Enjambement: differenze tra le versioni

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L<nowiki>{{'</nowiki>}}'''''enjambement''''' (in italiano '''inarcatura'''<ref>{{Treccani|inarcatura|Inarcatura|v=1}}</ref>, '''accavalciamento'''<ref>{{Treccani|accavalciamento|Accavalciamento|v=1}}</ref> o '''spezzatura''') consiste nell'alterazione tra l'unità di [[verso]] e l'unità sintattica. Si tratta cioè di una figura retorica della [[sintassi]] o di un [[sintagma]] o anche di una [[parola]] causata dall'interruzione del verso, la quale induce un prolungamento del periodo logico oltre la pausa ritmica.<ref>{{cita libro | nome1=Anna | cognome1= De Maestri | nome2=Mariella | cognome2= Moretti| titolo=Percorsi europei. Antologia ed educazione linguistica. Per la Scuola media|volume=1 | anno=1993 | editore=Bompiani | capitolo=Breve dizionario di retorica, stilistica e metrica|pagina=618 |isbn=978-88-450-4715-2 }}</ref>
 
In pratica nel seguente esempio:
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{{Citazione|un fatto sul quale non si rifletterà mai abbastanza che nessuna definizione del verso sia perfettamente soddisfacente, tranne quella che ne certifica l'identità rispetto alla prosa attraverso la possibilità dell'"enjambement". Né la quantità, né il ritmo, né il numero delle sillabe − tutti elementi che possono occorrere anche nella prosa − forniscono, da questo punto di vista, un discrimine sufficiente: ma è senz'altro poesia quel discorso in cui è possibile opporre un limite metrico a un limite sintattico.
|[[Giorgio Agamben]]<ref>''Idea della prosa'', [[Milano]] 1985, p. 21</ref>}}
''Enjambement'' significa "inarcatura" ed è la sfasatura che si produce tra due versi quando l'unità metrica (il verso) non coincide con un'unità sintattica e di senso. Questa cosiddetta "inarcatura" interessa due estremi del verso, quello terminale del primo e quello iniziale del secondo: l'estremo finale (l'inizio del secondo verso) si dice ''rejet'', mentre l'estremo iniziale (la fine del primo verso) si dice ''contre-rejet''. La terminologia è francese perché furono dei letterati francesi a inventare e usare, tra Cinquecento e Seicento, l'accezione metrica del vocabolo ''enjambement''; la usò in particolare [[Nicolas Boileau]], individuando la frequenza del fenomeno nella versificazione italiana e condannandola. La metrica francese tradizionale ignora infatti l{{'}}''enjambement'', mentre la poesia italiana ne fa un uso abbondante fin dalle origini<ref name="sangirardi">Giuseppe Sangirardi - Francesco De Rosa, ''Breve guida alla metrica italiana'', Milano, Sansoni, 2002, pp. 82-85.</ref>.
 
Esso è avvertibile in quanto si distingue da una [[Pausa (linguistica)|pausa linguistica]] alla fine del verso (come una pausa linguistica vera e propria, indicata da punteggiatura adeguata, per cui fine del verso e fine della frase coincidono; altresì come la giuntura tra due posizioni, separate generalmente da una virgola<ref name=sangirardi/>; infine, come l'inarcatura sintattica, cioè un incastro di proposizioni nello spazio di più versi, oppure la rottura dell'ordine naturale nello spazio di alcuni versi da essa interessati).
 
== Utilizzo ==
Nel [[Cinquecento]] il [[Torquato Tasso|Tasso]], nel suo ''Discorso dell'Arte poetica'', parlava di ''rompimento'' o ''inarcatura'', ma malgrado si sia insistito anche nei secoli seguenti su questo termine, si è affermato definitivamente quello di ''enjambement''. L{{'}}''enjambement'' inizia a comparire già nel [[XVI secolo|'500]] (ne è ritenuto inventore [[Angelo di Costanzo]]) per poi presentarsi sempre più spesso nell'[[XIX secolo|800]] e nel [[XX secolo|'900]]<ref name=sangirardi/>.
 
A fare largo uso dell{{'}}''enjambement'' sono gli autori del primo Cinquecento e in seguito anche il [[Giacomo Leopardi|Leopardi]], il [[Giosuè Carducci|Carducci]] della [[metrica barbara]] e soprattutto il [[Giovanni Pascoli|Pascoli]]. Da ultimo, le [[terzina (metrica)|terzine]] di [[Pier Paolo Pasolini|Pasolini]] sono piene di ''enjambement'' cui corrisponde quasi sempre una pausa forte dentro il verso<ref name=sangirardi/>:
 
{{Citazione|è<br/>tra questi muri il suolo in cui trasuda<br/>altro suolo; questo umido che<br/>ricorda altro umido; e risuonano.|[[Pier Paolo Pasolini]], ''[[Le ceneri di Gramsci]]''}}