Astrologia occidentale: differenze tra le versioni

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Sin dall'antichità più remota, inoltre, si era sviluppato un processo associativo tra corpi celesti e divinità, fino a riempire il cielo di dèi e teologie, conformando alle tradizioni religiose dei popoli antichi i nomi delle costellazioni e dei pianeti, nomi che ci rimangono ancor oggi in eredità. Già nel III millennio a.C., per esempio i [[Sumeri]] avevano associato ai pianeti le loro principali divinità e questa associazione si è spesso perpetuata nelle civiltà astrologiche successive (Babilonese, Egizia, Greca e infine Romana), con l'ovvio accorgimento di trovare nel proprio pantheon la divinità le cui caratteristiche meglio corrispondevano a quelle della divinità sumera. Per questo motivo, per esempio, Venere, pianeta e dea dell'amore romana, corrisponde ad [[Afrodite]] greca, a [[Ishtar]] babilonese e a [[Inanna]] sumera.
 
Nel mondo greco-romano l'ascesa dell'astrologia coincise con la perdita di credibilità della religione pagana nelle classi colte, influenzate dagli sviluppi della filosofia ellenistica e in particolare dallo [[stoicismo]] favorevole all'astrologia. Perfino gli imperatori ne diventarono fautori.<ref>"During the Empire Period, the belief in astrology had spread to urban, aristocratic circles. Even the Caesars bowed to the power of astrology. Astrology was considered to be the queen of the sciences. Emperor Tiberius ignored the ancient cults in favor of astrological beliefs and in the time of the Antonines most Roman scholars accepted the veracity of the fundamental pseudo-scientific principles of astrology. For the most part, no distinction was made between the science of astronomy and the study of astrology." John Stephens, ''Ancient Mediterranean Religions: Myth, Ritual and Religious Experience'', Newcastle, Cambridge Scholars Publishing, 2016, p. 156.</ref> L'apice dell'astrologia occidentale antica fu raggiunto quando [[Claudio Tolomeo]] rielaborò organicamente le conoscenze astronomiche e astrologiche nell'[[Almagesto]] e nel [[Tetrabiblos]], depurando l'astrologia dai fondamenti religiosi pagani e strutturandola deduttivamente dai risultati di complessi calcoli astronomici. Quindi, secondo l'astrologo [[Vettio Valente]], suo contemporaneo, l'astrologia/astronomia doveva essere considerata la "regina delle scienze"<ref>"Infine, se teniamo presente l’aspetto più strettamente matematico-logico dell’astrologia, in uno sforzo di risolvere in calcoli e misure i rapporti tra le stelle e delle stelle con la terra, donde la possibilità della divinazione e dell’oroscopia in termini scientifici, per cui, liberata dal suo alone sacerdotale, l’astrologia assume il carattere di un’ipotesi fisico-matematica in termini causali, ci rendiamo conto del perché Vettio Valente (II sec. d. C.) dicesse che “l’astrologia è la regina delle scienze” (Anthologiarum libri, ed. Kroll, Berlino, 1908, p. 241), e perché, ancora una volta, astrologia e astronomia potessero risolversi in unità con Claudio Tolomeo (II sec. d. C.), il grande sistematore dei risultati dell’astronomia (Almagesto) e dell’astrologia (Tetrabiblos)." Francesco Adorno, ''La filosofia antica'', Milano, Feltrinelli, 1965, vol. II, p. 242.</ref><ref>"But of all the superstitions which flourished rankly at this time, astrology was by far the most important. It was spoken of as ‘the queen of the sciences,’ ‘the most precious of all arts,’ and was almost universally believed in." William Ralph Inge, The Philosophy of Plotinus, Londra, Longmans, Green and Co., 1917, p. 49.</ref> L'astrologia restò in auge presso i filosofi pagani anche con lo sviluppo del [[neoplatonismo]] di [[Plotino]] e [[Porfirio]].<ref>Su Plotino si può vedere: Peter Adamson, "Plotinus on Astrology", Oxford Studies in Ancient Philosophy, vol. XXXV, 2008, p. 266-291 e la bibliografia ivi citata.</ref>; Teofilo di Edessa (695–785), un astrologo siriaco alla corte del califfo abbaside al-Mahdī (775-785), la definì "la più degna delle arti".<ref>Carmelo Salemme, ''Introduzione agli Astronomica di Manilio'', Napoli, Loffredo, 2000, p. 43.</ref>
 
Per Plotino esiste un principio unificante del cosmo, che è regolato da intime connessioni tra le sue parti come un [[organismo]] vivente: da questa corrispondenza tra lo spirito e la materia, ovvero tra l'Uno e il molteplice, risulta un collegamento fra i fenomeni astrali e quelli naturali, purché lo si intenda non come un influsso materiale di causa-effetto, bensì come un semplice segno indicatore di quel che avviene sulla Terra: {{citazione|Il movimento degli astri serve alla conservazione dell'universo, ma compie in aggiunta un altro servizio: chi ad essi guarda come se fossero lettere e conosce questo tipo di scrittura, legge dalle loro configurazioni il futuro, scoprendone il significato con il metodo dell'analogia, come se qualcuno dicesse che l'uccello, poiché vola alto, significa alte gesta.|Potino, ''[[Enneadi]]'', III, 1, 6<ref>Trad. it. a cura di Mario Casaglia, Chiara Guidelli, Alessandro Linguiti, Fausto Moriani, Torino, Utet, 1997, ISBN 9788841894262.</ref>}}