Racconti di Sarajevo: differenze tra le versioni

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In questi racconti Andrić ci offre con la sensibilità propria dei grandi artisti una riflessione quasi profetica sulle radici di tutti i conflitti jugoslavi, soprattutto se pensiamo alla feroce guerra civile avvenuta fra il [[1991]] e il [[1995]], che portò alla segregazione della Jugoslavia in sei nuovi stati nazionali. L'analisi dell'autore ci fornisce infatti una chiave d'interpretazione, pessimista, sui nuovi e incerti destini della terra dello scrittore ma, nonostante l'ennesima, terribile carneficina: "...nella misura in cui ha coscienza del passato vive e sente il presente, ha fede nell'avvenire"<ref>[[Leonardo Sciascia]] su Ivo Andrić</ref>.
 
== Cronologia dei racconti ==
==Lettera del 1920 (Pismo iz 1920. godine) - 1946==
 
===''Lettera del 1920 (Pismo iz 1920. godine)'' - 1946===
Due amici che si erano conosciuti a scuola, si incontrano dopo sei anni nella stazione di [[Slavonski Brod]]. I due differivano di tre anni. Il più grande era figlio di un medico austriaco di origine ebraica e di una duchessa di [[Trieste]] e si chiamava Max Levenfeld. Era molto colto ed è sempre stato motivo di stimolo per l'altro. I due si dilettavano a leggere il [[Prometeo]] di [[Johann Wolfgang von Goethe]]. Poi lui era andato a [[Vienna]] per studiare medicina e così si persero di vista. Continuò una corrispondenza di lettere ma la guerra interruppe tutti i contatti. Egli aveva trascorso gli ultimi mesi a Sarajevo per vendere l'appartamento del padre che era morto di tifo, poi d'accordo con la madre sarebbe andato a Trieste lasciando per sempre la [[Bosnia (regione)|Bosnia]].
Come scrive Andrić ("chiacchiera in modo forzatamente frivolo, come se volesse allontanare altri, più pesanti pensieri"). Max disprezza la guerra. Ma dopo pochi giorni il protagonista riceve una lettera dal medico dove motiva la scelta di lasciare la Bosnia. Egli spiega che la Bosnia è un paese stupendo ma pieno d'odio e proprio a causa di esso va via.
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Andrić conclude scrivendo "Così finì la vita dell'uomo che era fuggito dall'odio".
 
===''Il tappeto (Ćilim)'' - 1948===
Un'anziana donna impedisce al figlio e alla nuora di accettare un tappeto - probabilmente rubato durante un saccheggio alla moschea - da un soldato austriaco ubriaco che chiede in cambio altro vino.
 
===''Le fascine (Snopići)'' - 1948===
Un vecchio che vende fascine ripercorre la propria storia fino alla caduta e alla miseria in cui si trova.
 
==='''La festa (Svečanost)''' - 1962===
La tragica vita di un uomo normale che si ubriaca e sragiona solo nel giorno del suo onomastico.
 
Il medesimo racconto e stato pubblicato in seguito con una nuova traduzione nella raccolta "La donna sulla pietra" edito da Zandonai
 
===''I sellai (Sarači)'' - 1966===
Uno scorcio di vita all'interno del grande bazar di Sarajevo: la via dei sellai, con le sue botteghe e i suoi artigiani.
 
===''Una giornata di luglio'' ''(Julski dan)''===
Nell'estate del 1878, durante il passaggio del potere dalle mani del Turco a quelle del regno austriaco, le carceri di Sarajevo vengono aperte e i detenuti, grassatori, ladri e assassini, lasciati liberi con la speranza di poterli arruolare contro le truppe sconfitte che si stanno ritirando al sud. La maggioranza però si disperde iniziando subito una campagna di furti e sopraffazioni.
 
===''Parole verso sera (Razgovor predveče)'' - 1976===
Come nel primo racconto, due amici nati nello stesso quartiere, ma che si sono presto divisi, scegliendo destini diversi, chiacchierano nella pace della sera, senza capirsi.
 
== Edizioni italiane ==
 
* {{Cita libro|autore=Ivo Andrić|wkautore=Ivo Andrić|curatore=D. Badnjevic|titolo=Racconti di Sarajevo|edizione=[[Tascabili Economici Newton|TEN]]|annooriginale=1993|editore=[[Newton Compton]]|ISBN=9788879832540}}
 
==Note==