Jean Fautrier: differenze tra le versioni

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È stato uno degli esponenti maggiori del [[Tachisme]]. Insieme a [[Jean Dubuffet]] fu una delle principali figure dell'arte informale. Partecipò alla [[XXX Esposizione internazionale d'arte]] di Venezia.
Nonostante la frequentazione della Royal Academy e della Slade School of Art di Londra, città dove visse con la madre tra il 1908 e il 1914, egli si orienta ben presto verso forme espressive anticonvenzionali ed estreme che, muovendo da Turner, tendono a una progressiva e metodica dissoluzione della forma.
Nell'inquietante serie degli Ostaggi, realizzata tra il 1943 e il 1945, l'artista ha già messo a punto un proprio linguaggio di fortissima e tragica espressività, utilizzando il colore non più come tale, ma in quanto puro elemento materico, ora ricco e colante, ora grinzoso e rarefatto, a seconda delle aggiunte di colla, segatura, olio altre sostanze ancora. Anche il poeta Giuseppe Ungaretti fu un grande ammiratore degli «Ostaggi» di Fautrier<ref>Il poeta e il pittore s'erano conosciuti solo nel 1959, ma erano subito diventati grandi amici. Ungaretti apprezzò moltissimo gli Ostaggi e, dopo la scomparsa dell'amico, s'impegnò a fondo per aiutare Janine Aeply - ch'era stata la compagna di Fautrier - a vendere in Italia un piccolo Otage (lettere di Ungaretti a Leone Piccioni del 22 e 23 febbraio, del 1° marzo e del 5 aprile 1965, ''L'allegria è il mio elemento. Trecento lettere con Leone Piccioni'', Mondadori, 2013, pp. 246-250; e la lettera di Ungaretti a Piero Bigongiari del 15 maggio 1965, ''«La certezza della poesia», Lettere (1942-1970)'', Polistampa, 2008, p. 294; la vicenda è ricostruita in [http://www.ungarettivitanascosta.it/jean-fautrier/ Jean Fautrier e Giuseppe Ungaretti].</ref>. La celebre serie prende spunto dall'esperienza personale di Fautrier. Egli, infatti, partecipa alla Resistenza francese e da partigiano antinazista ha modo di assistere alle atrocità che i soldati tedeschi compivano sui prigionieri (gli Ostaggi, appunto) nel cortile di una prigione che egli poteva osservare dal contiguo ospedale psichiatrico dove si era rifugiato.
''Testa d'ostaggio n. 14'' risale al 1944 e allude, pur al di fuori di qualsiasi riconoscibilità figurativa, alla testa di un partigiano morente. Il colore, allora, si fa materia densa, quasi melmosa, lavorata a spatola e percorsa da cretti violacei che ne interrompono violentemente la continuità.
 
== Jean Fautrier nei musei ==