Essere e tempo: differenze tra le versioni

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Neppure la contemplazione (mistica) è una risposta adeguata alla domanda. "Pensare alla morte" è un modo di renderla "oggettiva", estranea od esterna a noi, come quell'ente che a noi mancherebbe per essere "completi". Al contrario, la possibilità deve essere intesa nel modo più totale come possibilità, come incombere il cui accadere non coincide col nostro esistere: noi non sapremo mai "cos'è" la morte perché nella morte non c'è esistenza.
 
Di fronte - o per meglio dire "sotto" - la possibilità della morte, ogni pre-occupazione di quello che sarà domani è vuota di significato. Inoltre: in quanto è la nostra possibilità più propria (assolutamente nostra e individuale - "quandoInutile piangere, si muore,nasce e si muore soli", scriveva [[Cesare Pavese]]<ref>C. Pavese ''[[La casa in collina]]''. Molto simile dicevain una canzone di [[Fabrizio De André)|De André]]: "quando si muore, si muore soli".</ref> - la comprensione del nostro essere per la fine ci sottrae al dominio del Si, agli altri come massa, pubblico. «''La morte non "appartiene" indifferentemente all'insieme degli Esserci, ma pretende l'Esserci nel suo isolamento''».
 
Questa autenticità - questa coscienza della morte - non autorizza l'indifferenza. L'autenticità dell'esistenza implica sempre la Cura; ma l'essere-per e il con-essere, per esser autentici, devono tener conto della possibilità della morte, cioè devono esser liberi da ogni condizionamento che ci allontani da noi stessi, da ogni desiderio di fuga. «''L'anticipazione della possibilità incondizionata conferisce all'ente anticipante la possibilità di assumere il suo essere più proprio da sé stesso e a partire da se stessi''». L'ansia del successo è il tipico commisurare se stessi con gli occhi degli altri; il cooperare ad uno scopo comune è invece il modo di intendere se stessi come sostituibili.