Sociologia della musica: differenze tra le versioni

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==Origini della disciplina==
I primi sociologi ad interessarsi alla musica come componente importante della società sono stati [[Alfred Schütz]] e [[Max Weber]]. Quest'ultimo, in particolare, interpretava lo sviluppo del rigido [[sistema tonale]] in musica come corrispettivo del processo di [[Razionalizzazione (sociologia)|razionalizzazione]] della [[società borghese]].
 
''È assiomaticamente condivisibile l'affermazione di Silbermann quando dice che l'uomo, nel suo essere sociomusicale, rimane sempre per la sociologia della musica punto di parten-za e centro delle sue considerazioni. Anche William James parlava della nostra ‘suscettibili-tà alla musica’ e se è vero che la musica influenza tutti noi –ci può calmare, animare, dare conforto, emozionare, o contribuire a organizzarci e sincronizzarci nel lavoro o nel gioco-, è vero anche che può rivelarsi particolarmente efficace e avere un immenso potenziale tera-peutico in pazienti con patologie neurologiche assai diverse. Queste persone possono ri-spondere in modo intenso e specifico a determinati generi di musica (e a volte quasi ad essi soltanto). Da quando è possibile riconoscere l'ordine tipico del jazz come sistema, con le sue metamorfosi e con le sue svolte, esso ha conquistato tutte le sfere della vita sociale, influenzando comportamenti, gusti, idee, arti, mobili, vestiti, oggetti, linguaggio. In altri termini, da quando è apparso in America agli inizi del colonialismo in Africa e America del 1600 fin poi all'assolutismo illuminato del 1700 –sempreché si voglia far coincidere questa storia col traffico degli schiavi africani- non ha un contenuto specifico: è un dispositivo sociale definito da una temporalità relativamente breve e da cambiamenti veloci, che coinvolgono ambiti diversi della vita collettiva''<ref>[[Gildo De Stefano|Gildo De Stefano, ''Una storia sociale del jazz'']]</ref>
 
== Sviluppi successivi ==