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Al di là della concezione generale del sistema economico, il fascismo indirizza il sindacalismo italiano, fino al 1921 socialista e dedito alla lotta di classe, prima verso una [[sindacalismo nazionale|forma nazionale]] poi, dopo la presa del potere, crea i [[sindacalismo fascista|sindacati fascisti]]. Durante la [[Repubblica Sociale Italiana]], il fascismo propose poi la [[socializzazione dell'economia]].
 
Nel [[1927]] viene pubblicata la [[Carta del Lavoro]], uno dei documenti fondamentali del fascismo, con la quale fu istituito il [[tribunale del lavoro]], col compito di giudicare i conflitti fra [[capitale (economia)|capitale]] e lavoro al di fuori delle rivendicazioni violente di tutte le classi sociali, in quanto, non tollerando lo Stato nessunaalcuna forma di giustizia privata, sia in campo civile che penale, questa sarebbe stata vietata anche sul luogo di lavoro (decisione: in cuitale decisione rientrano i divieti di scioperi e serrate del 1926).<ref>Adrian Lyttelton (editor), ''Liberal and fascist Italy, 1900-1945'', Oxford University Press, 2002. pp. 75</ref>
 
Tra il 1927 ed il [[1939]], con riforme graduali e di lungo respiro, i sindacati fascisti confluiscono nella creazione dello [[Corporativismo|Stato corporativo]], con la strutturazione delle filiere lavorative in corporazioni, al cui interno furono associati lavoratori e datori di lavoro, corrispondenti alle varie attività economiche, poste sotto il controllo del governo e riunite nella [[Camera dei Fasci e delle Corporazioni]].<ref>Luca Leonello Rimbotti, ''Il fascismo di sinistra. Da Piazza San Sepolcro al Congresso di Verona'', 1989.</ref>