Camillo Benso, conte di Cavour: differenze tra le versioni

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Il 29 maggio [[1861]] Cavour ebbe un malore, attribuito dal suo medico curante a una delle crisi malariche che lo colpivano periodicamente da quando - in gioventù - aveva contratto la [[malaria]] nelle risaie di famiglia del [[Provincia di Vercelli|vercellese]]. In questa occasione tutte le cure praticate non ebbero effetto, tanto che il 5 giugno venne fatto chiamare un sacerdote [[Ordine dei frati minori|francescano]] suo amico, padre Giacomo da [[Poirino]]<ref name=Romeo-524>{{Cita|Romeo|p. 524}}.</ref>, al secolo, Luigi Marocco (1808-1885)<ref>Marziano Bernardi, ''op. cit.'', p. 122</ref>.
 
Costui, come gli aveva promesso già da cinque anni, lo confessò e gli somministrò l'[[estrema unzione]], ignorando sia la scomunica, che il conte aveva subito nel 1855, sia il fatto che Cavour non ritrattòaveva ritrattato le sue scelte [[anticlericale|anticlericali]]<ref name=Romeo-524 />.
 
Per questo motivo, padre Giacomo, parroco di [[Chiesa di Santa Maria degli Angeli (Torino)|Santa Maria degli Angeli]], chiesa nella quale avvennero poi le esequie<ref>Roberto Dinucci, ''Guida di Torino'', Edizioni D'Aponte, p. 127</ref><ref>Marziano Bernardi, ''Torino&nbsp;– Storia e arte'', Torino, Editori Fratelli Pozzo, 1975, p. 122</ref>, dopo aver riferito i fatti alle autorità religiose fu richiamato a Roma, [[Sospensione a divinis|sospeso ''a divinis'']] e poi dimesso dallo stato clericale. Subito dopo il colloquio con padre Giacomo, Cavour chiese di parlare con [[Luigi Carlo Farini]] al quale, come rivela la nipote Giuseppina, confidò a futura memoria: «Mi ha confessato ed ho ricevuto l'assoluzione, più tardi mi comunicherò. Voglio che si sappia; voglio che il buon popolo di Torino sappia che io muoio da buon cristiano. Sono tranquillo e non ho mai fatto male a nessuno»<ref>In [https://www.avvenire.it/rubriche/pagine/amicus-eugenius-br--cavourtra-monarchia-br--fede-e-sacramenti_20150611 In Gianni Gennari, ''[[Avvenire]]'', 11 giugno 2015]</ref>.