Frammentazione della Democrazia Cristiana: differenze tra le versioni

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Proprio in quei giorni di fine marzo del 1993 la Democrazia Cristiana subì un'ulteriore gravissimo colpo per via giudiziaria: a Palermo venne formalmente imputato per associazione mafiosa Giulio Andreotti, emblema vivente del partito, sempre al potere dalla sua nascita nel dopoguerra, più volte Presidente del Consiglio e guida di una corrente sempre decisiva per le scelte politiche a livello nazionale. Il processo ad Andreotti venne interpretato da alcuni osservatori come un processo a un'intera classe politica e a tutta la DC. Andreotti fu processato anche a Perugia per l'omicidio del giornalista [[Mino Pecorelli]], di cui fu considerato il mandante dalla pubblica accusa. Il processo rappresentò un altro decisivo colpo per la sopravvivenza del partito. Lo stesso Mino Martinazzoli, come pure l'ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, furono chiamati a testimoniare. Dopo l'assoluzione in primo grado nel 1999, Martinazzoli pronunciò una vera e propria filippica (che ricordava nei toni il "non ci processerete" di Aldo Moro all'epoca del processo per lo scandalo Lockheed) contro coloro che avevano voluto "riscrivere la storia d'Italia" con quel processo (riferimento non velato agli stessi magistrati palermitani e a esponenti politici che strumentalizzarono il processo), invitando gli accusatori a "chiedere scusa ad Andreotti" e indicando quest'ultimo come modello di comportamento. Dal canto suo, Cossiga dichiarò che il Procuratore capo Giancarlo Caselli si sarebbe dovuto dimettere<ref>{{cita web|url=http://archiviostorico.corriere.it/1999/ottobre/24/Martinazzoli_non_deve_andarsene_basta_co_0_991024546.shtml|titolo=Chi ha processato Andreotti e la DC chieda scusa |lingua= |data= |accesso=|}}</ref>. Tuttavia Andreotti verrà alla fine prosciolto da ogni accusa.
 
Il 18 aprile 1993 un [[Referendumreferendum abrogativi in Italia del 1993#Leggi Elettorali Senato|referendum]], appoggiato anche dalla DC, abrogò la legge elettorale proporzionale. Fu chiaro che si andava verso una [[Seconda Repubblica (Italia)|Seconda Repubblica]] e la DC cercava di adeguarsi al meglio al nuovo clima politico.
 
Il 23 giugno al [[Giornale Radio 2]], Martinazzoli azzardò l'idea di un nuovo partito da chiamare ''Centro Popolare''<ref>{{cita web|url=http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1993/06/24/la-dc-finisce-in-soffitta.html|titolo=LA DC FINISCE IN SOFFITTA |lingua= |data= |accesso=|}}</ref>. Il partito reagì male<ref>[http://archiviostorico.corriere.it/1993/giugno/25/Scudocrociato_scioglie_anzi_no_co_0_93062514113.shtml lo Scudocrociato si scioglie, anzi no]</ref> e il 25 giugno alla riunione della Direzione Nazionale del partito Martinazzoli smentì di voler sciogliere la DC e si dimise da segretario. Le sue dimissioni furono respinte all'unanimità e la Direzione Nazionale accordò nuovamente la fiducia sul progetto di rinnovamento della DC<ref>{{cita web|url=http://archiviostorico.corriere.it/1993/giugno/27/dal_Papa_aiuto_Martinazzoli_co_0_93062714533.shtml|titolo=dal Papa un aiuto a Martinazzoli |lingua= |data= |accesso=|}}</ref>.