Gaio Muzio Scevola: differenze tra le versioni

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Non appena ottenne l'autorizzazione, si infiltrò nelle linee nemiche, grazie anche al fatto che egli era di origine e [[lingua etrusca]],<ref name="ref_A" /> e armato di un pugnale, raggiunse l'accampamento di Porsenna, che stava distribuendo la paga ai soldati. Muzio attese che il suo bersaglio rimanesse solo e quindi lo pugnalò, ma sbagliò persona: aveva infatti assassinato lo [[scriba]] del [[lucumone]] etrusco.
 
Subito venne catturato dalle guardie del comandante, e portato al cospetto di Porsenna, il giovane romano non esitò a dire: «Volevo uccidere te. La mia mano ha errato e ora la punisco per questo imperdonabile errore». Così mise la sua mano destra in un braciere dove ardeva il ''Fuoco dei sacrifici'' e non la tolse fino a che non fu completamente consumata. Da quel giorno il coraggioso nobile romano avrebbe assunto il [[cognomen|cognome]] di "Scevola" (il mancino).<ref>{{cita|Livio|II, 13}}.</ref>
[[File:Bassorilievo Muzio Scevola a Roma.jpeg|thumb|Bassorilievo della mano di Muzio Scevola nel fuoco, a Roma, in via Sallustiana.]]
Porsenna rimase tanto impressionato da questo gesto che decise di liberare il giovane. Muzio, allora, sfoggiò la sua astuzia e disse: «Per ringraziarti della tua clemenza, voglio rivelarti che trecento giovani nobili romani hanno solennemente giurato di ucciderti. Il fato ha stabilito che io fossi il primo e ora sono qui davanti a te perché ho fallito. Ma prima o poi qualcuno degli altri duecentonovantanove riuscirà nell'intento».