizzò che il sogno del giovane Bosco sia stato influenzato da una predica riguardante il mandato di Gesù a [[san Pietro]] e la celebre frase: «Pasci le mie pecorelle». Secondo gli studi dello storico, infatti, Giovanni fece quel sogno proprio la notte successiva alla festa di San Pietro.
 
=== La formazione e gli studi ===
Ciao conny
{{citazione|La sottrazione di benevolenza è un castigo che eccita l'emulazione.|''Il sistema preventivo'', don Bosco}}
In seguito a quel sogno, il giovane Bosco decise di seguire la strada del sacerdozio. A [[Capriglio]] vi era una scuola elementare all'interno della parrocchia, in cui si recò il ragazzino per studiare, ma don Lacqua, il cappellano che gestiva le lezioni, non lo accolse fra i suoi alunni perché apparteneva a un altro comune. Il caso volle che, morta la serva del curato, questi assunse Marianna Occhiena, sorella di Margherita e dunque zia di Giovanni Bosco, che pregò don Lacqua affinché accogliesse il nipote a scuola. Questi accettò malvolentieri, ma finì comunque per affezionarsi al ragazzo, difendendolo dai compagni che lo maltrattavano perché di un altro paese.
 
Per avvicinare alla preghiera e all'ascolto della messa i ragazzini del paese, Giovanni Bosco decise di imparare i giochi di prestigio e le acrobazie dei saltimbanchi, attirando così i coetanei e i contadini del luogo grazie a salti e trucchetti di magia, invitandoli però prima a recitare il Rosario e ad ascoltare una lettura tratta dal Vangelo.
 
Nel febbraio del 1826 Giovanni Bosco perse anche la nonna paterna che viveva con loro. Poiché ella riusciva a tenere a freno i tre ragazzi della famiglia, Margherita, spaventata dal fatto che il figlio potesse perdere la via giusta, chiese al parroco, don Sismondo, di concedergli la Comunione, benché l'età media dei ragazzi per accedere al sacramento fosse di dodici anni, mentre Giovanni Bosco aveva soltanto undici anni. Don Sismondo accondiscese e così il 26 marzo [[1826]], il ragazzo fece la sua [[Prima Comunione]].
 
L'inverno che seguì per lui fu il più duro: il fratellastro Antonio, che già guardava di cattivo occhio il fatto che Giovannino frequentasse la scuola e per di più passasse il tempo pregando e compiendo giochi di prestigio, si lamentò di lui e a stento il ragazzino riuscì a salvarsi dai suoi pugni. Margherita fu così costretta a mandare via il figlio dai Becchi per farlo vivere come garzone a [[Moncucco Torinese]] presso la cascina dei coniugi Luigi e Dorotea Moglia, dove rimase dal febbraio [[1827]] al novembre [[1829]]. Essi, in un primo momento, non volevano accogliere il giovane fra i propri lavoratori, ma osservando la tenacia e l'intelligenza del ragazzo decisero di tenerlo con loro, affidandolo al vaccaro della famiglia, il vecchio Giuseppe, chiamato da tutti "lo zio".
 
Essendo desideroso di studiare, Giovanni chiese allo zio Michele Occhiena, che aveva scambi con il Seminario di [[Chieri]], di intercedere per lui affinché qualche sacerdote accettasse di istruirlo. Michele non riuscì però a ottenere alcun risultato. Nel settembre di quel 1829, a [[Morialdo]] era venuto a stabilirsi come cappellano [[Giovanni Melchiorre Calosso|don Giovanni Calosso]], sacerdote settantenne; questi, dopo aver constatato quanto intelligente e desideroso di studiare fosse il giovane, decise di accoglierlo nella propria casa per insegnargli la grammatica latina e prepararlo così alla vita del sacerdote. Un anno dopo, e precisamente il 21 novembre del [[1830]], Giovanni Calosso fu colpito da [[apoplessia]] e moribondo diede al giovane amico la chiave della sua cassaforte, dove erano conservate seimila lire che avrebbero permesso a Giovanni di studiare ed entrare in Seminario. Il ragazzo, però, preferì non accettare il regalo del maestro e consegnò l'eredità ai parenti del defunto.
 
Il 21 marzo [[1831]] il fratellastro Antonio sposò Anna Rosso, di Castelnuovo, e la madre decise di dividere l'asse patrimoniale con lui, così che Giovanni poté tornare a casa e riprendere da settembre gli studi a Castelnuovo con la possibilità di una semi-pensione presso Giovanni Roberto, sarto e musicista del paese, che gli insegnò il proprio mestiere. A fine anno decise di andare a studiare a Chieri e l'estate la passò al ''Sussambrino'', una cascina di Castelnuovo che suo fratello Giuseppe ([[1813]]-[[1862]]), insieme con l'amico Giuseppe Febraro, aveva preso a [[mezzadria]].
 
Grazie all'aiuto del maestro, don Emanuele Virano, riuscì a recuperare tutto il tempo perduto ma, non appena questi fu nominato parroco di [[Mondonio]] e dovette abbandonare la scuola, il suo sostituto, don Nicola Moglia, di settantacinque anni, non riuscendo a contenere i suoi giovani studenti, fece perdere al giovane Bosco tempo prezioso, che egli comunque spese imparando diversi mestieri, quale quello del sarto, grazie all'aiuto di Giovanni Roberto, e quello del fabbro nella fucina di Evasio Savio, un suo amico, grazie ai cui insegnamenti egli in seguito riuscì a fondare laboratori per i ragazzi dell'Oratorio di Valdocco.
 
=== Il sacerdozio ===