Lotta per le investiture: differenze tra le versioni
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A seguito della scomunica, molti principi tedeschi in precedenza sostenitori di Enrico volsero le spalle all'imperatore; il 16 ottobre si riunì a [[Trebur]], cittadina sul [[Reno]] in [[Assia]], una [[Dieta (storia)|dieta]] di principi e vescovi per esaminare la posizione del re a cui presenziò anche il [[legato pontificio]] [[Altmann di Passavia]]. I principi dichiararono che Enrico doveva chiedere perdono al papa e impegnarsi all'obbedienza; decisero inoltre che, se entro un anno e un giorno dalla sua scomunica (ovvero entro il 2 febbraio dell'anno seguente) la condanna fosse rimasta ancora in vigore, il trono sarebbe stato considerato vacante. Preoccupato, Enrico IV ritenne opportuno trattare; rilasciò, quindi, una promessa scritta di obbedire alla Santa Sede e di conformarsi alla sua volontà. I principi stabilirono che si sarebbe tenuta nel febbraio 1077 ad [[Augusta (Germania)|Augusta]], in [[Baviera]], una dieta generale del regno presieduta del pontefice in persona. In quell'occasione sarebbe stata pronunciata la sentenza definitiva su Enrico.<ref name=Blumenthal170-171/><ref name="ReferenceC"/>
Gregorio VII ratificò l'accordo e progettò il viaggio in Germania. La situazione era ora diventata estremamente critica per Enrico. Per il re era imperativo, in qualsiasi circostanza e a qualsiasi prezzo, assicurarsi l'assoluzione di Gregorio prima della scadenza dell'anno, altrimenti sarebbe stato quasi impossibile impedire ai suoi avversari di attaccarlo giustificandosi con la scomunica. Decise quindi di recarsi
Il papa era nel frattempo già partito da Roma e l'8 gennaio 1077 giunse a [[Mantova]], nei possedimenti della contessa [[Matilde di Canossa|Matilde]]. Da qui la contessa lo avrebbe dovuto accompagnare fino alle [[Chiusa di Ceraino|Chiuse di Verona]], dove avrebbe trovato la scorta dei principi tedeschi che lo avrebbe condotto fino ad Augusta. Ma, per il grande gelo di quell'anno, il passaggio delle Alpi risultava proibitivo. A Gregorio giunse la notizia che Enrico era in marcia per incontrarlo, accompagnato dalla moglie [[Berta di Savoia|Berta]] e dal figlio Corrado, ancora infante. Il re, che aveva viaggiato attraverso la Borgogna, venne accolto con entusiasmo dai lombardi, che gli fornirono anche una scorta armata. Il papa, privo di supporto armato, non si sentì al sicuro in Lombardia e quindi decise di arretrare e, tornando sui suoi passi, si fermò a [[Canossa]], nel Reggiano, ospite di Matilde.<ref name="Cantarella=167-168" /><ref name=Blumenthal171>{{cita|Blumenthal, 1990|p. 171}}.</ref>
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[[File:Hugo-v-cluny heinrich-iv mathilde-v-tuszien cod-vat-lat-4922 1115ad.jpg|miniatura|sinistra|Enrico IV penitente davanti a [[Ugo di Cluny]] e [[Matilde di Canossa]]]]
Grazie all'intercessione della contessa e del padrino di Enrico [[Ugo di Cluny]], Gregorio accettò di incontrare l'imperatore il 25 gennaio 1077, festa della conversione di [[San Paolo]]. Le cronache raccontano che Enrico fosse comparso davanti al [[castello di
Il gesto di Enrico divenne un evento storico di grande risonanza, anche se non cambiò il corso degli avvenimenti. L'assoluzione dalla scomunica fu l'esito di un negoziato prolungato e avvenne solo dietro l'assunzione di precisi impegni da parte del re. Gregorio VII affermò la suprema autorità papale sui re, attribuendosi l'autorità di stabilire le condizioni in cui essi potevano esercitare il potere regale e in cui i sudditi erano chiamati a obbedirgli. Con la sottomissione di Canossa Enrico IV riconobbe questo privilegio pontificio.<ref>{{cita|Salvatorelli, 1940|p. 97}}.</ref> Fu con riluttanza che Gregorio accettò il pentimento poiché in questo modo la dieta dei principi di Augusta, nella quale aveva ragionevoli speranze di agire da arbitro, sarebbe diventata inutile o, se fosse riuscita a riunirsi, avrebbe cambiato completamente il suo carattere. Fu comunque impossibile negare il rientro nella Chiesa al penitente e gli obblighi religiosi di Gregorio scavalcarono gli interessi politici.<ref name=Cantarella-170-173>{{cita|Cantarella, 2005|pp. 170-173}}.</ref>
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Mentre Enrico IV era ancora in Italia e stava trattando l'assoluzione dalla scomunica, i nobili tedeschi che gli si opponevano si coalizzarono contro di lui. Non solo essi perseverarono nella loro politica anche dopo l'assoluzione, ma presero un ulteriore e più deciso passo nell'insediare, il 15 marzo 1077 a [[Forchheim (Baviera)|Forchheim]], un re rivale nella persona del duca [[Rodolfo di Svevia]]; i principi che lo elevarono al trono gli fecero promettere di non ricorrere mai a pratiche simoniache nell'assegnazione delle cariche episcopali.<ref name="rap141">{{cita|Rapp, 2003|p. 141}}.</ref>
Inoltre, venne obbligato a concedere ai principi il diritto di voto nell'elezione imperiale e gli venne negato il diritto di trasferire il suo titolo a eventuali figli, negando il principio dinastico fino ad allora prevalente; il primo passo verso la libera elezione richiesta dai principi dell'Impero. I legati papali presenti all'elezione si mostrarono in apparenza neutrali
[[File:Rudolf von Schwaben.jpg|miniatura|verticale|sinistra|Rodolfo di Svevia ferito a morte]]
A giugno, Enrico escluse Rodolfo dall'Impero e iniziò a fronteggiarlo in quella che è comunemente conosciuta come la [[grande rivolta dei Sassoni]]. Enrico subì
La seconda condanna papale non ebbe le stesse conseguenze della precedente. Il re, più esperto a distanza di quattro anni, affrontò lo scontro con il pontefice con grande vigore. Si rifiutò di riconoscere la condanna sostenendone l'illegalità. Convocò a [[Bressanone]] un concilio dell'episcopato germanico. Protagonista fu nuovamente Ugo Candido,<ref name="candido"/> che accusò il pontefice di essere un assassino e un eretico.<ref>{{cita|Cantarella, 2005|pp. 226-228}}.</ref> Il 26 giugno 1080 Enrico IV dichiarò Gregorio deposto e nominò l'arcivescovo [[Guiberto di Ravenna]] come suo successore. Inoltre, nella [[battaglia sull'Elster]] del 14 ottobre successivo, Rodolfo, nonostante avesse colto una vittoria, perse la mano destra e venne colpito a morte all'addome; morì il giorno seguente. La perdita della mano destra, la mano del giuramento di fedeltà fatto a Enrico all'inizio del suo regno,
Nel frattempo il pontefice si
=== L'imperatore in Italia e il sacco di Roma ===
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[[File:Robert guiscard.jpg|miniatura|[[Roberto d'Altavilla]], detto "il Guiscardo"]]
Nel 1081 Enrico, forte della vittoria colta l'anno precedente su Rodolfo, aprì il conflitto contro Gregorio in Italia. Attraversò, quindi, le Alpi e nel febbraio 1082 giunse fino alle porte di Roma dove intavolò trattative che vennero però respinte. Allora mise mano alla forza e tentò di appiccare il fuoco alla basilica vaticana.<ref>{{cita|Salvatorelli, 1940|p. 103}}.</ref> Con l'anno nuovo, il 1083, tornò ad accamparsi sotto le mura di Roma. Dopo sette mesi di
Saputo ciò, Enrico entrò nuovamente in Roma il 21 marzo 1084. Tutta la città era in mano sua tranne Castel Sant'Angelo, dove continuava a resistere papa Gregorio a cui oramai gran parte dei cardinali aveva voltato le spalle. Seguì la convocazione di un concilio in San Pietro il 24 marzo per giudicare il papa che venne scomunicato e deposto; al suo posto venne insediato in [[Basilica di San Giovanni in Laterano|San Giovanni in Laterano]] Guiberto di Ravenna, che prese il nome di [[Antipapa Clemente III|Clemente III]].<ref>{{cita|Salvatorelli, 1940|p. 105}}.</ref> Il 31 marzo Clemente incoronò Enrico IV come imperatore.<ref>{{Treccani|enrico-iv-imperatore_(Enciclopedia-Italiana)/|Enrico IV imperatore}}</ref>
Dopo alcuni mesi di assedio e di trattative infruttuose, Gregorio VII mandò a chiamare in suo soccorso il normanno [[Roberto d'Altavilla]], [[Conti e duchi di Puglia e Calabria|duca di Puglia e Calabria]]. Avutane notizia, l'antipapa Clemente III ed Enrico IV si allontanarono da Roma il 21 maggio. Tre giorni dopo le truppe normanne entrarono in Roma e liberarono il pontefice.<ref name=":7">{{cita|Salvatorelli, 1940|p. 107}}.</ref> I soldati del duca d'Altavilla
[[Immagine:Clement III - Antipope.jpg|miniatura|sinistra|L'[[antipapa Clemente III]] (centro) con l'imperatore [[Enrico IV di Franconia|Enrico IV]] e con al centro [[Ermanno II di Lotaringia]]; immagine dal ''Codex Jenesis Bose'' (1157)]]
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La catastrofe che si era abbattuta sulla Città eterna fu il colpo definitivo che affossò il legame tra Gregorio VII e Roma.<ref name=":7" /> Agli occhi dei romani egli non rappresentò altro se non l'uomo che aveva attirato una serie di sventure sulla città. Gregorio capì che quando le truppe normanne fossero ritornate nei loro territori, i romani avrebbero ordito la loro vendetta contro di lui.<ref group=N>[[Guido da Ferrara]] scrisse: "Offeso da questi oltraggi, il popolo romano concepì un odio inesorabile nei confronti di Ildebrando, e riversò tutto il proprio favore su Enrico, legandosi a lui con tali vincoli d'affetto che per il sovrano l'offesa subita dai Romani divenne più importante di centomila monete d'oro". In {{cita|Cantarella, 2005|p. 285}}.</ref><ref>{{cita|Cantarella, 2005|p. 285}}.</ref> Decise quindi, nel giugno del 1083, di lasciare Roma a seguito delle truppe dell'Altavilla e di riparare verso il Mezzogiorno. Roma era stata lasciata sguarnita: fu facile per Clemente III riprendere possesso della città.<ref name=Duffy157-158>{{cita|Duffy, 2001|pp. 157-158}}.</ref><ref>{{Treccani|santo-gregorio-vii_(Enciclopedia-dei-Papi)/|Gregorio VII, santo}}</ref>
Con l'arrivo a Roma dell'antipapa Clemente III la situazione era divenuta assai confusa: alcuni vescovi tedeschi si dimostrarono riluttanti a sostenere l'elezione di un [[antipapa]], mentre la maggior parte di quelli a capo delle diocesi dell'Italia settentrionale
Gregorio VII trascorse gli ultimi anni della sua vita a [[Salerno]], città facente parte dei dominii di Roberto d'Altavilla. Consacrò la [[Cattedrale di Salerno|cattedrale]] e verso la fine dell'anno convocò il suo ultimo concilio in cui rinnovò la scomunica contro Enrico IV e Clemente III.<ref>{{cita|Salvatorelli, 1940|p. 108}}.</ref> Il 25 maggio 1085 morì.<ref name=Treccani>{{Treccani|gregorio-vii-papa-santo_(Enciclopedia-Italiana)/|Gregorio VII papa, santo}}</ref>
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