Antonio Recalcati: differenze tra le versioni

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Non a caso nel 1964 Recalcati viene invitato a esporre nella mostra parigina curata da Gassiot-Talabot, ''Mytologie quotidienne'': è la primo di una serie di appuntamenti in cui si vede nascere la Figurazione narrativa che sa essere avanguardistica senza dimenticare il rapporto con il passato, lontano e recente. Ecco allora comparire nei quadri dei primi anni Sessanta, quando la dittatura franchista non ha smesso di violentare la Spagna, il [[Pablo Picasso|Picasso]] di ''[[Guernica (Picasso)|Guernica]]'', la grande tela da cui riprendere alcuni frammenti altamente iconici filtrati attraverso il dispositivo della finestra, che separa dalla realtà o mette in comunicazione con essa (''Da Picasso'', 1963; ''Toledo'', 1963-1964); e in quelli dei primi anni Settanta le architetture di [[Giorgio de Chirico|de Chirico]], protagonista di un intero ciclo pittorico (''La bohème di de Chirico'', 1974): la sospensione metafisica si fa teatro in cui inscenare la grottesca bulimia del capitalismo che mostra in modo evidente, a partire dalla crisi petrolifera del 1973, le sue contraddizioni insanabili.
 
La realtà in Recalcati non è mai semplificata, a una sola dimensione; non rinuncia alle contraddizioni, ovunque obblighi il suo sguardo ad andare. Bastano aad esempio le tele della ''Biografia immaginaria 1962-1972'' esposta ‘in anticipo’ nel 1969 con uno straniante intento provocatorio. Dentro la Parigi degli anni Sessanta, in piena contestazione, al pittore interessano le ambiguità, le ricerca, lontano da qualsiasi volontà celebrativa nella convinzione che l’arte, se vuole essere tale, deve sempre “sollevare il dubbio”. Lo stesso accade a New York, dove Recalcati si trasferisce per la prima volta nel 1965. Una vertigine, quella newyorchese, restituita in tele sezionate, istanti di una vita che corre, tra visioni dello skyline, muri metaforici, finestre allineate come alveari artificiali e successioni di ‘impronte metropolitane’ che, in dialogo con quadri come ''La folla'' (1964), ricordano le sequenze futuriste tuttavia ben lontane dall'entusiastica partecipazione alla civiltà della macchina. Il medesimo atteggiamento contraddistingue le tele che nascono dal soggiorno americano del decennio Ottanta. In particolare nelle tele di ''After Storm'' (1988), dove il punto di osservazione si concentra verso il basso, l’individuo è identificato con i suoi passi che si susseguono sull'asfalto; vite di cui possiamo immaginare le vicende consumate nella Grande Mela che divora invece di lasciarsi afferrare, sorprese all'improvviso dalle aperture epifaniche del cielo riflesso nelle pozzanghere. Recalcati cattura le rivelazioni terrene. Il limite umano cerca una proiezione nel cosmo, mai in modo trascendentale e assoluto.
 
Recalcati parte dal sé per essere dentro la sua epoca, anche grazie a cortocircuiti temporali. Nel 1974 si appassiona, fino a farla propria, alla vicenda di Topino Lebrun, il pittore francese ghigliottinato da Napoleone. La decapitazione, ad alto tasso metaforico, dà concretezza visiva al rapporto impari fra le ragioni del potere e quelle di un’arte non asservita; così Recalcati, lontano da ogni idea di engagement, con il pretesto di Lebrun, si autoritrae senza capo nel suo studio, accanto a un cavalletto che si fa ghigliottina e la cui lama, nel 1977, si trasforma nella tavolozza del pittore oramai ridotto a uno scheletro: le ossa dell’avambraccio non abbandonano il pennello in una forma estrema di resistenza. È necessario partire da qui per comprendere i quadri metapittorici che nel biennio 1978-1979 riproducono il lavoro del pittore con un verismo quasi fotografico, in una sfida con la realtà e al contempo con le assenze-resistenze dell’arte. Mani che stringono il pennello, mani che lo spezzano; la pittura è celebrata e negata, accolta e rifiutata, e il pennello si fa testimone da tenere saldo nella corsa della vita, nel ''Mano a mano'' con la morte per riprendere il titolo di una tela del 1999.