Movimento del Sessantotto: differenze tra le versioni

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→‎La politicizzazione degli anni settanta: Non ha senso comprendere tale fenomeno nel movimento sessantottino. Si trattava di due mondi contrapposti
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Nel [[1969]] ci fu l'esplosione degli scioperi degli operai in fabbrica ([[autunno caldo]]), che si saldò con il movimento degli studenti che contestavano i contenuti arretrati e parziali dell'istruzione, e rivendicavano l'estensione del diritto allo studio anche ai giovani di condizione economica disagiata. Dalla contestazione studentesca che fu inizialmente sottovalutata dai politici e dalla stampa, siera passati repentinamente alle rivendicazioni operaie<ref>Marco Boato, ''La contraddizione degli anni Settanta'', ''[[Mondoperaio]]'', n. 6/2014, p. 31. «Il movimento (prevalentemente studentesco, ma non solo) del '68 si era subito saldato con il movimento (prevalentemente operaio, ma non solo) del '69, all'epoca dei rinnovi contrattuali del cosiddetto “autunno caldo”: dando vita così ad una sorta di “nuovo biennio rosso” che riecheggiava la memoria storica del “biennio rosso” del 1919-20».</ref>. In [[Italia]] la contestazione era il risultato di un malessere sociale profondo, accumulato negli [[Anni 1960|anni sessanta]], dovuto al fatto che il [[Miracolo economico italiano|miracolo economico]] non era stato accompagnato&nbsp;– né a livello governativo, né a livello imprenditoriale&nbsp;– da una visione lungimirante dei problemi che ne derivavano: dalle migrazioni interne all'inquinamento. Le tasse venivano pagate prevalentemente dai lavoratori dipendenti, e l'evasione era molto alta. Era necessaria una spinta riformistica vigorosa<ref name="piombo" />.
 
Le agitazioni presero origine per il rinnovo di 32 contratti collettivi di lavoro chiedendo, tra l'altro, l'aumento dei salari uguale per tutti, la diminuzione dell'orario. Per la prima volta il mondo dei lavoratori e quello studentesco erano uniti fin dalle prime agitazioni su molte questioni del mondo del lavoro, provocando nel Paese tensioni sempre più radicali.<ref name="repubblica" />.
 
I sindacati ufficiali furono scavalcati dai [[Comitati unitari di base]] (CUB), che esigevano salari uguali per tutti gli operai in base al principio che «tutti gli stomaci sono uguali», senza differenze di merito e di compenso, concependo il profitto come una truffa e la produttività un servaggio<ref name="piombo" />. Nel numero del luglio 1969 dei ''Quaderni piacentini'' compariva un lungo documento che affermava: «Cosa vogliamo? Tutto. Oggi in Italia è in moto un processo rivoluzionario aperto che va al di là dello stesso grande significato del maggio francese [...] Per questo la battaglia contrattuale è una battaglia tutta politica»<ref name="piombo" />.