Giovanni Malalas: differenze tra le versioni

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Ad esclusione del periodo di Giustiniano e dei suoi immediati predecessori, anni per i quali fornisce particolari ignoti alle altre fonti, l'opera non ha grande valore storico. Non soltanto contiene anacronismi, ripetizioni e molti errori grossolani, ma, in uno stile semplice e popolare, indulge spesso sul meraviglioso e il fantastico, concentrandosi su fatti e personaggi curiosi - ma interessanti per un pubblico di bassa cultura - e tralasciando invece eventi storici di portata più ampia. L'importanza del testo risiede piuttosto nell'essere la prima vera testimonianza del genere storiografico popolare della [[Cronaca (genere letterario)|cronaca]], che molta fortuna avrà a [[Bisanzio]], almeno fino al [[IX secolo]].
 
A dispetto delle numerose fonti citate, probabilmente Malalas non possedeva una grande documentazione scritta (a parte quella conservata negli archivi della città di Antiochia). Inoltre è possibile che le sue fonti fossero derivate da altre cronache perdute. Malalas stesso, però, fu tenuto in grande considerazione dai suoi contemporanei e dagli autori successivi, tanto da diventare egli stesso una fonte autorevole per essi. Della ''Cronografia'', inoltre, fu fatta una traduzione anche in [[lingue slave|slavo]], ora perduta, che costituì la base per ulteriori cronache slave; ne fu fatta anche una versione [[georgia]]na. Nonostante la sua straordinaria popolarità, l'opera è tramandata da un solo manoscritto, il Baroccianus, 128, c. 12 ([[XI secolo]]), ora alla [[Biblioteca Bodleiana]] di [[Oxford]], per giunta in forma di compendio.
 
Nonostante la sua straordinaria popolarità, l'opera è tramandata da un solo manoscritto, il Baroccianus, 128, c. 12 ([[XI secolo]]), ora alla [[Biblioteca Bodleiana]] di [[Oxford]], per giunta in forma di compendio.
 
L'''editio princeps'' fu curata da Edmund Chilmead (Oxford, 1691), ed era provvista di una traduzione latina, un commento, un trattato ad opera di H. Hody, e una lettera da R. Bentley a J. Mill.