Movimento del Settantasette: differenze tra le versioni

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→‎Gli scontri di piazza: Non ci fu l'indifferenza verso la morte del giovane espressa nel testo precedente. In realtà Lotta Continua espresse un profondo rammarico e una severa autocritica.
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Il 14 maggio, nel corso degli scontri con la polizia durante un corteo a Milano, organizzato per protestare contro la repressione, la morte di Giorgiana e l'arresto di due avvocati del [[Soccorso Rosso Militante]], fu ucciso il brigadiere [[Antonio Custra]]. I dimostranti erano diretti verso il carcere di San Vittore, in via De Amicis Paolo Pedrizzetti, fotografo, riprese l'immagine di Giuseppe Memeo, uno dei dimostranti, e che a mani giunte puntava la pistola contro la polizia e sparava (identificato poi, risultò non essere stato l'assassino di Custra).<ref name="piombo2" /> Le pagine di cronaca del ''[[Corriere della Sera]]'', a differenza degli altri quotidiani, rifiutarono di pubblicare quella foto, che divenne un'icona del periodo. I fatti di Milano provocarono anche un grosso dibattito nei gruppi della sinistra extraparlamentare sulla necessità di un distacco politico chiaro nei confronti di quelle formazioni clandestine, come le [[Brigate Rosse]], che consideravano la lotta armata uno strumento di lotta<ref>{{Cita news|url=http://smargiassi-michele.blogautore.repubblica.it/2011/10/06/esorcismo-di-una-foto/|titolo=Esorcismo di una foto|pubblicazione=[[La Repubblica (quotidiano)|Repubblica.it]]|data=6 ottobre 2011|accesso=15 novembre 2017}}</ref>.
 
Il 29 settembre [[1977]] a Roma un gruppo di neofascisti, dopo avere allontanato a sassate un gruppo di giovani di sinistra che manifestava davanti alla sede MSI in cui si trovavano, iniziarono a sparare a grande distanza, con una pistola militare, contro il gruppo avversario che fuggiva, e uccisero alle spalle il diciannovenne [[Omicidio di Walter Rossi|Walter Rossi]].<ref>{{Cita pubblicazione|autore=|data=26 ottobre 1978|titolo=Una pistola di tipo militare ha ucciso Walter Rossi|rivista=Corriere della Sera|volume=|numero=|url=http://archivio.corriere.it/Archivio/interface/view.shtml#!/MTovZXMvaXQvcmNzZGF0aWRhY3MyL0A0MjUxMw%3D%3D}}</ref> Nessuno della quindicina di poliziotti che stazionavano a difesa della sede missina intervenne, né chiamó subito i soccorsi. Alla fine nessun responsabile della sparatoria verrà condannato.<ref>{{Cita libro|autore=Paola Staccioli (a cura di)|autore3=|titolo=In ordine pubblico. Un ricordo senza pace|data=|anno=2003|editore=Associazione Walter Rossi|città=Roma}}</ref> Il fatto scatenò dure proteste in tutta Italia, e due giorni dopo, a Torino, dopo un corteo di protesta con il lancio di alcune molotov contro una sede del MSI, un gruppo si staccò dal corteo raggiungendo ''l'[[Attentato all'"Angelo Azzurro" di Torino|Angelo Azzurro]]'', un bar ritenuto frequentato da neofascisti e spacciatori, lanciando alcune molotov per distruggere il locale. Fra gli avventori un giovane, [[Assalto all'"Angelo Azzurro" di Torino|Roberto Crescenzio]], fuggì per un percorso sbagliato, riuscì alla fine a uscire ma, per le gravi ustioni, morì due giorni dopo in ospedale. L'evento susitò profonde crisi di coscienza all'interno dello stesso movimento: nel quotidiano di Lotta Continua Pietro Marcenaro scrisse che la morte del giovane era «...pesante come una montagna...» e parlò di «...responsabilità che riguarda noi, come movimento e come organizzazioni politiche, che deve essere affrontata»... «un movimento che si vuole comunista, che lotta contro il potere per affermare le ragioni della vita, non può, se non vuole decretare la sua fine, vedere un ragazzo bruciato vivo e passare oltre»<ref>{{Cita web|url=http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,2/articleid,1097_01_1977_0226_0002_16029303/|titolo=La Stampa - Consultazione Archivio|sito=www.archiviolastampa.it|accesso=2021-03-20}}</ref>. Alla fine del processo 5 giovani di Lotta Continua furono condannati per omicidio colposo<ref>{{Cita pubblicazione|autore=|data=14 gennaio 1983|titolo=Sentenza sul rogo all'"Angelo Azzurro". 5 condannati (omicidio colposo), un assolto|rivista=Corriere della Sera|volume=|numero=|url=http://archivio.corriere.it/Archivio/interface/view.shtml#!/MTovZXMvaXQvcmNzZGF0aWRhY3MxL0A3MDUzNw%3D%3D}}</ref>. Anche Venezia non fu risparmiata, il 31 marzo fu scossa da una giornata di guerriglia urbana, che si è ripetuta anche il 19 dicembre 1978, il 30 aprile e il 3 dicembre 1979: questa sequenza di attentati è conosciuta come «[[notti dei fuochi del Veneto]]».