Lavoro salariato e capitale: differenze tra le versioni

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Alla base del calcolo del profitto stanno i costi di produzione. Se in cambio di una merce prodotta il capitalista «riceve una somma di altre merci la cui produzione è costata di meno, ha perduto» mentre, in caso contrario, ha guadagnato. In quest'ottica «il prezzo di una merce esprime soltanto in denaro il rapporto in cui altre merci vengono date in cambio di essa». Se il prezzo di un tessuto, nell'esempio di Marx, aumenta, i prezzi di tutte le altre merci che non sono aumentati cadono, e per ricevere la stessa quantità di tessuto bisogna dare in cambio una maggiore quantità di merci.
 
La conseguenza sarà che «una massa di capitali si getterà nel ramo di industria fiorente» fino a quando il prezzo dei suoi prodotti cadrà, per sovrapproduzione, al di sotto dei costi di produzione. Quando il prezzo di una merce, per eccesso di offerta, cade al di sotto dei costi di produzione i capitali si ritirano dalla produzione, facendo scendere la produzione, e quindi l'offerta, fino a quando il prezzo sia nuovamente al di sopra dei costi di produzione.
 
Quando il prezzo di una merce, per eccesso di offerta, cade al di sotto dei costi di produzione i capitali si ritirano dalla produzione, facendo scendere la produzione, e quindi l'offerta, fino a quando il prezzo sia nuovamente al di sopra dei costi di produzione.
 
Le stesse regole che si applicano alla merce si applicano anche al lavoro, e quindi il suo prezzo sarà determinato «dal tempo di lavoro che si richiede per produrre questa merce, il lavoro», ed i suoi costi di produzione «sono i costi necessari per conservare l'operaio come operaio e per formarlo come operaio». Se non è richiesta alcuna specializzazione questi costi ammontano solo ai «costi di esistenza e di riproduzione dell'operaio», che costituiscono il salario minimo. Esso, per Marx, vale non per il singolo individuo, che potrebbe non ricevere abbastanza per vivere e riprodursi, ma per l'intera classe operaia.