Epigrafe: differenze tra le versioni

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L'intento del testo è spesso quello di tramandare la memoria di un evento storico, di un personaggio o di un atto; le parole possono essere incise, oppure dipinte o eseguite a [[mosaico]]; l'epigrafe si può trovare sia in un luogo chiuso (chiesa, cappella, palazzo) sia all'aperto (piazza, via, cimitero), oppure può essere apposta su un oggetto.
 
Solitamente le iscrizioni sono realizzate in lettere maiuscole. A caratterizzarle però non è solo lo stile della scrittura ma anche l'adozione di particolari registri linguistici, improntati generalmente a concisione e solennità, in funzione del contenuto, del contesto e dello scopo comunicativo. Le numerose tipologie di epigrafe hanno indotto infatti alcuni studiosi a pensare delle definizioni che non si basino sul materiale o sulla modalità di scrittura, ma piuttosto su criteri immateriali, primo fra tutti l’intento per cui un'iscrizione viene creata. Giancarlo Susini e Angela Donati parlano, per esempio, di «scrittura esposta» che ha in sé «i requistirequisiti della perennità»,<ref>G. C. Susini-A. Donati, ''La scrittura esposta: i modi della scrittura romana'', in G. R. Cadorna (a cura di), ''Sulle tracce della scrittura. Oggetti, testi, superfici dai Musei dell’Emilia-Romagna'', Casalecchio del Reno (Bologna) 1986, pp. 65–78</ref> mentre Silvio Panciera nota il carattere unidirezionale del messaggio epigrafico, che non si rivolge a un gruppo ristretto ma a una collettività.<ref>S. Panciera, ''What Is an Inscription? Problems of Definition and Identity of an Historical Source'', in ''Zeitschrift für Papyrologie und Epigrafik'' 183 (2012), pp. 1–10.</ref> Marco Grossi osserva invece che le epigrafi tendono a veicolare un'informazione a moltissime persone con poche copie materiali del testo, e che un’iscrizione, a differenza di un libro, può essere letta anche in maniera involontaria: «è iscrizione un testo formulato o copiato con lo scopo preminente di divulgare una comunicazione atta a raggiungere il maggior numero di lettori a cui è destinata, persino involontari, con il minor numero di copie possibili».<ref>M. Grossi, ''Ἔγραψε δὲ καὶ τίτλον ὁ Πιλᾶτος» (Gv 19,19). Verso una nuova definizione di iscrizione'', in ''Zeitschrift für Papyrologie und Epigrafik'' 197 (2016), pp. 85-95.</ref>
 
== Storia ==