Pittura greca antica: differenze tra le versioni

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Tra gli scarsi documenti originali di epoca ellenistica è da ricordare la serie di stele funerarie in marmo provenienti da [[Demetriade (città)|Demetriade]] in [[Tessaglia]], eseguite ad [[encausto]] e originariamente vivacizzate da una ricca gamma di sfumature entro il disegno di contorno. A livello compositivo la ''stele di Archidice'' resta fedele alla monumentalità della tradizione classica, pur suggerendo la profondità prospettica dell'ambiente attraverso la posizione di tre quarti della figura centrale. Il verismo ellenistico è invece pienamente recepito nella ''stele di Hediste'', dove appare la defunta sul letto di morte, in un ambiente architettonico chiuso, illuminato da un'unica fonte luminosa e con le tipiche aperture prospettiche verso il fondo.
 
Il colorismo della pittura del III e II secolo a.C. è esemplificato dai mosaici di [[Dioscuride di Samo]] (dalla [[Villa di Cicerone]] a Pompei, ora al [[Museo archeologico nazionale di Napoli]]); databili alla seconda metà del II secolo a.C. si ispirano ad originali greci del III secolo a.C. Nella scena dei suonatori ambulanti la semplice organizzazione architettonica del fondo e le ombre proiettate dei personaggi sono sufficienti a collocare le figure nello spazio, mentre il rapporto tra luce e colore raggiunge il punto più alto di realismo nella pittura antica.<ref>{{Cita|Charbonneaux, Martin, Villard 1985| pp. 140-142. }}</ref>
 
Gli affreschi provenienti dalla stanza H della [[Villa di Boscoreale]], della metà del I secolo a.C., riproducono probabilmente un ciclo ellenistico perduto del III secolo a.C.; le figure rappresentate su fondo rosso sono state riconosciute come personaggi storici appartenenti alla corte Macedone. La decorazione architettonica a [[trompe-l'œil]] crea l'illusione di uno spazio reale per queste figure che come le sculture di [[Epigono]] sono dotate di una plasticità marcata, ormai lontana dalla costruzione per tocchi luministici e luce diffusa inaugurata da Nicia.<ref>{{Cita|Charbonneaux, Martin, Villard 1985| pp. 134-136. }}</ref> La Villa di Boscoreale reca un'altra tipologia di decorazione parietale frequente nelle ville romane di epoca tardo repubblicana, quella che deriva, con ogni probabilità, dalle fronti sceniche fisse in legno che in epoca ellenistica venivano impiegate nei teatri. Dell'esistenza di queste scene narra [[Vitruvio]] (V, 6, 9; VII, 5,2) e nella dedica del teatro di [[Oropos]] esse sono nominate ''thyròmata'' (I.G., VII, 423). Si tratta di vedute architettoniche prive di personaggi o, nel caso dei drammi satireschi, di scene pastorali con pergolati e fontane.<ref>{{Cita|Bianchi Bandinelli 1986|p. 95.}}</ref>