Socialismo liberale: differenze tra le versioni

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Rosselli ritenne poi che l'allontanamento dei giovani dal socialismo partisse essenzialmente dal fatto che il socialismo, soprattutto per colpa del marxismo, era diventato un dogma che non dava spazio all'individuo. Per questo egli proponeva la visione di una società formata da individui e non da un massa indistinta in cui l'individuo si annulla.
 
Queste idee ebbero diverse reazioni: Togliatti accusò Rosselli di produrre “letteratura fascista”, e perfino il vecchio riformista [[Claudio Treves]] si spinse a criticare aspramente l'eleborazioneelaborazione di Rosselli. [[Benedetto Croce]], invece, guardò con favore a una revisione in senso liberale del socialismo, accettando quindi un tipo di economia mista e muovendo nel contempo critiche verso il [[taylorismo]]. Nel 1925, a causa del profilarsi dei totalitarismi fascisti e comunisti, Croce si vide disposto a incoraggiare questo nuovo socialismo non marxista che guardava al metodo liberale<ref>Benedetto Croce, ''Liberismo e liberalismo'', vedi la sezione ''Bibliografia''</ref>.
 
In Italia il socialismo liberale si espresse comunque nel movimento clandestino [[Giustizia e Libertà]], che darà vita durante la [[Resistenza italiana|Resistenza]] agli omonimi reparti, e nel Movimento liberalsocialista, nato nel 1936 tra gli emigrati [[antifascismo|antifascisti]] italiani per iniziativa di [[Guido Calogero]] e [[Aldo Capitini]]: i membri di questo movimento (tra cui Calogero, [[Tommaso Fiore]], [[Piero Calamandrei]] e [[Leone Ginzburg]]) contribuirono alla prima formazione di un programma liberalsocialista. Il movimento divenne poi uno dei filoni politico-culturali del [[Partito d'Azione]], fondato nel 1942.