Isegoria: differenze tra le versioni

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Una prima menzione dell'isegoria la si ha nei [[poema epico|poemi]] [[Omero|omerici]], in particolare nell<nowiki>'</nowiki>''[[Iliade]]''. [[Tersite]] prende la parola per criticare i re, dicendo cose non molto diverse da quelle dette da [[Achille]] ma viene severamente punito in un'assemblea dominata dai ''[[anax|re]]'' e dagli [[eroe|eroi]]: Tersite, uomo del [[popolo|demos]], ha sì il diritto di parlare, ma non di pronunciare frasi inopportune verso il ceto dominante. L'organizzazione gerarchica prevaleva su un diritto che non aveva trovato regolamentazione con la fissazione di criteri oggettivi.
 
Con l'affermarsi, sia pure contrastato, della democrazia, gli strati emergenti delle popolazioni riuscirono a conquistare il diritto di parlare in assemblea (isegoria) e quello di farlo liberamente per quello che riguarda i contenuti ([[parresia]]) i due termini sono usati come sinonimi.<ref> Erodoto usa più volte il termine isegoria, mentre [[Euripide]], [[Demostene]], [[Isocrate]] usano più spesso [[Parresia|parrhesìa]]. Cfr. [[Arnaldo Momigliano]], [http://books.google.it/books?id=6s2JXFsuXF8C&pg=PA428&dq=isegoria&hl=it&ei=jj3KTr-_KseesAaCuPSPBw&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=1&ved=0CC4Q6AEwAA#v=onepage&q=isegoria&f=false "La libertà di parola nel mondo antico"] (1971), ristampato in ''Sesto contributo alla storia degli studi classici e del mondo antico'', Tomo II, [[Edizioni di Storia e Letteratura]], 1980, ''pp. 403-436.</ref>
 
Nella ''[[Costituzione degli Ateniesi]]'' dello pseudo-Aristotele<ref> La tradizionale attribuzione della ''Costituzione degli Ateniesi'' ad [[Aristotele]] viene respinta dalla critica moderna. Sullo specifico punto Aristotele non usa mai ''isegoria'' con valore di diritto di parola nelle assemblee pubbliche, ma solo nella sfera privata (cfr [[Arnaldo Momigliano]])</ref>, l'isegoria è considerata fondamentale. [[Erodoto]] afferma che [[Atene]], che era divenuta la [[polis]] più potente, aveva introdotto in modo scrupoloso l'isegoria. Anche [[Euripide]], nelle ''[[Le supplici (Euripide)|Supplici]]'', sottolinea il rapporto tra l'isegorìa (compresa la libertà di tacere) e le prerogative di libertà e uguaglianza.