Giuseppe Pitrè: differenze tra le versioni

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Nel [[1903]], «per i suoi indubbi meriti nel campo degli studi sulle tradizioni siciliane, Pitrè fu nominato Presidente della Reale Accademia di Scienze e Lettere di Palermo, carica che disse sempre d'aver retto con animo “imparziale ed alieno da chiesuole”».<ref>{{Cita testo |autore= [[Amedeo Benedetti]] |titolo= "Io vivo nel popolo e del popolo". Contributo alla biografia di Giuseppe Pitrè |pubblicazione= ''Esperienze Letterarie'' |volume= XXXVII (2012) |numero= 1 |pagina= 81 |sbn= IT\ICCU\RML\0227813}}</ref> Il 16 febbraio [[1909]] fu pure eletto socio dell'[[Accademia della Crusca]]<ref name=Senato>{{cita web |url= http://notes9.senato.it/Web/senregno.NSF/9a29a2e73f195df7c125785d0059b96c/b3d4fb87eed95a814125646f005e9480?OpenDocument |titolo= Scheda su Giuseppe Pitrè |editore= dal sito del [[Senato della Repubblica]] |accesso= 3 settembre 2011}}</ref>. Fu inoltre presidente della [[Società Siciliana per la Storia Patria]] e segretario della Reale Accademia delle scienze mediche.
 
Come sostenne [[Giuseppe Cocchiara|Cocchiara]], la vasta opera del Pitrè, che diede il via alla [[museografia|museografia scientifica]] ed agli studi di [[cultura materiale]], oltre a rimanere un esempio impareggiabile di raccolta e sistemazione, nonché una base precipua per i successivi studi folclorici, presenta due aspetti principali, uno storico e l'altro "poetico", rivelando tra l'altro «un'umanità viva e vibrante» ragion per la quale egli era convinto fosse giunto il momento di studiare con rigore, amore e pazienza le memorie e le tradizioni popolari, per custodirle e tramandarle. Da tutto ciò, nel 1910 venne aperto il primo [[Museo etnografico siciliano Giuseppe Pitrè|museo etnografico]] siciliano (ed uno dei primi del territorio nazionale), dove raccogliere, catalogare e sistemare tutti i materiali e gli oggetti frutto delle sue pazienti ricerche in Sicilia, in una sede dapprima non molto ampia, ma poi allargata e ristrutturata nel 1935 per volere di Cocchiara, museo che oggi porta il suo nome ed è ospitato nelle ex-stalle della [[Palazzina Cinese]], all'interno del [[Parco della Favorita]] di Palermo.
 
Sempre nel 1910, il Pitrè fu chiamato ad insegnare ''demopsicologia'' (come lui era solito chiamare il [[folclore]]<ref>L'ostinazione del Pitrè nell'uso di tale neologismo, ispirato dai nuovi indirizzi di antropologia sociale ed evolutiva del nord-europa, ma mai accettato dal Ministero dell'Istruzione italiano, gli precluse l'avanzamento nella carriera accademica, in particolare il conseguimento dell'ordinariato; cfr. Fabio Dei, ''cit.''</ref>) all'[[Università degli Studi di Palermo|Università di Palermo]], quando già aveva acquisito solida notorietà e numerosi apprezzamenti in Italia e all'estero, prima cattedra italiana del genere il cui insegnamento era sempre più orientato verso l'indirizzo [[Evoluzionismo (scienze etno-antropologiche)|evoluzionistico]]. Innamorato della sua terra e della sua città natale, scrisse anche ''Palermo cento e più anni fa'', prezioso e introvabile volume, nonché dei saggi su [[Giovanni Meli|Meli]], su [[Johann Wolfgang von Goethe|Goethe]] a Palermo, e sulla ''[[Divina Commedia]]'', raccogliendo a tal proposito novelle popolari toscane.
 
Per i suoi meriti e la sua fama, fu nominato Senatore del Regno d'Italia il 30 dicembre del 1914, quando anche in [[Stati Uniti d'America|America]] venivano tradotte e pubblicate le sue opere per le Edizioni Crane, soprattutto proverbi e fiabe, le cui radici comuni a tanti popoli egli aveva individuato ed esaltato, rimarcando, in una lettera a [[Ernesto Monaci]], la loro ricchezza linguistica con queste parole: «Che bellezza, amico mio! Bisogna capire e sentire il dialetto siciliano per capire e sentire la squisitezza delle fiabe che sono riuscito a cogliere di bocca ad una tra le mie varie narratrici». Altrettanto belle le pagine dedicate alle storie dì [[Giufà]], personaggio della tradizione popolare siciliana.