Giuseppe Pitrè: differenze tra le versioni

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Noto soprattutto per il suo pionieristico lavoro nell'ambito del [[folclore italiano|folclore]] [[Sicilia|siciliano]], la [[museografia]] e la [[Antropologia delle tecniche|cultura materiale]], fu il più importante ricercatore e studioso di [[cultura popolare|tradizioni popolari]] siciliane, nonché l'iniziatore degli [[cultura popolare|studi folklorici]] in Italia.<ref>Cfr. [[Ugo Fabietti]], ''Storia dell'antropologia'', Bologna, Zanichelli, Cap. 9, § 9.1.</ref> [[Giuseppe Cocchiara]], etnologo e preside della Facoltà di Lettere e Filosofia di Palermo nonché prosecutore della sua opera,<ref>Cfr. Ugo Fabietti, ''cit.''</ref> disse di lui: «… la sua opera monumentale resta pietra miliare per la ricchezza e la vastità d'informazioni nel campo del folclore, in cui nessuno ha raccolto “come e quanto” lo scrittore palermitano…».
 
Nella seconda metà dell'Ottocento, aprì la via al lavoro di altri etnologi della scuola palermitana di [[etnologia]] (tra cui [[Giuseppe Cocchiara]], [[Salvatore Salomone Marino]] ed altri), di cui è indubbiamente il fondatore, oltreché esser stato d'ispirazione sia a [[Luigi Capuana]], che nel suo repertorio trovò materiale per le proprie fiabe, sia a [[Giovanni Verga]], che si ispirò a lui per le «tinte schiette» e le particolari usanze del suo mondo di umili e perfino per argomenti specifici di alcune novelle come ''Guerra di Santi''. [[Rosa Balistreri]] inoltre musicò versi tradizionali presenti nei suoi studi per dar vita ad alcune canzoni popolari del suo repertorio.