Consonanza e dissonanza: differenze tra le versioni

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Questo principio base, che è seguito abbastanza fedelmente dalla [[musica corale]] tardo-medioevale, rinascimentale e del primo Seicento, serve a smorzare l'effetto di asprezza provocato dalla dissonanza, facendo in modo che essa sia circondata da un ambiente accordale consonante e non troppo dissimile. La principale eccezione a questo principio è costituita dalla settima minore, intervallo che, se sentito nell'ambito dell'accordo di settima di prima specie, non necessita di preparazione. Ciò è in buon accordo con la teoria di Helmholtz, in quanto la settima minore è, tra le dissonanze, l'intervallo in cui la nota superiore costituisce l'armonico più vicino di quella inferiore.
 
Ci si potrebbe chiedere perché questo bisogno di ''attenuare'' l'effetto della dissonanza non si sia storicamente risolto nella sua semplice esclusione dalla pratica musicale. La risposta a questa domanda non è semplice, e qui ci si limiterà a riportare una sintesi del pensiero di [[Arnold SchoenbergSchönberg|SchoenbergSchönberg]] sull'argomento. Si tenga presente, innanzitutto, che per lungo tempo la [[polifonia]] vocale medioevale aveva scelto proprio l'eliminazione totale della dissonanza, e anzi, più o meno fino all'avvento della [[Scuola di Notre Dame]], aveva considerato consonanti solo unisoni, ottave, quarte e quinte. A un certo punto, però, l'esigenza di varietà implicita in ogni forma d'arte e l'assuefazione progressiva a suoni armonicamente più lontani costituirono una componente abbastanza rilevante da far muovere la composizione musicale verso la situazione di equilibrio illustrata dal principio base prima esposto. Tale assuefazione, secondo SchoenbergSchönberg, fu dovuta in gran parte all'utilizzo sempre più frequente di [[nota di passaggio|note di passaggio]] nelle voci superiori al [[cantus firmus]], che rispetto all'armonia della nota fondamentale, per il fatto stesso di procedere in genere per grado congiunto, rappresentavano armonici abbastanza lontani. Nell'opera citata in bibliografia SchoenbergSchönberg definisce questa compresenza di esigenze melodiche e armoniche in contrasto tra di loro una ''fortunata combinazione''.
 
Anche quando la pratica viva dell'arte musicale (soprattutto nella tradizione strumentale) ha pian piano superato la rigidità del principio base che è stato enunciato, esso ha continuato a costituire un importante punto di riferimento sia per l'analisi armonica, sia perché rappresenta (anche grazie all'illustre tradizione corale cui si accennava) la formula di base che spesso opera a livello profondo, quasi inconsapevole, nella mente del compositore.
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L'armonia [[Richard Wagner|wagneriana]], che fu di capitale importanza per la storia della musica, portò la densità sonora media della trama accordale a un livello nettamente più alto rispetto alle generazioni precedenti. Mentre l'armonia precedente era cioè fondata sulla [[triade (musica)|triade]], l'armonia tardoromantica si fonda essenzialmente sulla [[quadriade]]. Ciò contiene già intrinsecamente una rivisitazione del concetto di dissonanza, in quanto ''non esiste'' una quadriade consonante formata da suoni temperati. Uno dei fenomeni collegati all'aumento di densità sonora (ma è difficile su tali questioni trovare il giusto rapporto di causa-effetto) fu l'abbandono sempre più regolare delle regole classiche di condotta delle parti; nella musica tardoromantica gli accordi, infatti, si trasformano in genere per [[cromatismo|scivolamento cromatico]], basato in gran parte sul principio di [[sensibile|sensibilizzazione]] dei suoni.
 
L'assuefazione ad un universo accordale più denso portò una sempre maggior frequenza di accordi di cinque o più suoni, che, ad esempio, nell'opera tarda di [[Aleksandr Skrjabin]] e nelle composizioni giovanili di SchoenbergSchönberg costituiscono la norma. Il fenomeno di progressiva liberazione dalla necessità di trattare la dissonanza in modo speciale (attutendone gli effetti) viene chiamato dagli storici della musica '''emancipazione della dissonanza''', ed ha portato alla [[Atonalità|musica atonale]] in genere, e quindi a quella [[dodecafonia|dodecafonica]].
Per quanto riguarda gli sviluppi successivi alla seconda generazione di compositori dodecafonici (e siamo ormai agli anni '60 del secolo scorso), l'abbandono delle tecniche compositive tradizionali e l'utilizzo di principi come l'[[musica aleatoria|alea]] e la manipolazione elettronica del suono fanno perdere significato al concetto di condotta delle parti, e quindi, in questi contesti, il trattamento della dissonanza non è più, sostanzialmente, argomento della teoria armonica dal punto di vista tradizionale. L'abbandono della distinzione tra dissonanza e consonanza, e l'utilizzo di strutture fondamentalmente dissonanti limita fortemente le possibilità del linguaggio scelto dal compositore. Durante la seconda metà del secolo ventesimo l'idea di una '''emancipazione della dissonanza''', e le tecniche dodecafoniche/seriali, furono rifiutata da un vasto numero di compositori. Le tendenze compositive moderne rivalutano una attenta calibrazione tra effetti di consonanza e dissonanza.