Storiografia: differenze tra le versioni

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Tutte le interpretazioni dei fatti non possono che essere diverse, non solo perché personali e soggettive, ma anche perché a loro volta influenzate dai diversi punti di osservazione o di vista, cioè dai contesti culturali che si differenziano nello spazio e nel tempo (ad esempio: nello spazio, per le diverse aree geopolitiche attuali; nel tempo, per le correnti di pensiero e i contesti ideologici che si sono succeduti). Per questo è possibile tracciare una storia della storiografia.
 
=== Storiografia antica ===
Per gli antichi scrivere storia significava tramandare fatti realmente accaduti badando non solo a registrare gli eventi, ma a individuare le connessioni, i rapporti di causa, e possibilmente ricavandone un insegnamento. Al di là di questo intento di base abbastanza generico, che può valere anche per la storiografia di altri periodi, alcuni elementi caratterizzano più specificamente la storiografia antica:
*l'esigenza del ''discernimento'', che portava a selezionare i fatti importanti, da tramandare, da quelli secondari e a distinguere le cause vere dai pretesti e dalle cause occasionali;
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*l'idea che la storia sia ''magistra vitae'' in quanto consente di fare previsioni per il futuro sulla base di quello che è accaduto in precedenza: gli antichi infatti, avendo una concezione circolare del tempo, ritenevano che la storia si ripetesse e quindi l'uomo potesse trarre dagli esempi del passato una lezione su come comportarsi in analoghe circostanze. Quindi l'attività dello storico doveva avere anche lo scopo di far emergere l'insegnamento della storia.
 
==== LaLe origini della storiografia: Erodoto e grecaTucidide ====
[[File:Thucydides-bust-cutout ROM.jpg|thumb|[[Tucidide]], autore de ''[[La guerra del Peloponneso]]'']]
 
=====Le origini e l'età classica=====
Quando, al volgere del [[III secolo a.C.]], a [[Roma]] si cominciò a sentire l'esigenza di ricostruire (e di esaltare) il proprio passato nelle forme dell'indagine storica, la storiografia greca aveva ormai alle proprie spalle tre secoli di tradizione. Preannunciata, tra la fine del [[VI secolo a.C.|VI]] e l'inizio del [[V secolo a.C.]] dalle ricerche geo-etnografiche o genealogiche dei primi [[Logografia (storia)|logografi]] (il più famoso fu [[Ecateo di Mileto]]), la storiografia greca raggiunse la piena dignità di una consapevole riflessione sulle vicende del popolo greco, nei suoi rapporti col mondo barbarico (cioè essenzialmente con l'[[Persia|impero persiano]]), ma anche nella dinamica dei suoi rapporti interni, con l'opera di [[Erodoto|Erodoto di Alicarnasso]] ([[V secolo a.C.]]), fin dall'antichità considerato il vero ''padre della storia''.
 
[[File:Thucydides-bust-cutout ROM.jpg|thumb|[[Tucidide]], autore de ''[[La guerra del Peloponneso]]'']]
In [[Erodoto]] il peso della tradizione logografica si fa ancora sentire, specialmente nella prima parte dell'opera, nell'impostazione per singoli ''lògoi'', cioè per sezioni su base etnica e territoriale, anche se essa appare contemperata dall'esigenza di presentare un evento come le guerre tra [[Grecia antica|Greci]] e [[Persia]]ni (combattute fra il 490 ed il 478 a.C.) nel contesto di una visione generale dell'uomo e della storia. Un primo enunciato di metodo si incontra nel proemio delle ''[[Storie (Erodoto)|Storie]]'':
 
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Il definitivo superamento della [[Logografia (storia)|tradizione logografica]] si ebbe, alla fine del [[V secolo a.C.]], con le ''[[Guerra del Peloponneso (Tucidide)|Storie]]'' che l'ateniese [[Tucidide]] dedicò ai primi vent'anni alla [[guerra del Peloponneso]] (431-411 a.C.), facendovi precedere una breve sintesi della più antica storia del mondo greco (la cosiddetta ''[[archeologia]]'') e un'ampia trattazione delle cause del conflitto, attraverso una dettagliata indagine del cinquantennio precedente. Tucidide si proponeva di ricostruire, attraverso un'indagine molto rigorosa, i fatti nella loro effettiva realtà, escludendo il favoloso e il soprannaturale e rifiutando programmaticamente ogni abbellimento retorico, fatta eccezione per discorsi fittizi, nei quali cercò di ricostruire il ''senso generale'' delle parole effettivamente pronunciate. In questo modo egli fondò la cosiddetta storiografia ''pragmatica'', che non intendeva fornire semplicemente un'interpretazione del passato, ma, pretendendo di avere individuato una serie di costanti nella natura umana e nel suo operato, si autoproclamava un'''acquisizione per sempre'', ossia un mezzo valido per comprendere ogni realtà futura e agire di conseguenza.
 
== Nascita della storiografia: Erodoto e Tucidide ==
Il V secolo a.C., il secolo della "rivoluzione culturale" della [[Grecia antica]], fu il secolo in cui si affermò pienamente lo spirito razionalistico e scientifico della cultura greca. In questo contesto si collocò anche la nascita della scienza storiografica, i cui fondatori sono considerati unanimemente [[Erodoto]] e [[Tucidide]].
 
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Ciò che li differenziava era invece una certa attitudine di Erodoto a servirsi ancora dei racconti e degli elementi poetici e mitologici e a giudicare i fatti sulla base di criteri etici, mentre Tucidide appariva più “moderno”, nel senso che mirava a raggiungere una maggiore “oggettività” e imparzialità di giudizio. Un merito indiscusso della [[storiografia greca]] fu inoltre quello di ampliare le conoscenze etniche, culturali e geografiche dei greci: le ricerche storiche infatti superarono i ristretti confini del mondo greco e rivelarono l’esistenza di altri popoli e civiltà.
 
==== L'[[Grecia classica|età classica]] ====
Tutta la storiografia successiva si muove nel solco tracciato da [[Erodoto]] e [[Tucidide]]. A Erodoto (senza peraltro condividerne la curiosità antropologica) si richiamava formalmente, per la presenza di singoli ''excursus'' sui popoli stranieri venuti a contatto con la grecità, [[Eforo di Cuma]], autore di una storia generale del mondo ellenico ampiamente basata sulla compilazione di fonti precedenti, della quale possediamo solo frammenti. Diversi autori scrissero storie del mondo greco che si ponevano consapevolmente come continuazione dell'opera storica di Tucidide, bruscamente interrotta al 411, in pieno svolgimento della [[guerra del Peloponneso]]: nacquero così le ''[[Elleniche]]'' di [[Senofonte]] e quelle, per noi perdute, di [[Teopompo di Chio]] che narravano rispettivamente gli eventi dal 411 al 362 a.C. e dal 411 al 394 a.C.; di autore anonimo sono le cosiddette ''[[Elleniche di Ossirinco]]'' (dal nome della località egiziana del ritrovamento papiraceo che le ha parzialmente restituite), la cui parte conservata concerne l'anno 396/395 a.C.
 
Nella sua vasta e poligrafica attività letteraria, [[Senofonte]] diede vita anche ad altri filoni storiografici o di genere affine alla storiografia: con l’''[[Anabasi (Senofonte)|Anabasi]]'', resoconto dell'avanzata all'interno dell'[[Asia]], e della successiva avventurosa ritirata, di un esercito di mercenari greci di cui Senofonte stesso si trovò ad assumere il comando, egli creò il genere della memorialistica militare, che eserciterà un incerto influsso sui ''[[Commentarius (Giulio Cesare)|Commentarii]]'' [[Giulio Cesare|cesariani]]; con la ''[[Ciropedia]]'', biografia romanzata e agiografica di [[Ciro il Grande]], fondatore dell'impero persiano, presentato come modello di monarca ideale, diede vita alla storia romanzata e con l'''[[Agesilao (Senofonte)|Agesilao]]'', re spartano pure vagheggiato come modello, creò l'archetipo della biografia encomiastica. Con le ''[[Storie filippiche (Teopompo)|Storie filippiche]]'' di [[Teopompo]], che esponevano gli eventi del mondo greco dal 359 al 336 a.C. ponendo al centro dell'interesse la figura di [[Filippo II di Macedonia|Filippo II]], re di [[Regno di Macedonia|Macedonia]]), nasce la monografia storica, incentrata su una singola personalità e di conseguenza su un limitato periodo di tempo. Con il riassunto, dovuto allo stesso Teopompo, delle ''Storie'' di Erodoto, prende corpo il filone dell'[[epitome]], destinato a grande successo:)
 
==== L'[[età ellenistica]] ====
La fase più antica della storiografia ellenistica concentrò la sua attenzione sull'impresa orientale di [[Alessandro Magno]], sul disfacimento del suo impero, sulla conseguente formazione delle monarchie greco-macedoni e successivamente sulla storia dei loro rapporti (per esempio [[Clitarco di Alessandria]], [[Ieronimo di Cardia]], [[Duride di Samo]], [[Filarco di Atene]]). La storiografia di questo periodo, in buona parte perduta, appartiene in prevalenza al filone patetico o drammatico: essa mirò a suscitare nel lettore intense emozioni attraverso artifici (come gli imprevisti, le peripezie, i colpi di scena) paragonabili a quelli della tragedia classica. Questo tipo di rappresentazione tragica degli avvenimenti caratterizzò tanto la storiografia incentrata sulla figura di Alessandro Magno, quanto quella successiva, che andava spostando il proprio baricentro verso Occidente, in quanto diventava ormai inevitabile fare i conti con una nuova potenza e con la sua rapida ascesa: Roma aveva cominciato ad affacciarsi sullo scenario del [[Mar Mediterraneo|Mediterraneo]].
 
===La= storiografiaStoriografia romana ====
{{vedi anche|Storiografia romana}}
====Le origini====
Quando [[Polibio]] scriveva le sue ''[[Storie (Polibio)|Storie]]'', la storiografia aveva da tempo fatto il suo ingresso nella letteratura latina. Era inevitabile, ad ogni modo, che i primi storici latini si confrontassero con i modelli greci - come del resto accadde negli altri generi letterari, vista la recenziorità della letteratura latina. I cosiddetti annalisti della prima generazione, [[Quinto Fabio Pittore]] e [[Lucio Cincio Alimento]], se da un lato cercarono un modello strutturale nella tradizione indigena degli ''[[Annales pontificum]]'' (o ''Annales maximi''), cioè nelle cronache annualmente compilate e affisse a cura del [[pontefice massimo (storia romana)|pontefice massimo]] (il presidente del collegio sacerdotale dei pontefici) per informare la comunità sui principale avvenimenti, dall'altro non si limitarono a desumere dagli storici greci l'interesse per la ricerca delle cause o la datazioni per olimpiadi o una serie di notizie sulla storia stessa di Roma, ma si spinsero fino a utilizzarne la lingua. La rinuncia alla creazione di un linguaggio storiografico latino può essere stata determinata da un senso di frustrazione di fronte al secolare prestigio della storiografia greca, ma anche e soprattutto dal desiderio di farsi capire, attraverso l'uso di una sorta di ''lingua franca'' della cultura, dal consesso internazionale degli intellettuale, e cioè in sostanza dal mondo greco o ellenizzato, nel quale proprio sullo scorcio del [[III secolo a.C.]] si era fatto sempre più forte l'interesse per Roma e la sua storia, ma andava anche crescendo la diffidenza verso la nuova potenza. In particolare, [[Quinto Fabio Pittore]] nella sua opera intendeva controbattere, secondo Polibio, l'interpretazione filocartaginese della sua prima guerra punica che era stata fornita dallo storico greco [[Filino di Agrigento]].
 
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Tra la fine del [[II secolo a.C.|II]] e la prima metà del [[I secolo a.C.]], per quanto il tradizionale modello annalistico delle storie generali continuasse a mostrarsi vitale (sono di questo periodo gli ''Annales'' di [[Claudio Quadrigario]] e di [[Valerio Anziate]]), si manifestò una tendenza a ridurre la trattazione entro limiti cronologici o temetici più ristretti, anche inaugurando nuove forme di narrazione storica, come quella dei ''[[Commentarius (Giulio Cesare)|commentarii]]'' - a metà strada tra autobiografia, memorialistica e storiografia - che trovarono la migliore espressione in Cesare, o come le monografie tematiche di [[Sallustio]].
 
=== Storiografia rinascimentalemedievale ===
{{Sezione vuota|storia}}
 
=== Storiografia rinascimentale ===
[[File:Santi di Tito - Niccolo Machiavelli's portrait.jpg|thumb|left|Machiavelli, autore delle ''[[Istorie fiorentine]]'']]
Gli storici [[rinascimento|rinascimentali]], tra i quali furono insigni [[Flavio Biondo]] (nel XV secolo), Machiavelli e [[Guicciardini]] (nel XVI secolo), abbandonarono la visione medievale legata a un concetto di tempo segnato dall'avvento di [[Cristo]], per sviluppare un'analisi degli avvenimenti concepita laicamente, con un atteggiamento critico verso le fonti. La storia divenne una branca della [[letteratura]] e non più della [[teologia]] e si rifiutò la convenzionale divisione cristiana che doveva avere inizio con la [[Creazione (teologia)|Creazione]], seguita dall'[[Incarnazione]] di [[Gesù]] e dal [[Giudizio finale]]. La visione rinascimentale esaltava invece il mondo greco-romano, condannando il Medioevo come un'era di barbarie e proclamando la nuova epoca come era di luce e di rinascita del mondo classico.
 
=== La storiografia nell'età della Controriforma ===
 
Se la storiografia rinascimentale mantenne un tono prevalentemente [[Retorica|retorico]] e moralistico-pedagogico, con l'avvento del [[tacitismo]] si fece strada un nuovo gusto della storia, dominato da un’intensa meditazione [[politica]]. «Il nuovo atteggiamento poneva come fine ultimo alla storia, la «[[prudenza]]»: metteva ossia la lettura delle storie a fondamento di una politica non utopistica, ma induttiva e storica, funzionalizzando totalmente la verità della storia alla verità politica (la conoscenza della vera tecnica di governo dei principi)<ref>Cfr. spec. [[Giuseppe Toffanin|G. TOFFANIN]], ''Machiavelli e il «Tacitismo»: la politica storica al tempo della Controriforma'', Padova, 1921.</ref>. Di conseguenza, lo storico dovendo narrare «non verba, sed res gestas, ex quibus oritur prudentia», meno gradito riusciva al nuovo gusto l'uso di concioni. Il tacitista Ducci giudicava, infatti, «oziose» molte orazioni guicciardiniane, «etsi prudentiae policiae plenas» (ma tosto temperava: «multas quoque necessarias et valde historice»); lodava invece incondizionatamente la «discussio finium» delle azioni dei principi, fatta dal Guicciardini, secondo lui, spesso «diligenter, ac forte melius quam alius historicus»<ref>LORENZO DUCCI, ''Ars historica'', Ferrariae, 1604, pp. 96 e 168.</ref>. L'orientamento storiografico sviluppatosi da questo atteggiamento fece naturalmente gran posto all'insegnamento guicciardiniano, guardando alla ''[[Storia d'Italia (Guicciardini)|Storia]]'', nel fatto, come ad uno dei suoi più autorevoli modelli. Anticiceroniana, ossia antiletteraria e antiumanistica, caratterizzata da un interesse esclusivo alla «politica», la nuova storiografia ebbe un senso altissimo della serietà dell'impegno storiografico, del «decoro» della storia, da portarla a sdegnare, nelle scritture storiche, la «voluptas», l'elemento pittoresco e romanzesco e ad amare invece lo stile (come quello della ''Storia'') grave e severo, senza inutili eleganze e civetterie rettoriche, stretto tutto ai fatti essenziali.»<ref>{{cita libro|titolo=I classici italiani nella storia della critica: Da Dante al Marino|autore=[[Walter Binni]]|editore=[[Nuova Italia]]|anno=1970|pp=492-493}}</ref>