Progetto Lebensborn: differenze tra le versioni

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Nel febbraio [[1941]], l'anno successivo all'invasione, il progetto Lebensborn venne esportato in [[Norvegia]] grazie al capo delle SS in Norvegia [[Wilhelm Rediess]], il capo del Lebensborn in Germania [[Max Sollmann]] e il Reichkommisar [[Josef Terboven]], dove conseguì buoni risultati.<ref name=E-S_28>{{cita|Ericsson-Simonsen, 2007|p. 28}}.</ref>
 
Già nell'inverno del 1941 le nascite aumentarono fino a 730 neonati; un anno dopo salirono a 22002.200.<ref name=E-S_28/> Alla fine della guerra, nelle cliniche Lebensborn avevano avuto assistenza 60006.000 donne delle quali due terzi ragazze madri<ref>G.Bock, ''Il nazionalsocialismo'' in AA.VV. ''Storia delle donne in Occidente. Il Novecento'', Laterza, Roma-Bari, 1992, p. 197</ref> e 90009.000 erano stati i bambini nati con madre norvegese e padre tedesco.<ref>{{cita|Kjendsli, 1992|p. 41}}.</ref> Molte coppie miste desideravano sposarsi, ma uno dei problemi principali era dovuto al fatto che in Germania spesso gli uomini avevano già una fidanzata o una moglie, o altre volte l'uomo voleva sottrarsi alle proprie responsabilità.<ref>{{cita|Ericsson-Simonsen, 2007|p. 31}}.</ref> Solo nell'immediato dopoguerra i matrimoni tra le coppie miste ebbero una svolta: circa 30003.000 coppie riuscirono a sposarsi. Ma nell'agosto 1945 il governo norvegese approvò una legge provvisoria: se una donna si è sposata durante o dopo il conflitto un tedesco, questa perde la cittadinanza norvegese ed era da considerarsi tedesca e quindi mandata in Germania.<ref>{{cita|Ericsson-Simonsen, 2007|p. 35}}.</ref>
 
Già dal [[1940]], il direttore medico del Lebensborn, Gregor Ebner, scriveva a Himmler come fosse auspicabile portare in Germania donne norvegesi.<ref>{{cita|Hillel-Henry, 1976|p. 147}}.</ref>
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Ebner in realtà pensava che si dovessero trasferire in Germania non solo le norvegesi incinte di soldati tedeschi, ma le donne nordiche in genere, poiché presentavano caratteristiche razziali migliori delle tedesche, specialmente di quelle della Germania meridionale.
Si optò invece il sistema più semplice per la germanizzazione: il rapimento di bambini norvegesi, “figli della guerra”, trasportati in Germania in ospizi appositi per essere adottati o germanizzati.<ref name="cita|Hillel-Henry, 1976"/> In realtà pochi furono effettivamente trasportati in Germania. Nei centri Lebensborn norvegesi (circa 500) si registrarono circa 90009.000 figli della guerra e uno tra i problemi che il governo legittimo norvegese dovette affrontare nell'estate 1945 era quello dei figli della guerra, dove subito si accorse che l'atteggiamento popolare nei loro confronti era fortemente ostile. Il problema, nonostante molteplici iniziative come trasferimenti in Svezia o Australia, non si risolse e quasi tutti i “mocciosi tedeschi” rimasero in Norvegia.<ref>{{cita|Ericsson-Simonsen, 2007|p. 39}}.</ref> Questi però subirono nel corso degli anni “violenze simboliche” ovvero che «''il dominato applica categorie costruite dal punto di vista del dominante ai rapporti di dominazione, e in tal modo li fa sembrare naturali.''»<ref>{{fr}} Pierre Bourdieu, ‘'Masculine Domination'’, p.35, Polity, 2001</ref>
 
=== Danimarca ===