Carlo I d'Angiò: differenze tra le versioni

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La politica bellicosa e dispendiosa di Carlo e le conseguenti forti imposizioni fiscali scatenarono malcontento in tutto il Regno, particolarmente in Sicilia: gli abitanti dell'isola, infatti, non avevano assolutamente digerito la decisione di Carlo d'Angiò di trasferire la capitale del Regno da [[Palermo]] a [[Napoli]] e soffrivano ancor più il regime poliziesco che lo stesso re aveva instaurato, in maniera indiscriminata e con mano ferrea, verso tutti i suoi sudditi, applicando una politica autoritaria ed estremamente vessatoria (molto simile a quella dei [[Normanni]]). Il germe di una violenta reazione covava tra i palermitani, che avevano visto la loro città perdere il ruolo di capitale e i loro territori espropriati e suddivisi tra vari nuovi baroni francesi.
 
La sollevazione popolare che andava preparandosi esplose, per apparenti ragioni di interesse privato, il 30 marzo 1282, giorno del [[Lunedì di Pasqua]], a Palermo, prima della funzione religiosa serale dei [[Vespri]]<ref>Un soldato francese, certo [[Drouet]], offese una nobildonna palermitana sul sagrato della [[Chiesa del Santo Spirito (Palermo)|Chiesa del Santo Spirito]] e fu ucciso, per reazione, dal marito di quest'ultima, scatenando di fatto l'attacco degli abitanti di Palermo contro i francesi.</ref>. In poco tempo gli Angioini furono scacciati da tutta l'isola, tranne che nell'imponente [[castello di Sperlinga]], dove alcuni soldati di Carlo d'Angiò, capeggiati da ''[[Pierre de Lamanon|Petro de Lamanno]]''<ref>Detto anche Lemanno o Alamannonno.</ref>, resistettero all'assedio per tredici mesi, con aiuto dei popolani. Un'iscrizione latina sul vestibolo del Castello di [[Sperlinga]] ricorda questo famoso evento: <small>[[Quod Siculis placuit, sola Sperlinga negavit]]</small>. Il 25 luglio, Carlo, con le forze destinate alla guerra greca sbarcò in Sicilia e pose l'assedio a Messina, che resistette eroicamente per due mesi.
 
I siciliani, che avevano chiesto invano al papa la possibilità di autogovernarsi come confederazione di liberi comuni in forma repubblicana, si rivolsero allora al [[Corona d'Aragona|re di Aragona e Valencia]], [[Pietro III di Aragona|Pietro III ''il Grande'']], marito di [[Costanza di Hohenstaufen]], figlia di [[Manfredi di Sicilia|Manfredi]].<ref>Benigno e Giarrizzo, ''Storia della Sicilia'', cit., p. 1.</ref> Il sovrano aragonese sbarcò a [[Trapani]], con circa 9.000 armigeri, il 30 agosto, causando, meno di un mese più tardi, la fuga di Carlo, che, il 26 settembre, fu costretto a lasciare la Sicilia, perdendone di fatto il [[regno di Sicilia|regno]].