Nur al-Din al-Bitruji: differenze tra le versioni

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Nel 1259 [[Moses ibn Tibbon|Moshe ibn Tibbon]] tradusse il lavoro in [[Lingua ebraica|ebraico]] e nel 1528 [[Kalonymos ben David]] (Calo Calonymo) - che aveva studiato forse a [[Napoli]] e che viveva a [[Venezia]] - lo volse ancora una volta in latino col titolo ''Theorica planetarum'', stampandolo nel 1531 a Venezia, nello stesso anno in cui usciva il ''[[Tractatus de Sphaera]]'' (Trattato sulla sfera) di [[Giovanni Sacrobosco]] (John of Holywood).
 
Propose una teoria sui moti planetari in cui intendeva evitare [[Epiciclo e deferente|epicicli]] o soluzioni che prevedessero eccentricità,<ref>Bernard R. Goldstein, "Theory and Observation in Medieval Astronomy", ''Isis'', 63 (1), marzo 1972, pp. 39-47 [a p. 41].</ref> e render conto del fenomeno peculiare delle "stelle vaganti" (i [[pianeta|pianeti]]) dalla rotazione delle sfere omocentriche. Questa era una modifica del sistema per il moto planetario proposto dai suoi predecessori, [[Ibn Bajjah]] (Avempace) e [[Ibn Tufayl]] (Abubacer Aben Tofail). Tuttavia, il suo modello planetario - che seguiva ancora la nozione [[Aristotele|aristotelica]] che il moto delle stelle e dei pianeti dovesse essere perfetto e quindi circolare - non rimpiazzò quello [[sistema tolemaico|tolemaico]], che forniva predizioni numeriche delle posizioni dei pianeti più precise.<ref>[http://www.bookrags.com/research/ptolemaic-astronomy-islamic-planeta-scit-021234 Ptolemaic Astronomy, Islamic Planetary Theory, and Copernicus's Debt to the Maragha School], ''Science and Its Times'', Thomson Gale.</ref>
 
== Note ==