Tute Bianche: differenze tra le versioni

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Le '''Tute Bianche''' sono state un movimento sociale italiano, attivo dal 1998 al 2001. In occasione delle giornate di [[Fatti del G8 di Genova|mobilitazione contro il G8 di Genova]] nel 2001, le Tute bianche si sciolsero per dare vita, assieme ad altri soggetti politici e sociali, al movimento dei [[Disobbedienti]].
 
== Nome e originiStoria ==
 
=== Origini ===
Le tute bianche (tipico indumento di lavoro) vengono utilizzate per la prima volta in Italia nel settembre del 1994, durante una cruenta manifestazione milanese dei centri sociali. In opposizione allo sgombero dello storico centro sociale [[Leoncavallo (centro sociale)|Leoncavallo]], i centri sociali di tutto il paese si riversano nel capoluogo meneghino, e molti di questi indossano questo indumento.
 
=== Nascita del movimento ===
Soltanto negli anni successivi, a partire dal 1998, le Tute bianche diventano un movimento. Il movimento nasce a Roma, preceduto dalla stesura della Carta di Milano, documento in cui i Centri Sociali del Nord Est (eredi della vecchia [[Autonomia Operaia]] veneta) e il centro sociale Leoncavallo delineano un impianto politico propositivo che determina una rottura con le pratiche del passato, e guarda alle lotte dei disoccupati francesi. La scelta dell'indumento, la tuta bianca, è una scelta molto precisa: a differenza delle tute blu (la veste della classe operaia), le tute bianche sono considerate il simbolo di una forza-lavoro giovanile prevalentemente precaria, priva di diritti e di garanzie, esclusa dal patto sociale [[Fordismo|fordista]] (contratto di lavoro a tempo indeterminato, ferie/malattia/gravidanza pagate, previdenza). Una forza-lavoro mediamente qualificata, esito della scolarizzazione di massa successiva al '68.
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[[File:Genova-G8 2001-Scudi disobbedienti.jpg|miniatura|Corteo dei [[Disobbedienti]] con gli scudi di plastica in [[Corso Europa (Genova)|corso Europa]]]]
 
=== Attività e pensiero ===
I tratti sopracitati caratterizzano lo stile delle azioni delle Tute bianche, e anche il loro programma politico: blitz ad alto impatto comunicativo (occupazioni di sedi politico-economiche, autoriduzione di tariffe nei musei e nei cinema o sui mezzi di trasporto pubblici, irruzioni nelle dirette televisive) che impongono la visibilità di ciò che è "invisibile", il lavoro precario, appunto, e chiedono un [[Reddito di base|reddito di cittadinanza]] sganciato dalla prestazione lavorativa e il diritto al sapere e alla mobilità.