Televisione in Italia: differenze tra le versioni

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Nel nord dell'Italia iniziano a riceversi le emittenti televisive straniere in lingua italiana, come [[Telemontecarlo]], che trasmetteva dal [[Principato di Monaco]], la [[RSI (azienda)|TSI]], dedicata agli abitanti italofoni del [[Canton Ticino]], e [[TV Koper-Capodistria]], (in Italia comunemente chiamata Tele Capodistria), che trasmette dall'[[Capodistria|omonima città]], dedicata alle comunità italiane residenti in alcune zone dell'allora [[Jugoslavia]] ma che veniva captata anche in alcune regioni del nord-est italiano.
 
=== La nascita delle emittenti locali private via cavo e via etere ===
{{Vedi anche|Riforma della RAI del 1975|Televisioni locali in Italia}}
I primi tentativi di televisioni private in Italia vennero fatti poco dopo l'inizio del servizio pubblico. Nel 1956 chiese la concessione per iniziare le trasmissioni ''[[Il Tempo TV]]'', costituita dal quotidiano romano ''[[Il Tempo]]'': dopo una lunga vicenda giudiziaria si arrivò alla sentenza della [[Corte Costituzionale]] che riaffermava il monopolio RAI<ref>[http://www.storiaradiotv.it/TEMPO%20TV.htm Ruggero Righini, ''Tempo TV'']</ref>.
Una vicenda analoga occorse alla lombarda ''TV1'', che finì con la [[s:Sentenza della Corte Costituzionale n.59/1960|sentenza della Consulta del 13 luglio 1960]], che giustificava il monopolio RAI in base alla constatazione che le frequenze disponibili erano limitate.
 
Verso la fine degli [[anni 1960]] ed i primi anni 1970 iniziano nascere le tv private che trasmettono via cavo a livello locale: fra i primi esempi furono [[Telediffusione Italiana Telenapoli]] e [[Telebiella]], mentre nel territorio italiano nascono inoltre alcune emittenti televisive che trasmettono via cavo a livello locale. Il 3 ottobre [[1974]] nasce anche la [[Telecavocolor]] di [[San Benedetto del Tronto]].
 
Nel [[1966]] iniziò a trasmettere [[Telediffusione Italiana Telenapoli]], la prima televisione libera italiana via cavo<ref name=telenapoli>{{cita web|url=http://www.storiaradiotv.it/TELEDIFFUSIONE%20ITALIANA%20-%20TELENAPOLI.htm|editore=storiaradiotv.it|titolo=Telediffusione Italiana - Telenapoli|accesso=7 gennaio 2016}}</ref>.(Non tutti i libri di storia della televisione riportano quest'esperienza).
 
Per aggirare il divieto sancito dalla Corte Costituzionale per le frequenze via etere, i successivi tentativi di televisioni private in Italia scelsero la via della [[televisione via cavo]]. Così nel 1972 [[Giuseppe Sacchi (imprenditore)|Giuseppe Sacchi]] fondò [[Telebiella]]: Sacchi subì un processo penale, nell'ambito del quale il pretore di Biella sollevò la questione di legittimità costituzionale. La vicenda finì con la [http://www.giurcost.org/decisioni/1974/0226s-74.html sentenza della Corte costituzionale n° 226 del 10 luglio 1974] che legittimava l'esistenza delle televisioni via cavo, in quanto necessariamente locali e perciò non lesive del monopolio RAI sulle trasmissioni su scala nazionale. Di questa possibilità approfittò [[Giacomo Properzj]], il quale fondò [[Telemilano cavo]] per servire il quartiere [[Milano 2]], costruito dall'[[Edilnord]] di [[Silvio Berlusconi]].
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La Corte Costituzionale si pronunciò nuovamente nel 1976 con la [http://www.giurcost.org/decisioni/1976/0202s-76.html sentenza n° 202] del 28 luglio 1976, che autorizzava anche le trasmissioni via etere purché di ambito locale<ref>[http://www.giurcost.org/decisioni/1976/0202s-76.html]</ref> Ciò determinò la crescita esponenziale delle televisioni private: le emittenti locali infatti passano da 250 nel [[1978]] a 600 nel [[1980]]<ref>Giovanni Ciofalo, ''Infiniti anni Ottanta. Tv, cultura e società alle origini del nostro presente'', Mondadori, 2011, p. 107</ref>.
. Negli anni successivi fiorirono le [[televisioni locali]]: nel 1977 erano 246. Fra le più importanti c'erano [[Antenna 3 Lombardia]], che si assicurò presentatori famosi come [[Enzo Tortora]] ed [[Ettore Andenna]], e [[GBR (rete televisiva)|GBR]] di Roma. Nell'affare entrarono anche editori come [[Rusconi Libri|Rusconi]], che organizzò [[Antenna Nord]] a Milano e [[Quinta Rete]] a Roma<ref name=Falabrino98>Gian Luigi Falabrino, ''Pubblicità serva padrona'', Milano, Sole 24 Ore, 1989, pag. 98</ref>.
Nel 1974 nascono le prime televisioni libere italiane via etere (verranno legittimate 2 anni dopo): [[Canale 21]] (Napoli), [[Telealtomilanese]] ([[Busto Arsizio]]), [[GBR (rete televisiva)|GBR]] (Roma).
A Legnano il 3 novembre 1977 comincia le trasmissioni [[Antenna 3 Lombardia|Antenna 3]], emittente di proprietà di [[Renzo Villa]] ed [[Enzo Tortora]].
Nel 1978 nacque [[Telemilano 58]], che assorbì [[Telemilanocavo]] e successivamente diventò [[Canale 5]].
 
=== La Riforma della Rai del 1975 ===
Intanto Le conseguenze della riforma del 1975 sono la sperimentazione di stili e contenuti meno istituzionali, anche in risposta alla crescita delle emittenti private, che portano anche all'introduzione delle regolari trasmissioni a colori. La riforma determina un accordo di spartizione tra i partiti dell'arco costituzionale per il controllo dei canali televisivi dell'azienda pubblica su base elettorale, noto con il nome di ''lottizzazione'', che vede [[Rai 1]] nella sfera di influenza della [[Democrazia Cristiana]], [[Rai 2]] in mano al [[Partito Socialista Italiano]], e [[Rai 3]], nata nel [[1979]], nell'orbita del [[Partito Comunista Italiano]]. Nel decennio successivo la materia non viene regolamentata dal decreto legge 6 dicembre 1984, n. 807 - convertito in legge 4 febbraio 1985, n. 10<ref>''[https://web.archive.org/web/20090326025806/http://www.consiglio.regione.toscana.it/corecom/normativa/noramtiva_doc/leg_10_85.html decreto Craxi]''</ref> in un senso dichiaratamente favorevole alle nascenti grandi reti televisive commerciali in quanto si basa sulle interconnessioni di emittenti private su scala nazionale (''[[Syndication (mass media)|syndication]]''), principio poi dichiarato incostituzionale<ref>[http://www.giurcost.org/decisioni/1988/0826s-88.html]</ref><ref>[http://www.berluscastop.it/_peo/varie/europa7.htm]</ref>.
{{Vedi anche|Riforma della RAI del 1975}}
Intanto Le conseguenze della riforma del 1975 sono la sperimentazione di stili e contenuti meno istituzionali, anche in risposta alla crescita delle emittenti private, che portano anche all'introduzione delle regolari trasmissioni a colori.
Il 14 aprile 1975 la legge 103/75<ref>[http://www.agcom.it/L_naz/l103_75.htm la legge 103/75] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20090302130205/http://www.agcom.it/L_naz/l103_75.htm |data=2 marzo 2009 }},</ref> la cosiddetta ''legge di [[riforma della RAI del 1975|riforma della RAI]]'', segna un cambiamento epocale nella storia della televisione; la TV di Stato passa dal controllo del Governo a quello del [[Parlamento della Repubblica Italiana|Parlamento]]: nasce ufficialmente la ''[[lottizzazione (politica)|lottizzazione]]''; si progetta la costruzione di una terza rete pubblica
Intanto Le conseguenze della riforma del 1975 sono la sperimentazione di stili e contenuti meno istituzionali, anche in risposta alla crescita delle emittenti private, che portano anche all'introduzione delle regolari trasmissioni a colori. La riforma determina un accordo di spartizione tra i partiti dell'arco costituzionale per il controllo dei canali televisivi dell'azienda pubblica su base elettorale, noto con il nome di ''lottizzazione'', che vede [[Rai 1]] nella sfera di influenza della [[Democrazia Cristiana]], [[Rai 2]] in mano al [[Partito Socialista Italiano]], e [[Rai 3]], nata nel [[1979]], nell'orbita del [[Partito Comunista Italiano]]. Nel decennio successivo la materia non viene regolamentata dal decreto legge 6 dicembre 1984, n. 807 - convertito in legge 4 febbraio 1985, n. 10<ref>''[https://web.archive.org/web/20090326025806/http://www.consiglio.regione.toscana.it/corecom/normativa/noramtiva_doc/leg_10_85.html decreto Craxi]''</ref> in un senso dichiaratamente favorevole alle nascenti grandi reti televisive commerciali in quanto si basa sulle interconnessioni di emittenti private su scala nazionale (''[[Syndication (mass media)|syndication]]''), principio poi dichiarato incostituzionale<ref>[http://www.giurcost.org/decisioni/1988/0826s-88.html]</ref><ref>[http://www.berluscastop.it/_peo/varie/europa7.htm]</ref>.
 
=== Il duopolio RAI-Fininvest ===